Il vizio di motivazione apparente della sentenza

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13600.

Il vizio di motivazione apparente della sentenza

Il vizio di motivazione apparente della sentenza ricorre quando la stessa, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento svolto dal giudice per la formazione del suo convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso per ottenere il pagamento del saldo residuo dovuto in esecuzione di un contratto di appalto relativo alla costruzione di una stalla, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto, nella circostanza, come ritualmente denunziato dalla ricorrente società appaltatrice, la corte d’appello, nel negare ogni diritto al pagamento del corrispettivo per i lavori extra-contratto, aveva reso sul punto una motivazione meramente apparente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 30 gennaio 2023, n. 2767; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 3 marzo 2022, n. 7090; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).

Ordinanza|16 maggio 2024| n. 13600. Il vizio di motivazione apparente della sentenza

Data udienza 8 maggio 2024 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Motivazione apparente – Configurabilità – Presupposti – Nullità della pronuncia – Sussistenza – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia di appalto. (Cc, articolo 1655; Cpc, articoli 132 e 360)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta da:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere Rel. Est.

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 7375/2022 R.G. proposto da:

De. BROTHERS COSTRUZIONI Srl, p.i. (Omissis), in persona del legale rappresentante prò tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Cl.De.

con domicilio digitale (…)

ricorrente

contro

Cr.Ma., c.f. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Fe.Si., con domicilio digitale (…)

controricorrente

avverso la sentenza n. 2092/2021 della Corte d’appello di Bologna pubblicata il 12-8-2021,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 8-5-2024 dal consigliere Linalisa Cavallino

Il vizio di motivazione apparente della sentenza

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1521/2017 depositata il 6-11-2017 il Tribunale di Parma ha accolto parzialmente l’opposizione proposta da Cr.Ma. al decreto ingiuntivo con il quale era stato condannato a pagare Euro 42.012,58 a favore di De. Brothers Costruzioni Srl, quale corrispettivo residuo in forza del contratto di appalto del I-1-2011 per la costruzione di stalla con annessi; ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente a pagare il minore importo di Euro 12.929,00 oltre interessi al tasso legale, rigettando tutte le altre domande.

2. Hanno proposto appello principale Cr.Ma. e appello incidentale De. Brothers Costruzioni Srl, che la Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 2092/2021 pubblicata il 12-82021 ha integralmente rigettato, compensando le spese del grado.

Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso per cassazione proposti, la sentenza ha dichiarato che la sentenza impugnata aveva espressamente riconosciuto, sulla base delle risultanze della consulenza d’ufficio, che le opere extracontratto e/o varianti erano state realizzate, per il corrispettivo di Euro 22.247,00; ha considerato che il contratto d’appalto disponeva all’art. 7 che “qualunque variazione, necessaria o meno, anche qualora comporti miglioramenti qualitativi, deve essere autorizzata preventivamente e per iscritto dal committente”; quindi ha dichiarato che il primo giudice, pur riconoscendo sulla base della c.t.u. che erano state eseguite opere extra-capitolato/varianti, esattamente aveva negato il diritto dell’appaltatrice al compenso, in mancanza di prova scritta dell’incarico; ha dato atto che con lettera del 13-7-2011 il direttore dei lavori nominato dal committente aveva scritto che “per le opere extra computo siamo ancora in attesa di ricevere giusta quantificazione sulla base di quanto concordato in sede di sopralluogo congiunto”, ma ha rilevato che il direttore dei lavori non aveva rappresentanza del committente se non per gli aspetti meramente tecnici e quindi l’accettazione delle opere da parte del direttore dei lavori non vincolava il committente.

La sentenza di seguito ha dato atto di non poter esaminare la censura relativa al mancato riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. 231/2002, perché la società aveva chiesto la riforma della sentenza sul punto e aveva richiamato la questione nel titolo dell’unico motivo di gravame, ma non aveva illustrato le ragioni di critica che avrebbero dovuto essere prese in considerazione dal Collegio.

3.De. Brothers Costruzioni Srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Cr.Ma. ha resistito con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

All’esito della camera di consiglio del giorno 8-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

Il vizio di motivazione apparente della sentenza

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo articolato motivo la società ricorrente sostiene che sia stata illegittimamente rigettata la sua domanda volta a ottenere il pagamento dei lavori extra-contratto. Evidenzia che con il termine “lavori extra-contratto” ha fatto riferimento a quelle modifiche che, comportando un’alterazione dell’oggetto originario del contratto, rappresentano l’oggetto di un nuovo e aggiuntivo contratto di appalto; perciò deduce in primo luogo la violazione dell’art. 1655 cod. civ., in quanto l’art. 1655 cod. civ. non richiede forma scritta e per la conclusione del contratto di appalto; aggiunge non possa essere richiamato l’art. 7 del primo contratto, in quanto successivamente ne è stato stipulato un altro, avente a oggetto le “opere extra-contratto”.

Per le medesime ragioni la ricorrente deduce non solo l’omessa valutazione su fatto decisivo per la controversia, quale la richiesta di pagamento per gli ulteriori lavori svolti e pattuiti, ma anche la mancanza o apparenza di motivazione che comporta nullità della sentenza.

1.1. Il motivo è ammissibile, diversamente da quanto eccepito dal controricorrente, in quanto rispettoso delle previsioni dell’art. 366 cod. proc. civ., consentendo di individuare le censure svolte e fondate, laddove riferite alla nullità della sentenza per apparenza di motivazione e alla violazione dell’art. 1655 cod. civ.

È acquisito che la formulazione attuale dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di Legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, con anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01). Con specifico riguardo al vizio di motivazione apparente, come si legge in Cass. Sez. U 30-1-2023 n. 2767 (in motivazione, par. 3 pag.10, laddove si richiamano anche i precedenti), il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento svolto dal giudice per la formazione del suo convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture.

Nel capo che ha escluso il diritto al pagamento del corrispettivo per i lavori extra-contratto la motivazione della sentenza impugnata è meramente apparente, in quanto dà atto che il corrispettivo di Euro 22.247,00 era stato quantificato dal consulente d’ufficio con riferimento alle “opere extra-capitolato e/o varianti” e poi nega qualsiasi corrispettivo sulla base della previsione dell’art. 7 del contratto di appalto, secondo il quale le varianti dovevano essere autorizzate preventivamente per iscritto dal committente. In questo modo la sentenza non rende percepibile il fondamento della decisione, in quanto non dimostra di avere eseguito un qualche accertamento sul fatto che il corrispettivo di Euro 22.247,00 si riferisse esclusivamente alle varianti, e perciò alle opere previste dal contratto di appalto ma eseguite con modalità diverse anche migliorative – che ai sensi dell’art. 7 del contratto avrebbero dovuto essere oggetto di preventiva autorizzazione scritta -, anziché a opere non previste dal contratto e ulteriori. Infatti, come evidenzia la ricorrente, la pattuizione per l’esecuzione di opere ulteriori rispetto a quelle previste dal contratto non necessitava di forma scritta ai sensi dell’art. 1655 cod. civ., per cui poteva essere oggetto di accordo orale o per fatti concludenti, non avendo evidentemente la società appaltatrice ragione di eseguire lavori in più rispetto a quelli commissionati, se non in esecuzione di incarico ricevuto dal committente e accettato. Al contrario la sentenza impugnata, accomunando le opere extra-capitolato e le varianti -tanto da utilizzare sempre l’espressione “opere-extracapitolato e/o varianti” – dimostra di non avere avuto presente la differenza tra le due tipologie di opere e di non avere considerato tale differenza ai fini dell’applicazione della previsione sulla necessità dell’autorizzazione scritta solo per le varianti, con la conseguenza che risulta solo apparente la motivazione sulla base della quale è stato escluso qualsiasi diritto al compenso. Diversamente, per soddisfare il requisito del minimo costituzionale della motivazione, la sentenza avrebbe dovuto dimostrare di avere considerato le caratteristiche dei lavori qualificati dal consulente d’ufficio come opere extra-contratto per l’importo di Euro 22.247,75; ciò o accertando che si trattava esclusivamente di lavori compresi nell’originario contratto di appalto, eseguiti con modalità diverse da quelle pattuite e per i quali valeva la previsione dell’art. 7 del contratto, in quanto mere varianti anche migliorative; oppure, riconoscendo i corrispettivi per i lavori ulteriori rispetto a quelli previsti dal contratto, non integranti mere varianti ed eseguiti in forza di ulteriori accordi conclusi dalle parti.

Il vizio di motivazione apparente della sentenza

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia pronunciato sulla sua richiesta volta a ottenere gli interessi ex D.Lgs. 231/2002, per cui deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la conseguente nullità della sentenza.

2.1.Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha espressamente considerato che nella rubrica del motivo di appello e nelle conclusioni la società aveva chiesto il riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. 231/2002, ma non aveva esposto le ragioni di critica alla sentenza di primo grado che quegli interessi aveva negato. In questo modo la sentenza non solo ha pronunciato sul motivo di appello relativo agli interessi, per cui si rimane al di fuori del vizio prospettato di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ma ha statuito facendo corretta applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. È acquisito il principio che l’appello deve affiancare alla parte volitiva la parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (Cass. Sez. U 13-12-2022 n. 36481 Rv. 666375-01, per tutte). Nella fattispecie, secondo quanto esposto dalla sentenza impugnata e non criticato in alcun modo dalla ricorrente, mancava completamente la parte argomentativa del motivo di appello, in quanto la società appellante in via incidentale non aveva addotto alcuna deduzione volta a fare emergere l’erroneità della sentenza di primo grado, che aveva rigettato la richiesta di riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. 231/2002 sulla base della considerazione che le parti avevano concluso contratto di appalto con prevalenza dell’opera rispetto alla fornitura dei materiali.

3. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che farà applicazione dei principi esposti e si atterrà a quanto sopra ritenuto, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 8 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2024.

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