Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 settembre 2024| n. 24552.

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

Costituisce condizione di ammissibilità dell’azione di accertamento negativo di un diritto l’avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca declaratoria nei confronti del (disconosciuto) titolare che ha posto in essere tale attività. (Nella specie, la S.C. ha affermato l’originaria inammissibilità, per difetto di interesse ad agire, dell’opposizione a diverse ingiunzioni di pagamento per violazioni del codice della strada, conosciute dall’opponente a seguito di una spontanea verifica della propria posizione debitoria presso l’agente della riscossione incaricato dal Comune creditore).

 

Sentenza|12 settembre 2024| n. 24552. Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

Data udienza 10 luglio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Esecuzione forzata – Opposizioni – In genere azione di accertamento negativo – Condizione di ammissibilità – Interesse ad agire – Manifestazione del diritto da parte del convenuto – Necessità – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere rel.

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29205/2022 R.G.

proposto da

Sp.Gi., rappresentato e difeso dall’Avv. Ar.Ve.

– ricorrente –

contro

MU. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Gi.Ma.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4017/2022 del TRIBUNALE DI CATANIA, depositata il 3 ottobre 2022;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 10 luglio 2024 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ANNA MARIA SOLDI, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

Rilevato che

Sp.Gi. impugnò innanzi il giudice di pace di Catania due ingiunzioni di pagamento emesse dalla MU. Spa, quale agente della riscossione per il Comune di C, causalmente ascritte a sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, ingiunzioni asseritamente conosciute mediante una verifica della propria posizione debitoria motu proprio compiuta;

a suffragio dell’azione, addusse la nullità delle ingiunzioni per omessa notificazione delle stesse e l’estinzione delle relative pretese creditorie per decorso del termine quinquennale di prescrizione;

all’esito del giudizio di prime cure l’adito giudice di pace accolse la domanda, regolando le spese secondo soccombenza;

avverso tale pronuncia interposero appello: in via principale Sp.Gi., dolendosi dell’erronea quantificazione delle spese di lite; in via incidentale, MU. Spa, assumendo la regolare notifica delle ingiunzioni e l’insussistenza della eccepita prescrizione;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

la decisione impugnata, accertata la corretta notificazione delle ingiunzioni e, per l’effetto, il non decorso del termine di prescrizione, ha rigettato l’opposizione originariamente proposta da Sp.Gi.;

ricorre per cassazione Sp.Gi., affidandosi a sei motivi;

resiste, con controricorso, MU. Spa;

il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate nel senso della inammissibilità o del rigetto del ricorso;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

Considerato che

a suffragio dell’impugnazione di legittimità, parte ricorrente:

-) per violazione degli artt. 132 e 324 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., rileva la nullità della gravata sentenza, per aver pronunciato su una questione (la mancata prova della notifica della raccomandata informativa) coperta da giudicato interno, siccome non oggetto dell’appello incidentale di MU. Spa (primo motivo);

– ) per violazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 5, comma primo, del D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, deduce l’invalidità delle notificazioni delle ingiunzioni di pagamento per mancanza di prova della titolarità della licenza individuale in capo all’agenzia postale privata della quale l’agente della riscossione si era avvalso per l’invio della raccomandata informativa di cui all’art. 140 cod. proc. civ. (secondo motivo);

– ) per violazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ. e dell’art. 5, comma primo, del D.Lgs. n. 261 del 1999, lamenta che il giudice territoriale abbia erroneamente ritenuto che l’invio della raccomandata informativa per l’ipotesi di irreperibilità relativa del destinatario potesse essere eseguito anche da agenzie postali private titolari di licenza individuale (terzo motivo);

– ) per violazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ., assume l’invalidità delle notificazioni delle ingiunzioni in parola per non avere il messo notificatore, accertata l’assenza del destinatario, effettuato le ricerche degli ulteriori soggetti abilitati a ricevere la notifica, non recando la relata alcuna attestazione sul punto (quarto motivo);

– ) per violazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ. e dell’art. 48 disp. att. cod. proc. civ., denuncia l’invalidità delle notificazioni delle ingiunzioni per essere le raccomandate informative prive di elementi essenziali, quali il timbro di spedizione e la sottoscrizione dell’incaricato alla distribuzione (quinto motivo);

– ) per violazione degli artt. 91 e 112 cod. proc. civ. e dell’art. 4 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello incidentale di MU. Spa ed invece accogliere l’appello principale di Sp.Gi., errata risultando la liquidazione delle spese in favore di quest’ultimo operata dal giudice di prime cure (sesto motivo);

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

il ricorso è infondato;

in particolare, è superflua l’illustrazione dei singoli motivi di ricorso, poiché, sia pure per ragioni diverse da quelle poste a base della qui gravata sentenza, è indispensabile rilevare l’originaria improponibilità della domanda, con conseguente conformità a diritto del dispositivo di rigetto delle pretese dell’odierno ricorrente e possibilità di definire la qui dispiegata impugnazione con la correzione della motivazione;

con l’originario atto introduttivo della lite, l’odierno ricorrente invocò declaratoria di estinzione (per intervenuta prescrizione) dei crediti portati da due ingiunzioni, emesse ai sensi dell’art. 2 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, da MU. Spa, quale agente per la riscossione del Comune di C, riferite causalmente a sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada ed asseritamente conosciute per iniziativa assunta (tramite “accesso agli atti”) dallo stesso destinatario;

sussunta sub specie iuris, una domanda di tal fatta, concretandosi nella allegazione di un fatto estintivo della pretesa creditoria successivo alla definitività del verbale di accertamento della sanzione, integra una azione di accertamento negativo dell’avverso diritto di credito;

ciò posto, è doveroso rammentare che l’ingiunzione (c.d. fiscale) disciplinata dal r.d. n. 639 del 1910 – strumento del quale i Comuni possono avvalersi ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa, pure affidando il relativo servizio a propri concessionari: Cass. 21/03/2019, n. 8039; Cass. 28/09/2017, n. 22710 – “non è un atto dell’espropriazione forzata” ma costituisce, per fermo convincimento di questa Corte, “un atto normalmente riferibile al creditore (…) che svolge la stessa funzione che svolge la cartella in quanto atto prodromico per l’esecuzione forzata” (così testualmente, Cass., S.U., 25/05/2005, n. 10958, e successive conformi);

detto in altri termini, l’ingiunzione ha natura teleologicamente succedanea rispetto all’iscrizione a ruolo del debitore ed alla successiva notifica a questi della cartella di pagamento: l’emissione (e la notifica) dell’atto contemplato dall’art. 2 del r.d. n. 639 del 1910 consente -rappresentandone, ad un tempo, il titolo legittimante in vece del ruolo ed il necessario presupposto – l’accesso alla procedura di riscossione coattiva disciplinata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero l’attivazione delle forme di espropriazione forzata in senso stretto o delle misure lato sensu cautelari (fermo amministrativo o iscrizione di ipoteca) da tale complesso normativo previste;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

tanto puntualizzato e ribadito, all’ingiunzione ex art. 2 del r.d. n. 639 del 1910, quale atto prodromico all’espropriazione forzata, non possono che trovare applicazione – quantomeno in linea generale, fatte salve eventuali incompatibilità tra specifiche prescrizioni positive afferenti i due istituti – i princìpi giuridici dettati (per come elaborati in via di esegesi da questa Corte) in tema di cartella di pagamento, stante la descritta omologia strutturale e funzionale tra i due atti (per la equiparazione di disciplina, cfr. Cass. 26/07/2023, n. 22722);

tra queste regulae iuris, valenza dirimente nel caso di specie assume l’affermazione – reiterata e consolidata negli arresti del giudice della nomofilachia – secondo cui è inammissibile l’impugnazione della cartella conosciuta a mezzo estratto di ruolo allorquando si deducano fatti estintivi successivi (quali la prescrizione del credito), non essendo configurabile un interesse all’azione di accertamento negativo in difetto di una situazione di obiettiva incertezza, allorquando nessuna iniziativa esecutiva sia stata intrapresa dall’amministrazione;

ben prima della sopravvenienza normativa dell’art. 3-bis del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, e della lettura ermeneutica offertane in funzione dichiaratamente nomofilattica (Cass., S.U., 06/09/2022, n. 26283), questa Corte aveva infatti affermato che “l’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore è ammissibile, in questa cornice, soltanto se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per un vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatola: diversamente, e cioè ammettendo l’azione di mero accertamento negativo del credito, risultante dalla cartella o dal ruolo, tutte le volte in cui il contribuente si procuri un estratto di ruolo in cui essa sia riportata, si produrrebbe l’effetto distorto di rimettere in termini il debitore rispetto alla possibilità d’impugnare la cartella anche in tutti i casi in cui egli fosse già stato a conoscenza, in precedenza, della sua esistenza”;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

così individuando i fondamenti giustificativi del principio: “quando nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione, l’impugnazione del “ruolo”, o meglio la contestazione del credito da esso risultante, deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse, non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto a eliminare la pretesa: il debitore, tipicamente, potrebbe rivolgersi all’ente titolare in sede amministrativa, chiedendo l’elisione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio), e disponendo egli già di uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione giurisdizionale diretta di mero accertamento, vale a dire senza sussistenza di un “conflitto”riconoscibile come tale” per poi concludere nel senso che “la deduzione dello stato d’incertezza diviene elemento conformativo della domanda quale offerta al contraddittorio della controparte; l’istante, cioè, non può limitarsi ad affermare l’acquisita conoscenza, tramite l’estratto di ruolo, della pretesa indicata come prescritta, ma deve specificare da quali elementi disponibili emerga quello stato d’incertezza che sorregge, sostanziando l’interesse ad agire, l’azione, latamente preventiva, di accertamento negativo” (gli stralci trascritti sono tratti da Cass. 07/03/2022, n. 7353; in precedenza, nello stesso ordine di idee, Cass. 10/11/2016, n. 22946; Cass. 13/10/2016, n. 20618);

la testé riportata argomentazione – cui questa Corte presta convinta adesione – rappresenta null’altro che l’applicazione, nello specifico àmbito esaminato, dei princìpi generali che governano la tutela dichiarativa, concepita dal nostro ordinamento con i caratteri della generalità e dell’atipicità;

è infatti affermazione condivisa, in dottrina ed in giurisprudenza, che scopo dell’azione di mero accertamento è ripristinare la certezza giuridica su un diritto, in chiave positiva o negativa, cioè a dire nel senso dell’affermazione dell’esistenza dello stesso o della negazione dell’esistenza di quello altrui;

in ossequio all’idea della necessaria utilità del processo e della sua strumentalità rispetto al diritto sostanziale, il bisogno della tutela giurisdizionale dichiarativa sorge allorquando la certezza sul diritto sia stata incrinata da un contegno altrui, cioè dal pregresso verificarsi di una contestazione o di un vanto in confronto del titolare del diritto, idoneo ad arrecare quel pregiudizio consistente nello stato di incertezza determinatosi che la proposizione dell’azione mira a neutralizzare;

diversamente opinando, l’azione di accertamento assumerebbe un inaccettabile carattere esclusivamente preventivo, sarebbe cioè diretta a prevenire ogni – astratto, futuro ed eventuale – dubbio sulla esistenza di un diritto, finendo con il configurare un’azione di mera iattanza che proprio la positiva previsione dell’interesse ad agire quale condizione dell’azione (art. 100 cod. proc. civ.) ha inteso escludere;

tanto comporta che condizione di ammissibilità dell’azione di accertamento negativo è rappresentata dall’avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca declaratoria nei confronti del (disconosciuto) titolare che tale attività abbia posto in essere;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

d’altro canto, ed infine, proprio con riferimento alla vicenda – analoga a quella in esame – della cartella di pagamento invalidamente notificata e conosciuta a mezzo estratto di ruolo, il comma 4-bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, di recente introduzione (con la citata legge n. 215 del 2021, di conversione del D.L. n. 146 del 2021), ha specificamente definito l’interesse alla tutela immediata, con il circoscrivere e tipizzare le situazioni ritenute pregiudizievoli che consentono l’accesso alla protezione giurisdizionale;

alla luce delle considerazioni che precedono, risulta allora dirimente nel caso il rilievo della mancata dimostrazione (ed invero nemmeno della mancata allegazione) ad opera della parte ricorrente, originaria attrice, di un interesse, come sopra connotato, legittimante l’esperita azione di accertamento, né nel corso del giudizio di merito, né in questa sede, non avendo dedotto alcunché sul punto;

pertanto, difettando una condizione dell’azione, l’azione di accertamento negativo non avrebbe potuto essere proposta: così emendata la motivazione, la gravata pronuncia merita conferma;

la conclusione evidenzia l’irrilevanza delle questioni concernenti la regolarità delle notificazioni delle ingiunzioni nonché l’esistenza dei lamentati errores in procedendo, oggetto, sotto differenti angolature prospettiche, dei motivi di ricorso, i quali sono assorbiti dal preliminare rilievo di inammissibilità dell’azione; il ricorso è, in definitiva, rigettato;

la novità delle questioni giuridiche affrontate, sulle quali non si riscontrano precedenti di legittimità negli esatti termini, giustifica l’integrale compensazione tra le parti del giudizio di legittimità;

atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dell’art. 13;

Esecuzione forzata ed opposizione ed azione di accertamento negativo

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 10 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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