Il contratto di appalto di servizi

Consiglio di Stato, Sentenza|22 marzo 2021| n. 2426.

Il contratto di appalto di servizi si caratterizza per la sussistenza di un rapporto bilaterale intercorrente tra la P.A. quale soggetto appaltante e l’impresa – in qualità di appaltatore – in cui il compenso di quest’ultima grava esclusivamente sulla stazione appaltante. La concessione di pubblico servizio si sostanzia in un rapporto trilaterale intercorrente tra concedente, concessionario ed utenza finale dalla cui richiesta di servizi il concessionario trae la propria remunerazione e con la quale instaura un rapporto negoziale diretto, a fronte del quale l’impresa assume su sé stessa il rischio della domanda. Perciò, affinché si possa procedere alla legittima revisione dei profili economici concordati con il soggetto concedente, è sempre indispensabile la comprovata ricorrenza di eventi eccezionali, straordinari, oggettivamente esterni ed estranei al funzionamento del mercato di settore, non essendo invece sufficienti mere fluttuazioni cicliche della domanda, dato fisiologico di ogni mercato, che l’operatore economico deve ritenere quale profilo caratterizzante ed ineliminabile dal contesto economico in cui opera.

Sentenza|22 marzo 2021| n. 2426

Data udienza 11 marzo 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Contratti della PA – Servizi pubblici – Concessione – Appalto servizi – Differenze – Remunerazione – Assunzione del concessionario del rischio di domanda – Rapporti diretti del concessionario con l’utenza finale – Fattispecie – Revisione dei prezzi per la concessione del servizio di raccolta e avvio al trattamento dei rifiuti delle navi nel Porto di Fiumicino – Non spetta

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5199 del 2020, proposto dalla società Fi. Ha. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Be. Gi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…),
contro
l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fa. Lo. e Ga. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Sa. in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 3371 del 18 marzo 2020, resa tra le parti, concernente il silenzio serbato dall’Autorità di Sistema Portuale su istanza di revisione tariffaria del servizio di raccolta e avvio al trattamento dei rifiuti delle navi scalanti in Porto, svolto in concessione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Be. Gi. Ca. e Fa. Lo., che partecipano alla discussione orale da remoto ai sensi della citata disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso avanti il T.a.r. per il Lazio l’odierna appellante, premesso di essere concessionaria, a seguito di aggiudicazione di pubblica gara, del servizio di raccolta e avvio al trattamento dei rifiuti delle navi scalanti nel Porto di (omissis), ha svolto le seguenti domande:
– ha chiesto dichiararsi l’illegittimità del silenzio serbato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale sull’istanza svolta in data 6 ottobre 2017, tesa ad ottenere la revisione tariffaria del servizio de quo, stante la “drastica quanto imprevedibile riduzione della quantità di navi scalanti” nel Porto, con conseguente condanna a concludere il relativo procedimento;
– ha chiesto la condanna dell’Autorità al risarcimento del danno da ritardo;
– ha chiesto disporsi l’ostensione degli atti del relativo procedimento.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha così deciso:
– ha preso atto del venir meno dell’interesse a coltivare la domanda ostensiva, in quanto “soddisfatta dall’Autorità nelle more dello svolgimento del giudizio”;
– ha respinto la domanda di dichiarazione dell’illegittimità del silenzio mantenuto dall’Autorità sulla cennata istanza, sia perché, in termini generali, nei rapporti di concessione di pubblico servizio il “rischio operativo” graverebbe strutturalmente sul concessionario, sia perché, ai termini della convenzione conclusa nella specie, da un lato la società non vanterebbe alcuna legittima aspettativa circa il numero minimo di approdi annuali, dall’altro non vi sarebbe alcun dovere dell’Autorità di procedere alla revisione del Piano portuale di raccolta e di gestione dei rifiuti nel caso di riduzione degli approdi;
– ha conseguentemente respinto la domanda risarcitoria.
3. La società ha interposto appello, riproponendo criticamente le doglianze di prime cure, ad eccezione dell’istanza ostensiva.
3.1. Si è costituita in resistenza l’Autorità di Sistema Portuale, che ha eccepito, tra l’altro, l’inammissibilità delle avverse produzioni documentali depositate in allegato all’atto di appello.
3.2. Il ricorso è stato discusso alla camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020.
4. Il ricorso è infondato nel merito: può, pertanto, prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità delle avverse produzioni documentali svolta dalla resistente Autorità.
5. Il Collegio osserva che l’impianto motivazionale di prime cure merita sostanziale conferma.
6. In primo luogo, in termini generali il rapporto di concessione di pubblico servizio si distingue dall’appalto di servizi proprio per l’assunzione, da parte del concessionario, del rischio di domanda.
6.1. Invero, mentre l’appalto ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante, nella concessione, connotata da una dimensione triadica, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione.
6.2. E’, dunque, insito nel meccanismo causale della concessione che la fluttuazione della domanda del servizio costituisca un rischio traslato in capo al concessionario, anzi costituisca il rischio principale assunto dal concessionario.
6.3. Del resto, anche nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile nella vicenda ratione temporis, costante giurisprudenza aveva evidenziato che nelle concessioni di servizi vige il principio dell’ordinaria invariabilità del canone, con conseguente inapplicabilità dell’istituto della revisione dei prezzi, proprio invece degli appalti (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1755).
7. Con più specifico riferimento alla vicenda di specie, non può non considerarsi che l’attuale tariffa è stata indicata dalla stessa ricorrente in sede di gara, retta dal criterio del prezzo più basso ex art. 82 d.lgs. n. 163 del 2006: dunque, da un lato la ricorrente si è aggiudicata la gara proprio in virtù di tale offerta (che non può che assumersi libera, autonoma e consapevole), dall’altro fra l’aggiudicazione (aprile 2016) e la formulazione della richiesta di revisione (ottobre 2017) è trascorso un lasso di tempo oggettivamente breve, specie ove si tenga conto che la concessione aveva durata quinquennale, decorrente dal 1 giugno 2016.
7.1. Inoltre, secondo le difese svolte dall’Autorità non specificamente contestate ex adverso, gli scali registrati nel 2017 sono stati in linea con quelli del 2016.
7.2. Peraltro, la revisione dei profili economici concordati con il concedente – pur a volerne ammettere, a tutto concedere, la predicabilità astratta – richiederebbe comunque la comprovata ricorrenza di eventi eccezionali e straordinari, oggettivamente esterni ed estranei al funzionamento del mercato di settore; non sarebbero, viceversa, sufficienti all’uopo mere fluttuazioni della domanda, dato fisiologico di ogni mercato, che l’operatore economico non può non considerare come aspetto caratterizzante, intrinseco ed ineliminabile del contesto in cui opera (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3653).
8. Prima ancora, peraltro, fa premio un’ulteriore considerazione.
8.1. Il dato di 82 approdi, contenuto nell’Adeguamento n. 5 del Piano di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, assunto quale capitolato tecnico prestazionale della gara, si riferisce all’anno (2014) nel corso del quale tale adeguamento fu approvato, ma non riveste alcun valore impegnativo verso l’Autorità, né, di converso, fonda un diritto del concessionario.
8.2. Non solo, infatti, difetta alcuna specifica ed esplicita previsione in tal senso (e, di converso, il meccanismo causale della concessione osta al raggiungimento implicito di una conclusione di tal fatta), ma, a ben vedere, il riferimento al dato in questione è semplicemente servito a suo tempo all’Autorità per individuare un valore convenzionale di riferimento (un “valore complessivo presunto”, così il disciplinare di prequalifica, pag. 3) da mettere a gara quale importo “base” su cui invitare i concorrenti a proporre i propri ribassi.
8.3. Altrimenti detto, il dato in questione è privo di un attuale significato “negoziale”, quale fonte di obblighi (di garanzia di ricavi) in capo all’Autorità concedente e di speculari diritti (di carattere, per così dire, perequativo) in capo al concessionario, ma ha avuto un mero valore endo-procedimentale, quale tertium comparationis al fine di indicare il necessario ed ineludibile “prezzo… posto a base di gara” (così l’art. 82 d.lgs. n. 163 del 2006).
8.4. Questo, del resto, non poteva che essere stabilito all’attualità, dunque in base ai valori di traffico ufficialmente registrati nel più recente documento disponibile (il bando di gara è del novembre 2014 ed il citato adeguamento n. 5 è stato approvato nell’ottobre 2014), senza che ciò implicasse alcuna garanzia per il futuro.
9. A tali considerazioni, già di per sé dirimenti, si accompagna, poi, un inaggirabile dato testuale.
9.1. Ai sensi del combinato disposto dell’art. 11 della convenzione e dell’art. 14 del disciplinare di prequalifica, infatti, la tariffa offerta dal concessionario è soggetta esclusivamente ad un adeguamento annuale in base al tasso di inflazione programmatico (TIP).
9.2. Questa è, dunque, l’unica forma di modificazione tariffaria prevista dalla concessione: peraltro, a ben vedere, trattandosi di un mero adeguamento al variare del costo della vita, ossia di una rimodulazione dell’importo nominale della tariffa in funzione dell’intervenuta variazione del potere di acquisto della moneta, siffatto adeguamento non comporta alcun vantaggio, in termini reali, per il concessionario.
9.3. Da tale disposizione, dunque, si trae, a contrario, che la concessione, in realtà, non prevede alcuna ipotesi testuale di incremento tariffario reale.
10. Il combinato disposto in commento aggiunge che “con cadenza almeno triennale l’Autorità portuale convocherà i soggetti interessati al fine di verificare l’applicazione del Piano ed adeguare lo stesso al variare dei traffici portuali e della normativa connessa”.
10.1. Tale previsione, tuttavia, si riferisce alla revisione triennale del generale Piano di gestione e raccolta dei rifiuti in ambito portuale: la relativa procedura, involgente l’intervento di plurimi soggetti pubblici e privati e volta alla complessiva rimodulazione dell’assetto dello scalo, costituisce esercizio di un potere autonomo e diverso dell’Amministrazione, che attiene alla gestione nel suo complesso dei rifiuti dell’infrastruttura portuale e non al singolo rapporto concessorio.
10.2. Peraltro, a tacere del fatto che la mera riduzione degli approdi non è, di per sé, un elemento di valenza determinante ai fini de quibus, comunque l’attivazione infra-triennale di tale procedura rientra nei discrezionali apprezzamenti dell’Autorità, che, con valutazione non sindacabile (né, tanto meno, coercibile) in sede giurisdizionale, deve valutare oneri, costi e vantaggi di tale anticipato procedimento (si ponga mente, in proposito, al principio di economicità dell’azione amministrativa ed al principio generale sotteso allo specifico divieto di aggravamento del procedimento).
11. Dalle considerazioni che precedono si trae, in conclusione, che:
– non vi era (né vi è) alcun obbligo convenzionale di procedere alla richiesta revisione tariffaria;
– non vi era (né vi è) alcun dovere pubblicistico dell’Autorità, sindacabile nelle forme di cui agli articoli 31 e 117 c.p.a., di rispondere all’istanza svolta in proposito dalla ricorrente;
– non vi è, conseguentemente, alcun danno risarcibile che la società ricorrente possa lamentare;
– resta evidentemente salva la facoltà della ricorrente di tutelare le proprie assunte ragioni con gli altri mezzi previsti dall’ordinamento.
12. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso va rigettato con l’onere delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società ricorrente a rifondere all’Autorità resistente le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi E. 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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