Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 34241.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia provocato, in concreto, alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto un’azione di risarcimento danni derivanti dall’omessa manutenzione stradale promossa dal conducente di un motociclo nei confronti di una amministrazione comunale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dalla società ricorrente, aggiudicataria dell’appalto e chiamata in manleva, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, avendo il giudice di appello dichiarato la contumacia della stessa, nonostante, da un lato, si fosse regolarmente costituita con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data anteriore rispetto alla prima udienza del giudizio di appello, e dall’altro, si fosse comunque fatta carico di articolare, sia nell’esposizione del fatto che nell’illustrazione del motivo, di quali specifiche richieste o riproposizioni o produzioni fosse stato omesso, in suo pregiudizio difensivo, l’esame). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5408; Cassazione, sezione civile III, sentenza 9 marzo 2012, n. 3704).
Ordinanza|| n. 34241. L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo
Data udienza 23 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave:Procedimento civile – Impugnazioni – Interesse all’impugnazione – Presupposto – Erronea dichiarazione di contumacia – Effetti – Vizio della sentenza – Esistenza di un concreto pregiudizio della parte – Necessità – Fattispecie relativa ad azione di risarcimento danni derivanti dall’omessa manutenzione stradale. (Cc, articoli 2043 e 2051; Cpc, articoli 112, 156 e 291)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3788/2020 proposto da:
(OMISSIS) Srl, in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Comune di (OMISSIS) in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1524/2019 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 17/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/11/2023 dal Consigliere Pasquale Gianniti.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2013 (OMISSIS) conveniva in giudizio davanti al Giudice di pace il Comune di (OMISSIS), chiedendo che quest’ultimo, quale Ente tenuto alla manutenzione stradale, fosse condannato al risarcimento dei danni subiti in data (OMISSIS).
A fondamento della domanda deduceva che: a) in detta data, ad ore (OMISSIS), essendo alla guida del proprio motociclo, mentre percorreva in (OMISSIS) la (OMISSIS) in direzione (OMISSIS), all’altezza del (OMISSIS), era finito in una buca adiacente ad un tombino, che non era visibile e non era segnalata; b) in conseguenza del sinistro, il suo motociclo aveva riportato danni (alla parte anteriore ed alla parte laterale destra) per Euro 721, mentre lui aveva subito lesioni (precisamente: trauma escoriato gomito destro e ginocchio destro), quantificate nella percentuale del 3% e, comunque, nella misura di 5.000 Euro.
Si costituiva il Comune convenuto, che, nel merito, contestava la domanda attorea in fatto e in diritto e, in via subordinata, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la societa’ (OMISSIS), assegnataria dell’appalto dal 14 novembre 2011 al 13 novembre 2012.
Si costituiva la societa’ chiamata, chiedendo a sua volta di chiamare in causa la compagnia (OMISSIS), con la quale aveva in essere un contratto assicurativo di manleva.
Autorizzata ed effettuata anche detta chiamata, si costituiva anche la compagnia assicurativa.
La causa veniva istruita mediante la documentazione prodotta dalle parti, nonche’ mediante audizione dei testi indicati dall’attore.
Il giudice di primo grado, con sentenza n. 7550/2015, rigettava la domanda attorea.
2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello l’originaria parte attorea, la quale chiedeva che, in riforma della sentenza impugnata, il Comune convenuto fosse condannato al risarcimento ex articolo 2051 c.c.
Si costituivano il Comune e la compagnia assicuratrice, che contestavano l’impugnazione e chiedevano la conferma della sentenza di primo grado.
Il Tribunale di Torre Annunziata, quale giudice di appello, con sentenza n. 1525/2019, dichiarata la contumacia della societa’ assegnataria dell’appalto:
a) in accoglimento dell’appello, condannava il Comune al pagamento in favore dell’originaria parte attorea, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 1761,18 oltre Euro 56,15 per rimborso spese mediche ed Euro 350,00 per danni al motociclo oltre interessi come calcolati in motivazione, condannandolo al pagamento delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio in favore del difensore antistatario;
b) accoglieva la domanda di manleva del Comune nei confronti della societa’ assegnataria dell’appalto, e, per l’effetto, condannava quest’ultima a tenere indenne il Comune da quanto dovuto in forza delle precedenti statuizioni;
c) rigettava la domanda di manleva, proposta da detta societa’ nei confronti della compagnia assicuratrice, condannando la prima al pagamento in favore di quest’ultima delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
3. Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso per cassazione la societa’ assegnataria dell’appalto.
Ha resistito il Comune, che ha proposto ricorso incidentale.
Per l’odierna adunanza entrambe le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio si e’ riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La (OMISSIS) s.r.l. articola in ricorso quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma l, n. 3, violazione e falsa applicazione della Cost., articolo 24 e articolo 291 c.p.c., nonche’, ai sensi dell’articolo 360 comma l, n. 4, c.p.c., nullita’ della sentenza nella parte in cui il giudice di appello ha dichiarato la sua contumacia, nonostante essa si fosse regolarmente costituita con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente anteriormente alla prima udienza del giudizio di appello, con conseguente omesso esame delle difese spiegate e con conseguente omessa pronuncia di cui ai successivi motivi. Osserva che la specificita’ e concretezza del pregiudizio sofferto per effetto di detta pronuncia si desume dalla semplice lettura degli scritti difensivi di primo e secondo grado, nei quali essa societa’ aveva formulato eccezioni idonee ad ottenere il rigetto della domanda di manleva, formulata nei suoi confronti dal Comune convenuto. Eccezioni tutte che non erano state esaminate ne’ in parte motiva, ne’ dispositiva della sentenza.
1.2. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma l, n. 5 omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e che era stato oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto provato il fatto sulla base di dichiarazioni testimoniali generiche e contraddittorie, rese da testimoni inattendibili per lo stretto rapporto di parentela con il presunto danneggiato; nonche’, ai sensi dell’articolo 360 comma l, n. 4, c.p.c., nullita’ della sentenza. Osserva che non soltanto essa societa’, ma anche le altre parti processuali, in primo ed in secondo grado, avevano rilevato che i testi escussi erano totalmente inattendibili per lo stretto legame di parentela che li univa alla persona del presunto danneggiato (moglie e fratello); e, in ogni caso, le loro deposizioni non erano idonee a dimostrare il fatto lesivo, in quanto erano generiche e contraddittorie, non avevano in alcun modo indicato o descritto l’insidia, non avevano specificato le modalita’ della caduta, avevano riferito soltanto di escoriazioni e tumefazioni, le quali erano state comunque sopravvalutate nella quantificazione del danno.
1.3. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma l, n. 5, omesso e insufficiente esame di clausole contenute nel contratto di appalto decisive per il giudizio e che erano state oggetto di discussione tra le parti e connessa nullita’ della sentenza per omissione di pronuncia ex articolo 112 c.p.c. sulle eccezioni, che erano state da essa formulate sulla validita’ del contratto di appalto con il Comune, e sull’infondatezza della domanda di manleva, che era stata proposta nei suoi confronti; nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma l, n. 4, nella parte in cui la corte territoriale ha omesso e comunque svolto un insufficiente esame delle clausole contenute nel contratto di appalto, in particolare l’articolo 34 e 1 del capitolato speciale. Sostiene che il giudice di appello ha errato nell’interpretazione degli effettivi obblighi, che essa societa’ ricorrente aveva assunto con l’appalto, cosi’ come evincibili dalla prima parte del comma 2 del citato articolo 1 del capitolato speciale, senza dover richiedere all’appaltatore un sacrificio ed obblighi oltre misura, ritenendolo responsabile di ogni sinistro per presenza di buche, prescindendosi dal momento in cui si sono formate, dalla loro collocazione e senza tener conto dei momenti previsti (due giorni a settimana) in contratto nei quali i lavori andavano eseguiti. Sostiene che la corte territoriale l’ha condannata a manlevare il Comune senza considerare (o considerando in maniera errata) che detto contratto configurava una vera e propria copertura assicurativa nulla e che il Giudice di appello avrebbe potuto rilevare anche d’ufficio detta nullita’ per violazione dell’intero disposto dell’articolo 1229 c.c., nonche’ del Decreto Legislativo n. 209 del 2005 (articolo 305), con compimento in atto pubblico di un reato punibile anche con 4 anni di reclusione.
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1.4. Con il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare degli articoli 91 e 92 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 nella parte in cui il Giudice di appello:
a) ha condannato il Comune (e, quindi, essa societa’ ricorrente) a pagare le spese e compensi professionali per i due gradi di giudizio a favore delle altre parti processuali, senza considerare che essa parte era risultata vittoriosa all’esito del giudizio di secondo grado (essendo stata liquidata una somma inferiore di oltre il 50% rispetto a quella richiesta, pari ad Euro 5.000), di talche’ ben si poteva parlare di soccombenza reciproca, in virtu’ della quale il giudice di appello avrebbe dovuto applicare l’articolo 92 comma 2 c.p.c. (in luogo dell’articolo 91 c.p.c., in concreto applicato);
b) ha liquidato i compensi di lite, senza considerare che in base al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 avrebbe dovuto applicare i parametri minimi dello scaglione Euro 1.100 ad Euro 5.200 e con specifico riguardo al giudizio di secondo grado avrebbe dovuto escludere la fase istruttoria nel calcolo dei compensi (non essendo stata quest’ultima svolta).
2. Il Comune di (OMISSIS), in relazione all’ipotesi di accoglimento del ricorso nella parte in cui e’ stata eccepita la nullita’ del contratto di appalto (e, dunque, l’insussistenza dell’obbligo di manleva della societa’ assegnataria dell’appalto), in sede di controricorso articola ricorso incidentale con tre motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043 e 2051 c.c. e degli articoli 112 c.p.c. error in iudicando articolo 360, comma l, n. 3 c.p.c., error in iudicando articolo 360, comma l, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui il giudice di appello:
a) ha fondato la riforma della pronuncia di primo grado innanzitutto sul presupposto che quest’ultima avrebbe valutato la fattispecie ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e non, invece, ex articolo 2051 c.c., per il quale l’attore sin dall’atto introduttivo aveva chiesto condannarsi il Comune;
b) ha ritenuto che l’azione proposta andava qualificata come domanda ex articolo 2051 c.c. e quindi ha ritenuto erroneamente integrati gli elementi sufficienti a configurare la fattispecie ivi descritta, affermando conseguentemente la responsabilita’ dell’amministrazione.
Si duole che il giudice di appello, tanto affermando, ha errato nell’interpretare il quadro normativo e giurisprudenziale di cui agli articoli 2043 e 2051 c.c., in quanto non ha considerato che: la responsabilita’ c.d. “oggettiva” di cui all’articolo 2051 c.c. non e’ nient’altro che un sottotipo della piu’ generale macrocategoria della responsabilita’ extracontrattuale, differenziandosi da quella “classica” di cui all’articolo 2043 c.c. soltanto per taluni presupposti al ricorrere dei quali muta il riparto dell’onere probatorio, ma non vi e’ in ogni caso un vero e proprio errore di qualificazione. Trattasi, cioe’, della stessa responsabilita’; in ogni caso il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato postulato dall’articolo 112 c.p.c. non osta a che il Giudice renda una pronuncia in base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante, id est l’articolo 2051 c.c. in luogo dell’articolo 2043 c.c., laddove la pronuncia si fondi su fatti ritualmente allegati e provati, essendovi solo il divieto di attribuire alla parte un bene della vita diverso da quello richiesto.
2.2. Con il secondo motivo denuncia che il giudice di appello, a seguito dell’audizione di soli due testi (rispettivamente moglie e figlio del danneggiato), che avevano reso dichiarazioni lacunose e limitate alla constatazione delle escoriazioni riportate da parte attorea, ha erroneamente ritenuto configurati i presupposti per l’affermazione della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c..
Rileva che, nella responsabilita’ ex articolo 2043 c.c., e’ il danneggiato a dover provarne gli elementi costitutivi (condotta, danno evento, danno-conseguenza, nesso di causalita’ e la colpa del danneggiante), in quella discendente dall’articolo 2051 (definita, appunto, responsabilita’ oggettiva), considerata l’obiettiva impossibilita’ di provare l’elemento soggettivo, si verifica un’inversione dell’onere della prova, il danneggiato potendo limitarsi soltanto a provare il rapporto di custodia e la derivazione causale del danno-evento dalla cosa stessa. Ed in tal caso e’ poi il danneggiante a dover fornire la prova liberatoria, costituita da un fattore esterno, ingovernabile, che sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Aggiunge che, se e’ vero che il danneggiato beneficia di un alleggerimento dell’onere della prova, resta fermo che egli e’ tenuto comunque ad allegare e provare adeguatamente: a) il potere di fatto del custode sulla cosa; b) il nesso causale tra la cosa oggetto di custodia e l’evento lesivo; c) il nesso di derivazione causale del danno-conseguenza dal danno-evento. Si duole che sia stata affermata la sua responsabilita’ in quanto da un lato esso non aveva il potere di fatto sulla cosa (che era stato ad esso trasferito in virtu’ del contratto di manutenzione) e dall’altro non era stato provato il nesso tra la cosa (nella specie il manto stradale) e l’evento lesivo.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo
Osserva che, non essendo stato provato l’eventuale regime di separazione dei beni tra il danneggiato ed il di lui coniuge (sentito come teste), le testimonianze avrebbero dovuto essere confrontate con altri elementi istruttori, nel caso di specie invece mancanti. Tanto piu’ che lo stesso attore, nel descrivere il fatto, aveva precisato essere avvenuto alle ore 13 di una soleggiata giornata di giugno, quando e’ obiettivamente inverosimile che la buca, eventualmente presente sul manto stradale non fosse visibile.
Aggiunge che dall’articolo 1227 c.c. discende il principio per il quale il danneggiante non puo’ rispondere di quella parte di danno che non e’ a lui causalmente riferibile, sicche’, ove rilevi il comportamento negligente del danneggiato, deve escludersi qualsivoglia tipo di responsabilita’, sia ex articolo 2043 sia ex articolo 2051 c.c., anche alla luce di principi di diritto affermati da questa Corte (ad es. con Cass. n. 9009/2015, n. 23584/2013, n. 10300 e n. 493/2007). Con la conseguenza che, ai fini dell’applicazione delle suddette norme, l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilita’ della P.A. qualora si tratti di un comportamento idoneo a interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra comunque un concorso di colpa ai sensi dell’articolo 1227 co. l c.c., con conseguente diminuzione. fino a totale azzeramento. della responsabilita’ del danneggiante in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso. Sostiene che parte attorea avrebbe dovuto diligentemente assicurarsi della natura e delle condizioni del manto stradale che stava percorrendo con il motociclo, soprattutto se, come da egli stesso affermato, era piovuto e l’asfalto poteva percio’ essere bagnato.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2059 c.c. e, in particolare, degli articoli 91 e 92 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014; error in. iudicando ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui il Giudice di appello ha condannato esso Comune (e, quindi, la societa’ assegnataria dell’appalto) a risarcire i danni subiti da parte attorea nella misura di Euro 1.761,18, oltre Euro 56,15 per spese mediche ed Euro 350,00 per danni al motociclo, per un totale di Euro 2.167,33.
Si duole del fatto che il giudice di appello, nell’individuare le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, non ha motivato ne’ circa i criteri ne’ riguardo al corredo probatorio utilizzati per la relativa determinazione; e, nel liquidare le spese processuali, ha omesso di considerare la reciproca soccombenza dell’appellante (soccombente in primo grado) e dell’appellato Comune, che avrebbe imposto l’applicazione dell’articolo 92, comma 2, c.p.c., in luogo dell’articolo 91 c.p.c., con il risultato che la condanna alle spese di lite (Euro 3.567 IVA e CPA.) risulta eccessivamente sproporzionata rispetto alla somma eventualmente dovuta a titolo risarcitorio (Euro 2.167,33), avuto riguardo a quanto disposto dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 (all’articolo 5).
3. Il primo ed il terzo motivo del ricorso principale – che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente – sono fondati.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. ad es. Cass. n. 5408/2020 e n. 3704/2012) quello per cui “l’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarita’ del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia provocato, in concreto, alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attivita’ difensiva”.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo
Orbene, nel caso di specie ricorre per l’appunto detta ultima ipotesi, in quanto – fermo restando che dalla lettura della sentenza impugnata (cfr., in particolare, p. 3 e p. 21) emerge ictu oculi che la declaratoria di contumacia della societa’ ricorrente e’ stato frutto di una svista della corte territoriale – la societa’ ricorrente si e’ fatto carico di precisare (sia nell’esposizione del fatto che nell’illustrazione del terzo motivo) di quali specifiche richieste o riproposizioni o produzioni sia stato omesso l’esame.
In particolare, la societa’ ricorrente deduce in ricorso (pp. 1213) che anche nella propria comparsa di costituzione nel giudizio di appello aveva contestato che ingiustamente era stata chiamata in causa dal Comune in un giudizio in cui quest’ultimo era convenuto per risarcimento danni per insidia e trabocchetto, interpretando gli obblighi pattuiti nel contratto di appalto come una sorta di garanzia a valere per tutti i sinistri verificatisi durante i periodi di affidamento. Ha aggiunto la societa’ ricorrente che, se effettivamente essa, quale aggiudicataria dell’appalto, fosse ritenuta obbligata a garantire il Comune per ogni sinistro verificatosi sulle strade della citta’, a prescindere del momento in cui fossero iniziati i lavori e dal numero di dissesti esistenti, conosciuti o meno, di fatto nel contratto di appalto sarebbe stata prevista una copertura assicurativa in violazione del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 305 (che prevede come fatto reato l’attivita’ assicurativa, che sia esercitata da societa’ prive di determinati requisiti, autorizzazioni e condizioni).
Orbene, tali eccezioni non sono state prese in considerazione dal giudice di appello, il quale, pur facendo ad esso riferimento (pp. 20-21), non ha operato alcuna interpretazione del contratto di appalto intercorso tra le parti, al fine di stabilire quali fossero gli esatti obblighi che da esso erano derivati a carico dell’odierna societa’ resistente, tanto meno facendosi carico delle argomentazioni di essa appellata.
3.1. L’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso principale implica l’assorbimento degli altri, restando precluso il rilievo della non configurabilita’ di una soccombenza parziale per l’alterno andamento degli esiti nei successivi gradi di giudizio e dell’insussistenza di un diritto alla compensazione delle spese di lite.
4. Al contrario, il ricorso incidentale proposto dal Comune di (OMISSIS) e’ infondato.
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Inammissibile e’ il primo motivo, in quanto parte ricorrente in via incidentale, illustrandolo, non precisa le ragioni del suo interesse a dolersi della ritenuta qualificazione, in se’ e per se’ considerata.
Il secondo motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ inammissibile nella parte in cui il Comune ricorrente sollecita a questa corte una rivalutazione delle risultanze istruttorie, che e’ invece ad essa preclusa.
Ed e’ infondato nella parte in cui afferma: da un lato (p.10), che il potere di fatto sulla cosa “doveva ritenersi trasferito” alla societa’ aggiudicataria in virtu’ del contratto di appalto per la manutenzione stradale intercorrente con il Comune, trattandosi di strada comunale, la cui disponibilita’ non era venuta meno sic et simpliciter per effetto dell’affidamento di alcuni lavori in appalto; e, dall’altro (p. 13), che parte attorea “avrebbe dovuto diligentemente assicurarsi della natura e delle condizioni del manto stradale che stava percorrendo con il motociclo, soprattutto se, come da egli stesso affermato, era piovuto e l’asfalto poteva percio’ essere bagnato”, in quanto dall’articolo 2051 c.c., che costituisce una ipotesi di responsabilita’ oggettiva (e non di colpa presunta), si desume, quale regola di riparto dell’onere probatorio, quella secondo cui: dapprima, spetta al danneggiato dimostrare il nesso di causa con la cosa e, una volta che tale dimostrazione sia stata fornita, il custode e’ chiamato a liberarsi dalla responsabilita’ fornendo la prova del caso fortuito (dove la prova del caso fortuito non va intesa come prova dell’assenza di colpa, ma come prova di un elemento esterno al rapporto tra il custode e la cosa e che ha inciso sul nesso causale).
Il terzo motivo, in punto di regolamentazione delle spese processuali, e’ assorbito dalla decisione di accoglimento del ricorso principale nei termini sopra indicati al punto 3.1.
5. In definitiva, per le ragioni che precedono, dell’impugnata sentenza, in accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, s’impone la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di (OMISSIS), che, in diversa composizione, revocata la erronea dichiarazione di contumacia, procedera’ all’esame delle eccezioni sollevate dalla societa’ aggiudicataria dell’appalto e comunque della domanda di garanzia o manleva dispiegata dal Comune.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Al contrario, il ricorso incidentale va rigettato.
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P.Q.M.
La Corte:
– accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale e, assorbiti gli altri motivi di ricorso principale, respinge il ricorso incidentale;
– per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di (OMISSIS), in diversa composizione;
– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente incidentale, dell’importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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