Il danno da deprezzamento di una cosa

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 20 giugno 2019, n. 16585.

La massima estrapolata:

Il danno da deprezzamento di una cosa è configurabile anche quando questa rimanga in proprieta ed in godimento del medesimo soggetto, costituendo il deterioramento della consistenza fisica o giuridica del bene un danno emergente, poiché la diminuzione di valore venale che esso comporta non può non rappresentare un decremento patrimoniale, a prescindere dalla sua diretta ed immediata monetizzazione.

Sentenza 20 giugno 2019, n. 16585

Data udienza 29 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17227-2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) quale unico erede di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 93/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine per il rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS), quest’ultimo quale unico erede di (OMISSIS), con ricorso basato su due motivi e illustrato da memoria, hanno impugnato la sentenza della Corte di appello di Perugia, depositata in data 10 febbraio 2015, che ha rigettato l’appello principale proposto dagli attuali ricorrenti e gli appelli incidentali proposti da (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Spoleto di condanna, in solido, di (OMISSIS) S.r.l. e di (OMISSIS) al risarcimento, in favore degli attori (OMISSIS) e (OMISSIS), dei danni dai predetti subiti in conseguenza dell’inquinamento delle acque di due pozzi e dei terreni circostanti le residenze abitative di loro proprieta’, inquinamento dovuto a fuoriuscita di carburante proveniente dall’impianto di distribuzione di proprieta’ della societa’ convenuta e gestito dal (OMISSIS).
(OMISSIS) S.r.l. ha resistito con controricorso illustrato da memorie. Paolo (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) S.p.a. (chiamati in causa in primo grado) non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Con O.I. della Sezione Sesta-3 di questa Corte n. 20382/17, depositata in data 24 agosto 2017, e’ stato disposto che il ricorso, in un primo tempo avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., sia trattato in pubblica udienza presso questa Sezione.
Sia i ricorrenti che la controricorrente hanno depositato memorie in prossimita’ della pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1123 e 2043 c.c. ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito, facendo proprio il ragionamento del Tribunale, ha escluso il diritto al risarcimento del danno da deprezzamento immobiliare per aver ritenuto non provata la sussistenza di tale danno, richiamandosi all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di risarcimento del danno in parola, l’attore deve provare un quid pluris rispetto al mero disvalore “teorico” incombente sulla proprieta’ immobiliare, apportando elementi che vadano a fondare il convincimento circa un deprezzamento “concreto” gravante sull’immobile, un deprezzamento che vada, quindi, a provocare dei negativi effetti concreti nella sfera giuridica di chi lamenta il danno.
Secondo la Corte territoriale, “l’unico modo tramite il quale si potrebbe verificare, appunto in concreto, la suddetta diminuzione di valore e’ l’offerta di vendita dell’immobile oggetto della controversia, che invece gli attori hanno inteso trattenere per se’, chiedendo solo il risarcimento per deprezzamento immobiliare di cui sopra (Cass. n. 1066/2012)”.
Ad avviso dei ricorrenti, le argomentazioni sul punto della Corte di appello sarebbero errate ed illogiche e in contrasto con i principi che disciplinano il risarcimento del danno.
Secondo i ricorrenti, “il requisito dell’offerta in vendita del bene deprezzato non costituisce presupposto per il concretizzarsi del danno ingiusto in capo al proprietario, poiche’ la diminuzione del valore dell’immobile integra di per se’ un danno risarcibile ai sensi degli articoli 2043 c.c. e seg., qualora la diminuzione derivi, come nel caso di specie, da una condotta illecita”.
Rappresentano i ricorrenti che l’ambito territoriale su cui insistono i due immobili di pregio non e’ stato ancora bonificato, che lo specialista di cui si era avvalso il C.Testo Unico in sede di ATP aveva messo in risalto, tra l’altro e con riferimento alle sostanze inquinanti penetrate nella falda acquifera, “la cancerogenicita’ del benzene, che risulta inoltre una sostanza persistente”, che da quanto dedotto sarebbe rilevabile la gravita’ dell’evento invasivo e la inevitabile notorieta’ dell’evento che ha interessato due stabili di notevole pregio, senza sottacere l’inevitabile risonanza provocata dagli echi del procedimento penale a carico dei responsabili, ancorche’ prosciolti per prescrizione, il che renderebbe in re ipsa la sussistenza del deprezzamento delle due unita’ abitative.
A quanto precede i ricorrenti aggiungono che il fenomeno sarebbe intervenuto in un contesto ambientale importante ed idilliaco quale sarebbe notoriamente la citta’ di (OMISSIS).
I ricorrenti sostengono, infine, che, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici del merito, essi avrebbero assolto il loro onere probatorio mediante l’ausilio della c.t.u. del Dott. (OMISSIS), che ha affermato che “I complessi residenziali pero’ sono soggetti a danno patrimoniale conseguente al fatto che l’ambito nel quale essi sono siti non e’ ancora stato oggetto di messa in sicurezza e/o bonifica, e pertanto sussiste una riduzione del valore commerciale degli immobili”.
1.1. Il motivo e’ fondato e va, pertanto, accolto.
Osserva il Collegio che, se e’ pur vero che il danno da deprezzamento di un immobile non costituisce danno in re ipsa, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, non e’ tuttavia corretta in iure l’affermazione della Corte di merito – censurata in questa sede dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) – secondo cui, nella specie, gli attuali ricorrenti non avrebbero fornito la prova del danno in parola, dovendo gli stessi, ad avviso della Corte, provare un quid pluris rispetto al mero “disvalore teorico” apportando elementi idonei “a fondare il convincimento circa un deprezzamento “concreto” gravante sull’immobile”, con la precisazione che “l’unico modo tramite il quale si potrebbe verificare, appunto “in concreto”, la suddetta diminuzione di valore e’ l’offerta in vendita dell’immobile oggetto della controversia, che invece gli attori hanno inteso trattenere per se’, chiedendo solo il risarcimento per deprezzamento immobiliare di cui sopra”.
Rileva il Collegio che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, dal quale non vi e’ motivo di discostarsi in questa sede, il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l’evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell’effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso (Cass. 3/10/1987, n. 7389; Cass. 5/07/2002, n. 9740; arg. anche ex Cass. 20/08/2009, n. 18515 e Cass. 10/11/2010, n. 22826). Inoltre, e’ stato pure precisato che e’ configurabile il danno da deprezzamento di una cosa anche quando questa rimanga in proprieta’ ed in godimento del medesimo soggetto, costituendo il deterioramento della consistenza fisica o giuridica di una cosa un danno emergente, in quanto la diminuzione di valore venale che esso comporta non puo’ non rappresentare un decremento patrimoniale a prescindere dalla sua diretta ed immediata monetizzazione (Cass. 25/03/1972, n. 937). Pertanto, ai fini che qui rilevano, e’ ininfluente che i beni in questione non siano stati posti in vendita, ne’ il danno in parola puo’ qualificarsi quale danno punitivo, come sembra, invece, adombrare il primo Giudice (v. sentenza Tribunale p. 11), alla cui motivazione si e’ pure riportata, per relationem, la Corte di merito.
Nella specie, lo si ribadisce, il danno rivendicato non e’ in re ipsa, essendo stato il deprezzamento in questione effettivamente determinato dal fatto inquinamento, comunque verificatosi, come emerso dalle c.t.u. espletate (Cass. 10/09/2013, n. 20695; Cass., 22/01/2015, n. 1190), mentre l’esclusione del contatto dell’inquinamento con le fondazioni degli immobili oggetto di causa, con la consequenziale non necessita’ del rifacimento e/o del consolidamento delle opere strutturali, e l’ipotesi” secondo cui con il passare del tempo “l’inquinamento in oggetto, comportante ad oggi il lamentato decremento” possa venir “meno in considerazione dell’auspicata bonifica” (bonifica che i ricorrenti ribadiscono anche nelle memorie datate 21 novembre 2018 non essere stata ancora effettuata) – elementi, questi, cui ha fatto esplicito riferimento la Corte di merito nella sentenza impugnata – non valgono ad escludere il danno lamentato dai ricorrenti – in relazione alla cui sussistenza, per le ragioni dette, non sussiste il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dei ricorrenti, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito -, potendo incidere, invece, nella determinazione del quantum.
2. L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 per manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 3”.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’ alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che dovra’ valutare, alla luce di quanto sopra evidenziato, la sola questione relativa al danno da perdita di valore degli immobili di cui si discute in causa.
Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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