Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 29 gennaio 2019, n. 2414.

La massima estrapolata:

L’esclusione dell’agevolazione prima casa per l’immobile di lusso, regolamentata in via novativa con l’articolo 33 del Dlgs 175/2014, è legata ora non più alla concreta tipologia del bene e alle sue caratteristiche qualitative intrinseche e di superficie, bensì alla circostanza che l’immobile risulti catastalmente iscritto indifferentemente in categoria catastale A/1, A/8 ed A/9. Pertanto non sono più sanzionabili le dichiarazioni mendaci del contribuente rese in base alla norma previgente che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualità intrinseche “non di lusso”, non potendo essere irrogata una sanzione per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più violazione punibile (“principio del favor rei”).

Ordinanza 29 gennaio 2019, n. 2414

Data udienza 20 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25250-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1417/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 10/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS) propone ricorso, affidato a due motivi, illustrati con memoria per la cassazione della sentenza n. 1417/20/2014 depositata il 10.3.2014 della CTR del Lazio la quale confermando la sentenza di primo grado respingeva l’appello del contribuente sul ricorso avverso avviso di liquidazione con il quale era stata recuperata a tassazione l’imposta ipotecaria e catastale in relazione alla vendita di una casa ritenuta di lusso in quanto di superficie superiore a mq 240 e quindi esclusa dal beneficio di registrazione a tariffa ridotta.
Il contribuente prestando acquiescenza al capi della sentenza che riguardavano la non spettanza dell’agevolazione prima casa si duole della ritenuta legittimita’ delle sanzioni.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e al DLgs n. 546 del 1992, articolo 62.
Lamenta che la CTR non abbia disapplicato le sanzioni per obiettiva incertezza della legge tributaria applicabile.
2. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 8, nonche’ della L. n. 212 del 2000, articolo 10, del D.Lgs n. 472 del 1997, articolo 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e del D.Lgs n. 546 del 1992, articolo 62. Lamenta che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto di escludere la obiettiva incertezza normativa per la qualita’ professionale del soggetto acquirente (avvocato)
Osserva preliminarmente il collegio che la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”, non si applica, agli effetti del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012, per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’il settembre 2012 (Cass. 11439/2018).
3. Il ricorso e’ fondato sebbene per una questione, rilevabile d’ufficio, diversa dalle censure proposte.
Il nuovo regime introdotto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 10, comma 1, lettera a) – “il quale, nel sostituire il comma 2, articolo 1, Parte Prima, Tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in quanto tale, al beneficio prima casa – sulla base dei parametri di cui al Decreto Ministeriale LL. PP. 2 agosto 1969” – “trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente alla modificazione legislativa; e, in particolare, successivamente al 1 gennaio 2014, come espressamente disposto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 10, citato comma 5” (ex plurimis Cass. Sez. 5, n. 11639/17; nn. 13309-13318/16), con la conseguenza che il trasferimento immobiliare per cui e’ causa continua ad essere disciplinato dalla previgente disciplina.
In forza della disciplina sopravvenuta l’esclusione dalla agevolazione non dipende piu’ dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensi’ dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale Al, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici). Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registro anche l’agevolazione “prima casa” attribuita con aliquota IVA ridotta, il legislatore e’ poi intervenuto con il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, articolo 33, che, nel modificare il n. 21 della Tab. A, Parte 2, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ha espressamente richiamato il “criterio catastale”; con il risultato che anche l’agevolazione IVA e’ esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie. Il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente al 1 gennaio 2014, come espressamente disposto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 10, comma 5, per cui l’atto di trasferimento dedotto nel presente giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua ad essere disciplinato in base alla previgente disciplina. Fermo dunque restando il pregresso regime impositivo sostanziale, ritiene il Collegio – dando con cio’ continuita’ a quanto stabilito, in identica fattispecie, da Cass. ord. n. 13235/2016 – che una diversa soluzione si imponga, invece, per quanto concerne le sanzioni applicate con l’atto qui impugnato. In proposito, si ravvisano i presupposti per l’applicazione del D.Lgs n. 472 del 1997, articolo 3, comma 2, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno puo’ essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione e’ gia’ stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non e’ ammessa ripetizione di quanto pagato”. La ricorrenza del principio di legalita’ e di favor rei in materia tributaria – gia’ ampiamente valorizzato, in presenza di sanzioni amministrative di sostanziale valenza penale, anche ex articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali UE, e articolo 7 CEDU – si impone, nella specie, sotto il profilo che tali sanzioni vennero inflitte per avere il contribuente dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualita’ intrinseche “non di lusso” (sempre secondo i sopra richiamati parametri ministeriali), vale a dire, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha piu’ alcuna rilevanza per l’ordinamento. In altri termini, il mendacio contestato – costituente l’espresso fondamento della sanzione, cosi’ come stabilito dal comma 4, articolo 1, Parte Prima, Tariffa Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 – non potrebbe piu’ realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa. E’ vero che la modifica normativa non ha abolito ne’ l’imposizione (nella specie individuabile nel recupero a piena tassazione dell’agevolazione indebitamente fruita), ne’ le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione, tuttavia, e’ proprio l’oggetto di quest’ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall’ordinamento. Tanto che, in base al regime sopravvenuto, l’agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione. Tale circostanza rende del tutto peculiare la presente fattispecie rispetto a quelle con riguardo alle quali e’ stato affermato che – in difetto di “abolitio criminis” – permane a carico del contribuente tanto l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta prima della modificazione normativa, quanto quello sanzionatorio (Cass. 25754/14; Cass. 25053/06). Va, inoltre, considerato che qui ricorre una situazione di favore per il contribuente ancor piu’ radicale ed evidente di quella (prevista nel D.Lgs n. 472 del 1997, articolo 3, comma 3) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente piu’ mite, perche’ qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione, fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio. Ne discende che l’Amministrazione finanziaria mantiene la potesta’ di revocare l’agevolazione in questione per il solo fatto del carattere di lusso rivestito – al momento del trasferimento, e sulla base della disciplina all’epoca applicabile dall’immobile trasferito, senza pero’ avere titolo per applicare le sanzioni conseguenti a comportamenti che, dopo la riforma legislativa, non sono piu’ rilevanti, non certo in quanto tali (false dichiarazioni), ma in quanto riferiti a parametri normativi non piu’ vigenti. In definitiva, lo jus superveniens impone la dichiarazione di non debenza delle sanzioni applicate con l’atto opposto, conclusione che deriva da una scelta interpretativa di favore suscettibile di essere attuata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, anche in sede di legittimita’ (Cass. 2010/2018; Cass. n. 1856/2013; n. 4616/2016; n. 16679/2016 e n. ord.13235/2016 cit.). Stante l’avvenuta contestazione, da parte della contribuente, della legittimita’ della revoca dell’agevolazione, e’ per cio’ solo escluso che sia divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni che da tale revoca consegue, ne’ la questione oggetto di esame d’ufficio comporta accertamenti fattuali di sorta, trattandosi di eliminazione delle sanzioni e non di loro rimodulazione all’esito di una determinata opzione per il regime piu’ favorevole concretamente applicabile.
4) Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia puo’ essere decisa nel merito, ex articoli 384 c.p.c., comma 1, dichiarando non dovute le sanzioni.
Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in ragione dello ius superveniens e dell’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario del contribuente limitatamente alle sanzioni.
Spese dell’intero giudizio compensate.

Avv. Renato D’Isa

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