Inadempimento contrattuale di una società di capitali e responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2540.

La massima estrapolata:

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’art. 2395 cod. civ., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi, come si evince, fra l’altro, dall’utilizzazione dell’avverbio “direttamente”, la quale esclude che detto inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilità.

Ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2540

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7944/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e nei confronti di:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 1361/2016, pubblicata il 28 settembre 2016;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6 dicembre 2018 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. In data 21/7/2009 fu stipulato tra (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.r.l. un contratto di fornitura di servizi di logistica integrata in forza del quale (OMISSIS) si obbligava a curare la gestione integrata dei servizi di logistica, all’interno di un deposito coperto in (OMISSIS), relativi alla ricezione, deposito, custodia e movimentazione di merce di proprieta’ di (OMISSIS); quest’ultima in cambio si obbligava, oltre al pagamento di un corrispettivo, a fornire alla prima un adeguato software gestionale.
Nel 2010 le parti si contestarono reciproche inadempienze per le quali promossero tre distinti giudizi (due ad iniziativa di (OMISSIS), uno di (OMISSIS)) per la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni; (OMISSIS) convenne inoltre, nel giudizio da essa promosso, (OMISSIS), quale amministratore di fatto di (OMISSIS), assumendone la diretta responsabilita’, in proprio, per i danni subiti e chiedendone pertanto la condanna in solido al relativo risarcimento.
2. Riuniti i giudizi, il Tribunale di Catania, con sentenza non definitiva n. 895/13 del 7/3/2013, dichiaro’ la risoluzione del contratto per grave inadempimento di (OMISSIS) e rigetto’ la domanda di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), disponendo la prosecuzione del giudizio quanto all’accessoria domanda di risarcimento danni proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS).
3. Avverso tale sentenza entrambe le societa’ interposero separati appelli, pronunciando sui quali, previa riunione, la Corte d’appello di Catania, con la sentenza in epigrafe, in parziale accoglimento del quinto e del settimo motivo del gravame proposto da (OMISSIS), confermata ogni altra statuizione, ha condannato (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di Euro 30.391,28, oltre interessi legali, quale corrispettivo spettante, ex articolo 1458 c.c., comma 1, per le prestazioni gia’ eseguite fino al 30/4/2005, anteriormente al verificarsi dell’inadempimento considerato causa di risoluzione.
4. Avverso tale decisione (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione con due mezzi.
(OMISSIS) resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
(OMISSIS) deposita ricorso per resistere al ricorso incidentale.
Anche il (OMISSIS) resiste, con controricorso, al ricorso incidentale proposto da (OMISSIS), proponendo a sua volta ricorso incidentale, con unico mezzo, al quale (OMISSIS) resiste con controricorso.
(OMISSIS) ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo del ricorso principale (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 1453 e 1455 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto insussistente il dedotto inadempimento di (OMISSIS) dell’obbligo contrattualmente assunto di fornire un software che consentisse la rilevazione contabile aggiornata in tempo reale delle giacenze dei singoli articoli.
1.1. Condividendo le valutazioni espresse sul punto dal primo giudice, la Corte d’appello ha invero rilevato, argomentando in particolare dagli articoli 2 e 6 del contratto, che “l’obbligo contrattuale a carico di (OMISSIS) era… quello di fornire un programma che consentisse la rilevazione contabile aggiornata in tempo reale delle rimanenze ai fini della redazione dell’inventario e, quindi, della tenuta della contabilita’ di magazzino, non quello di offrire al depositarlo la possibilita’ di localizzare in tempo reale le merci giacenti in deposito, incombendo su (OMISSIS) l’obbligo di organizzare la propria attivita’ in maniera da espletare il servizio affidatole con diligenza all’uopo predisponendo tutti i mezzi e le risorse occorrenti. L’inadempimento… (in questione, n.d.r.)… e’, pertanto, insussistente avendo Geo sostanzialmente contestato a (OMISSIS) l’inadempimento di una prestazione contrattuale in realta’ gravante sulla stessa (OMISSIS)”.
1.2. Con la censura in esame la ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha omesso di valutare “alla stregua di un criterio oggettivo” la sussistenza o meno dell’inadempimento denunciato.
Sostiene che, “accertata la mancata fornitura del software con le caratteristiche pattuite, la Corte avrebbe dovuto concludere per la sussistenza dell’inadempimento contrattuale”.
Secondo la ricorrente, la Corte d’appello, “al fine di verificare la gravita’ dell’inadempimento, non avrebbe dovuto utilizzare quale unico parametro di riferimento la singola finalita’ indicata in contratto concernente la corretta tenuta della contabilita’ di magazzino, ma avrebbe dovuto tenere conto dell’intero testo del contratto, in modo da poter correttamente valutare l’effettiva gravita’ dell’inadempimento di (OMISSIS)”.
2. Il motivo e’ inammissibile per aspecificita’.
Esso invero non si confronta con la ragione di fondo che sul punto sorregge la decisione impugnata, rappresentata dall’accertamento, in punto di fatto, in se’ non attinto da alcuna conferente censura, che
l’obbligazione della quale l’odierna ricorrente lamenta
l’inadempimento in realta’ non sussisteva, non prevedendo il contratto l’obbligo a carico di (OMISSIS) di fornire un software che avesse le caratteristiche e svolgesse le funzioni richieste da (OMISSIS).
Cio’ posto, e’ evidente l’inconsistenza della doglianza secondo cui, avendo la Corte d’appello accertato che un software con tali caratteristiche non sia stato effettivamente fornito, ne sarebbe dovuto discendere l’accertamento del dedotto inadempimento; cosi’ come evidentemente fuori segno e’ l’assunto secondo cui la Corte, di tale supposto inadempimento, avrebbe dovuto anche affermare la gravita’, mentre avrebbe errato nell’attribuire a tal fine rilievo alle previsioni contrattuali, posto che – come detto – la ratio decidendi e’ rappresentata dalla negata sussistenza di un obbligo di tale contenuto e dunque, in radice, dall’esclusione dell’inadempimento dedotto, non gia’ da una ponderazione dello stesso in termini di non gravita’.
3. Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1458 c.c., per avere la Corte d’appello, in presenza di un contratto ad esecuzione continuata o periodica, esteso gli effetti della risoluzione per inadempimento a prestazioni gia’ eseguite dall’1 al 20/5/2010.
Denuncia altresi’ violazione dell’articolo 1460 c.c. e articolo 167 c.p.c., per avere la Corte d’appello accolto, sul punto, un’eccezione di inadempimento tardivamente spiegata dalla convenuta (OMISSIS) in primo grado.
3.1. Al riguardo la Corte d’appello ha escluso che fosse dovuta a (OMISSIS) l’ulteriore somma di Euro 67.500 quale corrispettivo fisso per il servizio svolto nelle date sopra indicate, “trattandosi di periodo in relazione al quale, stante l’interruzione del servizio a decorrere dal 21/5/2010… non vi e’ stato adempimento di (OMISSIS) al quale debba corrispondere la relativa controprestazione”. Cio’ in quanto la sospensione del servizio unilateralmente decisa a far data dal 21/5/2010 “ha determinato l’impossibilita’ per (OMISSIS) di approvvigionare i singoli punti vendita, tanto cio’ vero che l’essere l’attivita’ di (OMISSIS) decisiva per (OMISSIS) aveva suggerito alle parti di prevedere espressamente in contratto che (OMISSIS) non potesse mai interrompere l’esecuzione della prestazione, tranne che nel caso di inadempimento di (OMISSIS)”.
3.2. Con la prima delle esposte censure sostiene la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare il principio di irretroattivita’ della risoluzione, per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, rispetto alle prestazioni gia’ eseguite, anche con riferimento a quelle svolte nel periodo suindicato.
Con la seconda censura lamenta in subordine che la Corte d’appello ha, sul punto, erroneamente dato ingresso ad eccezione di inadempimento tardivamente sollevata dalla controparte, nel giudizio di primo grado, oltre il termine previsto a pena di decadenza dall’articolo 167 c.p.c..
3.3. Entrambe le censure sono inammissibili.
3.3.1. La prima si espone al medesimo rilievo di aspecificita’ sopra svolto con riferimento al primo motivo.
Anche in tal caso la ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata la quale, in buona sostanza, risiede in parte qua nel rilievo della impossibilita’ di scindere, nel servizio svolto tra 11 e il 20/5/2005, distinte prestazioni autonome di per se’ idonee a soddisfare l’interesse della controparte e costituire oggetto autonomo dell’obbligazione assunta.
In altre parole, secondo l’accertamento fattuale compiuto dalla Corte di merito, anch’esso non fatto segno di alcuna specifica censura, il servizio reso nel periodo in questione, in quanto unilateralmente sospeso il 20/5/2005, da un lato va riguardato quale prestazione unitaria, dall’altro deve considerarsi non corrispondente a quella minimamente necessaria a soddisfare, per quel periodo, l’interesse di controparte, in quanto unilateralmente sospesa prima del suo integrale compimento.
Non coglie nel segno pertanto la censura di error in iudicando, dedotta sulla diversa premessa fattuale (data dalla ricorrente per acquisita, senza tener conto dell’opposto accertamento contenuto in sentenza) che quelle eseguite dal 1 al 20/5/2005 fossero da considerare, agli effetti in parola, come “prestazioni gia’ eseguite”.
Varra’ soggiungere che, nel ritenere invece che tali non fossero, per le ragioni esposte, la Corte si e’ pienamente conformata all’interpretazione consolidata nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’articolo 1458 c.c., nella parte in cui prevede che l’effetto retroattivo della risoluzione del contratto per inadempimento non si estende, nel caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, alle prestazioni gia’ eseguite, esclude la possibilita’ di restituzione di queste ultime solo quando esse abbiano avuto piena efficacia satisfattiva delle ragioni del creditore. Pertanto, nei contratti con prestazioni corrispettive, la fattispecie cosi’ delineata dalla norma si realizza esclusivamente rispetto agli adempimenti la cui creazione soddisfi le reciproche ragioni creditorie in attuazione del nesso sinallagmatico, talche’, rispetto alle reciproche prestazioni eseguite, il rapporto debba intendersi esaurito senza alcun effetto restitutorio, per il gia’ intervenuto riequilibrio delle situazioni reciproche delle parti in relazione alle prestazioni pregresse (v. ex aliis Cass. 24/06/1995, n. 7169; 20/10/1998, n. 10383).
3.3.2. La seconda censura, che denuncia propriamente un error in procedendo, e’ altrettanto palesemente fuori segno, atteso che le statuizioni sul punto non sono frutto dell’accoglimento di un’eccezione di inadempimento i bensi’ conseguenza dell’accoglimento della domanda di risoluzione per grave inadempimento di (OMISSIS), ravvisato per l’appunto nella ingiustificata unilaterale sospensione, il 20/5/2005, dell’esecuzione del contratto.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale la (OMISSIS) S.p.A. deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1453, 1455 e 1458 c.c., per avere la Corte d’appello, pronunciando sul settimo motivo dell’appello proposto da controparte, da un lato riconosciuto la condotta inadempiente di (OMISSIS) consistita nel respingimento, a cominciare dal marzo 2010, della merce inviata da (OMISSIS) al magazzino, dall’altro pero’ escluso che la stessa potesse considerarsi, agli effetti dell’articolo 1455 c.c., “grave”, attribuendo a tal fine rilievo al comportamento tenuto da quest’ultima che “pur a fronte di un adempimento parziale e inesatto a decorrere dal marzo 2010, ha tuttavia pagato (siccome pacifico in causa) i canoni mensili corrispondenti sino ad aprile 2010”.
Secondo la ricorrente la Corte di merito, cosi’ motivando, ha violato il disposto dell’articolo 1455 c.c., atteso che – sostiene -“la valutazione della gravita’ di un inadempimento non puo’ per definizione dipendere dal fatto che la parte lesa abbia adempiuto le proprie obbligazioni”.
4.1. La censura e’ infondata.
Anche sul punto la sentenza impugnata si conforma a principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, cui qui si intende dare continuita’, secondo il quale la parte contraente che di fronte all’inadempienza dell’altra, anziche’ ricorrere alla domanda di risoluzione (o all’eccezione di inadempimento), preferisce comunque dare esecuzione al contratto, dimostra con tale comportamento di attribuire scarsa importanza, nell’economia del negozio, all’inadempimento della controparte, con la conseguenza che non sussiste per la risoluzione del contratto il presupposto costituito dall’inadempimento di non scarsa importanza secondo il disposto dell’articolo 1455 c.c. (Cass. 12/05/1994, n. 4630).
5. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale ascrive ai medesimi errori di diritto l’avere la Corte d’appello riconosciuto a controparte una serie di corrispettivi contrattuali: Euro 5.392,88 a titolo di interessi relativi al 2009; Euro 24.998,40 a titolo di corrispettivi per il servizio di logistica svolto nei mesi di gennaio-aprile 2010.
Sostiene che la Corte di merito, avendo espressamente riconosciuto che, nel bimestre marzo-aprile 2010, (OMISSIS) era rimasta inadempiente per avere ingiustificatamente respinto la merce inviata al magazzino, avrebbe come conseguenza dovuto anche escludere la spettanza ad essa del corrispettivo richiesto.
Soggiunge che peraltro controparte si era resa responsabile di inadempimenti a cominciare gia’ dal 2009, allorquando si erano manifestati disservizi nel servizio di logistica. Sostiene che anche in ragione di tali inadempimenti, avrebbe dovuto escludersi il diritto ai corrispettivi richiesti per i corrispondenti periodi. Al riguardo la ricorrente lamenta inoltre che su tali inadempimenti, pur dedotti in giudizio, la Corte ha omesso di pronunciarsi, cosi’ incorrendo nella violazione dell’articolo 112 c.p.c..
Il motivo e’ infondato nella prima parte, inammissibile nella seconda.
5.1. Il diritto alla controprestazione viene meno, ai sensi dell’articolo 1458 c.c., soltanto in caso di risoluzione del contratto, la quale postula la gravita’ dell’inadempimento.
Correttamente pertanto la Corte di merito, avendo escluso un tale presupposto, ha condannato (OMISSIS) al pagamento del corrispettivo per le prestazioni la cui esecuzione non ha ritenuto gravemente inadempiente.
5.2. Nella seconda parte il motivo esibisce anzitutto una evidente mescolanza di censure eterogenee e incompatibili, quali quella di omessa pronuncia e di violazione di legge in relazione alla medesima questione (quest’ultima evidentemente presupponendo che sulla questione sia stata resa una pronuncia, quanto meno implicita, ma tuttavia erronea in punto di diritto).
In ogni caso entrambe le censure presentano, ciascuna, ulteriori profili di inammissibilita’.
Lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme codicistiche richiamate, la ricorrente allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta sulla base peraltro di mere apodittiche e generiche asserzioni: operazione questa che, comunque, non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensi’ alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Cass. 26/03/2010, n. 7394; Cass. 30/12/2015, n. 26110).
La doglianza poi di omessa pronuncia presuppone, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione o un motivo di gravame autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tale domanda, eccezione o motivo siano stati per il principio dell’autosufficienza riportati puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica altresi’ dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o l’altro sono state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualita’ e la tempestivita’ e, in secondo luogo, la decisivita’ (v. Cass. 19/3/2007, n. 6371; Cass. Sez,. U. 28/7/2005, n. 15781): oneri nella specie in nessuna misura assolti.
6. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2055 e 2395 c.c., in relazione al rigetto della domanda risarcitoria proposta nei confronti di (OMISSIS).
6.1. Sul punto la Corte d’appello ha in sintesi rilevato, confermando appieno le considerazioni gia’ svolte dal primo giudice, che “l’eventuale responsabilita’ personale e diretta degli amministratori di una societa’ di capitali, siano essi di fatto o di diritto, nei confronti dei terzi trova fondamento nella previsione dell’articolo 2395 c.c., che altro non e’ che una particolare applicazione della fattispecie generale di cui all’articolo 2043 c.c., la quale, per pacifica interpretazione, postula che il danno subito dal terzo (o dal socio) derivi da fatti illeciti imputabili in via immediata e diretta ad un comportamento doloso o colposo degli amministratori”. Presupposto, questo, nella specie non ravvisabile atteso che – si rileva in sentenza – “l’unica condotta riferibile al (OMISSIS), quale amministratore di fatto di (OMISSIS),… consistita nell’avere deciso l’inadempimento della societa’,… non assume rilevanza autonoma rispetto all’inadempimento contrattuale della societa’ ma… piuttosto con essa si identifica”.
6.2. Sostiene di contro la ricorrente incidentale che l’avere il (OMISSIS) determinato all’inadempimento la societa’, da lui gestita quale amministratore di fatto e vero e unico dominus, avrebbe dovuto condurre la Corte territoriale a riconoscere in capo allo stesso una concorrente responsabilita’ extracontrattuale.
Averla invece esclusa e’, secondo la ricorrente, frutto di un paradosso: quello, cioe’, per cui proprio l’essersi il (OMISSIS) comportato da amministratore di fatto lo esonera da responsabilita’ diretta.
Argomenta la ricorrente che “altro e’ l’illecito ex articolo 2395, che postula un illecito commesso per fatto proprio dall’amministratore; altro e’ l’illecito ex articoli 2043 e 2055 c.c., che sottende viceversa un illecito commesso dall’amministratore in concorso con la societa’ (e nell’inadempimento di essa)”.
6.3. La doglianza e’ inammissibile, ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte d’appello deciso le questioni poste sul punto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’ e non offrendo il ricorso argomenti per mutare l’orientamento della stessa.
Questa Corte ha invero piu’ volte chiarito, con fermo indirizzo, che l’inadempimento contrattuale di una societa’ di capitali non puo’, di per se’, implicare responsabilita’ risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’articolo 2395 c.c., atteso che tale responsabilita’, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi, come si evince, fra l’altro, dall’utilizzazione dell’avverbio “direttamente”, la quale esclude che detto inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilita’. (Cass. 05/08/2008, n. 21130; 16/03/2001, n. 3843; 28/02/1998, n. 2251; 08/07/1991, n. 7534; 21/05/1991, n. 5723; v. anche Cass. 23/06/2010, n. 15220).
E’ stato al riguardo anche precisato che, benche’ l’inadempimento contrattuale della societa’ non implichi, di per se’, responsabilita’ degli amministratori nei confronti del contraente, e’ configurabile il concorso tra l’illecito contrattuale della societa’ e quello extracontrattuale dell’amministratore o di altro soggetto comunque estraneo al rapporto obbligatorio intercorrente tra societa’ e terzo (risultando ormai acquisito il concetto della risarcibilita’ aquiliana del credito). A tal fine e’, tuttavia, necessario che tra l’inadempienza della societa’ ed il comportamento di chi abbia esercitato (anche solo in via di fatto) le funzioni di amministratore di una societa’ ed abbia con lui (a qualsiasi titolo) cooperato esista un nesso di causalita’ necessaria (Cass. 03/12/2002, n. 17110, in un caso in cui era stato accertato che la distrazione di somme versate da terzi alla societa’ era stata operata dall’amministratore della stessa con la collaborazione di sua moglie, con incidenza causale sull’inadempienza della societa’).
Nel caso di specie e’ pacifico che a fondamento della dedotta responsabilita’, quale fatto determinativo del danno, non si individui null’altro che lo stesso inadempimento della societa’; non dunque -come nel caso considerato dal precedente da ultimo citato – un fatto (illecito) estraneo e indipendente dalle decisioni assunte nell’interesse della societa’ o comunque nella gestione della relativa attivita’, diretto a tutt’altri fini e funzionale ad altri interessi diversi o addirittura incompatibili con quelli della societa’ medesima.
Nessun rilievo poi puo’ sul punto assumere la circostanza che il (OMISSIS) non rivestisse nella societa’ alcun ruolo formale di amministratore, ma si sia come tale comportato nei fatti esautorando gli organi sociali, non dubitandosi che la speciale responsabilita’ extracontrattuale di cui all’articolo 2395 c.c. e i limiti e i presupposti per essa previsti, trovino applicazione anche nei confronti dell’amministratore di fatto (cfr. ex aliis Cass. 05/12/2008, n. 28819); del resto anche la ricorrente non svolge al riguardo specifici argomenti di critica, quelli dedotti non distinguendo a seconda che si tratti di soggetto effettivo titolare della carica di amministratore o che tale sia in punto di mero fatto.
7. Il (OMISSIS) ha come detto a sua volta proposto ricorso incidentale, con unico mezzo diretto a censurare la sentenza impugnata in punto di liquidazione delle spese processuali (asseritamente operata in violazione dei parametri forensi di cui al Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55).
La controricorrente (OMISSIS) ne ha preliminarmente eccepito l’inammissibilita’, per la sua tardivita’ ai sensi degli articoli 333, 370 e 371 c.p.c., non avendo il ricorrente provveduto a proporlo in via incidentale, e comunque a notificarlo nel termine di quaranta giorni dalla data (17/3/2017) in cui essa aveva ricevuto la notificazione del ricorso principale di (OMISSIS).
L’eccezione e’ fondata.
Va ribadito, in proposito, che “il principio dell’unicita’ del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e percio’, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalita’ non puo’ considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorche’ proposto con atto a se’ stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilita’ e’ condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti piu’ venti) risultante dal combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato o l’annuale) di impugnazione in astratto operativi; tale principio non trova deroghe riguardo all’impugnazione di tipo adesivo che venga proposta dal litisconsorte dell’impugnante principale e persegue il medesimo intento di rimuovere il capo della sentenza sfavorevole ad entrambi, ne’ nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della gia’ proposta impugnazione” (giurisprudenza costante: da ultimo cfr. Cass. 09/02/2016, n. 2516; in precedenza v., ex multis, Cass. 20/03/2015, n. 5695; 04/12/2014, n. 25662; 07/11/2013, n. 25054; 21/12/2012, n. 27898; 30/12/2009, n. 27887; 22/10/2004, n. 20593; 06/08/2004, n. 15199; Cass. Sez. U. 25/06/2002, n. 9232).
Nel caso di specie, ricevuta – come detto – in data 17/3/2017 la notificazione del ricorso per cassazione proposto da (OMISSIS), il (OMISSIS) ha provveduto alla notificazione del suo controricorso, contenente ricorso incidentale, solo in data 24/05/2017, e quindi certamente oltre il termine di quaranta giorni (venti piu’ venti) risultante dal combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., decorrente dalla notifica del ricorso principale.
8. Per le considerazioni che precedono deve quindi pervenirsi alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso principale e di quello incidentale proposto dal (OMISSIS) e al rigetto di quello incidentale proposto da (OMISSIS).
La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese.
Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato a carico di ciascuna delle parti.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale proposto da (OMISSIS); rigetta il ricorso incidentale proposto da (OMISSIS) S.p.A.. Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti tutti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quelli incidentali, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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