La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|29 marzo 2021| n. 11734.

La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente non configura il reato di cui all’art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, trattandosi di condotta non indicata tra quelle espressamente elencate dalla norma, né tale comportamento può ritenersi coincidente con l’offerta, che presuppone la manifestazione palese del prodotto al destinatario, o con la consegna, che richiede il coinvolgimento dell'”accipiens” nella ricezione del bene. (Nella specie, la Corte ha ritenuto tale condotta assorbita nell’aggravante di cui all’art. 577, comma primo, n. 2 cod. pen. in relazione agli artt. 582 e 585 cod. pen.).

Sentenza|29 marzo 2021| n. 11734

Data udienza 17 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: STUPEFACENTI – DETENZIONE E SPACCIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo – Presidente

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 07/10/2020 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PICARDI FRANCESCA;
trattato il procedimento con le modalita’ di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena in 9 mesi di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa (pena base 6 mesi di reclusione ed Euro 1500,00 di multa per il reato di cui capo B, con l’aumento a titolo di continuazione per il reato di cui al capo A), confermando nel resto la condanna di (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 582 e 585 c.p., articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, (capo A, per aver cagionato una malattia guaribile in 4 giorni a (OMISSIS), gia’ affetto da altre patologie, somministrandogli sostanza stupefacente di tipo metadone, aggiunta al caffe’, con l’aggravante di aver commesso il fatto con il mezzo di sostanze venifiche), e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (capo B, per aver somministrato a (OMISSIS), senza l’autorizzazione prevista dalla legge, sostanza stupefacente), in data 2 giugno 2013.
2. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, l’imputata, che ha dedotto: 1) e 2) la carenza delle prove che giustificano la condanna penale e la violazione del principio dell’al di la’ del ragionevole dubbio, essendo stato sentito come teste (OMISSIS), possibile autore della condotta, ed essendo, quindi, la condanna fondata su un’istruttoria incongruente ed insufficiente; 3) la violazione dell’articolo 131-bis c.p.; 4) la violazione dell’articolo 163 c.p., essendo del tutto ingiustificata la mancata concessione della sospensione condizionale, anche in considerazione della prosecuzione della frequentazione tra l’imputata e la persona offesa e dell’epilessia, da cui e’ affetta l’imputata; 5) la violazione dell’articolo 175 c.p., atteso che sarebbe stato opportuno concedere il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; 6) la violazione dell’articolo 62-bis c.p., non potendo fondarsi il diniego delle generiche sui precedenti penali non particolarmente gravi; 7) l’eccessivita’ della pena; 8) l’inosservanza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, reato non configurabile, stante il difetto di consenso della persona offesa e l’assorbimento della condotta nell’aggravante di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2; 9) l’erroneita’ della data della sentenza di primo grado (8 maggio 2016 invece di 8 maggio 2017) e la sua nullita’ ex articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera g; 10) la non corretta applicazione dell’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, non potendo considerarsi il metadone sostanza venefica, trattandosi di un composto farmacologicamente attivo.
3. Il giudizio e’ stato trattato con le modalita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre premettere che, come attestato nella scheda riepilogativa redatta presso la Corte di appello di Torino, il reato in esame non e’ ancora prescritto, tenuto conto della sospensione dei relativi termini di prescrizione dal 9 marzo 2021 all’11 maggio 2021, collegata all’emergenza sanitaria.
2. Quasi tutte le censure sono meramente ripetitive di quelle gia’ formulate in appello e superate dalla Corte territoriale con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche. Deve, pertanto, sottolinearsi che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l’aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento attaccato e l’indicazione delle ragioni della loro decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 ud., dep. 21/02/2013, rv. 254584; v. anche Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016 ud., dep. 14/09/2016, rv. 267611 che precisa che i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui cio’ serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione).
3. In ordine ai primi due motivi, con cui si e’ lamentata la carenza di prove e la violazione del principio dell’al di la’ del ragionevole dubbio, va ribadito che e’ inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015 ud., dep. 16/07/2015, rv. 264441), ed, inoltre, che la regola di giudizio compendiata nella formula “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimita’ esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicita’ manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017 ud. – dep. 09/06/2017, Rv. 270108 – 01). Sul punto va solo precisato che i giudici di merito sono pervenuti alla ricostruzione dei fatti, in modo non manifestamente illogico, in base agli indizi desumibili dalla deposizione della persona offesa e non di (OMISSIS), essendosi limitati ad escludere che egli, contrariamente a quanto asserito dalla difesa dell’imputata, avesse motivo di rendersi autore della condotta contestata.
4. La doglianza relativa alla mancata applicazione dell’articolo 131-bis c.p., neppure si confronta con la puntuale motivazione della Corte di appello, fondata sui parametri di cui all’articolo 133 c.p. ed in particolare sulle complessive modalita’ della condotta, sul grado di colpevolezza e sull’entita’ del danno e del pericolo, “avendo l’imputata con piena consapevolezza e con metodi particolarmente insidiosi somministrato una sostanza stupefacente al (OMISSIS), soggetto, peraltro, in condizioni fisiche precarie”.
5. Quanto all’ultima censura, avente ad oggetto la configurabilita’ dell’aggravante dell’uso del mezzo di sostanze venefiche, di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, del tutto congrua ed aderente al dato letterale ed al significato delle parole, l’impostazione dei giudici di merito, atteso che le sostanze venefiche sono tutte quelle che hanno effetti tossici sull’organismo umano o animale ed il metadone contiene principi che possono causare disturbi all’organismo.
6. I motivi dal quarto al sesto sono a-specifici, limitandosi la ricorrente ad insistere nel riconoscimento dei benefici negati del tutto legittimamente e motivatamente in considerazione dei suoi precedenti penali (sospensione condizionale, non menzione e generiche) e della gravita’ del fatto, oltre che all’assenza di elementi positivi (generiche), senza neppure soffermarsi sui propri precedenti, sulla loro tipologia e sulle modalita’ del fatto.
Del resto, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione, quali l’esistenza di precedenti (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 Ud., Rv. 271269). Ne consegue che il giudice di merito non e’ tenuto ad esaminare e valutare tutte le circostanze prospettate o prospettabili dalla difesa, e neppure e’ tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati nell’articolo 133 c.p.; ma e’ sufficiente che indichi i motivi per i quali non ritiene di esercitare il potere discrezionale attribuitogli dall’articolo 62 bis c.p. (Sez. 1, n. 1666 del 11/12/1996 ud.- dep. 21/02/1997, Rv. 206936).
Parimenti, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilita’ del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’articolo 133 c.p., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione, quali, nel caso di specie, i precedenti penali dell’imputata (Sez. 5, n. 57704 del 14/09/2017 ud. – dep. 28/12/2017, Rv. 272087 – 01). Allo stesso modo, ai fini di assolvere l’obbligo motivazionale in ordine al diniego del beneficio della non menzione della condanna di cui all’articolo 175 c.p., che e’ fondato sul principio dell'”emenda”, tenendo a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, ed e’ rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, e’ sufficiente l’indicazione delle ragioni ritenute preclusive sulla base degli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (Sez. 2, n. 16366 del 28/03/2019 ud.- dep. 15/04/2019, Rv. 275813 – 01).
7. Il nono motivo, avente ad oggetto l’erronea indicazione della data della deliberazione di primo grado, ignora l’emenda della correzione dell’errore materiale da parte del primo giudice, richiamata nella sentenza impugnata.
8. E’, invece, fondato l’ottavo motivo, avente ad oggetto la configurabilita’ del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, e/o il suo assorbimento nell’aggravante contestata di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2.
In primo luogo deve osservarsi che l’Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, sanziona una pluralita’ di condotte tra loro alternative (piu’ precisamente coltivare, produrre, fabbricare, estrarre, raffinare, vendere, offrire o mettere in vendita, cedere, distribuire, commerciare, trasportare, procurare ad altri, inviare, passare o spedire in transito, consegnare per qualunque scopo sostanze stupefacenti, importare, esportare, acquistare, ricevere a qualunque titolo o, comunque, illecitamente detenere), tutte strumentali alla circolazione ed al traffico delle sostanze stupefacenti, tra cui non risulta espressamente elencata la somministrazione di droga ad una persona non consenziente o addirittura inconsapevole. Ne’ tale comportamento puo’ ritenersi coincidente, come sembra affermato nella sentenza impugnata, con l’offerta, che presuppone la manifestazione palese del prodotto al destinatario, o con la consegna, che richiede il coinvolgimento dell’accipiens nella ricezione del bene.
La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente non e’, dunque, riconducibile al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, non potendo la sanzione penale essere estesa, in virtu’ del principio di legalita’ e, quindi, tassativita’, espresso dall’articolo 25 Cost., comma 2, e articolo 1 c.p., al di la’ delle condotte specificamente indicate nella disposizione penale o, comunque, con esse non coincidenti o ad esse non pienamente sovrapponibili. In proposito puo’ richiamarsi il principio gia’ affermato secondo cui, in tema di tassativita’ della fattispecie penale, l’interprete non puo’ ricavare norme incriminatrici non chiare e sicure per via analogica, dovendosi attenere al principio di stretta legalita’, sicche’, quando non risulti con precisione che un comportamento sia colpito da una determinata norma incriminatrice, va esclusa l’incriminabilita’ della condotta (Sez. 3, n. 8432 del 25/05/1993 ud. -dep. 08/09/1993, Rv. 196424 – 01).
A conferma della mancata riconducibilita’ della condotta in esame al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 puo’, inoltre, rilevarsi che e’ sanzionata da altra disposizione penale e, cioe’, dall’articolo 613 c.p., la condotta di colui che, mediante somministrazione di sostanze stupefacenti, pone una persona, senza il suo consenso, in stato d’incapacita’ d’intendere e di volere.
A cio’ si aggiunga che, nel caso di specie, la sostanza stupefacente e’ stata correttamente ricompresa nel piu’ ampio genus delle sostanze venefiche, tossiche per l’organismo, sicche’ la sua somministrazione, integrando la modalita’ con cui si e’ procurata una lesione alla vittima, risulta configurata, per espressa previsione normativa, in virtu’ del combinato disposto degli articoli 585 e 577 c.p., come aggravante del reato di cui all’articolo 582 c.p., in cui e’ assorbita ai sensi dell’articolo 84 c.p., cosi’ come il reato di cui all’articolo 613 c.p., e’ assorbito nell’aggravante di cui all’articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 2,o in quella di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 2 (v. Sez. 3, n. 29603 dell’8/06/2011 ud. – dep. 25/07/2011, Rv. 251017 – 01, secondo cui il delitto di violenza sessuale, aggravato dalla circostanza speciale dell’uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti gravemente lesive della salute della persona offesa assorbe quello di procurata incapacita’ mediante somministrazione di sostanze stupefacenti; Sez. 2, n. 41005 del 18/05/2018 ud. – dep. 24/09/2018, Rv. 274236 01, secondo cui l’accertata induzione nel soggetto passivo dello stato di incapacita’ di volere o di agire al fine di sottrargli cose mobili costituisce circostanza aggravante della rapina che, in tal caso, e’ da ritenersi reato complesso costituito dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacita’).
Tale motivo deve, quindi, essere accolto, sicche’ la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla condanna per il reato di cui al capo b Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 5, mentre il giudizio va rinviato ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per la rideterminazione della pena relativamente al reato di cui al capo a, che e’ stata quantificata, ai sensi dell’articolo 81 c.p., come mero aumento rispetto alla pena applicata per la violazione piu’ grave.
9. Risulta assorbita, in conseguenza dell’accoglimento dell’ottavo motivo, la settima censura sulla quantificazione della sanzione.
10. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla condanna per il reato di cui al capo B) con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per la rideterminazione della pena relativamente al reato di cui al capo A), per il quale, ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., va dichiarata irrevocabile l’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo B) perche’ il fatto non sussiste e con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per la determinazione della pena relativamente al capo A) per il quale dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’ penale dell’imputata.

 

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