Il termine per l’espressione del voto dopo la chiusura del verbale dei creditori

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 settembre 2024| n. 24527.

Il termine per l’espressione del voto dopo la chiusura del verbale dei creditori

In tema di concordato preventivo, il termine di venti giorni previsto dall’art. 178, quarto comma, l.fall., entro il quale i creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire la loro manifestazione di voto successivamente alla chiusura del verbale dell’adunanza dei creditori, ha natura perentoria.

 

Ordinanza|12 settembre 2024| n. 24527. Il termine per l’espressione del voto dopo la chiusura del verbale dei creditori

Data udienza 3 luglio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento ed altre procedure concorsuali – Concordato preventivo – Approvazione – Voto – Adesioni alla proposta – In genere termine per l’espressione del voto dopo la chiusura del verbale dell’adunanza dei creditori ex art. 178, quarto comma, l. fall. – Natura.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere – rel.

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 18834 – 2022 R.G. proposto da:

RE.SE.Srl – c.f./p.i.v.a. (Omissis)- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr.Ra.in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Di.Ri., presso lo studio dell’avvocato Ma.Ga..

RICORRENTE

contro

CURATORI del fallimento della “Re.Se.” Srl, in persona della dottoressa Qu.Ma. e dell’avvocato Fa.Ma..

INTIMATI

e

PROCURATORE della REPUBBLICA presso il Tribunale di Bari.

INTIMATO

avverso la sentenza n. 1000/2022 della Corte d’Appello di Bari,

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 luglio 2024 del consigliere dott. Luigi Abete,

Il termine per l’espressione del voto dopo la chiusura del verbale dei creditori

RILEVATO CHE

1. Con istanza depositata in data 11.2.2020 al Tribunale di Bari il Pubblico Ministero chiedeva dichiararsi il fallimento della “Re.Se.” Srl

2. La “Re.Se.” Srl con ricorso ex art. 161, 6 co., L. Fall. depositato in data 22.9.2020 domandava l’ammissione “con riserva” al concordato preventivo (cfr. ricorso, pag. 2).

3. Il Tribunale assegnava alla “Re.Se.” termine di sessanta giorni ai fini della presentazione della proposta e del piano e, a seguito di istanza ex art. 161, 10 co., L.Fall., con decreto del 7.12.2020 prorogava di ulteriori sessanta giorni il termine già accordato (cfr. ricorso, pag. 3).

4. In data 25.1.2021 la “Re.Se.” depositava proposta e piano di concordato liquidatorio – con formazione di classi e transazione fiscale – nonché la documentazione richiesta e la relazione del professionista incaricato (cfr. ricorso, pag. 3).

5. Acquisiti i chiarimenti sollecitati, con decreto del 27.4.2021 il Tribunale dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo (cfr. ricorso, pag. 3) ed in data 12.11.2021 la “Re.Se.” faceva luogo alla modifica in via definitiva della proposta e del piano (cfr. ricorso, pag. 4).

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6. All’esito dell’adunanza dei creditori, in data 23.11.2021, con decreto del 3.1.2022 il giudice delegato dichiarava non approvata la proposta di concordato (cfr. ricorso, pag. 4).

7. Fissata l’udienza camerale del 28.2.2022, la “Re.Se.” si costituiva ed insisteva per l’omologa del concordato ai sensi dell’art. 180, 4 co., L.Fall.

All’esito dell’udienza camerale – in assenza di opposizioni da parte di creditori dissenzienti – con decreto in data 7.3.2022 il Tribunale dichiarava inammissibile la proposta di concordato; con sentenza dei 7/8.3.2022 dichiarava il fallimento della “Re.Se.” Srl (cfr. ricorso, pag. 4).

8. La “Re.Se.” Srl proponeva reclamo ex art. 18 L.Fall.

Con il primo motivo di reclamo la “Re.Se.” adduceva che il Tribunale non aveva fatto luogo alla corretta applicazione del “cram down” con riferimento al credito dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione, inserito nella classe III, ab origine chirografario, concernente gli oneri di riscossione (l’ “aggio”), nel senso che la corretta applicazione della regola di cui al 4 co. dell’art. 180 L.Fall. avrebbe comportato il riscontro del raggiungimento della maggioranza per effetto del “cram down”, oltre che nelle classi II A e II B, pur nella III classe e, quindi, nel maggior numero di classi (cfr. sentenza impugnata, pagg. 4 – 5).

Con il secondo motivo di reclamo la “Re.Se.” adduceva che la proposta concordataria, contemplante, subordinatamente all’omologazione del concordato, l’apporto di finanza esterna in misura pari ad Euro 2.245.971,71 da parte della “Ye.” Spa, avrebbe assicurato, unitamente all’importo di Euro 1.495,29 ricavabile dalla prudente liquidazione del patrimonio aziendale, un significativo margine di soddisfazione ai crediti dell’Agenzia delle Entrate, dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L. e dell’Agenzia delle Entrate/riscossione, soddisfazione che viceversa sarebbe stata pari a zero in caso di fallimento (cfr. sentenza impugnata, pag. 5).

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Non si costituivano i curatori del fallimento della “Re.Se.”.

9. Con sentenza n. 1000/2022 la Corte d’Appello di Bari rigettava il reclamo.

Reputava la corte in ordine al primo e al secondo motivo di reclamo che non si prospettava l’asserita illegittima applicazione del “cram down” in relazione al credito dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione inserito nella classe III, ab origine chirografario, siccome non si trattava “di credito erariale o previdenziale ma dell’aggio, che… non partecipa della natura dei crediti dell’agenzia delle entrate di cui costituisce mero accessorio” (così sentenza impugnata, pag. 7).

Reputava dunque – la corte – che era da escludere che la maggioranza fosse stata raggiunta nel maggior numero di classi e tanto sia a considerare unitariamente che separatamente le classi II A e II B, ove erano stati inseriti i crediti dell’Erario e i crediti degli Enti previdenziali e assistenziali e nelle quali la maggioranza era stata raggiunta per effetto del “cram down”; che invero le classi dissenzienti sarebbero state la I e la III, ossia due su tre nella prima ipotesi e due su quattro nella seconda ipotesi (cfr. sentenza impugnata, pag. 7).

Reputava, altresì, la corte, in ordine al terzo motivo di reclamo – con cui si era addotto che erroneamente il Tribunale aveva reputato tardiva l’adesione alla proposta di concordato espressa dal creditore De.Vi., adesione che, viceversa, se reputata tempestiva, avrebbe consentito il riscontro del raggiungimento della maggioranza pur nella classe I, in cui l’anzidetto creditore era stato inserito, e, quindi, nel maggior numero di classi – che De.Vi. era stato debitamente informato della proposta concordataria e correttamente il Tribunale aveva opinato per la natura perentoria del termine di cui al 4 co. dell’art. 178 L.Fall., siccome, decorso lo stesso termine, il giudice delegato ha da riferire immediatamente, ai sensi dell’art. 179, 1 co., L.Fall., al Tribunale.

Reputava in ogni caso – la corte – parimenti in ordine al terzo motivo di reclamo, che era da disconoscere senz’altro la convenienza della proposta concordataria, siccome inidonea ad assicurare il pagamento pur nella misura di / della complessiva esposizione debitoria, viepiù che era da recepire, giacché ragionevole, l’opposizione espressa dall’Erario e dagli Enti previdenziali in relazione alla scarsa capacità della debitrice di soddisfacimento delle ragioni creditorie (cfr. sentenza d’appello, pag. 8).

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Reputava poi, del pari in ordine al terzo motivo di reclamo, che erano da condividere i ragionevoli dubbi espressi dal Tribunale in relazione al rapporto tra la “Re.Se.” e la “Ye.”.

Reputava, segnatamente, che: a) in maniera condivisibile il Tribunale aveva fatto propri i rilievi dell’Agenzia delle Entrate, che aveva segnalato che, “in concreto, l’attività svolta dalla società (reclamante) era stata unicamente finalizzata a porre in essere una forma illecita di somministrazione di manodopera, attraverso la sottoscrizione di contratti di rete, privi dei requisiti di legge” (così sentenza impugnata, pag. 9); b) ancora condivisibilmente il Tribunale aveva evidenziato che era stato attuato il progressivo passaggio alla “Ye.”, “Go.Co.”, della clientela e del personale dipendente della “Re.Se.”, “Ba.Co.”, in un quadro in cui “l’ingegnoso passaggio di ricchezze ed il successivo intervento di salvataggio per l’attuazione del concordato” (così sentenza impugnata, pag. 10) ostavano alla positiva valutazione di convenienza postulata dal “Cr.Do.” sollecitato a motivo dalla pretesa mancata adesione, nella classe III, dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione; c) infine, in ordine al quarto motivo di reclamo, le ragioni che inducevano a disconoscere la convenienza della proposta concordataria ostavano alla “riclassificazione” ex officio del ceto creditorio, pur nel quadro dell’effetto in toto devolutivo del reclamo (cfr. sentenza impugnata, pag. 10).

10. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Re.Se.” Srl; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

I curatori del fallimento della “Re.Se.” Srl non hanno svolto difese.

CONSIDERATO CHE

11. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 177 e 180 L.Fall.

Deduce che ha errato la Corte di Bari, allorché ha ritenuto che il credito dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione inserito nella III classe non sarebbe da ricondurre alla previsione dell’ultima parte del 4 co. dell’art. 180 L.Fall. in quanto credito all’aggio (cfr. ricorso, pag. 8).

Deduce che il disposto dell’ultima parte del 4 co. dell’art. 180 L.Fall. fa riferimento tout court all’Amministrazione finanziaria e l’Agenzia delle Entrate/Riscossione – ente pubblico strumentale dell’Agenzia delle Entrate – è dell’Amministrazione finanziaria parte integrante, sicché i crediti della stessa Agenzia devono essere considerati ai fini di cui all’ultima parte del 4 co. cit. (cfr. ricorso, pag. 9).

Deduce, quindi, che il corretto riscontro della natura del credito dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione avrebbe dovuto indurre, mercé l’applicazione del “Cr.Do.”, al riconoscimento del raggiungimento della maggioranza anche nella classe III e perciò nel maggior numero di classi (cfr. ricorso, pag. 11).

12. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 177, 178 e 180 L.Fall. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.

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Deduce che: a) ha errato la Corte di Bari a respingere il terzo motivo di reclamo; b) la Corte d’Appello, ai fini dell’applicazione del 4 co. dell’art. 180 L.Fall., “ha omesso di valutare la convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria” (così ricorso, pag. 13) e la circostanza per cui le ragioni creditorie risulterebbero insoddisfatte “per oltre % non può assumere rilievo assoluto” (così ricorso, pag. 13); c) del resto, i commissari giudiziali hanno senz’altro opinato per la convenienza della proposta concordataria in rapporto all’alternativa fallimentare anche alla luce della vana esperibilità delle azioni di responsabilità nei confronti dell’organo di amministrazione (cfr. ricorso, pagg. 13 – 14); d) così come attestato dal professionista incaricato con la relazione ex art. 161, 3 co., L.Fall. e dai commissari giudiziali, la proposta concordataria registra, subordinatamente all’omologazione del concordato, l’apporto di finanza esterna da parte della “Ye.” Spa nella misura di Euro 2.245.971,71, allorché -viceversa- la prudente liquidazione del patrimonio aziendale in sede fallimentare varrebbe al più ad assicurare l’introito di Euro 1.495,29 (cfr. ricorso, pagg. 14 – 15); e) per altro verso, in ordine ai rapporti tra essa ricorrente e la “Ye.”, la corte distrettuale si è limitata a formulare dubbi e a recepire quanto prospettato dall’Agenzia delle Entrate e nulla ha accertato in merito a quanto lamentato dalla stessa Agenzia (cfr. ricorso, pagg. 17 – 18); f) dunque, la corte di merito ha posto a fondamento della sua decisione circostanze per nulla comprovate, viepiù che l’Agenzia delle Entrate non ha proposto opposizione ex art. 180 L.Fall. (cfr. ricorso, pag. 18); g) al contempo, la corte territoriale ha provveduto alla formulazione di un indebito giudizio di meritevolezza sul conto di essa debitrice (cfr. ricorso, pag. 19), viepiù che né il Tribunale né la stessa corte hanno fatto luogo al riscontro di atti di frode ex art. 173 L.Fall. (cfr. ricorso, pag. 19); h) per altro verso ancora, ha errato la Corte barese a reputare tardiva l’adesione del creditore De.Vi. e a disconoscere, di conseguenza, il raggiungimento della maggioranza nella classe I, ove De.Vi. era inserito (cfr. ricorso, pag. 20); i) infine, De.Vi. ha acquisito conoscenza dell’udienza ex art. 180 L.Fall. unicamente a seguito della notifica del provvedimento di fissazione della medesima udienza cui essa ricorrente ha provveduto (cfr. ricorso, pag. 21).

13. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame in ordine alla prova della fattibilità e/o sostenibilità del piano concordatario.

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Deduce che: a) la Corte di Bari non ha valutato le ampie garanzie fornite dalla “Ye.” in relazione all’apporto – subordinatamente all’omologazione del concordato – di finanza esterna nella misura di Euro 2.245.971,71 (cfr. ricorso, pag. 22); b) ancor prima dell’udienza ex art. 180 L.Fall. la “Ye.” aveva provveduto al versamento della somma di Euro 615.063,42 sul conto corrente intestato alla procedura (cfr. ricorso, pag. 22); c) a garanzia delle obbligazioni assunte la “Ye.” ha altresì ceduto il fabbricato di sua proprietà, in A, alla via, ai creditori di essa ricorrente con atto sospensivamente condizionato all’inadempimento e ha fornito fideiussione rilasciata dal “(…)” a garanzia dell’adempimento alle scadenze previste nel piano (cfr. ricorso, pag. 23).

14. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 180 L.Fall.

Premette che la Corte di Bari ha ritenuto di non far luogo alla “riclassificazione” dei creditori in dipendenza del ritenuto difetto di convenienza della proposta concordataria (cfr. ricorso, pag. 24).

Deduce nondimeno che, alla stregua dei rilievi veicolati dai precedenti motivi, la valutazione operata dalla Corte d’Appello in punto di convenienza è di certo errata (cfr. ricorso, pag. 24) e, peraltro, la classe I e la classe III presentano indubbi profili di omogeneità, in considerazione della natura chirografaria dei crediti che vi sono inseriti e dello stesso trattamento economico che è ad essi riservato (cfr. ricorso, pag. 24).

15. Il primo motivo e il secondo motivo di ricorso veicolano censure senza dubbio connesse; il che ne giustifica la disamina contestuale; per gli specifici profili di cui si darà conto, i medesimi mezzi di impugnazione sono in ogni caso destituiti di fondamento; e il rigetto che inesorabilmente è destinato a seguirne, ha valenza assorbente, ossia non solo rende vano l’esame delle ulteriori ragioni di doglianza addotte con il primo e il secondo mezzo, ma rende vano pur il vaglio del terzo e del quarto motivo di ricorso.

16. La previsione dell’ultima parte del 4 co. dell’art. 180 L.Fall. ha sicuramente natura di norma eccezionale, nella misura in cui consente al Tribunale, ai fini dell’omologazione del concordato preventivo, di surrogarsi all’Amministrazione finanziaria ovvero agli Enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie in caso di loro mancata adesione – “determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’art. 177” – alla proposta concordataria.

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La norma cioè, in quanto evidentemente eccezione alla regola generale della libera determinazione dei soggetti – capaci – dell’ordinamento, siano essi privati o pubblici, libera determinazione non surrogabile dall’autorità statuale pur in veste di autorità giudiziaria, non si applica ai sensi dell’art. 14 delle preleggi “oltre i casi e i tempi in essa considerati”.

La norma, dunque, è insuscettibile di applicazione al di là dello spettro delle ragioni di credito propriamente di spettanza dell’Amministrazione finanziaria ovvero degli Enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie.

17. Ebbene, il credito concernente gli oneri di riscossione, ossia il credito all’ “aggio”, dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione non è qualificabile come credito dell’Amministrazione finanziaria.

Quale ne sia la natura giuridica, sanzionatoria (impropria) ovvero retributiva (cfr. in tal ultimo senso Cass. (ord.) 2.10.2019, n. 24588; Cass. 23.12.2015, n. 25932; Cass. 10.5.2013, n. 11230), di certo l’ “aggio” – che ha superato indenne i sospetti di illegittimità costituzionale, siccome la Consulta con la pronuncia n. 120 del 10.6.2021 ha reputato comunque inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, 1 co., del D.Lgs. n. 112/1999 sollevata (la Corte costituzionale ha ritenuto che le esigenze prospettate dal giudice remittente, “pur meritevoli di considerazione”, esorbitano dalle sue competenze, collocandosi nell’ambito delle scelte riservate al legislatore) – anche nell’attuale contesto, caratterizzato dall’affidamento della riscossione a soggetto pubblico avente natura di ente strumentale, non è credito dell’Amministrazione finanziaria.

Del resto, nell’attuale contesto persiste la distinzione tra il rapporto intercorrente tra l’ente impositore e il contribuente, da un lato ed il rapporto intercorrente tra l’ente impositore e l’ente strumentale, dall’altro.

18. Nei suindicati termini non possono che formularsi i rilievi seguenti.

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Da un canto, va condiviso l’assunto della Corte di Bari secondo cui l’ “aggio” “non partecipa della natura dei crediti dell’agenzia delle entrate” (così sentenza impugnata, pag. 7).

D’altro canto, vanno disattese le deduzioni della ricorrente ancorate, peraltro, alla prospettazione per cui l’Agenzia delle Entrate/Riscossione è parte integrante dell’Amministrazione finanziaria (cfr. ricorso, pag. 9).

19. Questa Corte ha già spiegato che è perentorio il termine di venti giorni -di cui all’art. 178, 4 co., L.Fall. – entro il quale i creditori che non hanno esercitato il voto, possono far pervenire la loro manifestazione di voto successivamente alla chiusura del verbale dell’adunanza dei creditori (cfr. Cass. 3.2.2014, n. 2326, ove in motivazione…: “nello schema delineato dalla L.Fall., artt. 178 e 179 nella precedente formulazione (rimasto peraltro integro, per la parte di interesse, all’esito delle intervenute modifiche), infatti, è previsto che…. Dalla previsione dell’obbligo per il giudice delegato di attivare il Tribunale per l’adozione dei provvedimenti conseguenti alla mancata approvazione del concordato, ove non verificatasi entro il termine di venti giorni stabilito, discende dunque che il detto termine è da considerare perentorio…”. Cfr. altresì Cass. 8.3.1969, n. 749).

Evidentemente non si prospettano controindicazioni di sorta a che il surriferito insegnamento sia ribadito nel caso di specie.

20. Su tale scorta ineccepibilmente il Tribunale dapprima e la Corte d’Appello poi hanno opinato per la tardiva adesione al concordato espressa dal creditore De.Vi., inserito nella classe I.

Ben vero, la medesima ricorrente ha dato atto che De.Vi. aveva ricevuto rituale comunicazione della prima udienza fissata per l’adunanza dei creditori, alla quale – così come alle udienze fissate in prosecuzione – non aveva inteso partecipare (cfr. ricorso, pag. 21).

21. Alla luce dei surriferiti rilievi inappuntabilmente la Corte di Bari ha reputato che la maggioranza non fosse stata raggiunta né nella classe I né nella classe III.

E, quindi, altrettanto correttamente ha reputato, sia a considerare unitariamente che separatamente la classe II A e la classe II B, che la maggioranza non fosse stata raggiunta nel maggior numero di classi.

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22. Per gli esposti rilievi, inoltre, è vana qualsivoglia censura in ordine all’asserita irrituale valutazione – cui la Corte d’Appello ha in ogni caso, con un’autonoma “ratio decidendi”, inteso procedere – della convenienza della proposta concordataria, in ordine all’asserita indebita formulazione di un giudizio di meritevolezza della debitrice, qui ricorrente, in ordine all’omessa valutazione delle ampie garanzie fornite dalla “Ye.” e in ordine alla mancata “riclassificazione” del ceto creditorio (qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa: cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108; Cass. (ord.) 11.5.2018, n. 11493).

23. I curatori del fallimento della “Re.Se.” Srl non hanno svolto difese. Pertanto, nonostante il rigetto del ricorso, nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

24. Ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, D.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto.

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P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso;

ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, D.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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