Corte di Cassazione, penale, Sentenza|28 ottobre 2021| n. 38909.
L’estrazione di dati archiviati in un supporto informatico, quale è la memoria di un telefono cellulare, non costituisce accertamento tecnico irripetibile, e ciò neppure dopo l’entrata in vigore della legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo di adottare modalità acquisitive idonee a garantire la conformità dei dati informatici acquisiti a quelli originali, con la conseguenza che né la mancata adozione di tali modalità, né, a monte, la mancata interlocuzione delle parti al riguardo comportano l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti, ferma la necessità di valutare, in concreto, la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati originali e la corrispondenza ad essi di quelli estratti.
Sentenza|28 ottobre 2021| n. 38909. Estrazione di dati archiviati in un supporto informatico
Data udienza 10 giugno 2021
Integrale
Tag – parola: Omicidio – Detenzione illegale arma – Continuazione – Concorso di persone – Indagini preliminari – Posizione del dichiarante come indagato – Rilevanza dei isoli indizi non equivoci di reità – Perquisizioni – Utilizzabilità – Accertamenti tecnici – Estrazione di dati archivisti in dispositivo informatico – Esclusa natura di accertamento tecnico irripetibile – Art. 526, comma 1 bis, c.p.p. – Diniego rinnovazione istruttoria dibattimentale in appello – Valutazione della prova indiziaria – Valutazione unitaria e globale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARACENO Rosa A. – Presidente
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizi – Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/11/2019 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Francesco Centofanti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Gaeta Pietro, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
udito, in difesa della parte civile (OMISSIS), l’avvocato (OMISSIS), che si e’ associato alle conclusioni del Pubblico Ministero;
udito, in difesa della parte civile (OMISSIS), l’avvocato (OMISSIS), che si e’ associata alle conclusioni del Pubblico Ministero;
uditi, in difesa dell’imputata, gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
Estrazione di dati archiviati in un supporto informatico
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 6 giugno 2018 la Corte di assise di Locri giudicava (OMISSIS) colpevole, in concorso con (OMISSIS), separatamente giudicato, dei reati di omicidio del coniuge di lei, (OMISSIS), e di detenzione illegale del fucile da caccia, e relativo munizionamento, nell’occasione impiegato, unificati dal vincolo della continuazione, e la condannava alla pena principale di ventotto anni di reclusione.
Con la sentenza in epigrafe la Corte di assise di appello di Reggio Calabria, pronunciandosi sull’impugnazione dell’imputata, le concedeva le attenuanti generiche, in rapporto di equivalenza rispetto all’aggravante di cui all’articolo 577 cpv. c.p., pro tempore vigente, riducendo la pena a ventitre’ anni di reclusione, e, negando le ulteriori attenuanti della provocazione e dei motivi di particolare valore morale e sociale, confermava nel resto la decisione di primo grado.
2. Entrambe le sentenze di merito, al riguardo pienamente convergenti, affermavano dunque che l’imputata, dopo le ore 1.00 del 25 ottobre 2015, mentre si trovava in compagnia di (OMISSIS), con cui aveva instaurato una relazione sentimentale extraconiugale, concorreva ad uccidere il marito, all’indirizzo del quale venivano esplosi quattro colpi di fucile a pallettoni e che veniva infine colpito violentemente al capo con un corpo contundente, non meglio identificato.
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L’azione aveva luogo in (OMISSIS), all’interno dell’abitazione coniugale, ove, assenti le figlie, la persona offesa stava facendo rientro dopo aver presenziato a una cerimonia nuziale; interno di abitazione in cui si trovavano l’imputata e il suo amante, autori dell’agguato, e dal quale erano infatti partiti i colpi, come da accertamenti tecnico-balistici, ostacolati peraltro dall’avvenuta alterazione della scena del crimine, posta in essere dai correi dopo la sua realizzazione. La vittima – al momento del sopralluogo eseguito dalle Forze dell’ordine, intervenute sul posto sulla base della segnalazione effettuata dal padre di (OMISSIS), (OMISSIS), alle ore 02.11, dopo la telefonata fatta dall’imputata alla madre alle ore 01.23 – veniva trovata gia’ esanime, riversa sul pavimento dell’ingresso dell’immobile.
L’omicidio, secondo i giudici di merito, si collocava – esclusa la plausibilita’ di “piste” alternative, riconducibili alla criminalita’ organizzata – nel contesto del profondo avvenuto deterioramento dei rapporti personali tra (OMISSIS) e la moglie, succube delle violenze, fisiche e morali, dell’uomo (che la costringeva, tra l’altro, a prestazioni sessuali con terzi, in sua presenza). Tale situazione era sfociata in plurimi tentativi della donna, poi comunque rientrati, di separazione coniugale, e in denunce-querele, peraltro reciproche. Si era inserito, nel medesimo contesto, l’inizio della relazione sentimentale di (OMISSIS) con (OMISSIS) (da lei inizialmente conosciuto nel corso di uno dei citati incontri “triangolari”), di cui la’ vittima era consapevole.
3. Dopo aver risolto talune questioni di rito, la Corte distrettuale individuava la paternita’ dell’azione criminosa anzitutto attraverso l’analitica disamina dei messaggi scambiati su WhatsApp tra i due amanti nell’arco temporale compreso tra l’inizio di settembre del 2015 e la notte del delitto. Tali comunicazioni non solo confermavano la natura e l’intensita’ della loro relazione, ma davano ampiamente conto della forte avversione da entrambi nutrita nei confronti di (OMISSIS), nonche’ della loro aspirazione di costruirsi una vita insieme, anche mettendo al mondo un figlio, e del comune desiderio di liberarsi della presenza, ritenuta per entrambi minacciosa e intollerabile, della vittima.
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Da uno dei messaggi, riscontrato dalla geo-localizzazione dell’utenza di telefonia cellulare, si ricavava che (OMISSIS) si fosse recato a casa dell’imputata, e vi si fosse lungamente intrattenuto, gia’ durante la mattina del 24 ottobre 2015, mentre nel pomeriggio aveva partecipato a una battuta di caccia.
(OMISSIS) – nonostante il tenore dei messaggi successivi accreditasse la sua apparente presenza, la sera dello stesso giorno, nel vicino comune di (OMISSIS) (maldestro tentativo, per la Corte territoriale, di precostituzione di un alibi) aveva fatto invece ritorno in casa dell’amante, molte ore prima del rientro della vittima. Il traffico di telefonia mobile generato dal suo terminale, e la relativa geo-localizzazione, erano sul punto inequivoci; e, del resto, il testimone (OMISSIS), pienamente attendibile, lo vide transitare in (OMISSIS), in (OMISSIS), alle ore 02.00 del mattino seguente.
La stessa imputata, modificando nel corso dell’esame dibattimentale l’originaria sua posizione, aveva finito per ammettere la circostanza, parlando di un arrivo a sorpresa di (OMISSIS) da lei, collocato tra le ore 21.30 e le 22.00; con tale dichiarazione, tuttavia, entrando in contrasto – osservava la sentenza di appello – con la versione dell’uomo di aver concordato la visita gia’ nel corso della giornata.
Secondo la medesima linea difensiva dell’imputata, i due amanti avrebbero consumato sul divano un amplesso, trattenendosi poi a chiacchierare e fumare fino alla mezzanotte, o poco oltre, quando (OMISSIS) sarebbe andato via e la donna sarebbe andata a letto, venendo svegliata da un forte trambusto esterno, in tesi collegato alla realizzazione del crimine. Tali prospettazioni apparivano alla Corte distrettuale inconciliabili con la dinamica omicida, suffragata dai rilievi tecnico-balistici sopra illustrati sull’origine interna degli spari.
La partecipazione di (OMISSIS) alla festa di (OMISSIS) era un escamotage, creato a bella posta per depistare le future indagini, e cio’ i giudici del merito ricavavano, in modo definitivo, dal messaggio delle ore 02.18, scambiato tra i correi, in cui l’uomo continuava a fare riferimento, in contrasto con le evidenze sopra indicate, a tale localita’ e ad una pretesa sua successiva deviazione per Caulonia, con diretto suo rientro a casa propria. Ma al riguardo egli appunto mentiva, clamorosamente e deliberatamente.
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4. La Corte distrettuale attribuiva, inoltre, valenza probatoria al comportamento dell’imputata, e dei suoi familiari, immediatamente successivo al delitto.
Anziche’ chiamare direttamente i soccorsi (ambulanza e forze di polizia), come sarebbe stato da attendersi da parte di una donna che avesse trovato il corpo del marito riverso in una pozza di sangue sull’uscio di casa, (OMISSIS), in piena lucidita’ (perche’ non comporra’ l’ultimo numero registrato in memoria, ma lo selezionera’ appositamente), effettuera’ una chiamata di pochi secondi sull’utenza cellulare della madre. Il padre, giunto quindi sul posto, si asterra’ anch’egli dal denunciare prontamente l’accaduto a chicchessia e si preoccupera’ soltanto di condurre la figlia in ospedale, dando l’allarme con notevole ritardo.
La ragione di tali comportamenti non poteva che risalire alla volonta’ di alterare la scena del crimine, bonificandola da tracce sospette (non saranno rinvenuti ne’ l’arma, ne’ i bossoli), e di consentire all’imputata di cambiarsi d’abito,, eventualmente ripulirsi e risultare negativa alla c.d. prova dello stub.
5. La Corte distrettuale individuava in (OMISSIS), pratico di armi, l’esecutore materiale dell’omicidio, nel quale (OMISSIS) era comunque concorsa in fase ideativa e organizzativa.
6. Avverso la sentenza di appello l’imputata (OMISSIS) propone, medianti atti distinti, rispettivamente sottoscritti dai suoi difensori di fiducia, ricorso per cassazione.
7. L’atto di ricorso, a firma dell’avvocato (OMISSIS), articola quattro motivi.
7.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermata penale responsabilita’.
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Il giudice distrettuale avrebbe operato una superficiale valutazione del materiale probatorio, senza adeguatamente confrontarsi con le critiche svolte nei motivi di appello.
In ordine all’individuazione del luogo, esterno o interno all’abitazione, da cui erano partiti gli spari, la sentenza impugnata aveva optato per la seconda opzione, addebitando il mancato rinvenimento dei bossoli, e di particelle da sparo in numero significativo, alla ripulitura della scena del crimine operata dall’imputata e dalle “persone a lei legate”, senza pero’ tenere in debito conto le affermazioni del consulente di parte, dottor (OMISSIS), secondo cui un’operazione del genere non avrebbe potuto svolgersi nei pochi minuti in cui (OMISSIS), intorno alle ore 01.45, si era trattenuto sul posto, e avrebbe in ogni caso richiesto settimane. Se inquinamento della scena del crimine vi era stato, esso era semmai imputabile agli inquirenti. Fantasiosa, e sganciata dalle risultanze processuali, era poi l’ipotesi che gli autori dell’omicidio, per non lasciare tracce, avessero utilizzato ventilatori o teloni di copertura.
Si’ sarebbe cosi’ dedotto un fatto incerto (l’esatta dinamica omicida) da un altro fatto incerto (l’avvenuta manipolazione della scena del crimine), in violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 2.
I consulenti della difesa, dottor (OMISSIS) e professor (OMISSIS), avevano avanzato seri dubbi sulla possibilita’ di ricostruire fedelmente gli accadimenti criminosi, senza disporre dell’arma e senza elementi che consentissero di individuare l’esatta collocazione spaziale dello sparatore e la sua distanza dalla vittima. Tali considerazioni erano state totalmente pretermesse. La ricostruzione, operata dal Reparto di investigazioni speciali dei Carabinieri, era stata acriticamente recepita, in difetto di adeguata ponderazione delle fondamentali obiezioni tecnico-scientifiche mosse dai predetti consulenti.
A corroborare la tesi difensiva di spari provenienti dall’esterno stava il rinvenimento, in se’ eloquente, di una borra (cilindretto di feltro, usato per separare il piombo dalla polvere nelle cartucce da caccia) sul pianerottolo antistante l’abitazione, nonche’ l’assenza, all’interno, di sufficiente spazio di tiro.
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Era dunque piu’ che plausibile l’ipotesi di un agguato portato dall’esterno, da soggetti appartenenti ad ambienti criminali; ipotesi scartata, assieme a quella di “piste” passionali alternative, pur in presenza di elementi di ragionevole dubbio.
7.2. Con il secondo motivo, la ricorrente torna a denunciare, in argomento, violazione di legge e vizio di motivazione.
Con riferimento alle menzionate ipotesi ricostruttive alternative, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in debito conto le critiche difensive.
Era stato giustamente dedotto che l’imputata, intercettata mentre parlava con il fratello, dopo essere uscita dalla caserma dei Carabinieri il giorno dell’omicidio, aveva fatto riferimento ad una faida di criminalita’ organizzata, con la quale il marito era a vario titolo compromesso, di cui non aveva riferito ai militari per timore di ritorsioni.
Di un tale pregresso coinvolgimento di (OMISSIS), cosi’ come del padre e dello zio (entrambi assassinati), in logiche criminali, la difesa aveva fornito prova documentale, e la circostanza era emersa dalla deposizione del Comandante (OMISSIS). Tutto cio’ era stato ignorato dalla Corte distrettuale.
Il movente passionale, riferibile all’imputata e ad (OMISSIS), era debole. Esso non poteva fungere da elemento catalizzatore del rimanente quadro indiziario. I messaggi telefonici, interpretati giudizialmente in modo illogico ed eccessivo, riflettevano solo innocenti fantasie di due giovani innamorati, e non la volonta’ di commettere un delitto.
7.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alle negate attenuanti della provocazione per accumulo e dell’avere il reo agito per motivi di particolare valore morale e sociale.
La decisione era ingiustificata, alla luce dei passaggi motivazionali che ben illustravano come la donna fosse preda di un marito violento e dal comportamento immorale e antisociale, di cui temeva le ritorsioni. Il movente omicida, volto a rimuovere tale situazione, avrebbe integrato l’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 1).
La donna aveva anche agito al culmine di uno stato d’ira, esploso dopo che per anni aveva sopportato i soprusi del marito. Tale ulteriore movente avrebbe integrato l’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 2).
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7.4. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione in punto di mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
8. L’atto di ricorso, a firma dell’avvocato (OMISSIS), articola nove motivi.
8.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullita’ processuali e vizio di motivazione.
Il sequestro del telefono cellulare in uso all’imputata, l’esame autoptico del cadavere e l’estrazione dei dati dai vari cellulari sequestrati erano avvenuti senza che (OMISSIS) ricevesse gli avvisi di rito, nonostante ella fosse gia’ colpita, al tempo, da indizi di reita’. Ne derivava la nullita’ delle operazioni eseguite.
La’ sentenza impugnata, mutando peraltro impostazione rispetto a quanto osservato dal giudice di primo grado, riteneva che le questioni processuali fossero state gia’ definite dalla Corte di cassazione, in seno al giudizio incidentale di natura cautelare, trascurando di rilevare che l’istruttoria dibattimentale aveva appurato che (OMISSIS) era stata individuata come possibile colpevole, al piu’ tardi, dal pomeriggio del 25 ottobre 2015, mentre le operazioni sopra indicate risalivano ai successivi giorni 28 e 29 ottobre. Al solo sequestro del proprio telefono l’imputata aveva presenziato, ma non in qualita’ d’indagata, e senza quindi essere avvisata della facolta’ di farsi assistere da un difensore di fiducia; cio’ importava l’invalidita’ degli accertamenti tecnici disposti su tutti gli apparati di telefonia mobile sequestrati. Anche l’avviso di esecuzione dell’accertamento autoptico le era stato inviato solo quale persona offesa, senza dunque darle la possibilita’ di nominare un difensore che facesse valere i suoi diritti di indagata.
Le sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria, la mattina del 25 ottobre, utilizzate per screditare le dichiarazioni rese durante l’esame dibattimentale, erano parimenti inutilizzabili, per violazione dell’articolo 63 c.p.p..
8.2. Con il secondo motivo, la ricorrente ulteriormente denuncia nullita’ processuale e vizio di motivazione.
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L’accertamento tecnico, effettuato sul suo telefono cellulare, erroneamente era stato qualificato come ripetibile. In realta’, il consulente del Pubblico ministero aveva seguito procedure non rituali, idonee a compromettere i dati originari, sicche’ non vi era alcuna garanzia o certezza sulla loro consistenza. Tale rilievo, prima ancora di incidere sull’attendibilita’ dei dati, influiva sulla natura ripetibile della relativa originaria indagine.
I messaggi erano migliaia e in nessun modo si poteva essere certi dell’assenza di qualunque (volontaria o involontaria) alterazione.
8.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento alla mancata ripetizione dell’accertamento peritale sui dati telefonici, alla luce dell’inadeguatezza della perizia svolta in primo grado.
8.4. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce nullita’ processuale, discendente dall’utilizzazione per la decisione delle dichiarazioni rese in fase d’indagini da (OMISSIS) (citato ex articolo 210 c.p.p. e avvalsosi della facolta’ di non rispondere), avvenuta contro il divieto di cui all’articolo 526 c.p.p., comma 1-bis, (secondo cui la colpevolezza dell’imputato non puo’ essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e’ sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato stesso o del suo difensore).
8.5. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione, da indebita sottovalutazione di “pista” investigativa alternativa di innegabile spessore.
Il padre e lo zio della vittima erano infatti caduti sotto i colpi di esponenti di organizzazioni criminali. Alla vittima era stato rifiutato il porto d’armi, per le rilevate frequentazioni con pregiudicati. Egli era stato, in passato, destinatario di perquisizione domiciliare volta alla ricerca di armi, nonche’ indagato in una vicenda di tentato omicidio. L’imputata, colloquiando con il fratello, aveva fatto riferimento ad una faida di criminalita’ organizzata.
Tali emergenze erano rimaste prive di adeguati approfondimenti.
8.6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento all’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, funzionale ad attestare le fonti illecite di guadagno del marito, l’intenzione dell’imputata di risolvere definitivamente i rapporti con lui per vie legali e le contraddizioni del racconto del teste (OMISSIS), nonche’ a ricostruire le ultime ore di vita della vittima.
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8.7. Con il settimo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
La condanna si baserebbe su elementi (l’azione di fuoco proveniente dall’interno dell’abitazione, la ripulitura della scena del crimine, gli incontri tra i due amanti del 24 ottobre 2015, la precostituzione dell’alibi e il movente) erroneamente valutati o travisati.
Il numero di particelle da sparo, rinvenute in casa, era troppo esiguo per concludere che si fosse sparato al suo interno. Ne’ poteva la circostanza derivare dal tempo trascorso sino all’accertamento (l’immobile era rimasto sigillato). La presunta ripulitura avrebbe richiesto settimane, mentre l’imputata ebbe a disposizione un tempo limitato (e il padre ancor meno). Il riferimento ai teloni di copertura, o ai ventilatori, era contrario a logica ed esperienza. I sopralluoghi in esterno erano stati superficiali. L’incontro tra i due amanti, la mattina del (OMISSIS), era congetturale e non poteva concernere la preparazione dell’omicidio, perche’ solo nel pomeriggio (OMISSIS) acquisiva gli esatti particolari dell’impegno serale della vittima e della sua durata.
Nessun dato certo esisteva che (OMISSIS) si fosse trattenuto sino all’ora dell’omicidio, o che fosse andato via in bicicletta (cosi’ da poter transitare per piazza dei (OMISSIS) in orario compatibile con l’avvistamento del testimone oculare). Non era stata rinvenuta l’arma del delitto ed era lecito interrogarsi se in bicicletta egli potesse realmente averla condotta. In realta’, l’uomo non possedeva armi e andava a caccia solo in funzione di accompagnatore. Gli abiti di (OMISSIS) erano stati sequestrati, nel pomeriggio del (OMISSIS), presso la sua abitazione, ma nessuna traccia di sangue era stata su di essi rinvenuta, pur essendo l’uomo stato identificato come lo sparatore.
La tesi della precostituzione dell’alibi si basava sul raffronto tra la versione dibattimentale dei fatti, fornita dall’imputata, e le inutilizzabili dichiarazioni, in fase di indagine, del (OMISSIS).
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Quanto al movente, l’avversione dei due amanti per (OMISSIS) era piu’ che giustificata dal comportamento prevaricatore, violento e amorale di quest’ultimo e dall’antefatto della loro unione, ma la traduzione di tale sentimento in proposito omicida sarebbe frutto di indebita rilettura a posteriori dei messaggi. Ne’ la precostituzione dell’alibi, ne’ il movente avevano la capacita’ di colmare il rimanente vuoto probatorio.
I dati valorizzati, quali premesse del ragionamento indiziario, sarebbero ipotetici, ambigui e insufficienti. Ne’ vi sarebbe prova alcuna di un concorso morale della donna all’omicidio.
8.8. Con l’ottavo motivo (numerato nuovamente come settimo), la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in rapporto alla negata attenuante della provocazione.
8.9. Con il nono motivo (numerato come ottavo), la ricorrente deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di comparazione tra opposte circostanze.
9. A firma dell’avvocato (OMISSIS) sono stati depositati motivi nuovi, con cui si denuncia violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio della motivazione.
Nella sentenza di condanna a carico di (OMISSIS), pronunciata nel separato giudizio abbreviato di appello, ora in giudicato, si afferma non essere affatto certo che fosse stato costui a sparare. La sentenza qui impugnata moverebbe, viceversa, da questo malfermo presupposto.
L’imputata era certamente in casa la notte del crimine, ma non vi sarebbe prova, oltre il ragionevole dubbio, che l’azione di fuoco sia stata da lei realizzata o programmata.
Non vi sarebbero ragguagli in ordine alle modalita’ di acquisto dell’arma da parte di (OMISSIS), ne’ in ordine al momento in cui l’arma sarebbe stata introdotta nell’abitazione. E allora sarebbero plausibili svariati scenari alternativi, inclusa l’ipotesi che l’arma in casa si trovasse gia’ nella disponibilita’ della vittima; ipotesi che svuoterebbe di senso il preteso incontro della mattina tra i due amanti.
Le informazioni, che (OMISSIS) si procuro’ nel pomeriggio circa l’impegno fuori casa della vittima, e i suoi tempi di rientro, era funzionali soltanto all’organizzazione del convegno amoroso delle ore immediatamente seguenti.
(OMISSIS) conosceva la loro relazione ed era desideroso di sorprenderli. Era dunque anche plausibile che egli fosse di proposito rientrato in anticipo, suscitando la reazione improvvisa di (OMISSIS). Se quest’ultimo avesse programmato, avrebbe piu’ logicamente agito dall’esterno.
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Se (OMISSIS) aveva sparato in modo estemporaneo, il contributo causale dell’imputata veniva a cadere, non costituendo compartecipazione criminosa il solo aiuto prestato posteriormente alla consumazione del reato.
10. Sono pervenute tempestive memorie illustrative, ad opera delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), costituite e ritualmente rappresentate in questa sede.
Nelle memorie, ampiamente convergenti nelle loro argomentazioni, si afferma che le censure della ricorrente si risolvono nella riproposizione di questioni gia’ tutte disattese dalla Corte distrettuale, tramite motivazione che non sarebbe stata oggetto di critica ragionata.
L’esito valutativo di merito sarebbe di doppia pronuncia conforme sulla penale responsabilita’ e tale esito non potrebbe essere invalidato da prospettazioni alternative, solo perche’ ritenute dalla difesa dell’imputata maggiormente plausibili.
Le parti civili scendono quindi in una disamina piu’ approfondita dei singoli motivi di ricorso, illustrando partitamente le ragioni della ritenuta loro inammissibilita’ o infondatezza.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nell’economia della presente decisione vengono anzitutto in rilievo le censure di ordine processuale, svolte nel primo e secondo motivo dell’atto di ricorso sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS).
Nel primo motivo, in particolare, si ripropone il tema della utilizzabilita’ delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) alle ore 12.30 del giorno (OMISSIS) 2015. Si deduce la violazione degli articoli 63 e 64 del codice di rito, posto che (OMISSIS) avrebbe dovuto essere ab initio, in relazione alla piega gia’ presa dalle indagini, ascoltata in qualita’ di indagata.
Si assume che indizi di reita’ erano certamente emersi, in ogni caso, nel pomeriggio del medesimo (OMISSIS) e si deducono quindi, a cascata:
– la nullita’ del sequestro dell’apparecchio cellulare di (OMISSIS), avvenuto in data 28 ottobre 2015, giacche’ la mancata considerazione della sua qualita’ di indagata, da parte dell’Autorita’ procedente, avrebbe determinato la violazione del diritto di nominare un difensore di fiducia che la potesse assistere nel corso dell’atto.
– l’inutilizzabilita’, per le stesse ragioni, della consulenza autoptica, effettuata sempre in data 28 ottobre 2015, pacificamente consistente in attivita’ non ripetibile;
– l’inutilizzabilita’ della consulenza tecnica, con cui erano stati estrapolati i contenuti dei messaggi dalla memoria dell’apparecchio cellulare, in quanto la qualita’ di indagata, di fatto rivestita dalla (OMISSIS), e la tipologia di accertamento, rendevano indispensabili l’osservanza delle forme di cui all’articolo 360 c.p.p., viceversa non assicurata.
A quest’ultimo riguardo, la ricorrente sottolinea, nel secondo motivo, che l’operazione tecnica eseguita sul telefono non si poteva realizzare attraverso una semplice estrazione di copia informatica dei dati, ma prevedeva attivita’ manipolative da cui poteva derivare l’alterazione dei dati medesimi; rischio che, non essendo state seguite le giuste procedure, ne’ essendo state poste in essere le debite cautele, non poteva dirsi affatto scongiurato.
La sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare le denunciate patologie processuali, escludendole con argomentazioni inappaganti.
2. Le censure non sono fondate.
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2.1. Va anzitutto precisato che, qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’ la correttezza di una decisione in rito, la Corte di cassazione e’ giudice dei presupposti della decisione stessa, sulla quale esercita il proprio controflo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, Rv. 186998-01; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, Iamonte, Rv. 255515-01; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, Ranieri, Rv. 221322-01) e, al limite, anche ove la giustificazione sia del tutto mancata.
Ne consegue che il giudice di legittimita’, in presenza di una censura di carattere processuale, puo’ e deve prescindere dalla motivazione addotta dal giudice a quo e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente argomentata (Sez. 1, n. 22337 del 23/03/2021, Di Giovanni, Rv. 281391-01; Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, Girardi, Rv. 275636-01).
2.2. Occorre a questo punto considerare che effettivamente, in tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in retrospettivo rilievo la veste che avrebbe dovuto assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di operare la relativa verifica in termini sostanziali, e quindi senza arrestarsi al riscontro di indici meramente formali, quali l’eventuale gia’ intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584-01; Sez. 6, n. 25425 del 04/03/2020, Pascolini, Rv. 279606-01; Sez. 4, n. 46203 del 19/09/2019, Pavone, Rv. 277947-01).
L’inquadramento di un soggetto dichiarante, rispetto alle forme del suo ascolto, va dunque compiuto con apprezzamento, ora per allora, della situazione di fatto esistente nel momento in cui l’ascolto e’ stato disposto e con attribuzione o negazione di consistenza indiziante ai relativi dati storici (Sez. 2, n. 8402 del 17/02/2016, Gjonaj, Rv. 267729-01; Sez. 6, n. 20098 del 19/04/2016, Scalisi, Rv. 267129-01).
La giurisprudenza di legittimita’ ha pero’ anche chiarito che, proprio in rapporto alla attribuzione della qualita’ sostanziale di indagato, devono ritenersi rilevanti i soli indizi non equivoci di reita’, sussistenti anteriormente all’escussione del soggetto e conosciuti dall’Autorita’ procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti o intuizioni personali dell’interrogante (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417-01), in quanto l’adozione dello statuto di garanzia, alla predetta qualita’ correlato, si lega all’avvenuta acquisizione di elementi aventi una effettiva capacita’ di asseverazione, ancorche’ provvisoria, del fatto da provare.
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2.3. Cio’ posto, deve in questa sede ribadirsi quanto da questa Corte in causa gia’ rilevato (Sez. 1, n. 44729 del 15/07/2016) a definizione del subprocedimento di natura cautelare, ossia che all’atto dell’escussione di (OMISSIS) in fase di prime indagini erano si’ emersi, a seguito degli esiti del sopralluogo e dell’ubicazione del corpo della vittima, sospetti sulla persona della dichiarante, ma non certo indizi qualificati nel senso sopra indicato. Le prime informazioni disponibili rendevano verosimile l’esplosione dei colpi dall’interno dell’abitazione, ma il dato era -in quel momento- debolmente significante rispetto alla posizione della donna, ove si consideri che l’omicidio risultava avvenuto in orario notturno avanzato e contestualmente al rientro di (OMISSIS), e, pertanto, non si sarebbe potuto, in allora, conoscere se lo sparatore potesse essel’e, persona nota alla vittima, entrata in casa con lui, ovvero potesse anche essere persona introdottavisi abusivamente, la quale avesse atteso l’arrivo di (OMISSIS).
Non puo’ dirsi, pertanto, che (OMISSIS) fosse soggetto da ascoltare inizialmente in qualita’ di indagata; ne’ puo’ affermarsi che le prime dichiarazioni da lei rese (l’essersi trovata, quella notte, da sola nel letto a dormire) rendessero necessaria la sospensione dell’atto e il riconoscimento in suo favore delle guarentigie difensive, emergendo una situazione di fatto che non la poneva sulla scena immediata del crimine, ne’ autorizzava, al tempo, a ritenerla necessariamente implicata.
2.4. Reputa il Collegio che neppure i progressi investigativi del medesimo (OMISSIS) 2015, e dei giorni seguenti, imponessero – in funzione della ritualita’ delle attivita’ ulteriori di ricerca e acquisizione della prova, dalla ricorrente specificamente censurate (la consulenza autoptica, il sequestro del telefono cellulare di (OMISSIS) e l’indagine tecnica sul suo contenuto) – la previa iscrizione del nome dell’indagata nel registro delle notizie di reato; iscrizione che, a coerente completamento della regola di diritto gia’ formulata, postula l’esistenza a carico di un determinato soggetto di una vera e propria notitia criminis, che sorge soltanto quando emergano nei confronti di quest’ultimo specifici elementi indiziari, non essendo, di nuovo, sufficienti i meri sospetti (Sez. 1, n. 34637 del 22/05/2013, Longo, Rv. 257120-01; Sez. 5, n. 22340 del 08/04/2008, Bruno, Rv. 240491-01).
Le audizioni, le perquisizioni e i sequestri, posti in essere in questa fase esordiente dell’indagine, furono ad ampio spettro e non ebbero a presupposto la gia’ avvenuta individuazione, neppure indiziaria, del possibile responsabile. Fu giustamente approfondito, in quei giorni, il tema dei rapporti tra (OMISSIS) e la moglie, e tra quest’ultima e (OMISSIS), e l’emersione della relazione extraconiugale consenti’ agli inquirenti di concentrarsi su una precisa pista investigativa, foriera di conducenti sviluppi. Un quadro indiziario rilevante scaturi’ infatti, solo in prosieguo, dall’incrocio di tale movente con il compendio dichiarativo, le risultanze tecnico-balistiche e la messaggistica rinveniente dal cellulare sequestrato.
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2.5. Vero e’, peraltro, che questa Corte, nella citata sentenza n. 44729 del 2016, resa a definizione dell’incidente cautelare, ebbe ad âEuroËœattribuire specifica valenza indiziante, a carico di (OMISSIS), alle informazioni desumibili dalla captazione delle conversazioni intervenute tra la medesima e il fratello (OMISSIS). La donna, nel pomeriggio del (OMISSIS) 2015, dopo le ore 19.00, veniva in tale contesto intercettata mentre, nel commentare il fatto omicida, richiamava l’esistente contrasto coniugale, nonche’ l’atteggiamento del marito, alludendo al fatto che lui si fosse “andato a cercare” quanto poi avvenuto.
Anche a voler seguire tale impostazione, resto pero’ il fatto – gia’, del resto, evidenziato nella sentenza di primo grado – che il contenuto della citata intercettazione fu trascritto dalla polizia giudiziaria operante, con l’aiuto di un interprete di lingua spagnola, solo alle ore 19,00 del 28 ottobre 2015, e solo in un momento ulteriormente successivo pote’ giungere a conoscenza dell’Autorita’ giudiziaria procedente. Pur volendo ricollegare l’emersione, a carico dell’imputata, di indizi non equivoci di reita’ alle affermazioni oggetto di quel colloquio, non potrebbe prescindersi, nel valutare l’operato della predetta Autorita’, cui sono riconducibili le iniziative processuali in tesi nulle o inutilizzabili, dall’effettiva disponibilita’ del dato in capo ad essa. E tale disponibilita’ si ebbe solo posteriormente all’adozione di quelle iniziative, visto che, come risulta dagli atti, il sequestro del telefono cellulare di (OMISSIS) fu disposto, assieme all’incarico di estrapolazione dei dati ivi memorizzati, il 28 ottobre e fu eseguito in pari data, alle ore 18,20, mentre l’incarico di consulenza autoptica fu conferito nella prima mattina del medesimo giorno. I denunciati vizi processuali appaiono, per cio’ solo, insussistenti.
2.6. Appare utile, in ogni caso, approfondirne ulteriormente l’analisi e, in quest’ottica, si deve osservare quanto segue.
2.6.1. Quanto al sequestro del telefono, e’ stata eccepita la violazione dell’ari. 114 disp. att. c.p.p., il quale prescrive alla polizia giudiziaria di avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, della facolta’ di farsi assistere dal difensore di fiducia nel momento in cui la stessa polizia stia procedendo al compimento di uno degli atti indicati nell’articolo 356. Trattasi di disposizione, alla cui inosservanza consegue la sanzione di nullita’ dell’atto (c.d. a regime intermedio, tempestivamente deducibile, a norma del combinato disposto dell’articolo 180 c.p.p. e articolo 182 c.p.p., comma 2, secondo periodo, fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado: Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi, Rv. 263023-01; Sez. 3, n. 39186 del 02/07/2015, Mundi, Rv. 264843-01).
Il richiamato articolo 356 c.p.p. fa pero’ riferimento agli atti di cui ai precedenti articoli 352 e 354 (oltre che all’immediata apertura del plico, autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353, comma 2). Si tratta di atti tutti disciplinati nell’ambito del titolo IV del libro V del codice, dedicato all’attivita’ di indagine ad iniziativa della polizia giudiziaria e, dunque, distinto dal successivo titolo V, dedicato, invece, all’attivita’ di indagine del Pubblico ministero, nel quale sono ricompresi, a norma dell’articolo 370, anche gli atti di indagine delegati dal Pubblico ministero alla polizia giudiziaria. La scelta del legislatore e’ stata, infatti, quella di una netta distinzione fra l’attivita’ della polizia giudiziaria e quella del Pubblico ministero, quest’ultima riconducibile ad un soggetto, che pur essendo parte nel procedimento penale, e’ dotato, sul piano costituzionale, di ampie garanzie di indipendenza espressamente garantite dalla riserva di ordinamento giudiziario, ai sensi dell’articolo 107 Cost., comma 4, ed e’ comunque inserito nell’ambito dell’Ordine giudiziario. Per contro, la polizia giudiziaria non e’ dotata delle stesse di garanzie di indipendenza, essendo in generale sottoposta al potere esecutivo, pur trovandosi nella disponibilita’ diretta dell’autorita’ giudiziaria, ai sensi dell’articolo 109 Cost..
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Ove il sequestro probatorio sia stato disposto, come nella specie, dal Pubblico ministero a norma dell’articolo 253 c.p.p. e ne sia stata delegata l’esecuzione alla polizia giudiziaria, non sussiste pertanto alcun obbligo, per la polizia stessa, di dare avviso all’indagato, presente al compimento dell’atto, della facolta’ di farsi assistere da un difensore di fiducia (Sez. 3, n. 40530 del 05/05/2015, Pagnin, Rv. 264827-01); avviso che l’articolo 114 disp. att. c.p.p. riserva ai soli atti di cui all’articolo 356 c.p.p., tra cui e’ compreso il sequestro esclusivamente se di iniziativa della polizia giudiziaria, in considerazione non solo della vocazione probatoria di quest’ultimo ma anche della necessita’ di controllo della regolarita’ dell’operato dell’organo che lo esegue (in termini, Sez. U, n. 15453 del 29/01/2016, Giudici, Rv. 266335-01)
2.6.2. Quanto alla consulenza autoptica, possono essere ben riprese le considerazioni della sentenza di questa Corte n. 44729 del 2016, che defini’ l’incidente cautelare.
L’accoglimento della prospettata eccezione di inutilizzabilita’ dell’atto irripetibile, per omesso avviso a (OMISSIS) a norma dell’articolo 360 c.p.p. (o, piu’ esattamente, per avviso speditole quale persona offesa, e dunque non corre’lato alla qualita’ sostanziale di indagata), avrebbe esclusivamente l’effetto di ricollegare la verifica dell’evento morte alle prime constatazioni operate sul posto dal medico-legale, che in ogni caso evidenziavano sia la sede delle ferite da colpi di arma da fuoco, sia l’esistenza di lesioni al capo, prodotte da corpo contundente; constatazioni, dunque, che manterrebbero inalterata, sotto l’aspetto necroscopico, la ricostruzione dell’occorso, posto che le verifiche sull’ubicazione dello sparatore sono state essenzialmente condotte attraverso lo sviluppo dei reperti e delle tracce rinvenute non sul cadavere, ma all’interno dell’abitazione coniugale.
Cio’ anche indipendentemente dal rilievo che nessuna contestazione, concernente gli esiti dell’autopsia, o le metodiche impiegate, e’ stata mai operata dalla difesa.
2.6.3. Quanto alla messaggistica esistente all’interno del telefono cellulare, non vi sarebbe comunque ragione per discostarsi dal principio di diritto, ripetutamente affermato in sede di legittimita’ (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, Branchi, Rv. 266477-01; Sez. 2, n. 29061 del 01/07/2015, Posanzini, Rv. 264572-01), secondo cui l’estrazione di dati archiviati in un supposto informatico, quale e’ la memoria di quel telefono, non costituisce accertamento tecnico irripetibile, e cio’ neppure dopo l’entrata in vigore della L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo di adottare modalita’ acquisitive idonee a garantire la conformita’ dei dati informatici acquisiti a quelli originali, con la conseguenza che ne’ la mancata adozione di tali modalita’, ne’, a monte, la mancata interlocuzione delle parti al riguardo comportano l’inutilizzabilita’ dei risultati probatori acquisiti; ferma la necessita’ di valutare, in concreto, la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati originali e la corrispondenza ad essi di quelli estratti.
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In caso di mancato rispetto dei protocolli tecnici di comportamento, possono dunque unicamente derivare effetti sull’attendibilita’ della prova conseguente all’accertamento male eseguito (in termini generali, cfr., altresi’, Sez. 5, n. 8893 del 11I’01/2021, Laurenti, Rv. 280623-01).
Una tale attendibilita’, peraltro validata anche dalla perizia dibattimentale, e’ stata invece revocata in dubbio in termini meramente generici e astratti. Nel caso in esame, infatti, pur avendo la ricorrente formulato obielioni e riserve circa il metodo seguito per l’estrapolazione delle conversazioni e dei messaggi, permane l’assenza di contestazioni specifiche relative al contenuto delle singole comunicazioni, con le quali, del resto, la difesa dell’imputata si e’, almeno in parte, confrontata in sede di merito, offrendo la propria diversa lettura e interpretazione.
2.7. I motivi in valutazione debbono essere dunque disattesi, alla luce delle complessive considerazioni sin qui svolte.
3. Anche il quarto motivo dell’atto di ricorso in scrutinio pone una questione di ordine processuale.
Con esso la ricorrente si duole dell’intervenuta utilizzazione, ai fini della decisione emessa nei suoi confronti, delle dichiarazioni rese in fase d’indagini dal coimputato (OMISSIS), separatamente giudicato secondo il rito abbreviato, citato in dibattimento ai sensi dell’articolo 210 c.p.p. e qui avvalsosi della facolta’ di non rispondere; dichiarazioni che sarebbero state prese in considerazione in spregio all’articolo 526 c.p.p., comma 1-bis, e dei principi sulla formazione della prova in contraddittorio, ivi sanciti.
3.1. Osserva il Collegio che l’articolo 526, comma 1-bis, citato, inserito nel tessuto codicistico dalla L. n. 63 del 2001, articolo 19, contiene una regola di valutazione della prova, che riproduce, alla lettera, l’articolo 111, comma 4, seconda proposizione, Cost., secondo cui “(L)a colpevolezza dell’imputato non puo’ essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e’ sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”.
Trattasi di norma emblema del sistema accusatorio (Sez. 1, n. 25356 del 05/04/2019, Ouled, Rv. 275847-01). Da essa si ricava che, anche nel caso in cui la legge processuale consenta l’acquisizione, a carico dell’imputato, di dichiarazioni di terzi, rilasciate fuori del rituale confronto dialettico, queste – di per se’ – non potranno essere poste a base dell’affermazione di responsabilita’, se la lesione del contraddittorio e’ derivata da deliberata sottrazione del dichiarante al controesame.
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Cio’ sta a significare che le dichiarazioni predibattimentali rese in situazioni di contraddittorio deficitario, ancorche’ legittimamente acquisite, non possono, conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza Europea in applicazione dell’articolo 6 CEDU, fondare in modo esclusivo, o significativo, l’eventuale pronuncia di condanna (Sez. U, n. 27918 del 25/11/2010, dep. 2011, D.F., Rv. 250199-01; Sez. 1, n. 14243 del 26/11/2015, dep. 2016, N., Rv. 266602-01; Sez. 6, n. 2296 del 13/11/2013, dep. 2014, Frangiamore, Rv. 257771-01; Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, Rv. 256576-01; Sez. 1, n. 14807 del 04/04/2012, Vrapi, Rv. 252269-01), salvo che il deficit sia controbilanciato da solide garanzie procedurali, individuabili nella esistenza di forti elementi di riscontro, che corroborino quei contenuti dichiarativi (Sez. 2, n. 15492 del 05/02/2020, C., Rv. 279148-01; Sez. 6, n. 50994 del 26/03/2019, D., Rv. 278195-03).
La giurisprudenza di legittimita’ ha anche precisato che, af fini dell’operativita’ del divieto, non e’ necessaria la prova della specifica volonta’ del dichiarante di sfuggire al contraddittorio, ma e’ sufficiente, in conformita’ ai medesimi principi convenzionali, la volontarieta’ della sua assenza, da presumere ove non appaiano elementi esterni che escludano una libera determinazione (Sez. U, n. 27918 del 2011, citata; Sez. 5, n. 13522 del 18/01/2017, S., Rv. 269397-01; Sez. 3, n. 3068 del 08/09/2016, dep. 2017, L.R., Rv. 269055-01; Sez. 2, n. 1945 del 22/12/2014, dep. 2015, Capozzo, Rv. 261825-01).
3.2. Cio’ premesso, la lettura della sentenza impugnata rende palese che l’affermazione di responsabilita’ penale dell’imputata si sia basata su un corredo di prova logica ampio e articolato – la cui tenuta sara’ espressamente vagliata con la disamina dei motivi successivi – rispetto al quale l’apporto dichiarativo di MiceloÚa, oggetto dei verbali acquisiti (senza formale opposizione di parte: cfr. Sez. 5, n. 13895 del 14/01/2015, Martini, Rv. 262942-01) ai sensi dell’articolo 513 c.p.p., comma 2, non riveste, dunque, importanza ne’ decisiva, ne’ specialmente influente.
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La Corte distrettuale si e’ avvalsa di quelle dichiarazioni predibattimentali, allo scopo di evidenziarne il contrasto, su aspetti specifici, con la versione difensiva di (OMISSIS), reputata, anche per questa ragione, priva di credibilita’. Ma non e’ certo questo l’unico parametro sul quale la credibilita’ dell’imputata e’ stata misurata, ne’ la sua dichiarazione di colpevolezza deriva primariamente, come e’ evidente, dalla svalutazione delle Sue discolpe, che rappresenta un mero elemento di riscontro.
4. Nei successivi motivi terzo e sesto dell’atto di ricorso in scrutinio, la ricorrente si duole della mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento tanto alla mancata ripetizione dell’accertamento peritale sui dati telefonici, quanto ad iniziative istruttorie ex novo articolate in sede di appello, ritenute essenziali a screditare la tesi di accusa e ad avvalorare responsabilita’ alternative.
I richiamati motivi, peri profili di connessione che presentano, possono essere congiuntamente esaminati, risultando all’esito infondati.
4.1. Anzitutto non e’ corretto l’inquadramento formale dei motivi, ossia non e’ pertinente l’evocazione, in essi contenuta, del vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d); con riferimento al giudizio di appello, tale vizio e’ infatti deducibile solo con riferimento alle prove sopravvenute o scoperte dopo la pronuncia di primo grado, che avrebbero dovuto essere ammesse secondo il disposto dell’articolo 603, comma 2, essendo altrimenti ricorribile la decisione istruttoria (di non rinnovare l’istruzione dibattimentale, fosse anche per la perizia) sotto l’esclusivo profilo del vizio di motivazione (Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Capitanio, Rv. 274337-01; Sez. 1, Sentenza n. 3972 del 28/11/2013, dep. 2014, Ingui’, Rv. 259136-01; Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008, De Carlo, Rv. 240995-01).
In disparte cio’, alla luce del fatto che la qualificazione del motivo di ricorso e’ compito spettante in ogni caso alla Corte di legittimita’, occorre comunque considerare che, secondo principi consolidati, la riapertura dell’istruttoria in appello e’ evenienza eccezionale, in quanto essa va disposta soltanto se il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti; il rigetto della relativa richiesta, se logicamente e congruamente motivato, e’ incensurabile in cassazione, in quanto costituente giudizio di fatto (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820-01; Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardi, Rv. 256968-01; Sez. 2, n. 3458 del 01/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 233391-01; per la perizia, in particolare, cfr. Sez. 3, n. 7259 del 30/11/2017, dep. 2018, S., Rv. 273653-01; Sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013, Bommarito, Rv. 257062-01; Sez. 3, n. 4646 del 25/02/1999, Quartieri, Rv. 213086-01).
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4.2. La logicita’ e congruita’ dei dinieghi opposti alla richiesta rinnovazione istruttoria sono indubitabili nella specie, avendo la sentenza impugnata adeguatamente sottolineato, da un lato, la completezza e accuratezza dell’accertamento peritale gia’ svolto nel dibattimento di primo grado sui dati relativi al traffico telefonico, e dall’altro l’inconferenza degli ulteriori accertamenti probatori invocati (concernenti, tra l’altro, l’attivita’ lavorativa e la capacita’ di guadagno di (OMISSIS), il tenore delle relazioni coniugali, gli spostamenti della vittima nelle ore immediatamente precedenti il delitto), in quanto relative a fatti e situazioni gia’ esaustivamente emergenti dagli atti, sulla base di perspicue risultanze testimoniali o documentali, non bisognose di ulteriori verifiche o approfondimenti.
Il giudice territoriale, nell’esercizio ragionato della discrezionalita’ che in proposito la legge gli intesta, ha cosi’ ritenuta superflua, in parte qua, la descritta attivita’ istruttoria. La relativa decisione non appare eccepibile questa sede.
5. Nel secondo motivo dell’atto di ricorso sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), sostanzialmente ripreso dal quinto motivo dell’atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), si addebita ai giudici di merito di aver sottostimato le “piste” alternative, il cui approfondimento avrebbe permesso di delineare un ben diverso quadro di responsabilita’.
I motivi sono infondati.
Una volta che il giudice di merito abbia ritenuto provato che il fatto sia stato commesso dall’imputato ed abbia dato conto nella motivazione del suo convincimento, si puo’ contestare la correttezza del suo ragionamento ma non si puo’ ragionevolmente imputargli (v. tra le altre, sul punto, Sez. 1, n. 12968 del 27/06/1989, Modeo, Rv. 182164-01) di non essersi dilungato su direttrici investigative inconciliabili con le conclusioni raggiunte.
Cio’ a maggior ragione in un caso, come l’attuale, in cui tali direttrici appaioho astratte ed ipotetiche, essendo legate, anziche’ a fatti specifici e oggettivamente certi, tali cioe’ da far seriamente vacillare il giudizio di responsabilita’ che deriva dagli elementi probatori acquisiti, a deduzioni esplorative o a scenari evanescenti (quali quelle implicanti il generico coinvolgimento della criminalita’ organizzata), oltre che contrastanti con la dinamica omicida recepita – ineccepibilmente, come si dira’ – dalla sentenza impugnata (presenza dello sparatore all’interno del domicilio coniugale).
6. Vengono a questo punto in esame le doglianze, oggetto del primo motivo dell’atto di ricorso sottoscritto dall’avvocato Veneto, ulteriormente sviluppate dal settimo motivo dell’atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), che investono l’individuazione dell’imputata, sulla base di una prova indiziaria ritenuta dalla Corte distrettuale idonea a sorreggere tale conclusione, come concorrente nell’omicidio del marito.
I motivi richiamano dunque il tema, di natura preliminare, dell’individuazione degli esatti criteri di valutazione di una prova siffatta.
A tale tema strettamente si lega la consequenziale verifica della retta applicazione dei criteri in esame rispetto alla concreta vicenda processuale.
7. L’indizio e’ un fatto certo dal quale, per inferenza logica, basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare, secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario.
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Allorche’, come di regola accade, da un fatto accertato sia logicamente desumibile una pluralita’ di fatti non noti, puo’ pervenirsi alla loro selezione, al fine di sciogliere l’alternativa decisoria tra l’esistenza e l’esclusione della responsabilita’, con l’applicazione della regola metodologica fissata nell’articolo 192 c.p.p., comma 2.
Gli indizi, come prescrive tale disposizione, devono essere gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e aventi capacita’ dimostrativa in relazione al thema probandum; precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione, altrettanto o piu’ verosimile; concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati e elementi certi (Sez. 5, n. 1987 del 11/12/2020, dep. 2021, Piras, Rv. 280414-01).
La valutazione deve essere, necessariamente, d’insieme. Costante e’ infatti, al riguardo, l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605-02; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941-01; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258321-01; Sez. 2, n. 42482 del 19/09/2013, Kuzmanovic, Rv. 256967-01; Sez. 1, n. 26455 del 26/03/2013, Knox, Rv. 255677-01; Sez. 1, n. 30448 del 09/06/2010, Rossi, Rv. 248384-01), secondo cui il giudice di merito, a fronte della concorrenza degli indizi, lungi dal limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei medesimi, e dal procedere alla mera loro sommatoria, deve valutare, anzitutto, i singoli elementi per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti), saggiarne l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita’ di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” e, cioe’, con un alto grado di credibilita’ razionale.
Quest’ultima deve ritenersi sussistente anche qualora le ipotesi concorrenti, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalita’ umana (Sez. 4, n. 48541 del 19/06/2018, Castelli, Rv. 274358-01; Sez. 1, n. 44324 del 2013, citata; Sez. 1, n. 17921 del 03/03/2010, Giampa’, Rv. 247449-01).
La prova logica, raggiunta all’esito del corretto procedimento valutativo degli indizi come sopra connotato, non costituisce, del resto, strumento meno qualificato rispetto a quella diretta o storica (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271228-01). L’importante e’ che essa sia conseguita con la rigorosita’ metodologica innanzi illustrata; l’unica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230-01).
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8. La lettura della sentenza impugnata svela come il giudice distrettuale non si sia discostato da tale corretta impostazione epistemologica, avendo il medesimo operato l’opportuna valutazione, sia unitaria che globale, dei dati raccolti, ed avendo proceduto al loro logico raccordo, tale da superare la parzialita’ del singolo elemento informativo, permettendo di giungere all’affermazione di penale responsabilita’ nel rispetto dello standard probatorio di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1, che gia’ la decisione di primo grado aveva ritenuto integrato.
8.1. La sentenza impugnata muove dalla constatazione, suffragata dai riscontri tecnico-balistici, che (OMISSIS) fu mortalmente raggiunto da colpi provenienti dall’interno dell’abitazione coniugale. Trattasi di ricostruzione ineccepibilmente argomentata, previa analitica confutazione delle contestazioni difensive tese ad infirmarne la solidita’ e la consistenza.
Le relative obiezioni sono vanamente reiterate in questa sede, posto che, secondo il tradizionale insegnamento di questa Corte, gli accertamenti in fatto e gli apprezzamenti istruttori, che sostanziano il giudizio ricostruttivo e valutativo di spettanza del giudice di merito -cui questi sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata argomentazione, esente da errori logici e giuridici- sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta’ della motivazione solo perche’ non collimanti, come nella specie, con gli opinabili assunti del ricorrente (Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989, dep. 1990, Bianchesi, Rv, 182961-01).
Tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso non rientrano dunque salvo sempre il controllo, qui superato, sulla congruita’ e logicita’ del ragidnamento giudiziale – quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la connessa indagine sull’attendibilita’ delle deposizioni, come pure delle relazioni tecnico-peritali, ovvero la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362-01; Sez. 4, n. 8090 del 25/05/1981, Amoruso, Rv. 15028201).
8.2. Nel momento in cui parti’ l’azione di fuoco, come parimenti sottolineato dalla sentenza impugnata, tanto l’imputatokche (OMISSIS) si trovavano all’interno della predetta abitazione.
Lo attestano incontestabilmente i dati di geolocalizzazione dei rispettivi apparati telefonici, incrociati con le dichiarazioni del testimone (OMISSIS). Nessuna convenienza, nota esattamente il giudice territoriale, avrebbero avuto ad introdursi in casa aggressori estranei, che potevano agire in modo indisturbato dal di fuori; e la presenza di terzi, dentro l’abitazione, non e’ stata neppure prophamente oggetto di prospettazione difensiva.
8.3. I due amanti, scambiandosi sul momento messaggi telefonici idonei a depistare sul punto le future investigazioni, hanno tentato di celare a priori la loro simultanea presenza sul luogo del crimine, contemporaneamente alla sua consumazione.
(OMISSIS), dopo essere, almeno parzialmente, receduta da tale impostazione, ha cercato di accreditare, in giudizio, la tesi dell’incontro reciproco si’ avvenuto, ma non programmato e improvvisato. Tesi che tuttavia mal si concilia con il gia’ avvenuto incontro mattutino, cui i giudici di merito non irragionevolmente assegnano finalita’ preparatorie, e con la messinscena della presenza serale di (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS), e che e’ risultata comunque in contraddizione con le dichiarazioni spontanee rese a sua volta dall’uomo nel corso delle indagini, di cui si e’ gia’ discusso al § 3 di questa motivazione in diritto.
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E’ noto che l’alibi falso, cioe’ quello rivelatosi preordinato e mendace, diversamente da quello non provato, deve essere considerato come vero e proprio indizio a carico dell’imputato che lo fornisca, o se ne avvalga, in quanto sintomatico del suo tentativo di sottrarsi anticipatamente all’accertamento della verita’ (Sez. 5, n. 37317 del 14/06/2019, Capra, Rv. 276647-01). Cosi’ come il giudice legittimamente trae argomenti di prova a carico, a’ncorche’ di natura complementare (e non sostitutiva dell’onere di prova dell’accusa), dalle menzogne dell’imputato medesimo (Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 1993, Marino, Rv. 192469-01).
8.4. Le anomalie nella condotta dell’imputata, e dei suoi stretti familiari, immediatamente successiva all’uccisione di (OMISSIS), sono state – a ragione ulteriormente valorizzate ai fini della definizione del quadro di penale responsabilita’. Cosi’ come si e’ tenuto in debito conto il dato obiettivo della sparizione dei bossoli, indice di sicura alterazione della scena del crimine, che solo chi vi si era ulteriormente intrattenuto, e ne aveva la disponibilita’, avrebbe potuto effettuare.
8.5. Da ultimo il movente, inappuntabilmente ricostruito, che ha funzionato (v. Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226094-01; Sez. 5, n. 42576 del 03/06/2015, Procacci, Rv. 265148-01) da elemento catalizzatore e rafforzativo di un quadro di indizi chiari, precisi e convergenti, conclusivamente risultante dalla sentenza impugnata.
8.6. In punto di concludenza indiziaria si e’, in definitiva, in presenza di un apparato motivazionale completo e coerente, privo di aporie logiche, che resiste, sul punto dell’affermata penale responsabilita’, alle prospettate doglianze, nella rimanente parte incentrate sull’esaltazione di circostanze non dirimenti (quali la mancata esatta identificazione dell’arma e il mancato suo rinvenimento) e su una complessiva rilettura in fatto delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimita’.
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9. Nei motivi aggiunti la ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere essa dato per scontato che fosse stato (OMISSIS) a sparare, mentre la circostanza era stata revocata in dubbio all’esito del giudizio abbreviato a suo carico. Non essendo certo e noto il distinto ruolo eventualmente ricoperto dai due amanti, non sarebbe neppure possibile identificare compiutamente il preteso contributo concorsuale che l’imputata avrebbe apportato alla realizzazione del piano criminoso, neppure potendosi escludere l’iniziativa estemporanea di (OMISSIS), seguita da una condotta meramente connivente dell’imputata.
Le censure – anche a prescindere da una certa ambiguita’ di prospettazione, sul punto se (OMISSIS) abbia, o meno, realmente sparato – non sono fondate.
Come gia’ si osservo’ nella sentenza di questa Corte n. 10570 del 26/01/2021, che respinse il ricorso di (OMISSIS) avverso la sentenza di condanna pronunciata a suo carico, il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito in quella distinta sede – ma il rilievo vale esattamente anche in relazione alla sentenza che ci occupa – prescinde dall’apporto materiale in senso stretto fornito da (OMISSIS) alla concretizzazione dell’azione criminosa, essendo il comportamento dei due amanti espressivo del pieno coinvolgimento di entrambi negli accadimenti delittuosi, nel contesto di conflittualita’ personale e sentimentale che caratterizzava i loro rapporti con la vittima.
Ne discende che le modalita’, con cui quegli accadimenti si sono svolti, impongono di ritenere anche la ricorrente pienamente responsabile della loro verificazione, alla luce del dato probatorio incontrovertibile che vede la donna attivamente inserita nella programmazione e realizzazione criminosa, dovendo dunque ella considerarsi concorrente, quantomeno a titolo di compartecipazione morale, a prescindere dall’identificazione della persona che aveva materialmente sparato e inflitto la morte della persona offesa.
Tale conclusione appare perfettamente in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il concorso morale nel reato puo’ realizzarsi sotto forma di determinazione o di rafforzamento dell’altrui proposito criminoso, oppure sotto forma di sostegno all’opera dell’autore materiale, e pertanto anche la semplice presenza sul posto e nel tempo della commissione del reato puo’ integrare una partecipazione punibile, purche’ esprima una volonta’ criminosa del partecipe uguale a quella dell’autore materiale e quest’ultimo tragga dalla presenza altrui uno stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta (Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013, dep. 2014, Grosu, Rv. 258953-01; Sez. 6, n. 14606 del 18/02/2010, Iernma, Rv. 24712701; Sez. 1, n. 15023 del 14/02/2006, Piras, Rv. 234128-01; Sez. 5, n. 4416 del 09/04/1983, Malaponti, Rv. 158985-01), come nella specie di certo verificatosi.
10. Nel terzo motivo dell’atto di ricorso sottoscritto dall’avvocato Veneto, parzialmente ripreso dall’ottavo motivo dell’atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), si censura la sentenza impugnata in punto di mancata identificazione di circostanze attenuanti.
I motivi sono infondati.
10.1. Quanto alla provocazione, e’ noto che, ai fini della sua configurabilita’, nella forma c.d. per accumulo, quale quella invocata, si richiede la comprovata esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione e in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza sedimentata nel tempo (Sez. 1, n. 30301 del 08/06/2021, Lombardo; Sez. 1, n. 28292 del 09/05/2017, Di Sero, Rv. 270272-01; Sez. 5, n. 51237 del 04/07/2014, Basile, Rv. 261728-01; Sez. 1, n. 4695 del 13/01/2011, Galati, Rv. 249558-01; Sez. 1, n. 13921 del 02/03/2010, Goti, Rv. 246658-01).
La Corte territoriale non ha ravvisato l’esistenza di un tale fattore ultimo scatenante – senza il quale l’azione, ancorche’ preceduta da altrui condotte vessatorie, verrebbe semmai ad assume carattere meramente punitivo e vendicativo – e con tale passaggio argomentativo, coerente con le risultanze processuali, la ricorrente omette ogni confronto.
10.2. La sentenza impugnata ha propriamente ritenuto – con motivazione logica e plausibile, come tale incensurabile in questa sede – che l’imputata e il suo amante avessero agito, non gia’ allo scopo di far cessare abusi e soprusi ai danni di lei, neppure piu’ attuali, ma al fine di creare le condizioni per la futura loro o’ vita in comune e allo scopo di liberarsi della persona che ormai rappresentava un ostacolo allo sviluppo di un tale disegno.
Su questa base l’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale e’ stata correttamente esclusa, in quanto essa, come gia’ fatto presente dalla sentenza impugnata, presuppone che il soggetto abbia agito per ragioni meritevoli di particolare approvazione secondo il comune senso etico o il comune sentire della societa’ civile; ragioni da cui esula il soddisfacimento di interessi egoistici (Sez. 1, n. 47039 del 11/12/2007, Mancini, Rv. 238169-01; Sez. 1, n. 11043 del 12/10/1995, Tascone, Rv. 202861-01).
11. Infondato risulta, da ultimo, il quarto motivo dell’atto di ricorso sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS), sovrapponibile al nono motivo dell’atto sottoscritto dall’avvocato (OMISSIS).
In relazione alle attenuanti generiche, infatti, la sentenza di appello ha esaurientemente motivato in ordine agli indici giustificativi favorevoli, e tali argomentazioni costituiscono la ragione, e segnano al tempo stesso il limite, di siffatto riconoscimento, in una materia (il giudizio di comparazione tra circostanze) che involge l’esercizio di valutazioni discrezionali tipicamente di merito, che, per pacifico indirizzo (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931-01; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450-01), sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette, come nella specie, da sufficiente complessiva illustrazione.
12. Il ricorso, infondato in tutti i motivi in cui si articola, deve essere conclusivamente rigettato.
Al rigetto consegue, ai’ sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute nel grado dalle parti civili costituite e qui intervenute; spese che, tenuto conto dell’impegno defensionale profuso, si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese del presente giudizio sostenute dalla parte civile (OMISSIS), spese che liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre accessori come per legge, e dalla parte civile (OMISSIS), spese che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre accessori come per legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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