Il factum superveniens e idoneo a incidere sulla lite

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 settembre 2024| n. 25396.

Il factum superveniens e idoneo a incidere sulla lite

Il factum superveniens, in quanto equiparabile allo ius superveniens e idoneo a incidere sull’oggetto della lite, è deducibile nel giudizio di legittimità – con conseguente superamento dei limiti dell’art. 372 c.p.c. circa la prova della documentazione del fatto sopravvenuto – se il contenuto della situazione giuridica controversa ha avuto una definitiva modificazione e se non è richiesto alcun accertamento del fatto medesimo. (Nella specie, la S.C. ha affermato la deducibilità, in sede di legittimità, dell’intervenuta integrazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, dell’originario atto di compravendita in data successiva alla sentenza d’appello che lo dichiarava nullo, trattandosi di fatto sopravvenuto risultante da atto pubblico notarile fidefaciente).

Ordinanza|23 settembre 2024| n. 25396. Il factum superveniens e idoneo a incidere sulla lite

Data udienza 30 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Deposito di atti – Di documenti nuovi factum superveniens – Equiparabilità allo ius superveniens in sede di legittimità – Presupposti – Fattispecie – Controversie agrarie – Contratto di compravendita – Retratto agrario – Giudizio di legittimità – Factum superveniens – Rilevanza – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 31124 – 2021 proposto da:

Ve.An., Ca.Iv., domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentati e difesi dall’Avvocato Do.GU.;

– ricorrenti –

contro

Ta.An., domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Ca.FL.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 652/2021 della Corte d’Appello de L’Aquila, depositata in data 28/04/2021;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale in data 30/05/2024 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Il factum superveniens e idoneo a incidere sulla lite

FATTI DI CAUSA

1. Ve.An. e Ca.Iv. ricorrono, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 652/21, del 28 aprile 2021, della Corte d’Appello de L’Aquila, che – pronunciatasi in sede di rinvio, a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 3316/20, dell’11 febbraio 2020 – ha accolto il gravame dagli stessi esperito avverso la sentenza n. 228/11, del 23 novembre 2011, del Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, dichiarando la nullità del contratto di compravendita del 13 giugno 2004, intercorso tra Pe.Te. e Ta.An., escludendo, però, che gli odierni ricorrenti possano esercitare il diritto di retratto ai sensi dell’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, compensando, infine, nella misura della metà, le spese dell’intero giudizio, compreso quello già svoltosi innanzi a questa Corte.

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver adito l’autorità giudiziaria per conseguire la declaratoria di nullità del suddetto contratto, con cui la Pe.Te. aveva trasferito al Ta.An. la proprietà di alcuni immobili (fabbricati e terreni) siti in Contrada (omissis) di O, iniziativa giudiziale da essi assunta sul presupposto che taluni dei beni risultavano sprovvisti della certificazione urbanistica, essendo stati artificiosamente censiti – al solo fine di eludere il diritto di prelazione agraria, ad essi Ve.An. e Ca.Iv. spettante, nella qualità di proprietari e coltivatori di fondi confinanti – come pertinenze di manufatti ivi inesistenti. L’iniziativa era, dunque, finalizzata a consentire agli allora attori l’esercizio del diritto di retratto, sul presupposto, come detto, che le particelle contrassegnate catastalmente come mappali (omissis), “con l’artificio di un atto di aggiornamento”, depositato solo quattordici giorni prima della stipula della compravendita, “erano state fraudolentemente trasformate in ente urbano”, incappando, però, la compravendita successivamente conclusa nella sanzione della nullità ex art. 30 del D.P.R. del 6 giugno 2001, n. 380, avendo tali terreni estensione superiore ai cinquemila metri quadrati, ciò che avrebbe richiesto l’allegazione, al suddetto contratto, della certificazione urbanistica.

Rigettata la domanda attorea da ambo i giudici di merito, questa Corte, con la summenzionata ordinanza rescindente n. 3316/2020, ha ritenuto erronea l’affermazione del giudice di appello, che – recependo acriticamente quanto statuito in prime cure – aveva statuito che dovesse essere “presa in considerazione l’estensione di ciascuna delle due singole particelle, che singolarmente considerate non superavano l’estensione di cinquemila metri quadrati”, essendosi, invece, affermato, da parte di questo giudice di legittimità, che la “lettera della legge appare, viceversa, chiara nel considerare, ai fini dell’esenzione dalla allegazione del certificato di destinazione urbanistica, l’estensione complessiva dell’area di pertinenza degli immobili urbani, che non deve essere superiore alla detta misura e ciò al fine di evitare la realizzazione di abusi edilizi”.

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Cassata, dunque, la sentenza d’appello, con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame del gravame, lo stesso veniva accolto, avendo il giudice del rinvio affermato la nullità del contratto di compravendita per violazione dell’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001, ritenendo, tuttavia, che il vizio genetico da cui esso risultava affetto impedisse al Ve.An. e alla Ca.Iv. di usufruire dei rimedi approntati in loro favore dall’art. 8 della legge n. 590 del 1965.

Il giudice del rinvio, infine, compensava tra le parti, nella misura della metà, le spese dell’intero giudizio, compreso quello già svoltosi innanzi a questa Corte, condannando il Ta.An. a restituire quanto conseguito – a titolo di spese di lite – in forza della sentenza resa in prime cure e di quella d’appello, poi cassata da questa Corte.

3. Avverso la sentenza della Corte abruzzese hanno proposto ricorso per cassazione il Ve.An. e la Ca.Iv., sulla base – come detto – di quattro motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Assumono i ricorrenti che, in virtù di atto pubblico notarile dell’8 luglio 2021, il Ta.An. ha integrato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30, comma 4-bis, del suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, l’originario atto di compravendita concluso con la Pe.Te., dichiarato nullo dall’impugnata sentenza del 28 aprile 2021, di talché tale contratto deve ormai ritenersi valido, con conseguente necessità di accoglimento della domanda di retratto da essi proposta.

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3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ. “e di ogni altra norma giuridica in materia di produzione di documenti a contenuto difensivo”.

Si evidenzia che, con l’ordinanza dispositiva del rinvio, questa Corte, pur dichiarando assorbito il motivo di ricorso da essi allora proposto, con il quale si era censurata la decisione del giudice di appello di non ammettere la produzione della loro consulenza tecnica di parte, non aveva mancato di stigmatizzare tale statuizione. E ciò sul rilievo “che il richiamo alla pronuncia di questa Corte nella sua massima espressione nomofilattica (Sez. Un. 13902 del 03/06/2013) non è stato correttamente effettuato dai giudici di appello al fine di escludere la produzione nella fase d’impugnazione della consulenza tecnica di parte”, giacché tale arresto, “compulsato pur nella sola massima, è di segno esattamente contrario”.

3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, commi 1 e 2, cod. civ. in correlazione con gli artt. 2699 e 2700 cod. civ. e con gli artt. 115 e 345 cod. proc. civ.; nonché degli artt. 8 legge n. 590 del 1965 e 7 della legge n. 817 del 1971 “e di altre norme e principi generali sia in materia di prelazione agraria e del conseguente diritto di riscatto sia di norme e principi giuridici generali in materia di urbanistica”.

Si evidenzia che lo stesso giudice del rinvio, sebbene abbia pronunciato la nullità insanabile dell’atto in relazione al quale il diritto di riscatto era stato esercitato, ha affermato che la compravendita “ha pur violato la disciplina della prelazione e del retratto agrario”.

Assumono, pertanto, i ricorrenti che – acclarata la natura agraria dei fondi oggetto della suddetta compravendita -sussistano, nella specie, tutti i presupposti per l’accoglimento della domanda di retratto agrario.

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3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., quanto alla statuizione circa le spese.

Evidenzia come la compensazione parziale delle stesse sia stata disposta in ragione del rigetto della domanda di retratto, sicché, essendo stata ormai operata la convalida/integrazione del contratto di compravendita ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, la domanda di retratto, della quale sussistono tutti i presupposti, dovrà essere accolta, con conseguente modifica della statuizione sulle spese di lite.

4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Ta.An., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché svolgendo ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.

4.1. Esso denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., per lamentare che la statuizione sulle spese di giudizio contravviene al principio di causalità della lite, che impone di porre le spese del giudizio a carico della parte che con il suo comportamento antigiuridico abbia provocato la necessità del processo. Tale non sarebbe, però, il caso di esso Ta.An., dal momento che il medesimo “ha subito gli affetti di un atto dichiarato nullo per responsabilità altrui”, ovvero la parte venditrice e il notaio rogante.

Nella specie, non solo il Ve.An. e la Ca.Iv. hanno consentito all’estromissione dal giudizio degli eredi della parte venditrice, ma neppure hanno richiesto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del notaio.

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Inoltre, non essendo stata accolta la domanda di retratto dei già attori, esso Ta.An. “risulta a tutti gli effetti parzialmente vittorioso”, oppure, a tutto voler concedere, vi è una situazione tra le parti non di parziale soccombenza, ma di totale soccombenza reciproca.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.

6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

7. Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso principale va accolto, nei limiti di seguito precisati.

8.1. Il primo motivo, infatti, è fondato.

8.1.1. Deducono – come detto – i ricorrenti che, in virtù di atto pubblico notarile dell’8 luglio 2021, il Ta.An. ha integrato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30, comma 4-bis, del suddetto D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, l’originario atto di compravendita concluso con la Pe.Te., dichiarato nullo dall’impugnata sentenza del 28 aprile 2021, di talché tale contratto deve ormai ritenersi valido, donde la necessità di valutare se sussistano i presupposti, da parte di essi Ve.An. e Ca.Iv., del diritto di retratto.

Orbene, il fatto che il suddetto atto pubblico notarile risulti posteriore alla sentenza impugnata (circostanza valorizzata dalla controricorrente nel senso dell’inammissibilità del motivo, anche sotto il profilo del difetto di specificità dello stesso, atteso che i ricorrenti non avrebbero chiarito in che misura ciò determini la violazione della norma di legge sopra richiamata) non osta, invece, alla possibilità di darvi rilievo.

Invero, deve darsi, qui, seguito all’affermazione – già compiuta da questa Corte – secondo cui “è deducibile nel giudizio di legittimità il “factum superveniens”, in quanto equiparabile allo “ius superveniens”, se idoneo ad incidere sull’oggetto della causa sottoposta all’esame del giudice”, purché a condizione che “il contenuto della situazione giuridica controversa abbia avuto una definitiva modificazione” e, inoltre che, “non si ponga questione alcuna di accertamento del fatto medesimo, con il conseguente superamento dei limiti di prova della documentazione del fatto sopravvenuto rispetto alla previsione dell’art. 372 cod. proc. civ.” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 24 novembre 2020, n. 26757, Rv. 659865 – 05).

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Né osta all’applicazione di tale principio la circostanza che il “fatto sopravvenuto” risulti non da un provvedimento amministrativo (come nel caso dell’arresto di questa Corte appena richiamato), bensì di un atto pubblico notarile, atteso che, si tratta, comunque di atto fidefacente, a norma dell’art. 2700 cod. civ. (Cass. Sez. 2, ord. 29 settembre 2017, n. 22903, Rv. 64556801).

D’altra parte, poi, l’avvenuta sanatoria della compravendita costituisce circostanza non contestata dal controricorrente, sicché essa, comportando il superamento della nullità della compravendita intervenuta tra il Ta.An. e la Pe.Te., fa venir meno la sola “ratio decidendi” in virtù della quale il giudice del rinvio ha ritenuto di non dover esaminare la domanda di retratto proposta dagli odierni ricorrenti.

9. Ne consegue, pertanto, che il ricorso principale va accolto quanto al suo primo motivo e la sentenza impugnata va cassata in relazione (con assorbimento dei restanti tre motivi), con rinvio alla Corte d’Appello de L’Aquila, in diversa composizione, per la decisione sul merito, dovendo essa accertare se sussistano, o meno, i presupposti perché il Ve.An. e la Ca.Iv. possano esercitare il diritto di retratto, oltre a pronunciarsi sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

10. Anche il ricorso incidentale resta assorbito, atteso che il suo unico motivo concerneva, appunto, il tema delle spese di lite, in relazione alle quali il giudice del rinvio dovrà provvedere ad una rinnovata deliberazione (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv. 639295 – 01).

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P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbiti i restanti motivi e il ricorso incidentale, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello de L’Aquila, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 30 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 23 settembre 2024.

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