Corte di Cassazione, penale, Sentenza|29 marzo 2021| n. 11720.
In caso di difformità tra le due parti della sentenza l’elemento decisionale prevale su quello giustificativo, non determinandosi pertanto la nullità della sentenza, ma potendosi eliminare eventualmente la divergenza mediante ricorso alla semplice correzione materiale della motivazione in base al combinato disposto degli artt. 547 e 130 cod. proc. pen. Fattispecie in cui la pena finale era stata indicata in anni tre e mesi quattro di reclusione, dosimetria che non rispecchiava il calcolo che l’aveva preceduta nella parte giustificativa della sentenza.
Sentenza|29 marzo 2021| n. 11720
Data udienza 10 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: STUPEFACENTI – DETENZIONE E SPACCIO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. TANGA Antonio Leonardo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/01/2019 della CORTE APPELLO di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere CAPPELLO GABRIELLA;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto MARINELLI Felicetta, rassegnate a norma del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, con le quali si e’ chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione con riferimento al reato sub a); l’annullamento con rinvio per rideterminazione della pena con riferimento al reato sub b); e il rigetto nel resto del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza con la quale il Tribunale di Trani aveva condannato (OMISSIS) per i reati di cui all’articolo 337 c.p. (capo A), Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, (capo B, in relazione alla detenzione a fini di spaccio di 60 dosi di cocaina e 30 dosi di eroina) e L. n. 1423 del 1956, articolo 9, comma 2 (capo C), ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo C) e rideterminato la pena, escludendo la recidiva contestata.
2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso la difesa dell’imputato, formulando quattro motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto all’omesso riconoscimento dell’attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7, avendo l’imputato depositato un memoriale, con il quale aveva ammesso la propria responsabilita’ quanto al reato di cui al capo B), chiarendo la provenienza delle sostanze stupefacenti e le dinamiche sottese al loro possesso.
Con il secondo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento alla mancata derubricazione del reato di cui al capo b) nella ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, la detenzione avendo riguardato quantitativi minimi di sostanza.
Con il terzo, ha dedotto analoghi vizi in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato di cui al capo A) per prescrizione, una volta esclusa la recidiva contestata.
Con il quarto, infine, ha dedotto analoghi quanto alla dosimetria della pena detentiva, che assume frutto di evidente errore di calcolo, avendo il giudicante indicato la pena finale di anni tre di reclusione nella motivazione, e di anni tre e mesi quattro di reclusione nel dispositivo.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Marinelli Felicetta, ha rassegnato conclusioni scritte a norma del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione con riferimento al reato sub a); l’annullamento con rinvio per rideterminazione della pena con riferimento al reato sub b); il rigetto nel resto del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va accolto solo parzialmente, per fondatezza del terzo e del quarto motivo e rigettato nel resto.
2. La Corte d’appello ha ritenuto infondato il secondo motivo d’appello (il primo riguardando il reato prescritto), con il quale la difesa aveva invocato la riqualificazione giuridica del fatto di cui al capo B) nell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, affermando che, nonostante la sola diversita’ delle sostanze stupefacenti detenute non potesse di per se’ considerarsi ostativa a tale riconoscimento, tuttavia nella specie andava valutato il non modesto dato ponderale delle stesse, il fatto che il detentore fosse un sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno e le modalita’ della condotta, in uno con il tentativo fatto dall’imputato di liberarsi della droga e sottrarsi al controllo degli agenti.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello, pur tenendo conto che lo (OMISSIS) e’ pluripregiudicato, ha ritenuto di adeguare la pena alla entita’ del fatto escludendo la recidiva contestata. Cosicche’, calcolate le generiche gia’ concesse in primo grado, ha determinato la pena base in anni sei di reclusione e Euro 40.000,00 di multa, riducendola in misura inferiore al massimo per le generiche sino ad anni quattro e mesi tre di reclusione, aumentandola per la continuazione con il capo A) ad anni quattro e mesi sei ed Euro 30.000,00 di multa, riducendola infine per il rito ad anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa.
3. Il primo motivo non e’ deducibile non avendo formato oggetto di motivo d’appello.
In ogni caso, lo stesso e’ manifestamente infondato, avendo la difesa solo genericamente richiamato il memoriale senza specificare perche’ lo stesso fondasse la relativa richiesta. Sul punto, infatti, va ricordato che non costituiscono presupposto idoneo per il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 7, ammissioni o comportamenti non conducenti all’interruzione del circuito di distribuzione degli stupefacenti, ma limitati al rafforzamento del quadro probatorio o al raggiungimento anticipato di positivi risultati di attivita’ di indagine gia’ in corso in quella direzione (cfr. sez. unite n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212759; sez. 4, n. 46435 del 18/1172008, Finazzi e altro, Rv. 242311, in cui la Corte ha negato la sussistenza di tali caratteri nella collaborazione consistita nella sola ammissione – peraltro parziale – di colpevolezza e nel riconoscimento fotografico di due soli fornitori d’eroina, con rifiuto di indicare le generalita’ dei fornitori di cocaina; sez. 3, n. 21624 del 15/4/2015, R. e altro, Rv. 263822).
4. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
Il ragionamento in forza del quale i giudici territoriali non hanno riqualificato il fatto di cui al capo B) nella ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, oltre a rispettare il paradigma legale di cui alla norma citata, si pone in termini di perfetta coerenza con i principi di matrice giurisprudenziale in materia, da ribadirsi anche in questa sede, avendo la difesa contestato la valutazione del compendio probatorio operata dai giudici del doppio grado di merito, dissentendo acriticamente dal ragionamento esplicativo rinvenibile nella sentenza impugnata. Si e’, infatti, riconosciuta la legittimita’ del mancato riconoscimento della ipotesi di lieve entita’ di cui si discute anche nel caso di cessione di una quantita’ modica, o non accertata, di droga, allorche’ essa costituisca manifestazione effettiva di una piu’ ampia e comprovata capacita’ dell’autore di diffondere in modo non episodico, ne’ occasionale, sostanza stupefacente (cfr. sez. 4 n. 40720 del 26/04/2017, Nafia e altri, Rv. 270767), precisandosi, peraltro, che – ai fini dell’accertamento del fatto di lieve entita’ – il giudice e’ tenuto a valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalita’ e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantita’ e qualita’ delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa) (cfr. sez. 6 n. 29132 del 9/5/2017, Merli, Rv. 270562). Quanto all’obbligo motivazionale incombente sul giudice, si e’ poi precisato che egli, al fine di consentire alla Corte di cassazione il sindacato che le e’ proprio, deve fornire un’adeguata valutazione complessiva del fatto (in particolare mezzi, modalita’ e circostanze dell’azione, qualita’ e quantita’ della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa) (cfr. sez. 6 n. 38606 del 8/2/2018, Sefar e altro Rv. 273823).
Il che e’ avvenuto nella specie, avendo i giudici di merito valorizzato il dato ponderale, in uno con la diversita’ delle sostanza detenute, le modalita’ della condotta e la condizione del soggetto agente.
5. Il terzo motivo e’ fondato.
Il reato di cui al capo A), infatti, e’ estinto per essere la relativa prescrizione maturata prima della sentenza di secondo grado, una volta esclusa dai giudici d’appello la contestata recidiva (il fatto e’ stato commesso il 2/7/2009 e il termine e’ spirato il 10/4/2017, calcolata la sospensione per il rinvio dell’udienza del 17 ottobre 2018).
6. Il quarto motivo e’ fondato.
Sussiste la segnalata discrasia tra la motivazione (nella quale si fa riferimento – prima di indicare il calcolo analitico – a una pena detentiva finale di anni tre) e il dispositivo in cui la pena finale e’ indicata in anni tre e mesi quattro di reclusione, dosimetria che in effetti non rispecchia il calcolo che l’ha preceduta nella parte giustificativa della sentenza (la riduzione di un terzo per il rito portando alla minor pena di anni tre di reclusione).
Orbene, secondo il consolidato orientamento dei giudici di legittimita’, in caso di difformita’ tra le due parti della sentenza, l’elemento decisionale prevale su quello giustificativo (cfr., sul punto, sez. 6 n. 7980 del 1/2/2017, Rv. 269375; n. 19851 del 13/4/2016, Rv. 267177; sez. 2 n. 15986 del 7/1/2016, Rv. 266717).
Tuttavia, nel caso in esame, va anche considerato che la declaratoria di estinzione del reato di cui al capo A) determina l’annullamento senza rinvio della sentenza in parte qua, con conseguente necessita’ di procedere alla rideterminazione della pena detentiva. Tale operazione, non implicando una valutazione di merito, siccome derivante dalla mera elisione dell’aumento operato ai sensi dell’articolo 81 cpv. c.p., avrebbe potuto essere operata da questa stessa Corte di legittimita’ ai sensi dell’articolo 620 c.p.p.. Alla luce dell’evidenziata discrasia, tuttavia, tale semplice operazione di elisione e’, nella specie, preclusa: la pena finale e’ quella di anni tre e mesi quattro di reclusione e dal calcolo va eliso l’aumento di mesi tre per la continuazione con il reato prescritto. Pertanto, l’annullamento deve seguire con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari per la rideterminazione della pena, rimanendo irrevocabile la affermazione della penale responsabilita’ per il reato di cui al capo B).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo A (articolo 337 c.p.) per essere detto reato estinto per prescrizione. Annulla la medesima sentenza, limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l’articolo 624 c.p.p., dichiara la irrevocabilita’ della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato in ordine al capo B) di imputazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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