Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 maggio 2024| n. 15033.
Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore.
Ordinanza|29 maggio 2024| n. 15033. Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
Data udienza 21 maggio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Società di capitali – Amministrazione – Concessione di fideiussione di una società in favore di un’altra – Identità dell’amministratore – Conflitto di interessi – Configurabilità in astratto – Esclusione – Accertamento in concreto – Necessità – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere – rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 30447/2020 r.g. proposto da:
Ba. Spa (incorporante, per fusione, la Ba. Spa), con sede in B, alla via del M, in persona del procuratore speciale dott. Sa.Pi., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati Fe.Bo. e Gi.Ca., con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla via (…)
– ricorrente –
contro
CI.B. Srl, con sede in C, alla via N, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore Mo.Ga., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato Gi.Ga., presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla (…).
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2354/2020 della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, pubblicata il giorno 15/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 21/05/2024 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.
Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente e tempestivamente notificato, Nautica Bi. Srl e Ci.B. Srl citarono in giudizio, avanti al Tribunale di Treviso, Ba. Spa, proponendo opposizione, ex art. 645 cod. proc. civ., contro il decreto ingiuntivo n. 2065/09, provvisoriamente esecutivo, emesso, in favore di quest’ultima, dal menzionato tribunale, con il quale era stato ad esse ingiunto, nelle rispettive qualità di debitrice principale e fideiussore fino alla concorrenza della somma di Euro 975.000,00, il pagamento di complessivi Euro 460.714,81, di cui Euro 49.255,94 quale saldo del conto corrente n. 18/182, con apertura di credito, acceso dalla prima nel luglio 2007, ed Euro 411.458,87 a titolo di rimborso del mutuo pure concesso dalla medesima banca alla Nautica Bi. Srl, parimenti garantito da Ci.B. Srl . Lamentarono, in particolare, la illegittimità degli addebiti per interessi anatocistici, ultralegali, commissioni e spese, nonché l’invalidità della fideiussione rilasciata da Ci.B. Srl per conflitto di interessi con la Nautica Bi. Srl, di cui chiesero, in via riconvenzionale, la corrispondente declaratoria.
1.1. Costituitasi la Banca opposta, la quale contestò le avverse pretese perché infondate, ed esaurita l’istruttoria, nel corso della quale fu disposta ed espletata una c.t.u. contrabile, l’adito Tribunale, con sentenza del 3 settembre 2013, n. 1574, accolse l’opposizione, revocò il decreto opposto e condannò Nautica Bi. Srl e Ci.B. Srl al pagamento, in favore di Ba. Spa della somma di Euro 458.498,44, oltre agli interessi (al tasso del 12% su Euro 47.039,52 ed al tasso del 10% su Euro 411.468,92) dal 19 giugno 2009 alla data del pagamento, con obbligo di restituzione di quanto eventualmente pagato in eccedenza in sede esecutiva; rigettò ogni altra domanda e pose a carico delle opponenti, in solido tra loro, le spese processuali, comprese quelle di C.T.U. .
2. Il gravame promosso solo dalla Ci.B. Srl avverso questa decisione fu accolto dalla Corte di appello di Venezia con sentenza del 15 settembre 2020, n. 2354, pronunciata nel contraddittorio con la Ba. Spa, poi incorporata per fusione da Ba. Spa .
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, ed in estrema sintesi, quella corte annullò, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., la fideiussione rilasciata da Ci.B. Srl a Ba. Spa in data 20 luglio 2007 e, per l’effetto, dichiarò che l’appellante nulla doveva a quest’ultima in forza della menzionata garanzia, ritenendo assorbiti gli altri motivi di appello. In particolare, muovendo dal rilievo che “il conflitto di interessi deve essere riconosciuto non solo per la mera coincidenza soggettiva dei legali rappresentanti della società garante e garantita ex art. 1395 c.c., ma per l’esistenza di altri indici quali la mancata coincidenza dell’oggetto sociale, l’assenza di vantaggi inerenti l’esercizio dell’impresa, l’inesistenza di un c.d. “gruppo societario””, osservò che: i) “l’oggetto sociale di Ci.B. non ha alcuna inerenza con lo scopo sociale di Nautica Bi. : dalle visure delle due società risulta che la prima si occupa di attività legate alle compravendite immobiliari, la seconda di attività legate a compravendita e noleggio di imbarcazioni. Ora, al fine di accertare se, il singolo atto posto in essere dall’amministratore (nella specie il rilascio della fideiussione) rientri, o meno, nell’oggetto sociale, occorre verificare se tale atto sia strumentale alla realizzazione del programma tipico della società, circostanza che, nella fattispecie, non sussiste”; ii) ” È esclusa l’esistenza di un vantaggio inerente all’esercizio dell’impresa, poiché la fideiussione è stata prestata gratuitamente per importi estremamente rilevanti senza alcuna prova che la fideiubente avrebbe potuto riceverne un vantaggio neppure ipotetico, stante la mancanza di prova anche in ordine all’esistenza di un gruppo societario. Circostanza, quest’ultima, che, comunque, non sarebbe stata sufficiente a giustificare l’interesse economico della garante come chiarito dalla S.C. con la sentenza, n. 15879 sez. III in data 17/07/2007″; iii) “(…) la fideiussione è stata prestata per un importo superiore al capitale sociale per garantire altra società amministrata dalla medesima persona che, al momento della stipula, era già in difficoltà (…). Ed in specie non può essere configurabile alcun vantaggio per la società garante che ha accettato di assumere su di sé, gratuitamente, una posta debitoria di entità tale da compromettere la propria stabilità economico finanziaria ed accollandosi un grave rischio legato all’eventuale insolvenza, poi verificatasi, del debitore principale”; iv) “(…) la fideiussione era stata sottoscritta dall’amministratore unico della società garante, perseguendo la mera finalità di permettere alla società garantita, dallo stesso amministrata, di conseguire un credito che probabilmente non avrebbe altrimenti potuto godere (stante una critica situazione patrimoniale) e senza il perseguimento di alcuno scopo anche solo indirettamente riconducibile all’oggetto sociale ed all’interesse economico dell’odierna società appellante (la società garante)”; v) “L’art. 1394 c.c. dispone che il contratto può essere annullato per conflitto di interessi purché tale conflitto fosse conosciuto o riconoscibile da terzi soggetti. Ritiene la Corte che tale requisito sia soddisfatto, sul presupposto che la banca (quale terzo soggetto, a beneficio della quale era stata prestata fideiussione) era perfettamente a conoscenza della precaria situazione finanziaria della debitrice principale, della corrispondenza identitaria degli amministratori delle due società e del differente oggetto sociale”.
3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso Ba. Spa (già Ba. Spa), affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. . Ha resistito, con controricorso, illustrato da analoga memoria, Ci.B. Srl .
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è rubricato “Violazione – falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, e 111 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, C.P.C. – Nullità della sentenza d’appello per vizio di omessa motivazione – Motivazione meramente apparente – Motivazione incomprensibile”. Si assume che la corte distrettuale, “nell’accogliere il gravame, si è limitata a generiche e decontestualizzate affermazioni di principio, affiancate da altrettanto vaghi e generici richiami – per lo più con note a piè di pagina – a pronunce giurisprudenziali inconferenti o addirittura contrarie agli assunti cui parrebbero fare riferimento, il tutto senza mai ricondurre gli enunciati principi a specifici e concreti elementi di merito, così come potenzialmente risultanti dall’istruttoria svolta. Detta pronuncia risulta quindi palesemente viziata in quanto priva di reale motivazione”.
1.1. Una tale doglianza si rivela infondata.
1.2. Giova ricordare, invero, che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 9807 e 6127 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis, risultando impugnata una sentenza pubblicata il 15 settembre 2020, ha ormai ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua “contraddittorietà” (cfr. Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella “insanabile” e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella “insuperabile”.
1.2.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. nn. 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una “motivazione apparente” nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017).
Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
1.3. È doveroso rimarcare, infine, che, il menzionato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., exaliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 9807, 6127 e 5043 del 2024; Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
1.4. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, dunque, il vizio come oggi denunciato dalla censura in esame non è concretamente configurabile, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dalla lettura della sentenza impugnata emerge, affatto agevolmente, come la già descritta motivazione (cfr. Par 2.1. dei “Fatti di causa”, da intendersi qui riprodotto per intuibili ragioni di sintesi) posta a supporto dell’adottata decisione di accoglimento del motivo di gravame concernente la richiesta di annullamento della fideiusssione per conflitto di interessi, ex art. 1394 cod. civ., tra garante e garantita non presenti carenze del procedimento logico seguito dalla corte territoriale, risultando la stessa completa e perfettamente comprensibile. Essa, inoltre, fornisce una giustificazione assolutamente in linea con il “minimo costituzionale” di cui si è detto quanto alle ragioni della ivi ritenuta fondatezza del suddetto motivo di gravame, dovendosi qui solo ribadire che il vizio di motivazione omessa e/o apparente deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. l’ampia rassegna giurisprudenziale richiamata alla fine del precedente Par. 1.2.1.).
1.5. Resta solo da aggiungere che il vizio di motivazione, ancor più in rapporto al richiamato testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, atteso che, come ancora recentemente ricordato, in motivazione, da Cass. nn. 6127 e 2607 del 2024, “i) spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti; ii) giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073 del 2023; Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999)”.
2. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
II) “Violazione – falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 1394 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3. C.P.C., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto configurabile il conflitto di interessi e conseguentemente annullato la fideiussione monitoriamente azionata”. Si deduce che “La sentenza impugnata ha erroneamente applicato l’art. 1394 c.c. ravvisando, nel caso di specie, un’ipotesi di contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato”;
III) “Violazione – falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 1394 c.c. in raccordo agli artt. 115-116-183 C.P.C., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, C.P.C., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto provata la conoscibilità, in capo alla banca, del conflitto di interessi sulla base di circostanze non dedotte, non allegate e non provate in giudizio”. Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistere l’elemento soggettivo della fattispecie di cui all’art. 1394 cod. civ. e, quindi, la conoscibilità del conflitto di interessi da parte del terzo;
IV) “Violazione – falsa applicazione degli artt. 115 e 116 C.P.C., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, C.P.C. per omessa valutazione delle risultanze documentali – Omessa valutazione dei fatti e dei documenti”. Si contesta alla corte territoriale di aver “fatto mal governo degli art. 115 e 116 C.P.C. in punto di utilizzo e valutazione delle risultanze istruttorie, dando per provati fatti che non lo sono, anche per non essere neppure stati dedotti o allegati, ovvero dando per non provati fatti che invece risultano documentalmente pienamente provati”.
2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché evidentemente connesse, si rivelano, inammissibili alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso, già rinvenibili in Cass. n. 20245 del 2023, resa su vicenda assolutamente identica, tra le stesse parti, sebbene, ivi, in posizioni invertite.
2.2. Non può revocarsi in dubbio che, ove una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza, nella stessa persona, dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore (cfr. Cass. n. 29475 del 2017; Cass. n. 27547 del 2014).
2.3. Si è anche affermato, in proposito, che, quando tutti i soci di una società, sia essa di persone o di capitali, siano anche soci di una società di capitali con partecipazione complessivamente tale da garantirne il controllo, e le due società perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario o quantomeno coordinato, la fideiussione rilasciata dalla prima società per assicurare il finanziamento dell’altra, amministrata dallo stesso soggetto, non può ritenersi stipulata in conflitto di interessi, atteso che il buon andamento della società garantita si riverbera necessariamente a vantaggio della garante (cfr. Cass. n. 24547 del 2016).
Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
2.3.1. Non è certamente tale, tuttavia, la situazione che ricorre, nel caso di specie, tra la garantita Nautica Bi. Srl e la garante Ci.B. Srl, atteso che tra le due società vi è solo una parziale sovrapposizione personale, considerato che due dei cinque soci della Ci.B. Srl, Bi.Gu. e Mo.Ga., appaiono estranei alla compagine sociale della Nautica Bi. Srl, costituita tra Bi.Fe., Bi.Al. e Bi.Ca. (cfr. pag. 23 del controricorso, sub nota n. 10).
2.4. Nemmeno può opinarsi, inoltre, che le due società – garante e garantita – perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario, o quantomeno coordinato, posta la diversità dei rispettivi oggetti sociali: per la Ci.B. Srl, consistente in attività di vendita e locazione di immobili, acquisizione di aree fabbricabili; per la Nautica Bi. Srl, invece, in attività legate a compravendita e noleggio di imbarcazioni (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
2.4.1. Orbene, con riferimento ad una situazione analoga a quella oggetto del presente giudizio, questa Corte ha affermato – peraltro in una controversia in cui l’appartenenza della garante e della garantita ad un gruppo di società era comprovata in atti – che, in tema di annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi, nel caso di fideiussione prestata da una società in favore di un’altra, entrambe aventi il medesimo amministratore e facenti parte di uno stesso gruppo, l’autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società comporta che la strumentalità della fideiussione alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel capitale della garantita non può ritenersi in re ipsa, in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al gruppo, ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia, soprattutto quando vi siano fondati elementi – nella specie, la manifesta sproporzione dell’ammontare della fideiussione omnibus rispetto al capitale sociale della garante e l’operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del gruppo – per ritenere che non vi è l’interesse strategico del gruppo a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento (cfr. Cass. n. 10103 del 2019).
2.4.2. Nella vicenda oggi sottoposta all’esame del Collegio, manca pure la prova dell’appartenenza di entrambe le società, garante e garantita, ad un unico, preteso, gruppo societario (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Va osservato, invero, che l’esistenza di un gruppo di società o di imprese, pur se privo di soggettività giuridica e non coincidente con un centro d’interessi autonomo rispetto alle società collegate, esige la prova di un accordo fra le varie entità, diretto a creare un’impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore (cfr. Cass. n. 15879 del 2007). Di tale accordo e delle perseguite finalità unitarie, non vi è, peraltro, prova alcuna agli atti.
2.4.3. Ad ogni buon conto, la circostanza neppure è decisiva – come si è già rilevato – posto che, perfino in caso di conclamata appartenenza delle società ad un gruppo, la strumentalità della fideiussione alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel capitale della garantita non può ritenersi in re ipsa, in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al gruppo, ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia. E ciò, soprattutto quando vi siano fondati elementi – quali la manifesta sproporzione dell’ammontare della fideiussione omnibus rispetto al capitale sociale della garante e l’operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del gruppo – per ritenere che non vi sia l’interesse strategico del gruppo a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento (cfr. Cass. n. 10103 del 2019).
2.4.4. Nel caso di specie, le due società avevano soggetti parzialmente diversi; l’oggetto sociale della garante Ci.B. Srl (attività di vendita e locazione di immobili; acquisizione di aree fabbricabili) era del tutto estraneo a quello della garantita Nautica Bi. Srl (attività legate a compravendita e noleggio di imbarcazioni); la garanzia è stata prestata per l’ingente somma di Euro 975.000,00, superiore al capitale sociale della società garante (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata); era assente un comprovato interesse patrimoniale della garantita (cfr. pag. 7 della medesima sentenza). Questo insieme di circostanze – che certamente dovevano rendere edotta la banca creditrice del conflitto di interessi tra la rappresentante della Ci.B. Srl e la rappresentata società, ex art. 1394 cod. civ. – evidenzia che la garante era stata, in concreto, asservita all’interesse economico della sola garantita, tanto più che è da escludere la appartenenza di entrambe ad un gruppo comune.
2.4.5. A fronte di tali significative risultanze, nessun rilievo possono rivestire la parziale identità dei soci delle due società, di per sé insuscettibile di escludere il conflitto di interessi tra l’amministratore e la società, ed il fatto che l’amministratrice comune abbia, successivamente, agito per la declaratoria di annullamento della fideiussione (cfr. pag. 26-27 del ricorso), trattandosi di atto necessitato da parte della legale rappresentante del soggetto rappresentato (la società), ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., la quale – in mancanza – avrebbe assunto la responsabilità del compimento di un atto più che oneroso per la società. Tale ravvedimento successivo non è, però, idoneo ad elidere il conflitto di interessi verificatosi a monte.
2.5. Non resta, dunque, che prendere atto dei relativi accertamenti di merito effettuati dalla corte lagunare, rispetto ai quali le argomentazioni delle censure, sui rispettivi punti, appaiono sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, “in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), C.P.C., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), C.P.C., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”); ii) nella specie, la banca ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale (tali essendo gli art. 115 e 116 cod. proc. civ. richiamati nella rubrica del terzo e quarto motivo) dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, – come chiarito, ancora recentemente da Cass. n. 5375 del 2024 (cfr. in motivazione, dove si richiamano, in senso analogo, Cass. nn. 35782, 16303, 11299 e 28385 del 2023) – un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 115 cod. proc. civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure precisato che “è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 C.P.C.”). La violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., invece, è configurabile esclusivamente allorquando il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pur puntualizzato che, “ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, C.P.C., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione”; Cass. n. 27000 del 2016). Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. 24434 del 2016). In definitiva, la valutazione degli elementi istruttori costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (cfr. Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione); iii) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10712 del 2024).
4. In definitiva, il ricorso di Ba. Spa deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi parte controricorrente, altresì dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
Fideiussione in favore di una società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della concedente società
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso promosso da Ba. Spa e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi parte controricorrente, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2024.
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