Il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 febbraio 2024| n. 5074.

Il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive

In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz’altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi – devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 cod. civ. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico.

Sentenza|26 febbraio 2024| n. 5074. Il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive

Data udienza 8 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave:Proprietà – Limitazioni legali della proprietà – Rapporti di vicinato – Immissioni sonore – Disciplina dettata da leggi e regolamenti in materia di inquinamento acustico – Limiti – Superamento – Intollerabilità dell’immissione ex art. 844 c.c. – Automatismo – Sussistenza – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 8671/2018) proposto da:

(…) & C. Snc (C.F.: Omissis), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via (…), presso lo studio dell’Avv. Bi.Da., che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Ep.Da., giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e

Bo.Pi. (C.F.: Omissis), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso incidentale adesivo, dall’Avv. Cu.St., nel cui studio in Brescia, via (…), ha eletto domicilio;

– ricorrente incidentale –

contro

Mi.An. (C.F.: Omissis) e Fi.Ni. (C.F.: Omissis), rappresentati e difesi, giusta procura in calce ai controricorsi, dall’Avv. Ma.Pa., nel cui studio in Roma, via (…), hanno eletto domicilio;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1444/2017, pubblicata il 15 novembre 2017, notificata a mezzo PEC l’8 gennaio 2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8 febbraio 2024 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;

viste le memorie illustrative depositate nell’interesse della ricorrente principale e dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;

sentite le conclusioni rassegnate nel corso dell’udienza pubblica dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Carmelo Celentano, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale;

sentito, in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. Ma.Pa. per i controricorrenti.

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FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 2009, Mi.An. e Fi.Ni. convenivano, davanti al Tribunale di Brescia, la (…) & C. Snc al fine di sentirla dichiarare responsabile, in qualità di appaltatrice, dei gravi vizi e difetti dell’appartamento sito in Cellatica, via M n. 13, acquistato dagli attori con atto pubblico del 29 maggio 2007, con la conseguente condanna della convenuta all’eliminazione di detti vizi e difetti ovvero al pagamento della somma necessaria all’effettuazione di tale eliminazione, corrispondente al costo dei lavori, unitamente al deprezzamento subito dall’immobile nonostante i possibili interventi auspicati.

Si costituiva in giudizio la (…) & C. Snc, la quale contestava la domanda avversaria ed eccepiva la decadenza dalla garanzia e la prescrizione dell’azione, in ragione dell’ultimazione dell’immobile nell’anno 2002, assumendo, nel merito, che la previsione di cui alla legge n. 88/2009 rendeva irrilevante il riferimento al dato normativo evocato dagli attori ai fini della rilevazione del superamento delle soglie di inquinamento acustico nei rapporti tra privati. Chiedeva altresì di essere autorizzata alla chiamata in causa del committente Th.Fa. e del progettista e direttore dei lavori Bo.Pi., affinché fosse tenuta indenne da ogni eventuale sua condanna disposta in favore degli attori.

Autorizzata la chiamata in causa dei terzi, Th.Fa. e Bo.Pi. si costituivano separatamente in giudizio, associandosi alle difese della convenuta con riferimento all’eccezione di decadenza e prescrizione e sostenendo la propria carenza di legittimazione passiva e l’insussistenza di proprie responsabilità.

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Nel corso del giudizio erano assunte le prove testimoniali ammesse e, all’esito, era espletata consulenza tecnica d’ufficio al fine della esecuzione delle prove di misurazione della fono-assorbenza nell’immobile di proprietà degli istanti.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2644/2014, depositata l’8 agosto 2014, notificata il 14 ottobre 2014, condannava la (…) & C. Snc al risarcimento dei danni, in favore di Mi.An. e Fi.Ni., nella misura complessiva di euro 134.887,00, oltre rivalutazione e interessi, mentre, in parziale accoglimento della domanda di manleva svolta dalla convenuta nei confronti del progettista e direttore dei lavori, condannava Bo.Pi. a tenere indenne la chiamante di quanto dalla stessa dovuto in favore degli attori nei limiti della metà, con il rigetto della domanda di manleva spiegata nei confronti del terzo committente Th.Fa..

2.- Con atto di citazione notificato il 13 novembre 2014, proponeva appello la (…) & C. Snc, la quale lamentava: – l’erroneo rigetto delle eccezioni di decadenza dalla garanzia e di prescrizione dell’azione; – l’erronea ritenuta applicabilità alla fattispecie del d.P.C.m. 5 dicembre 1997; – l’erronea quantificazione dei danni liquidati, in considerazione della disponibilità manifestata, già in prime cure, dal proprietario committente dei lavori a consentire l’esecuzione delle opere necessarie a ripristinare il corretto isolamento acustico nel rispetto dei parametri indicati dal citato d.P.C.m.; – l’indebita condanna per il deprezzamento del bene e per i canoni di locazione asseritamente corrisposti.

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Si costituivano nel giudizio di impugnazione Mi.An. e Fi.Ni., i quali concludevano per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e, nel merito, per il suo rigetto.

Si costituivano separatamente altresì Bo.Pi., il quale aderiva alle conclusioni dell’appellante, e Th.Fa., il quale evidenziava che nessuna censura era stata sollevata avverso il rigetto della domanda nei confronti del committente dei lavori.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la (…) & C. Snc al pagamento, in favore di Mi.An. e Fi.Ni., della minore somma complessiva di euro 67.931,27, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sull’importo di euro 39.131,27 e oltre i soli interessi legali sull’importo di euro 28.800,00, confermando, nel resto, l’appellata sentenza.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che, all’esito delle indagini peritali svolte, era stato accertato che l’immobile non era stato realizzato a regola d’arte, probabilmente omettendo del tutto la fornitura e posa in opera di un materassino fonoassorbente di adeguate caratteristiche e di adeguato spessore prima dell’esecuzione delle tramezzature di separazione dei vari locali e del pavimento con sottostante caldana di supporto, come indicato dalle regole del buon costruire e dalle relative norme UNI di riferimento; b) che l’eccezione sollevata dalla convenuta nel giudizio di primo grado, inerente all’operatività della disciplina limitativa della responsabilità in materia di requisiti acustici passivi, era stata abbandonata e comunque il Tribunale aveva motivato sulla inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 11 della legge n. 88/2009, senza che sul punto l’appellante avesse sollevato doglianze di sorta; c) che, nel giudizio di primo grado, mai era stata sollevata alcuna obiezione sulla automatica cogenza dei parametri di cui al d.P.C.m. 5 dicembre 1997, questione sollevata per la prima volta solo con il motivo di appello e comunque infondata, essendo stata rimessa allo Stato la determinazione dei requisiti acustici passivi e di quelli delle sorgenti sonore degli edifici, ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. e), della legge n. 447/1995, rinviando la relativa disciplina ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sicché, in ottemperanza a tale disposizione, i requisiti determinati dal d.P.C.m. 5 dicembre 1997, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore, con prescrizione dei limiti espressi in decibel per gli edifici costruiti dopo la sua entrata in vigore, dovevano essere rispettati indipendentemente dal fatto che vi fosse stato un espresso recepimento nei regolamenti comunali; d) che non poteva essere riconosciuto, in via integrativa, il pregiudizio per il deprezzamento dell’immobile, poiché il consulente d’ufficio aveva accertato che, attraverso l’esecuzione delle opere indicate, ogni vizio inerente al difetto di isolamento acustico sarebbe venuto meno; e) che l’intollerabilità dei rumori era insita nell’accertata violazione dei valori di soglia prescritti dal d.P.C.m. 5 dicembre 1997 ed era avvalorata dalla deposizione resa dal teste Ma.Pa., il quale aveva riferito che gli attori, a seguito dei rumori riscontrati provenienti dagli appartamenti limitrofi e in ragione del fatto che il figlio Ga. – che all’epoca aveva poco più di un anno -manifestava disturbi per il rumore, avevano deciso di trasferire la propria abitazione in un altro alloggio e ciò sempre nello stesso cortile, ma nella palazzina frontale; f) che detto testimone, estraneo alla vicenda di causa, aveva giustificato la conoscenza delle circostanze riferite alla stregua della frequentazione della famiglia Mi.An., senza che si potessero ravvisare nella sua deposizione profili valutativi; g) che ricorreva, pertanto, un nesso di causalità tra l’esistenza dei gravi difetti inerenti all’isolamento acustico dell’immobile e i costi sostenuti per il pagamento dei canoni di locazione, con riferimento alla durata del primo quadriennio del contratto.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la (…) & C. Snc

Ha proposto ricorso incidentale adesivo, sviluppando analoghe censure, Bo.Pi.

Hanno resistito, con separati controricorsi, gli intimati Mi.An. e Fi.Ni.

4.- La ricorrente principale e i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 844, 1175, 1227, 1669, 2043 e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sulla liquidazione del danno, per avere la Corte di merito ritenuto erroneamente che l’intollerabilità dei rumori fosse “insita” nell’accertata violazione dei parametri prescritti dal d.P.C.m. 5 dicembre 1997 per il rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici.

Obietta, in proposito, l’istante che il danno derivante dalla intollerabilità delle immissioni rumorose avrebbe richiesto la rigorosa dimostrazione che i rumori provenienti da altro appartamento fossero intollerabili, che tale intollerabilità dipendesse esclusivamente dal carente isolamento acustico e, infine, che la locazione di altra unità abitativa costituisse l’unica alternativa soluzione percorribile, senza che alcuno di tali elementi fosse stato dimostrato, non bastando a dimostrare tale ultima necessità la mera produzione del contratto di locazione.

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1.1.- Il motivo è in parte qua inammissibile e in parte qua infondato.

1.2.- È inammissibile nella parte in cui si adduce l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti.

E tanto perché, a fronte di una “doppia conforme” (quanto alla ritenuta normale intollerabilità dei rumori, ossia in ordine all’an della pretesa azionata), con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie, ai sensi dell’art. 348-ter, quinto comma, c.p.c., vigente ratione temporis, la doglianza di omesso esame di fatti decisivi, formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non può essere proposta (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).

Ciò vale non solo quando la decisione di secondo grado sia interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022).

Sul punto relativo all’integrazione delle immissioni acustiche intollerabili, la sentenza impugnata ha convalidato gli argomenti già sviluppati dalla sentenza di prime cure, disattendendo le censure contenute – in ordine a tale aspetto – nei corrispondenti motivi di gravame.

Né parte ricorrente si è onerata di specificare le ipotetiche differenze tra le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello in merito a tale profilo decisorio (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8320 del 15/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016).

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1.3.- In ordine alla lamentata violazione o falsa applicazione di legge, secondo le risultanze di causa, all’esito delle verifiche tecniche circa l’isolamento acustico, è stato rilevato che il rumore aereo del divisorio orizzontale tra alloggi e il rumore di calpestio tra alloggi sovrapposti superava le soglie di cui al d.P.C.m. 5 dicembre 1997, rispettivamente quanto al valore dell’indice di valutazione del potere fonoisolante apparente e dell’indice di valutazione del livello di pressione sonora di calpestio.

Il che ha indotto a ritenere che, ai sensi dell’art. 844 c.c., le immissioni acustiche nella proprietà privata, destinata ad abitazione, non fossero normalmente tollerabili, come suffragato dalla deposizione testimoniale assunta.

Conclusione, questa, conseguente ai lavori di ristrutturazione del complesso immobiliare affidati dagli originari proprietari dell’intero edificio alla (…) & C. Snc, all’esito della predisposizione del piano di recupero edilizio, e ultimati nell’anno 2002, sotto la progettazione e la direzione dei lavori di Bo.Pi., cui faceva seguito la vendita dell’appartamento con atto del 29 novembre 2002 e la successiva vendita in favore degli odierni controricorrenti con atto del 29 maggio 2007.

Segnatamente i difetti rilevati – e tali da rendere intollerabili le immissioni acustiche – sono stati ravvisati nella omissione della fornitura e posa in opera di un materassino fonoassorbente di adeguate caratteristiche e di adeguato spessore prima dell’esecuzione delle tramezzature di separazione dei vari locali e del pavimento con sottostante caldana di supporto, come indicato dalle regole del buon costruire e dalle relative norme UNI di riferimento.

Ora, in materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz’altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino -ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi – devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 2757 del 06/02/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 32943 del 20/12/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 23754 del 01/10/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 1069 del 18/01/2017; Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011; Sez. 2, Sentenza n. 1418 del 25/01/2006; Sez. 2, Sentenza n. 1151 del 27/01/2003; Sez. 2, Sentenza n. 6223 del 29/04/2002; Sez. 2, Sentenza n. 5697 del 18/04/2001).

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Piuttosto, l’eventuale rispetto di dette soglie (evenienza non attinente alla fattispecie) non può fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c., tenendo presente, fra l’altro, la vicinanza dei luoghi e i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni.

Ma ove i limiti-soglia siano superati è integrata in sé la violazione della condizione di normale tollerabilità delle immissioni acustiche, avuto riguardo alla condizione dei luoghi ex art. 844 c.c.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1669, 2043 e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sulla natura del danno, per avere la Corte territoriale riconosciuto il danno conseguente alla locazione di altro appartamento (peraltro posto nel medesimo edificio e realizzato con le stesse caratteristiche), senza che fosse svolta sul punto alcuna attività istruttoria, volta a determinare la necessità o soltanto l’opportunità di detto trasferimento, in ragione dell’asserita influenza del carente isolamento acustico sulla sensibilità del piccolo figlio ai rumori provenienti dall’appartamento soprastante, abitato da sette persone.

Rileva la ricorrente che, in tal modo, sarebbe stata riconosciuta la tutela risarcitoria, a fronte di conseguenze mediate e indirette, determinate da altre e contingenti concause, quali la particolare sensibilità ai rumori della famiglia degli attori ovvero la particolare rumorosità degli abitanti dell’appartamento sovrastante, considerato che l’appartamento era stato abitato fino al 2007 da terzi e dal 2007 al 2009 anche dagli attori, senza lamentele di sorta rivolte verso l’appaltatore per il carente isolamento (essendosi, invece, gli attori lamentati dei rumori con l’amministratore del condominio e con i proprietari dell’appartamento soprastante).

2.1.- Il motivo è in parte qua inammissibile e in parte qua infondato.

È inammissibile nella parte in cui viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in ordine al riconoscimento del danno conseguito alla necessaria locazione di altro immobile, per le ragioni già esposte scrutinando il primo motivo.

Per il resto la doglianza è priva di fondamento, stante che le conclusioni espresse dalla pronuncia impugnata sono state avvalorate dalla deposizione resa dal teste Ma.Pa., il quale aveva riferito che gli attori, a seguito dei rumori riscontrati provenienti dagli appartamenti limitrofi e in ragione del fatto che il figlio Ga. – che all’epoca aveva poco più di un anno -manifestava disturbi per il rumore, avevano deciso di trasferire la propria abitazione in un altro alloggio e ciò sempre nello stesso cortile, ma nella palazzina frontale, come da contratto di locazione prodotto in giudizio (produzione riconosciuta espressamente dalla ricorrente).

Non risulta agli atti che l’immobile locato fosse esposto alle stesse immissioni acustiche, come sostenuto dalla ricorrente.

Pertanto, il nesso di causalità tra i rumori intollerabili e la decisione di locare altro immobile posto nella stessa area è stato desunto, oltre che dall’obiettiva verificazione dell’intollerabilità delle emissioni sonore, dalla prova testimoniale assunta, secondo cui: a) il figlio di un anno della coppia era disturbato da tale immissione acustica; b) la decisione di prendere in detenzione qualificata altro appartamento nello stesso cortile era dipesa proprio da tale situazione.

D’altronde, motivando sul rigetto delle eccezioni di decadenza e prescrizione, la sentenza impugnata ha chiarito che la circostanza che originariamente le lamentele fossero state indirizzate verso l’amministratore condominiale e i vicini, e non già verso la società appaltatrice, dipendeva dalla mancata conoscenza delle cause specifiche della percezione di tali rumori, scoperte solo all’esito di un’indagine tecnica demandata ad un esperto del 26 marzo 2009.

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Per l’effetto, la liquidazione del danno patrimoniale è avvenuta in base alla prova circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi sarebbe stato spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, risultando dagli atti elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto era certa, e che si traducevano in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, e non già meramente potenziale o possibile, ma che appariva invece – anche semplicemente in considerazione dell’id quod plerumque accidit – connesso all’illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17677 del 29/07/2009; Sez. 3, Sentenza n. 23304 del 08/11/2007; Sez. 2, Sentenza n. 1443 del 30/01/2003).

E tanto rispetto alla locazione di un appartamento posto nello stesso cortile e, dunque, omogeneo a quello reso inagibile dalla persistenza dei rumori.

A fronte di questo coerente e congruo quadro fattuale, come ricostruito in forza degli elementi probatori evidenziati, la censura si traduce inammissibilmente, nella sostanza, in una istanza di rivalutazione dei fatti storici, in connessione con gli aspetti giuridici già debitamente affrontati dalla pronuncia di merito, piuttosto che nella prospettazione di un vizio di violazione o sussunzione delle norme evocate (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).

D’altronde, in base alle coordinate innanzi tracciate, la locazione di altro appartamento (e i conseguenti esborsi sostenuti per i canoni corrisposti), in ragione della intollerabilità delle immissioni acustiche, rappresenta una conseguenza immediata e diretta, secondo il principio di normalità o regolarità causale o di occasionalità necessaria di cui all’art. 1223 c.c. che governa la causalità giuridica, in base al giudizio ipotetico sulla differenza tra situazione dannosa e situazione quale sarebbe stata se il fatto dannoso non si fosse verificato.

Tanto per effetto di un accertamento, in ordine all’esistenza di siffatte connotazioni giuridiche del danno, che compete al giudice del merito e sfugge al sindacato di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logico-giuridici (Cass. Sez. L, Sentenza n. 9374 del 21/04/2006; Sez. 1, Sentenza n. 11629 del 15/10/1999; Sez. L, Sentenza n. 2009 del 06/03/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6325 del 18/07/1987; Sez. 3, Sentenza n. 552 del 17/02/1969; Sez. 2, Sentenza n. 3184 del 17/12/1963; Sez. 3, Sentenza n. 910 del 09/04/1963; Sez. 2, Sentenza n. 2835 del 06/10/1962).

3.- Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1669, 2043 e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sulla quantificazione del danno, per avere la Corte distrettuale tralasciato di considerare, ai fini dell’imputabilità all’appaltatore nonché al progettista e direttore dei lavori dell’esborso sostenuto per il pagamento dei canoni di locazione di altro appartamento, che la consulenza tecnica d’ufficio avrebbe accertato che solo mq. 32 dell’appartamento degli attori (a fronte di una complessiva superficie di mq. 134) non rispettava i limiti di insonorizzazione previsti dal d.P.C.m. 5 dicembre 1997 e che detto d.P.C.m. non si sarebbe applicato prima della notificazione dell’atto di citazione.

Tali valutazioni avrebbero dovuto indurre la Corte d’appello ad escludere o quantomeno a ridurre drasticamente l’indennizzo liquidato secondo gli ordinari criteri di quantificazione del danno, in considerazione della colpa dell’appaltatrice.

3.1.- Il motivo è in parte qua inammissibile e in parte qua infondato.

È inammissibile nella parte in cui viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla misura del danno riconosciuto, per le ragioni già esposte scrutinando il primo motivo.

È privo di fondamento quanto alla assunta violazione di legge. E tanto perché, per effetto dell’accertamento del superamento dei limiti soglia, con la conseguente integrazione di un danno dipendente dall’insufficiente isolamento acustico, l’inagibilità dell’appartamento è stata valutata nella sua unitarietà, e non già con riferimento ai singoli vani da cui il cespite era composto.

Ed in effetti non avrebbe potuto ritenersi, proprio sulla scorta del richiamo ad una valutazione complessiva, che le emissioni sonore maggiormente avvertite in alcuni vani dell’appartamento ad uso abitativo avrebbero giustificato la permanenza della famiglia Mi.An.-Fi.Ni. nei restanti vani, ove tali rumori non sarebbero stati intollerabili.

D’altronde, i valori espressi dal d.P.C.m. 5 dicembre 1997 sono stati utilizzati ai fini di ritenere che le immissioni acustiche superassero la normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c., ai fini dell’abitabilità dell’appartamento unitariamente considerato, come anzidetto esaminando il primo motivo.

Né, peraltro, la ricorrente ha dato atto di aver sollevato tale censura nei gradi di merito.

4.- Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., della violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sulla rilevanza probatoria della deposizione del teste Ma.Pa., per avere la Corte del gravame utilizzato le deposizioni rese dal teste, benché si trattasse di teste de relato actoris, deposizioni che, ove considerate in sé e senza il conforto di altri elementi, non avrebbero avuto alcun valore probatorio, neppure indiziario, con una conseguente rilevanza processuale del tutto nulla.

Osserva, per l’effetto, l’istante che, in difetto di alcun supporto, la Corte non avrebbe potuto trarre alcuna prova dalla deposizione testimoniale resa.

Motivi, tutti quelli esposti, che avrebbero dovuto escludere la spettanza della voce risarcitoria ascritta ai canoni di locazione di altra unità immobiliare, liquidata in euro 28.800,00, oltre interessi, o comunque a ridurre la misura del risarcimento riconosciuto, alla stregua della ridotta superficie dell’appartamento che non rispettava i requisiti acustici passivi e della disponibilità manifestata dall’appaltatrice e dai terzi chiamati ad eseguire gli interventi necessari al ripristino del corretto isolamento acustico dell’appartamento.

4.1.- Il motivo è inammissibile.

Infatti, la Corte d’appello ha precisato che il testimone escusso, estraneo alla vicenda di causa, aveva giustificato la conoscenza delle circostanze riferite alla stregua della frequentazione della famiglia Mi.An., senza che si potessero ravvisare nella sua deposizione profili valutativi.

Nessun elemento da cui si possa trarre che i fatti riferiti fossero stati appresi, non già per conoscenza diretta, bensì in quanto riportati dagli attori, si può ricavare dalla disamina giudiziale svolta.

Anzi, la sentenza impugnata ha precisato – e risulta riscontrato in atti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2028 del 18/05/1977) – che la non tollerabilità dei rumori, specie in ordine alla situazione in cui versava il piccolo figlio di un anno della coppia, e la decisione di locare altro immobile, proprio alla stregua dell’intollerabilità di tali immissioni sonore, furono apprese dal teste in via diretta, in quanto frequentava la famiglia Mi.An.-Fi.Ni. (e in tale veste ne aveva preso atto).

5.- Per le medesime ragioni devono essere disattesi i motivi del ricorso incidentale, spiegato da Bo.Pi.

L’interesse alla sua proposizione è insorto in esito alla proposizione del ricorso principale, stante che la manleva verso il progettista e direttore dei lavori è stata accolta nei limiti della metà della somma oggetto di condanna, in favore dei danneggiati e a carico dell’appaltatore, sicché esso è ammissibile.

Tuttavia, tali censure riprendono nella sostanza le medesime censure articolate dalla ricorrente principale e, dunque, seguono lo stesso esito.

6.- In definitiva, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere respinti.

I compensi e le spese di lite seguono il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

Il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale e il ricorrente incidentale, in solido, alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 4.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 8 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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