Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 32371.
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
Per poter proporre l’impugnazione tardiva di cui all’articolo 327, secondo comma, cod. proc. civ. la parte rimasta contumace è tenuta a dimostrare non solo la causa di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma anche il fatto che, a causa di quel vizio, essa non ha potuto acquisire conoscenza dell’atto e del conseguente processo (Nel caso di specie, riaffermato l’enunciato principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito, ex articolo 384, comma 2, cod. proc. civ., con la declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dall’amministrazione comunale, ed odierna controricorrente, non avendo la stessa dimostrato di averlo proposto tardivamente a causa dell’incolpevole mancata conoscenza del giudizio, determinata dalla nullità della notifica dell’atto introduttivo effettuata, nella circostanza, a mezzo Pec presso un indirizzo non risultante dal Registro delle Pa gestito dal Ministero della Giustizia). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 12 dicembre 2022, n. 36181; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 30 settembre 2015, n. 19574; Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 novembre 2012, n. 20307).
Ordinanza|| n. 32371. Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
Data udienza 5 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Processo civile – Notifiche – Pubblici elenchi – Reperimento dell’indirizzo pec – Impugnazione tardiva di cui all’art. 327, secondo comma, cod. proc. civ. – Parte rimasta contumace – Onere della prova della causa di nullità della notificazione dell’atto e dell’impossibilità di conoscenza dell’atto e del conseguente processo
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere
Dott. ROSSELLO Carlo Carmelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso N. 7908/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende con l’avv. (OMISSIS), come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) come da procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 346/2020 emessa dalla Corte d’appello di Bologna, depositata in data 24.1.2020;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 5.10.2023 dal Consigliere relatore dr. Salvatore Saija.
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Rimini, con sentenza del 4.4.2018, nella dichiarata contumacia del convenuto Comune di (OMISSIS), accolse la domanda avanzata da (OMISSIS) per il risarcimento del danno da lui patito in occasione di un incidente avvenuto il (OMISSIS), mentre alla guida del proprio motociclo incorreva in una buca non segnalata, perdendo il controllo del mezzo e riportando gravi lesioni personali; il Tribunale, in particolare, accertata la responsabilita’ dell’ente ex articolo 2051 c.c., quantifico’ i danni in Euro 386.038,54, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. Il Comune di (OMISSIS) gravo’ d’appello la sentenza con atto notificato soltanto in data 14.12.2018, assumendo di non avere avuto conoscenza del giudizio di primo grado, stante la nullita’ della notifica dell’atto introduttivo, effettuata a mezzo PEC presso un indirizzo non risultante dal Registro delle PA gestito dal Ministero della Giustizia. Con sentenza del 24.1.2020, la Corte d’appello di Bologna accolse il gravame, rimettendo la causa al giudice di primo grado per un nuovo giudizio; rilevo’ in particolare che la notifica dell’atto introduttivo doveva intendersi irrimediabilmente nulla, perche’ eseguita all’indirizzo PEC dell’URP del Comune appellante, anziche’ al Reginde o al Registro PA: a nulla rilevava, dunque, ne’ la mancata attivazione dell’indirizzo PEC a quest’ultimo Registro, tenuto dal Ministero della Giustizia (ben potendo il notificante ricorrere al sistema tradizionale di notificazione), ne’ l’avvenuta protocollazione dell’atto introduttivo, perche’ cio’ non ne comporta la relativa conoscenza.
Avverso detta sentenza (OMISSIS) propone ora ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso il Comune di (OMISSIS); entrambe le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’articolo 380-bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 327, comma 2, c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte d’appello ritenuto sufficiente, ai fini della rimessione al primo giudice ex articolo 354, comma 1, c.p.c., la mera nullita’ della notifica dell’atto introduttivo (peraltro insussistente, risultando l’indirizzo PEC utilizzato (OMISSIS) dal Registro (OMISSIS)), senza affatto accertare l’ulteriore necessario presupposto della incolpevole mancata conoscenza del giudizio, appunto derivante dalla nullita’ della notifica, il che era escluso dall’avvenuta protocollazione dell’atto di citazione notificato da esso (OMISSIS), sul Registro di Protocollo dell’ente.
1.2 – Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 53 ss., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte d’appello ritenuto irrilevante che l’atto di citazione fosse stato protocollato al Registro in entrata del Comune, cosi’ illegittimamente escludendo la fede privilegiata da attribuirsi ad un atto pubblico.
1.3 – Con il terzo motivo, infine, si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver il giudice d’appello considerato l’aspetto della “mancata conoscenza incolpevole” da parte del Comune di (OMISSIS).
2.1 – I primi due motivi possono esaminarsi congiuntamente, perche’ connessi; essi sono fondati, per quanto di ragione.
2.2 – Va pero’ premesso che non coglie nel segno la censura circa la pretesa validita’ della notifica in questione, pur vero essendo che, in base alla giurisprudenza di legittimita’ piu’ recente (per tutte, Cass. n. 12614/2023), la notifica di un atto processuale presso indirizzo PEC risultante dal Reginde o dal Registro delle PA, tenuti dal Ministero, non costituisce l’unica possibilita’ di notificare validamente – ovviamente, in via telematica – un atto ad un ente pubblico, come invece nella sostanza ritenuto dalla Corte d’appello. In questo senso, dunque, la motivazione della sentenza impugnata necessita di correzione, ex articolo 384, ult. comma, c.p.c..
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
Infatti, regolando la giurisdizione in relazione a contestazione circa la validita’ dell’indirizzo PEC del soggetto mittente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno tra l’altro affermato che “una maggiore rigidita’ formale in tema di notifiche digitali e’ richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioe’ del soggetto passivo a cui e’ associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente” (Cass., Sez. Un., n. 15959/2022). Con detto arresto, dunque, si e’ voluto evidenziare che il rigoroso rispetto delle regole in tema di notifica degli atti processuali a mezzo PEC vale specialmente in relazione alla posizione del destinatario della notifica, per le ragioni evidenziate; la questione posta con i mezzi in esame – ferma restando l’indiscussa e pacifica riferibilita’ dell’indirizzo PEC in discorso al Comune di (OMISSIS) – e’ dunque senz’altro rilevante, posto che essa concerne proprio la pretesa violazione delle disposizioni concernenti l’indirizzo PEC del destinatario.
Ora, la regola di riferimento, sul tema in questione, e’ dettata dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-ter, comma 1, conv. in L. n. 221 del 2012, a mente del quale – nel testo applicabile ratione temporis, ossia quello risultante dal Decreto Legge n. 90 del 2014, conv. in L. n. 114 del 2014 – “A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto, dal Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, articolo 16, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonche’ il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”. La disposizione e’ stata oggetto di ulteriori significative modifiche, che qui non rilevano.
Cio’ posto – ribadito che l’atto di citazione venne notificato in data 9.8.2016 -, ai sensi del citato Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 ter, comma 1, e avuto riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis, il reperimento dell’indirizzo PEC del destinatario dell’atto processuale puo’ essere effettuato mediante ricorso: 1) all’Anagrafe della popolazione residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell’Interno; 2) al Registro delle PP.AA. presso il Ministero della Giustizia; 3) al Registro delle Imprese; 4) al Registro INI-PEC; ed infine, 5) al REGINDE, tenuto presso il Ministero della Giustizia.
Ebbene, e’ incontroverso che l’atto di citazione in discorso venne notificato presso l’indirizzo “(OMISSIS)”, indirizzo che, benche’ presente nel Registro IPA (tenuto dall’AGID), non risulta invece in nessuno dei registri indicati dall’articolo 16-ter cit., nel testo applicabile ratione temporis; occorre peraltro evidenziare che la notifica digitale presso indirizzo risultante da detto Registro IPA puo’ essere validamente effettuata solo per effetto della modifica dell’articolo 16-ter cit., apportata dal Decreto Legge n. 76/2020, conv. in L. n. 12 del 2020, in vigore dal 17.7.2020 (e dunque non applicabile nella specie).
In definitiva, anche in considerazione dell’evoluzione del montante giurisprudenziale, puo’ concordarsi con la valutazione operata dalla Corte d’appello circa la nullita’ della notifica dell’atto di citazione in questione, effettuata da (OMISSIS), benche’ per le piu’ ampie considerazioni svolte poc’anzi (e cosi’ intendendosi corretta, ex articolo 384, ult. comma, c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata): a nulla rileva l’inadempienza del Comune circa pretesi obblighi di comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, ai fini dell’inserimento nel Registro della PA. Infatti, tanto non ha escluso la indiscussa possibilita’, per il (OMISSIS), di notificare l’atto nelle forme analogiche o tradizionali, sicche’ la violazione dell’articolo 16-ter cit., da parte dello stesso (OMISSIS), non puo’ trovare giustificazione, o riparo, nel dedotto inadempimento del Comune controricorrente.
2.3 – Tuttavia, la Corte felsinea non ha correttamente applicato l’articolo 327, comma 2, c.p.c., ai fini della valutazione sulla ammissibilita’ dell’appello tardivamente proposto dall’ente.
Infatti, e’ ampiamente consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui “Per poter proporre l’impugnazione tardiva di cui all’articolo 327, comma 2, c.p.c. la parte rimasta contumace e’ tenuta a dimostrare non solo la causa di nullita’ della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma anche il fatto che, a causa di quel vizio, essa non ha potuto acquisire conoscenza dell’atto e del conseguente processo” (Cass. n. 20307/2012; Cass. n. 19574/2015; Cass. n. 36181/2022).
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
Ora, la Corte territoriale ha non correttamente escluso ogni rilevanza, ai fini della conoscenza dell’atto introduttivo del giudizio, all’avvenuta sua protocollazione, ossia all’inserimento nel Registro di Protocollo dell’ente. L’affermazione e’ palesemente erronea, perche’ ai fini della proponibilita’ dell’impugnazione tardiva, occorre che l’impugnante dimostri di non aver avuto conoscenza, a causa della nullita’ della notifica, della pendenza del giudizio. Il che puo’ serenamente escludersi, nella specie, perche’ la circostanza della protocollazione (benche’ in riferimento ad un file informatico) comporta la piena conoscenza dell’atto da parte dell’ente: se poi i dipendenti comunali non fossero in grado di comprenderne il significato, l’ente stesso non potrebbe che subire le conseguenze di un tale comportamento, ascrivibile a negligenza o imperizia del proprio personale. Del resto, seppure ad altri fini, e’ stato condivisibilmente affermato che poiche’ nel “registro del protocollo informatico… vengono annotate in ordine cronologico le corrispondenze in arrivo e in partenza… il protocollo informatico (costituisce) un atto pubblico di rilevanza esterna che fa fede fino a querela di falso della data di ricezione…” (Cass. n. 9521/2018).
In altre parole, non puo’ affatto sostenersi che, nella specie, il Comune non abbia avuto conoscenza del giudizio in modo incolpevole, perche’ il giudice d’appello avrebbe dovuto necessariamente tener conto della valenza e dell’univoco significato derivante dalla protocollazione dell’atto introduttivo.
3.1 – Il terzo motivo resta conseguentemente assorbito.
4.1 – In definitiva, i primi due motivi sono accolti, mentre il terzo e’ assorbito. La sentenza impugnata e’ dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ex articolo 384, comma 2, c.p.c., con la declaratoria di inammissibilita’ dell’appello proposto dal Comune di (OMISSIS), che non ha dimostrato di averlo proposto tardivamente a causa dell’incolpevole mancata conoscenza del giudizio, determinata dalla nullita’ della notifica dell’atto introduttivo.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza in relazione sia al grado d’appello che al giudizio di legittimita’.
Impugnazione tardiva della parte rimasta contumace
P.Q.M.
la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa in relazione e, decidendo nel merito, dichiara l’inammissibilita’ dell’appello proposto dal Comune di (OMISSIS), condannandolo alla rifusione delle spese processuali, che liquida per il giudizio d’appello in Euro 6.780,00 per compensi e, per il giudizio di legittimita’, in Euro 5.300,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed oltre accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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