Corte di Cassazione, penale, Sentenza|8 gennaio 2021| n. 402.
Il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è a contraddittorio necessario – che si instaura con la notifica della domanda, a cura della cancelleria, al Ministero dell’economia e delle finanze – ma non a carattere contenzioso necessario, in quanto l’Amministrazione intimata può non costituirsi, ovvero costituirsi aderendo alla richiesta del privato o rimettersi al giudice. Ne consegue che in questi ultimi casi, non essendovi contrasto di interessi da dirimere, non v’è soccombenza dell’Amministrazione e non può essere pronunciata la sua condanna alla rifusione delle spese, nonché degli eventuali diritti e onorari di rappresentanza e difesa in favore della controparte, mentre, qualora essa si costituisca, svolgendo una qualsiasi eccezione diretta a paralizzare o ridurre la pretesa dell’istante e veda rigettate le sue deduzioni o conclusioni, il contraddittorio si connota di carattere contenzioso e il giudice deve porre le spese stesse, nonché gli eventuali diritti e onorari a carico dell’Amministrazione soccombente o, se ne sussistono le condizioni, dichiararle totalmente o parzialmente compensate.
Sentenza|8 gennaio 2021| n. 402
Data udienza 5 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Spese processuali – Giudizio per domanda di ingiusta detenzione – Regolamentazione delle spese – Integrale compensazione – Procedimento per riparazione dell’ingiusta detenzione – Contraddittorio necessario – Carattere contenzioso non necessario – Non configurabile soccombenza dell’amministrazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 26/05/2020 della CORTE APPELLO di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ACETO ALDO;
lette le conclusioni del PG, CORASANITI GIUSEPPE, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il sig. (OMISSIS) ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 26/05/2020 della Corte di appello di Catania che, pronunciando in sede rescissoria, ha disposto la integrale compensazione delle spese di giudizio relative alla domanda di ingiusta detenzione da lui proposta.
1.1. Con unico, articolato motivo deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), il malgoverno del criterio della reciproca soccombenza, l’erronea applicazione degli articoli 91 e 92, c.p.c., ed il vizio di motivazione illogica e contraddittoria sul punto.
2. Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
3. Osserva al riguardo il Collegio:
3.1. secondo il costante insegnamento della Corte di cassazione, il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’ a contraddittorio necessario che si instaura con la notifica della domanda, a cura della cancelleria, al Ministero dell’economia e delle finanze – ma non a carattere contenzioso necessario, in quanto l’Amministrazione intimata puo’ non costituirsi ovvero costituirsi aderendo alla richiesta del privato o rimettersi al giudice. Ne consegue che in questi ultimi casi, non essendovi contrasto di interessi da dirimere, non v’e’ soccombenza dell’Amministrazione e non puo’ essere pronunciata la sua condanna alla rifusione delle spese, nonche’ degli eventuali diritti e onorari di rappresentanza e difesa in favore della controparte, mentre, qualora essa si costituisca, svolgendo una qualsiasi eccezione diretta a paralizzare o ridurre la pretesa dell’istante e veda rigettate le sue deduzioni o conclusioni, il contraddittorio si connota di carattere contenzioso e il giudice deve porre le spese stesse, nonche’ gli eventuali diritti e onorari a carico dell’Amministrazione soccombente o, se ne sussistono le condizioni, dichiararle totalmente o parzialmente compensate (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, Rv. 222264 – 01; principio ribadito da Sez. 4, n. 41307 del 02/10/2019, Rv. 277357 – 02; Sez. 3, n. 36339 del 27/06/2019, Rv. 277663 01; Sez.4, n. 15209 del 26/02/2015, Rv. 263141 – 01; Sez. 4, n. 23929 del 15/05/2008, Rv. 240312 – 01; Sez. 4, n. 31173 del 14/05/2003, Rv. 225132 01);
3.2. nel caso di specie, il ricorrente aveva proposto domanda di equa riparazione per la custodia cautelare ingiustamente subita liquidata dalla Corte di appello nella misura di Euro 45.868,93, escludendo il danno all’immagine e senza nulla disporre sulle spese di giudizio;
3.3. La Corte di cassazione, adita dal ricorrente, con sentenza Sez. 4, n. 44189 del 22/10/2019, ha rigettato il primo motivo di ricorso ribadendo “il carattere esclusivamente indennitario dell’istituto ed escludendo, percio’, che possano esservi spazi per una tutela a carattere sia pur parzialmente risarcitorio nell’ambito del giudizio di riparazione. Ed invero – ha ricordato la Corte – e’ costante l’orientamento in base al quale, in tema di procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, il giudice puo’ conoscere soltanto del diritto all’indennizzo e non anche di quello ad ottenere un risarcimento del danno collegato alla restrizione della liberta’ ma conseguente ad un fatto ingiusto, essendo l’istituto della riparazione regolamentato dalle norme processuali penali e restando ad esso estranee le disposizioni civilistiche di cui agli articoli 2043 ss. c.c., che disciplinano il risarcimento del danno da fatto illecito” (in questo ultimo senso, Sez. 3, n. 43453 del 17/09/2014, Rv. 260329 – 01);
3.4. diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la domanda non accolta di riconoscimento del danno all’immagine, determina la soccombenza sul punto, il quale non puo’ essere ritenuto sostanzialmente irrilevante sul rilievo che la determinazione dell’indennizzo e’ rimessa alla valutazione esclusiva del giudice; e’ un dato di fatto che il danno all’immagine costituiva comunque una specifica componente della causa petendi definitivamente esclusa dalla Corte di cassazione;
3.5.secondo l’insegnamento di questa Corte, noto anche al ricorrente, il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (cosi’, da ultimo, Cass. civ., Sez. 6-3, n. 6369 del 13/03/2013, Rv. 625486 – 01);
3.6. correttamente, dunque, l’ordinanza impugnata – che ha colmato la lacuna decisoria di quella annullata solo in parte qua – ha compensato le spese/posto che, come detto, pur risultando il ricorrente vittorioso quanto all’indennizzo e’ risultato soccombente quanto al danno all’immagine;
3.7. L’entita’ delle spese sostenute dal ricorrente per agire in giudizio (pari a circa la meta’ della somma liquidata a titolo di indennizzo) esclude in fatto, prima ancora che in diritto, la dedotta vanificazione dell’utilita’ ottenuta esercitando un diritto ritenuto fondato nell’an;
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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