Giusto diritto di replica.
No sono solito pubblicare o postare provvedimenti dei Giudici di merito che direttamente mi riguardano, poiché non credo che il successo di un Avvocato si fonda sul numero di cause vinte …ma su altri ben presupposti che tutti voi conoscete, ma oggi dopo aver letto l’ennesima “ingiustizia” (forse indiretta ed involontaria) nei confronti della mia categoria, poiché queste parole sono a tutela anche della professione che amo, ho sentito il bisogno di “replicare” alla Corte d’Appello di Napoli, la quale mi ha rigettato, con Ordinanza 19 luglio 2018, una richiesta di sospensiva ex art. 373 c.p.c.[1] a seguito di un mio ricorso in Cassazione avverso un sentenza della medesima Corte.
Ciò che contesto, chiaramente, non è il rigetto della mia richiesta – poiché ciò che mi hanno insegnato è quando le sentenze o i provvedimenti giusti o ingiusti che siano non si commentano mai nel merito, ma si impugnano – sono le premesse sui cui il Giudice estensore esordisce prima di entrare nel merito della mia richiesta, e mi riferisco alle seguenti affermazioni:
“preso atto che parte resistente ha dubitato sull’ammissibilità del ricorso, avendo omissis posto a fondamento dell’esecuzione la sentenza del Tribunale, piuttosto che quella d’appello meramente confermativa della prima, verso cui alcuna richiesta ai sensi degli artt. 283 e 351 c.p.c. è stata giammai proposta;
noto un orientamento per il quale l’inibitoria avverso la sentenza d’appello prevista dall’art. 373 c.p.c. riguarderebbe le fattispecie conseguenti ad esecuzione fondata su sentenza di appello avente ad oggetto per la prima volta la condanna di parte soccombente ovvero la condanna di essa alla restituzione delle somme percepite in virtù della sentenza riformata, ma non l’esecuzione forzata, il cui titolo esecutivo non sia conseguente direttamente ed immediatamente alla sentenza d’appello;
considerato – in termini generali – che ai fini della sospensione dell’esecuzione della sentenza di secondo grado non si può tener conto della fondatezza o meno del ricorso essendo la valutazione giudiziale limitata al solo riscontro del danno grave ed irreparabile conseguenza dell’esecuzione, come emerge dall’univoco tenore letterale dell’art. 373 c.p.c. e della circostanza che la Corte di Appello – a differenza di quanto accade per la delibazione dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’esecuzione della sentenza, di primo grado disciplinata dall’art. 283 c.p.c. – non ha alcun potere decisorio in ordine all’interposta impugnazione;
ribadita – dunque – l’estraneità di ogni considerazione per il fumus boni juris, dovendosi la Corte occupare esclusivamente del periculum in mora;
[….]
PQM
Rigetta l’istanza”
Ebbene, prima di entrare, purtroppo, anche nel merito dell’errato primo inciso motivazionale, e purtroppo solo in tale sede lo posso fare, non avendo altro strumento per impugnare il provvedimento, ciò che infastidisce e turba è la inutilità di tale premessa, se poi viene rigettato il ricorso per la mancanza del periculum.
Perché rispondere all’eccezione (per quanto infondata) della parte resistente, dando eventuale conferma a quanto asseriva e poi sostanzialmente rigettando la stessa per essere entrata solo nel merito del periculum ?
Logico corollario della suesposta (ed errata) motivazione doveva essere il rigetto, semmai, per inammissibilità del ricorso avendo chiesto la sospensiva su un titolo non esecutivo, e confonde la Corte sul presupposto del fumus (ovvero la fondatezza del ricorso in Cassazione) con il fumus del ricorso per la sospensiva, che poteva essere dichiarato inammissibile o infondato in diritto per altri versi.
Quindi, perché questo “inciso” da parte della Corte Partenopea se poi ha rigettato il ricorso per l’insussistenza del periculum ?
Forse per imbarazzare (per usare un eufemismo) l’Avvocato ricorrente (io) ?
Forse (ma lungi da me credere tale ipotesi) per creare dissidi tra il sottoscritto ed il proprio cliente ?
Le mie sono personali supposizioni, e la mia domanda non avrà mai una risposta.
Ma, una replica tale ordinanza la deve avere.
Posto l’inutilità della premessa dell’ordinanza, perché non c’era alcun bisogno, stante anche la precisazione di cui al capoverso successivo (sintomo anche di una certa contraddittorietà), la stessa è errata anche nel merito, perché sebbene questo “noto” orientamento non è indicato dalla Corte, in realtà ne esiste un altro tetragono che afferma, invece: “La sentenza di appello si sostituisce alla sentenza impugnata nei casi di conferma o di riforma in cui ha per oggetto il contenuto della pretesa sostanziale dedotta in giudizio e non l’operato del giudice, con la conseguenza che, in tali casi, il titolo esecutivo da notificare per promuovere l’esecuzione forzata è costituito dalla stessa sentenza di secondo grado. (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 27 marzo 2009, n. 7537 ed in motivazione più recente Corte di Cassazione, Sezione L civile, Sentenza 30 settembre 2015, n. 19483)”
Ergo il titolo per cui richiedere la sospensiva dovrebbe essere la sentenza di secondo grado, se azionata l’esecuzione successivamente alla pubblicazione della sentenza d’appello.
Ed, in effetti, il resistente in sospensiva, nel caso di specie (ben noto alla Corte, vista l’allegazione del precetto e dell’atto d’avviso), ha azionato l’esecuzione, successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello, notificando, però, unitamente al precetto solo la sentenza di primo grado.
Chiaramente, attendo, di conoscere il “noto” orientamento contrario a cui si richiama la Corte Partenopea, posto che personalmente ho avuto difficoltà a trovarlo.
Queste brevi considerazioni le condivido per esternare il mio scoramento avverso provvedimenti contenenti precisazioni (poiché questo è l’ultimo di una lunga serie, anche sentendo le voci dei miei Colleghi) che a volte sembrano essere solo avverse agli Avvocati, soggetti estranei al puro merito della vicenda processuale, e non alle parti, i veri protagonisti del “giusto” processo che a volte giusto nei confronti dell’Avvocato non sembra.
1] Articolo 373
Sospensione dell’esecuzione
Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che la esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.
L’istanza si propone con ricorso al conciliatore, al tribunale in composizione monocratica o al presidente del collegio, il quale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti rispettivamente dinanzi a sé o al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate al procuratore dell’altra parte, ovvero alla parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore o non sia costituita nel giudizio definito con la sentenza impugnata. Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza, può essere disposta provvisoriamente l’immediata sospensione dell’esecuzione. (1) (2) (3) (4)
—–
(1) Il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 44, L.14.07.1950 n. 581, ratifica del D.Lgs. 5 maggio 1948 n. 483, contenente modificazioni e aggiunte al codice di procedura civile.
(2) Il presente comma è stato così sostituito dall’art. 63, L. 26.11.1990, n. 353.
(3) L’art. 39, L. 21.11.1991, n. 374, così afferma: “In tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni “conciliatore”, “giudice conciliatore” e “vice conciliatore” ovvero “ufficio di conciliazione”, queste debbono intendersi sostituite rispettivamente con le espressioni “giudice di pace”.
(4) Le parole “tribunale in composizione monocratica”, citate nel presente comma, hanno così sostituito la parola “pretore” in virtù dell’ art. 78, D.Lgs. 19.02.1998, n. 51, in vigore dal 21.03.98 con effetto dal 02.06.99.
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