Il requisito della colpa postulato dall’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006

Consiglio di Stato, Sentenza|19 marzo 2021| n. 2399.

Il requisito della colpa postulato dall’art. 192, del D.Lgs. n. 152/2006, consiste oltre che nella commissione di condotte positivamente orientate all’abbandono dei rifiuti, anche nell’omissione di quei doverosi controlli che potrebbero distogliere o impedire terzi soggetti dal compiere le condotte sanzionate dalla norma, tra cui quelle di deposito incontrollato e di abbandono.

Sentenza|19 marzo 2021| n. 2399

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Rifiuti eterogenei in area di proprietà privata – Caratterizzazione dei materiali – Pulizia delle aree – Smaltimento dei rifiuti – Art. 192, D.Lgs. n. 152/2006 – Diffida ad ottemperare – Doveri di vigilanza e controllo derivanti dall’essere proprietario di un bene immobile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4999 del 2018, proposto dalla S.r.l. Le. Un., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ba., El. D’A., Gi. Le. e An. Ma., con domicilio digitale eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Le., in Roma, via (…);
nei confronti
la S.r.l. Vi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il signor Lu. Ra., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2299/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2021 – svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020 – il consigliere Daniela Di Carlo;
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente ha proposto ricorso davanti al T.a.r. per la Lombardia, Milano, per ottenere (con il ricorso introduttivo del giudizio) l’annullamento dell’ordinanza sindacale del Comune di Milano che, accertata la presenza di rifiuti eterogenei in area di proprietà della ricorrente, sita in via (omissis), ha ordinato la caratterizzazione dei materiali in questione, la pulizia delle aree e lo smaltimento dei rifiuti ex art. 192, d.lgs. n. 152/2006; e (con ricorso per motivi aggiunti) l’annullamento della successiva diffida ad ottemperare.
2. A sostegno delle proprie pretese, la società ha dedotto plurime violazioni della legge e varie figure sintomatiche dell’eccesso di potere sia avverso l’ordinanza ingiunzione, sia avverso la successiva diffida, nonché (solo rispetto alla diffida) anche l’incompetenza dell’organo diffidante a reiterare l’ordine contenuto nel provvedimento sindacale da ottemperare.
Più nel dettaglio, la società interessata:
2.1. ha escluso ogni sua personale responsabilità nella vicenda in esame, sostenendo di essere semplicemente proprietaria dell’area interessata dalla presenza dei rifiuti, e di svolgere un’attività del tutto estranea alla natura dei rifiuti presenti nell’area in questione (primo motivo di ricorso);
2.2. ha lamentato il mancato rispetto del contraddittorio procedimentale (secondo motivo);
2.3. ha ritenuto il provvedimento carente di motivazione (terzo motivo).
3. Il T.a.r. per la Lombardia, Milano, con la sentenza di cui in epigrafe impugnata, ha respinto sia il ricorso introduttivo, sia il ricorso per motivi aggiunti, e ha compensato tra le parti le spese di lite.
Più in particolare, il T.a.r. ha ritenuto sussistente la diretta e personale responsabilità della società ricorrente, non tanto per avere prodotto e deposto nell’area di sua proprietà i rifiuti, ma per avere consentito o, comunque sia, non frapposto un ostacolo a ché i rifiuti venissero ivi abbandonati dal precedente proprietario dell’area, il quale ha continuato a servirsi di quell’area per deporvi i rifiuti per circa venticinque anni dopo la vendita alla ricorrente.
4. La S.r.l. Le. Un. ha appellato la sentenza, censurandone il ragionamento logico-giuridico seguito per manifesta illogicità e falsa applicazione di legge con riferimento all’asserita violazione dell’art. 192, dell’art. 311 comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell’art. 174 del Trattato Ue in relazione all’art. 3 della Legge n. 241/1990 nonché del principio “chi inquina paga” (1° e 2° motivo); per manifesta illogicità e falsa applicazione di legge in relazione all’asserita violazione dell’art. 192 del Dlgs. n. 152/2006 in riferimento agli artt. 7, 8, 10 comma 1 e 2, 24 e 25 della legge n. 241/1990 per mancato rispetto del contraddittorio ivi previsto (3° motivo); e, infine, per manifesta illogicità e falsa applicazione di legge con riferimento all’asserita violazione dell’art. 192 del D.lgs. n. 152/2006 in relazione all’art. 3 della legge n. 241/1990 e per omessa pronuncia.
5. Il Comune di Milano si è costituito in resistenza, instando per la reiezione del gravame.
6. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.
7. All’udienza pubblica del 18 febbraio 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020, la causa è passata in decisione.
8. L’appello non è fondato e va, pertanto, respinto.
9. La Sezione ritiene decisive, ai fini del rigetto del gravame, le seguenti considerazioni.
10. In punto di fatto, è accaduto che la presenza di rifiuti eterogenei abbandonati nell’area ubicata in via (omissis) è stata segnalata per la prima volta in un documento ufficiale dalla polizia municipale di Milano in data 26 marzo 2014.
Sulla base degli accertamenti svolti, i rifiuti risultavano collocati all’imbocco di una stradina sterrata sulla quale hanno ingresso vari appezzamenti di terreni di proprietà privata.
La strada sterrata è anch’essa di proprietà privata in quanto ciascun proprietario, oltre ad avere la titolarità del terreno, ha anche la titolarità del mappale antistante l’ingresso al proprio terreno costituente il tratto di sedime della strada sterrata.
Nel caso di specie, gli operanti appuravano che il tratto del sedime stradale sul quale erano rinvenuti i rifiuti corrispondeva al Foglio (omissis), particella (omissis) del Nuovo Catasto dei terreni.
L’area in questione fino all’anno 2003 era parte di un’unica particella, la n. (omissis), di proprietà di altro soggetto.
In seguito, la particella (omissis) veniva frazionata in tre parti, e precisamente le particelle (omissis), tutte rimaste intestate all’alienante.
Quest’ultimo dichiarava agli operanti di non essere più proprietario dell’area, ma non forniva alcuna documentazione in merito.
La documentazione in oggetto veniva consegnata solo dopo avere ricevuto l’avviso di avvio del procedimento amministrativo, l’ordinanza sindacale e la diffida ad adempiere, apprendendosi così che la vendita della (attuale) particella n. (omissis) alla Società Le. Un. S.R.L. era avvenuta nel lontano mese di marzo dell’anno 1989.
Accertata, pertanto, l’effettiva situazione proprietaria soltanto in data 20 aprile 2015, il Comune di Milano procedeva ad instaurare il contraddittorio procedimentale anche nei confronti della società ricorrente, emettendo la comunicazione di avvio del procedimento e il contestuale invito a provvedere alla pulizia dei luoghi.
Verificato (con sopralluogo del 17 marzo 2016) che la società non era spontaneamente intervenuta, il Comune di Milano si determinava alfine ad emanare l’ordinanza n. 24 del 3 maggio 2016 e la successiva diffida a provvedere, qui impugnate.
11. Ancora in punto di fatto, è indiscutibile che il precedente proprietario dell’area abbia conservato la materiale disponibilità dell’area medesima per circa venticinque anni dopo la sua vendita alla società ricorrente (avvenuta, lo si ricorda, nel mese di marzo dell’anno 1989), essendo egli spontaneamente intervenuto per eliminare parte dei rifiuti ivi depositi a seguito della ispezione municipale eseguita nell’anno 2014.
12. Anche a volere prescindere da questo dirimente aspetto, correttamente messo in rilievo dal primo giudice, è comunque innegabile che la società sia venuta colpevolmente meno ai doveri di vigilanza e controllo derivanti dall’essere proprietaria di un bene immobile.
Più in particolare, secondo il consolidato indirizzo ermeneutico seguito dalla giurisprudenza amministrativa, anche in recepimento dei principi di diritto elaborati dal diritto europeo in materia ambientale e di gestione dei rifiuti, il proprietario che volontariamente tiene una condotta incompatibile con i doveri di vigilanza, controllo e verifica dello stato in cui versano i propri beni, non può esimersi da responsabilità .
In altre parole, il requisito della colpa postulato dall’art. 192, del d.lgs. n. 152/2006, consiste oltre che nella commissione di condotte positivamente orientate all’abbandono dei rifiuti, anche nell’omissione di quei doverosi controlli che – soli – potrebbero distogliere o impedire terzi soggetti dal compiere le condotte sanzionate dalla norma, tra cui quelle di deposito incontrollato e di abbandono per le quali è causa.
13. In altri termini, quantunque si volesse prestare fede a quanto sostenuto dall’odierna appellante, e cioè che ella non aveva consapevolezza della commissione di siffatte condotte da parte di terzi, ivi compreso il precedente proprietario dell’area, tale circostanza non sarebbe comunque sia idonea ad elidere l’autonoma, propria, personale e individuale responsabilità della società, che col proprio disinteresse verso il bene acquistato nel 1989 ha finito – quantomeno – per agevolare la commissione dell’illecito altrui.
D’altronde, è di immediata evidenza che qualora la società si fosse determinata in senso opposto, e se cioè avesse posto in essere accorgimenti e cautele per contrastare l’ingresso di terzi o avesse presidiato utilmente il bene, sarebbe stata elisa alla fonte la precondizione per potere depositare e abbandonare i rifiuti nell’area medesima.
14. L’impostazione esegetica appena descritta si conferma corretta anche alla luce del recente pronunciamento espresso dall’Adunanza plenaria n. 3/2021, che ha affermato il principio di diritto secondo cui risponde dell’eliminazione dei rifiuti abbandonati anche la curatela fallimentare, pur se non autrice dei rifiuti o del loro deposito.
Pertanto, se tale principio vale per chi (come il curatore fallimentare) è chiamato semplicemente dal munus publicum a gestire i beni altrui, a maggior ragione esso non può non valere per il diretto proprietario del bene, qual è la società ricorrente a far data dal 1989.
15. Inoltre, non rivestono efficacia escludente o esimente della responsabilità, le deduzioni difensive dell’appellante circa la compresenza, lungo la stradina di accesso che conduce a quella specifica area, di altri comproprietari frontisti.
L’eventuale corresponsabilità di altri soggetti, infatti, non esclude la responsabilità dell’odierna appellante, essendo comunque essa venuta meno quanto meno al dovere di controllare cosa veniva deposto dinanzi alla propria area di pertinenza.
16. Infine, non colgono nel senso nemmeno le riproposte censure avverso la correttezza dell’iter procedimentale seguito dall’Amministrazione comunale, perché la stessa non appena avuta contezza dell’effettività della situazione proprietaria, ha aperto e istruito autonomamente il procedimento di accertamento e sanzione in capo alla società, senza assumere decisioni automatiche sulla base del primo procedimento aperto all’epoca a carico di colui che appariva, dai documenti ufficiali, come il proprietario dell’area.
17. In definitiva, per le considerazioni illustrate, l’appello va respinto.
18. Le spese del presente grado d’appello sono liquidate come da dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4999/2018, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la società appellante a rifondere, in favore del Comune di Milano, le spese del presente grado liquidate in complessivi euro 5.000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. se dovute come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021 svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 13772020, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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