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Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
In tema di divisione ereditaria, spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura, con la conseguenza che se non esercita tale scelta, la collazione deve farsi per imputazione del relativo valore alla quota di sua spettanza.
Sentenza|| n. 17409. Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
Data udienza 27 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Successione testamentaria – Collazione da parte dell’erede delle donazioni personalmente ricevute – Esclusione di ogni altra liberalità fatta al di lui discendenti o al coniuge – Eccezione – Rappresentazione – Discendente che subentra per rappresentazione – Onere d conferire la donazione ricevuta dal suo ascendente – Irrilevanza del vantaggio – Collazione in natura e collazione per imputazione – Differenza – Collazione in natura – Bene diventa oggetto di comunione fra il donatario e gli altri coeredi – Collazione per imputazione – Ripartizione del valore della stessa donazione – Sentenza che disponga la collazione della donazione – Assenza di indicazione della modalità – Irrilevanza – Ammissibile la declaratoria di collazione per imputazione nella successiva pronuncia – Cass. n. 1481/1979 – Scelta della collazione per imputazione dal coerede – Imputazione alla sua quota il valore della donazione ricevuta fino a concorrenza del valore della quota stessa – Versamento alla massa dell’equivalente pecuniario dell’eccedenza – Mancanza di specifica manifestazione di volontà del donatario – Applicazione dell’ imputazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9066/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO PALERMO n. 44/2017 depositata il 16/01/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/02/2023 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO;
uditi per i ricorrenti gli avvocati (OMISSIS) e l’avvocato (OMISSIS) per i controricorrenti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Filippi Paola, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del quinto e del sesto motivo, rigettati i restanti e assorbito l’ultimo.
Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
FATTI DI CAUSA
La presente controversia riguarda la successione testamentaria di (OMISSIS), deceduto il 6 novembre 1988, avendo disposto per testamento dei propri beni, lasciandoli in parti uguali ai tre figli (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Al momento di apertura della successione era gia’ deceduto (OMISSIS) (il (OMISSIS)), il quale ha lasciato il coniuge (OMISSIS) e i figli (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
In corso di causa e’ deceduta (OMISSIS) cui sono subentrati i figli (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’appello di Palermo, dinanzi alla quale furono impugnate con distinti appelli poi riuniti le sentenze non definitiva e definitiva del Tribunale, con sentenza n. 5656 del 28 aprile 2008, per quanto qui rileva, ha assunto le seguenti statuizioni:
a) ha riconosciuto che l’atto di compravendita del 28 aprile 1981, con il quale il de cuius aveva venduto al figlio (OMISSIS) la nuda proprieta’ di un fondo rustico, con casamento rurale, sito in territorio di (OMISSIS) detto “(OMISSIS)” dissimulava una donazione;
b) ha accertato il diritto (OMISSIS) e (OMISSIS) di essere reintegrati nella quota di riserva, innanzitutto, mediante riduzione delle disposizioni testamentarie del de cuius, il quale aveva devoluto il suo patrimonio fra i tre figli in parti uguali;
c) per effetto della riduzione la totalita’ dei beni relitti del de cuius doveva intendersi devoluta alle figlie (OMISSIS) e (OMISSIS);
d) ha inoltre pronunciato la riduzione della donazione dissimulata di cui all’atto del 28 aprile 1981, attribuendo a (OMISSIS) e (OMISSIS) la quota del 39,523% ciascuno, rimanendo la quota residua del 20,954% degli eredi di (OMISSIS);
e) facendo seguito a quanto gia’ disposto in primo grado dal Tribunale, il quale aveva attratto nella massa dividendi una pluralita’ di beni gia’ oggetto di comunione fra gli eredi, ma in effetti oggetto di donazione indiretta da parte del de cuius, ha considerato compresi nella massa, in aggiunta ai cespiti gia’ attratti dal primo giudice, anche il terreno sito in (OMISSIS), intestato in ragione di un mezzo a (OMISSIS) e per un quarto ciascuno a (OMISSIS) e (OMISSIS);
f) ha compreso nella massa anche l’appartamento in (OMISSIS), in quanto acquistato da (OMISSIS) con atto per notaio (OMISSIS) del 30-10-1953 con danaro donato all’acquirente dal de cuius (OMISSIS);
g) ha disposto la prosecuzione del giudizio per la determinazione del valore attuale dei beni da dividere “da attribuire ai condividenti, secondo i criteri e le modalita’ indicati in premessa”.
Per la cassazione di tale sentenza della Corte di Appello di Palermo hanno proposto ricorso (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale, affidato a otto motivi.
Anche (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, anch’esso affidato a otto motivi.
Avverso la medesima sentenza di appello ha proposto autonomo ricorso (OMISSIS), sulla base di nove motivi.
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La Corte di cassazione, con sentenza n. 22097 del 29 ottobre 2015, ha rigettato tutti i ricorsi. Per quanto qui rileva, con l’ottavo motivo del ricorso principale, fu proposta la seguente censura, cosi’ sintetizzata nella sentenza di legittimita’: “Sostengono (i ricorrenti principali n.d.r.) che la Corte di Appello ha omesso di statuire che tutti i beni ricevuti in donazione (diretta o indiretta) da ciascun erede, e quindi anche quelli ricevuti dalle originarie attrici, sono oggetto di collazione. Rilevano, inoltre, che la sentenza impugnata ha errato nell’affermare che sono tenuti alla collazione “gli eredi” di (OMISSIS), essendo tra questi compresa la moglie (OMISSIS), che non puo’ dirsi tenuta alla collazione, non essendo ne’ erede ne’ discendente del de cuius (OMISSIS) (…)”.
Su tale motivo la Suprema Corte ha cosi’ deciso: “La prima censura e’ formulata in termini del tutto generici ed e’, comunque, infondata, in quanto la sentenza impugnata ha disposto la collazione delle donazioni ricevute in vita da tutti i figli del de cuius, comprese le attrici. Quanto alla seconda doglianza, si osserva che a pag. 41 della sentenza impugnata si’ da’ atto che (OMISSIS) e’ deceduto il (OMISSIS) e, quindi, e’ premorto al padre (OMISSIS), il quale e’ deceduto il (OMISSIS). Poiche’, pertanto, a (OMISSIS), in relazione ai diritti spettanti sull’eredita’ di (OMISSIS), sono subentrati per rappresentazione solo i figli ( (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Con sentenza definitiva n. 44 del 16 gennaio 2017, la Corte d’appello di Palermo, per quanto qui rileva:
a) ha formato due quote dei beni relitti da attribuire mediante estrazione a sorte fra (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS);
b) ha formato tre quote in relazione al bene oggetto della donazione dissimulata gia’ elargita dal de cuius a (OMISSIS), oggetto di riduzione;
c) ha formato tre quote da estrarre a sorte relativamente a tutti i beni oggetto di donazione, tranne che per il terreno in (OMISSIS), in quanto spettante per meta’ a (OMISSIS) e per un quarto ciascuno a (OMISSIS) e agli eredi di (OMISSIS).
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Si difendono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), depositando anche la memoria.
Si difende con controricorso anche (OMISSIS).
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre premettere che sono state depositate in vista dell’udienza pubblica separate memorie, una da tutti i ricorrenti, l’altra dal solo (OMISSIS). La circostanza non evidenzia alcuna anomalia. Vale infatti il principio secondo cui non puo’ intendersi preclusa alla medesima parte, nel rispetto del termine, la presentazione di piu’ memorie, senza che il deposito di una prima memoria implichi la consumazione del potere di difesa scritta (Cass. n. 18127/2020).
2. Entrambe le memorie dei ricorrenti sollevano eccezione di nullita’ della sentenza. Al fine di giustificare l’eccezione essi richiamano i principi di diritto stabiliti dalle SS.UU. di questa Corte con la sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019 sull’applicabilita’ agli atti di scioglimento della comunione della sanzione della nullita’ prevista dalla L. n. 47 del 1985, articolo 40. Sostengono i ricorrenti che tale nullita’ e’ pacificamente rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
L’eccezione deve essere disattesa, perche’ solleva una questione nuova, mai prospettata in precedenza. Nel giudizio civile di legittimita’, con le memorie di cui all’articolo 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni gia’ compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non e’ possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, e tanto meno, per dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte in considerazione dell’esigenza per quest’ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facolta’ di replica (Cass., S.U., n. 11097/2006; n. 18195/2007). Quanto alle questioni rilevabili d’ufficio, queste possono essere sollevate con le memorie di cui all’articolo 378 c.p.c. a condizione che il rilievo ex officio sia gia’ possibile sulla base degli atti interni del processo, quali la sentenza o le specifiche autosufficienti deduzioni contenute nel ricorso o controricorso (Cass. n. 8662/2005). E’ stato chiarito che nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 19164/2007; n. 25319/2017; n. 20712/2018; n. 2193/2020): cio’ vale anche per le questioni che integrino una nullita’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, che non possono essere oggetto di esame in sede di legittimita’ ove comportino accertamenti di fatto (Cass. n. 7048/2016). La stessa nullita’ della sentenza e’ rilevabile d’ufficio in cassazione ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., a condizione che il vizio infici direttamente il provvedimento e non sia effetto di altra nullita’ relativa al procedimento (Cass. n. 2443/2016).
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In contrasto con tali principi i ricorrenti pretendono di far discendere la nullita’ della sentenza a causa di abusi e difformita’ urbanistiche e catastali dei beni oggetto di divisione che sarebbero stati riscontrati dal consulente tecnico, che alludono a questioni non dedotte con il ricorso, ne’ altrimenti risultanti da atti interni al giudizio di legittimita’, trattandosi di aspetti che non sono considerate nella sentenza impugnata. In quanto al fatto che la sentenza non contiene alcuna “dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti” ne’ sulla conformita’ catastale riguardo i fabbricati che fanno parte della massa, i ricorrenti incorrono in equivoco sul significato del principio sancito dalle Sezioni Unite, pur trascrivendo ampi brani della motivazione. Infatti, le Sezioni Unite hanno chiarito che, quanto agli atti giudiziari, le relative indicazioni non debbono risultare dal provvedimento, ma debbono essere intese nel senso “l’accertamento richiesto dalla legge, piu’ che essere riferitone all’atto giudiziario, e’ necessario che sia stato acquisito al processo”.
3. E’ del pari inammissibile la questione sollevata con la memoria dal solo (OMISSIS), il quale eccepisce la nullita’ della decisione, perche’ la Corte di merito non avrebbe accertato l’integrita’ del contraddittorio anche con riferimento a eventuali creditori o aventi causa di uno dei partecipante alla comunione.
La questione e’ preclusa, sia perche’ la Corte d’appello ha gia’ pronunziato, sia perche’ si prospetta inammissibilmente, per la prima volta con la memoria, una questione nuova. A cio’ si deve aggiungere che nel giudizio in cassazione, la parte che eccepisce la non integrita’ del contraddittorio ha l’onere non soltanto di indicare i soggetti che devono partecipare al processo quali litisconsorti necessari, provandone l’esistenza, ma anche di dimostrare i presupposti di fatto che ne impongono l’intervento, i quali devono emergere dagli atti e dai documenti delle fasi di merito, essendo incompatibili con il giudizio di legittimita’ l’acquisizione di nuove prove e lo svolgimento di attivita’ istruttoria (Cass. n. 21256/2017; n. 3024/2012).
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Nulla di tutto questo con riferimento all’eccezione in esame, sollevata in linea teorica e di principio, in assenza di qualsiasi indicazione concreta riferibile alla vicenda.
4. I motivi di ricorso censurano la sentenza impugnata per:
1) violazione degli articoli 25 e 111 Cos.t e degli articoli 51, 158, 273 e 274 e 174 c.p.c. e dell’articolo 78 disp. att. c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 4, perche’ la Corte d’appello, dopo avere assunto la causa in decisione, ne ha disposto la rimessione sul ruolo istruttorio, avendo ritenuto opportuno mutare la composizione del collegio. Secondo il ricorrente si tratta di un’ordinanza che fuoriesce dai canoni di legge, restando quindi inficiata la validita’ della successiva sentenza, in quanto resa da un collegio che e’ stato diversamente formato;
2) violazione degli articoli 275 e 352 c.p.c. (nel testo anteriore alla novella n. 353 del 1990) e dell’articolo 789 c.p.c., perche’ la Corte d’appello, dopo avere fissato, per la discussione della causa, l’udienza del 20 settembre 2016, ha poi rigettato la richiesta di “poter discutere la causa” proposta dai difensori degli attuali ricorrenti. In questo modo la Corte di merito e’ incorsa nella violazione dell’articolo 789 c.p.c., dettato specificamente per il giudizio divisorio, avendo impedito il rilievo di un errore nel quale erano incoro i consulenti nella predisposizione del progetto;
3) violazione dell’articolo 2909 c.c. e dell’articolo 324 c.p.c. e degli articoli 718, 727, 728 e 731 c.p.c.. Il motivo propone due diverse censure: a) innanzitutto i ricorrenti deducono che la Corte territoriale, in violazione del dictum della sentenza di legittimita’, ha ritenuto soggetti a collazione i beni oggetto di donazione a (OMISSIS) per l’intero, nonostante la Corte di cassazione avesse chiaramente statuito che l’obbligo di collazione incombeva ai soli discendenti del donatario premorto, con esclusione del coniuge: il che imponeva lo stralcio dalla massa della quota dei beni donati acquisita dal coniuge in forza di successione al donatario; b) inoltre, la corte territoriale ha recepito la valutazione dei consulenti tecnici laddove costoro avevano considerato l’appartamento di via (OMISSIS), oggetto di donazione a (OMISSIS), per il valore del tempo della formazione del progetto, mentre avrebbe dovuto considerare il valore al tempo di apertura della successione, ex articolo 747 c.c., avendo gli eredi del donatario deciso di optare per la collazione per imputazione;
4) violazione dell’articolo 746 c.c. e articolo 112 c.p.c., per aver la corte territoriale compreso l’appartamento di via (OMISSIS) nel progetto di divisone, includendolo in una delle porzioni da estrarre a sorte. In tal modo la sentenza e’ impugnata non ha considerato che il bene non faceva parte in termini effettivi della massa dividenda, ma era di proprieta’ degli eredi del donatario, dovendosi accogliere l’opzione dei medesimi eredi del donatario di conferire per imputazione;
5) violazione degli articoli 746 e 2909 c.c. e degli articoli 112 e 324 c.p.c., perche’ la Corte territoriale, nonostante la riduzione fosse stata pronunciata solo in relazione all’atto di compravendita del 28 aprile 1981, in quanto dissimulante una donazione lesiva della legittima dei coeredi, ha poi incluso nella divisione anche particelle diverse dello stesso fondo, che erano state oggetto di donazione di pari data, che non era stata colpita dalla riduzione. Tali particelle, pertanto, non potevano essere ripartite in natura fra il donatario e legittimari, attori in riduzione, occorrendo applicare le norme in tema di collazione, mediante imputazione del loro valore nella quota del donatario;
6) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che e’ identificato nel fatto che il consulente tecnico, in relazione agli immobili oggetto della pronunzia di riduzione, avevano evidenziato l’esistenza di cospicui miglioramenti apportati dagli acquirenti degli immobili dopo il 1992. Si sostiene quindi che i beni, gia’ alienati al momento dell’apertura della successione, fossero da considerare, ai fini dell’attribuzione, al netto dei miglioramenti;
7) violazione degli articoli 737 e ss. c.p.c., articolo 2909 c.c. e articolo 112 c.p.c., perche’ la Corte di merito non ha dato seguito all’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica, nonostante l’evidente errore di metodo che inficiava il risultato a cui erano pervenuti gli esperti, che avevano ripartito i beni donati ai coeredi in parti uguali, senza tenere conto di quanto le attrici avevano conseguito a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione;
8) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di merito immotivatamente trascurato la pluralita’ dei motivati rilievi mossi dai ricorrenti alle conclusioni dei consulenti tecnici, anche per quanto riguardava il fatto notorio della perdita di attualita’ della stima, eseguita oltre cinque-sei anni addietro in conseguenza della crisi del mercato immobiliare;
9) omesso esame di un fatto decisivo: nonostante il fondo denominato (OMISSIS) fosse stato attribuito in prelegato da (OMISSIS) al solo figlio (OMISSIS), con il diritto di abitazione in favore del coniuge, la Corte attribuisce la quota di tale fondo indivisamente a tutti gli eredi, mentre avrebbe dovuto essere attribuita al solo (OMISSIS);
10) violazione dell’articolo 729 c.c.: l’attribuzione del fondo (OMISSIS) avrebbe potuto avvenire tramite sorteggio di cinque quote uguali, una da attribuire a (OMISSIS), due a (OMISSIS) e due agli eredi di (OMISSIS):
11) violazione degli articoli 91 e ss., denunciandosi l’ingiusta condanna al pagamento delle spese di lite.
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5. Il primo motivo e’ infondato: e’ stato chiarito che il vizio di costituzione del giudice e’ ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano stati compiuti da persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata, e percio’ non e’ riscontrabile nell’ipotesi in cui si verifichi una sostituzione fra giudici di pari funzione e competenza appartenenti al medesimo ufficio. Nemmeno rileva che la sostituzione sia avvenuta senza l’osservanza delle condizioni stabilite dall’articolo 174 c.p.c. e articolo 79 disp. att. c.p.c., perche’ tale violazione costituisce una mera irregolarita’ di carattere interno, che non incide sulla validita’ del procedimento o della sentenza (Cass. n. 2745/2007; n. 14554/2022).
6. E’ infondato anche il secondo motivo. Come ricordano i ricorrenti, la causa, trattenuta in decisione, e’ stata rimessa per la “discussione” all’udienza dinanzi al collegio del 20 settembre 2016: in questa sede, e’ stata nuovamente trattenuta in decisione. Il fatto che, nello svolgimento di tale udienza, non siano state seguite le formalita’ previste dalla norma, (nella formulazione, applicabile ratione temporis, anteriore alla loro sostituzione operata rispettivamente dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, articoli 57 e 24 come ricordano gli stessi ricorrenti), integra una mera irregolarita’, che non e’ causa di nullita’ della decisione (cfr. Cass. n. 7759/2005).
Quanto alla violazione dell’articolo 789 c.p.c., ventilata nella rubrica, e’ principio acquisito che nel procedimento per lo scioglimento di una comunione non occorre una formale osservanza delle disposizioni previste dall’articolo 789 c.p.c. – ovvero la predisposizione di un progetto di divisione da parte del giudice istruttore, il suo deposito in cancelleria e la fissazione dell’udienza di discussione dello stesso – essendo sufficiente che il medesimo giudice istruttore faccia proprio, sia pure implicitamente, il progetto approntato e depositato dal c.t.u., cosi’ come non e’ necessaria la fissazione dell’apposita udienza di discussione del progetto quando le parti abbiano gia’ escluso, con il loro comportamento processuale la possibilita’ di una chiusura del procedimento mediante accettazione consensuale della proposta divisione, in tal modo giustificandosi la diretta rimessione del giudizio alla fase decisoria (Cass. n. 13621/2017; n. 242/2010). Nel caso in esame una simile possibilita’, di definizione del giudizio con ordinanza, non sussisteva, tenuto conto che la causa era stata avviata per la definizione con sentenza e gli stessi ricorrenti rendono palese con le loro deduzioni che non avevano alcuna intenzione di approvare il progetto predisposto dal consulente tecnico.
7. La prima delle due censure proposte con il terzo motivo e’ infondata.
Per il diritto vigente l’erede e’ tenuto a conferire in collazione soltanto le donazioni personalmente ricevute, con esclusione di ogni altra liberalita’ fatta al di lui discendenti o al coniuge (articolo 739 c.c.). Tale regola subisce una rilevante eccezione nel caso del discendente che subentra per rappresentazione all’ascendente. In questo caso, il discendente deve infatti conferire “cio’ che e’ stato donato all’ascendente, anche nel caso in cui abbia rinunciato all’eredita’ di questo”. La ratio della disposizione e’ riposta nella considerazione che i coeredi non debbono subire pregiudizio dal fatto che in luogo del donatario partecipano alla successione i suoi figli e nipoti.
La disposizione detta una regola chiara: il discendente che subentra per rappresentazione deve conferire la donazione ricevuta dal suo ascendente anche se non abbia conseguito alcun vantaggio, per avere rinunziato all’eredita’ di questo. Se ne deduce, a fortiori, che nella successione del donante, il discendente che succede per rappresentazione e’ invariabilmente tenuto a conferire l’intera donazione ricevuta dal suo ascendente, ancorche’, succedendo a questo, abbia conseguito un vantaggio minore, a causa del concorso con soggetti estranei alla successione del donante.
Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
L’ulteriore censura, proposta con il terzo motivo, sulla stima dell’appartamento di via (OMISSIS) e’ assorbita dall’accoglimento del quarto motivo.
8. Il quarto motivo e’ fondato. Quando la donazione abbia avuto ad oggetto un immobile il coerede donatario non ha bisogno di alcuna dispensa dalla collazione per ritenere il bene donato, imputandone il valore alla propria porzione, giacche’ proprio la legge (articolo 746 c.c.) riserva a lui la scelta fra il conferimento in natura e quello per imputazione (Cass. n. 1521/1980).
La collazione, in entrambe le forme in cui e’ prevista dalla legge (in natura e per imputazione) rappresenta un istituto preordinato dalla legge per la formazione della massa ereditaria, allo scopo di assicurare l’equilibrio e la parita’ di trattamento in senso relativo tra i coeredi in modo da far si’ che non venga alterato il rapporto di valore tra le varie quote e sia garantita a ciascun coerede la possibilita’ di conseguire una quantita’ di beni proporzionata alla propria quota. La differenza tra i due modi di collazione consiste in cio’ che, mentre quella in natura consta di un’unica operazione, che implica un effettivo incremento dei beni in comunione che devono essere divisi, la collazione per imputazione ne postula due, l’addebito del valore dei beni donati, a carico della quota dell’erede donatario, ed il contemporaneo prelevamento di una corrispondente quantita’ di beni da parte degli eredi non donatari, cosicche’ soltanto nella collazione per imputazione, non in quella in natura, i beni rimangono sempre in proprieta’ del coerede donatario, che li trattiene in virtu’ della donazione ricevuta e deve versare alla massa solo l’equivalente pecuniario, il che di norma avviene soltanto idealmente” (Cass. n. 2453/1976).
Insomma, solo con la collazione in natura il bene diventa, in termini reali, oggetto di comunione fra il donatario e gli altri coeredi: esso sara’ diviso fra i coeredi insieme alle altre cose presenti nell’asse in ragione della rispettiva quota ereditaria (Cass. n. 4777/1983); con la collazione per imputazione e’ ripartito invece il valore della stessa donazione: attraverso il metodo dei prelevamenti o altro equivalente i coeredi non donatari conseguono sulla massa comune, in aggiunta al valore della quota quale sarebbe stata senza la collazione, anche il valore che loro compete sul bene donato in proporzione di quella stessa quota. Il bene donato, conferito per imputazione, rimane di proprieta’ del donatario (Cass. n. 25646/2008; n. 9177/2018).
In conformita’ con tali principi e’ stato chiarito che la sentenza che disponga la collazione della donazione, senza specificare il modo in cui essa debba aver luogo, non comporta necessariamente il conferimento in natura del bene donato: ne consegue che non e’ ravvisabile alcuna violazione di giudicato nella statuizione successiva che abbia disposto, in conformita’ della scelta della parte, la collazione per imputazione con versamento in denaro rispetto alla quota spettante (Cass. n. 1481/1979). Costituisce inoltre principio acquisito che, nei casi in cui la legge attribuisce al coerede donatario la facolta’ di scelta fra il conferimento in natura ed il conferimento per imputazione, tale facolta’ di scelta deve intendersi attribuita senza alcun limite, e quindi anche per l’ipotesi in cui il valore del bene donato sia superiore al valore della quota. In tale ipotesi, ove il coerede scelga l’imputazione, come in tutti gli altri casi in cui l’imputazione e’ l’unico modo di collazione ammesso dal Codice civile, il coerede dovra’ imputare alla sua quota il valore della donazione ricevuta fino a concorrenza del valore della quota stessa, e dovra’ versare alla massa l’equivalente pecuniario dell’eccedenza (Cass. n. 3598/1956; n. 28196/2020).
Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
E’ naturale che, all’interno di questo sistema, imperniato sulla facolta’ di scelta attribuito al donatario, che la collazione di una donazione di bene immobile, in mancanza di una specifica manifestazione di volonta’ del donatario per il conferimento in natura, deve avvenire per imputazione.
In palese contrasto con questi principi, la sentenza impugnata ha inserito l’appartamento di via (OMISSIS) nel progetto di divisione, considerandolo alla stregua di un bene comune, stimato per il valore attuale e incluso in una delle porzioni da estrarre a sorte, come se fosse stato conferito in natura. Diversamente, in assenza di scelta per il conferimento in natura, l’immobile doveva ritenersi conferito ai coeredi per imputazione per il valore determinato ex articolo 747 c.c. Pertanto, restando ferma la proprieta’ del donatario, i coeredi avrebbero dovuto concorrere sul valore di esso mediante il metodo dei prelevamenti, avuto riguardo alla parita’ voluta dal testatore e tenuto conto naturalmente dell’esito della riduzione (Cass. n. 28196/2020).
9. Il quinto motivo e’ fondato. E’ un fatto pacifico, ammesso anche dai controricorrenti, che la riduzione ha colpito solo la donazione dissimulata del 1981 e non anche la donazione palese conclusa in pari data. Le due donazioni avevano avuto per oggetto beni contigui, tuttavia tale considerazione, proposta con il controricorso, non vale a legittimare l’inclusione nel progetto di divisione di porzioni che non avevano costituito oggetto della sentenza di riduzione. Queste, benche’ di provenienza da donazione di pari data, erano rimaste di proprieta’ del donatario, fermo l’obbligo del conferimento in applicazione delle norme sulla collazione, secondo il gia’ richiamato modo di operare dell’istituto nel caso di concorso con l’azione di riduzione (Cass. n. 28196/2020 cit.).
10. Il sesto motivo e’ infondato. I miglioramenti, in quanto nella specie pacificamenti apportati dopo l’apertura della successione, erano estranei all’ambito della riduzione gia’ pronunciata, sicche’ i donatari non possono pretenderne la deduzione dal valore del bene, secondo una logica simile a quella dell’articolo 748 c.c. Invero, il valore dei miglioramenti di cui si deve tenere conto ai sensi di tale norma e’ quello accertabile al momento dell’apertura della successione, essendo a questo stesso momento riportata la stima dei beni donati, secondo quanto dispone l’articolo 556 c.c. che richiama gli articoli 747-750 concernenti le modalita’ di determinazione del valore dei beni da conferire in collazione.
Una volta instauratasi la comunione sui beni oggetto della donazione ridotta, secondo l’effetto costitutivo tipico della sentenza di riduzione, questi stessi beni andavano compresi nel susseguente progetto per il loro valore effettivo, tenuto conto dei miglioramenti, salvo il diritto al rimborso da parte di colui che li avesse effettuati, se ed in quanto una domanda in questo senso fosse stata proposta.
Divisione ereditaria spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell’immobile donato in natura
I ricorrenti richiamano nella memoria l’articolo 749 c.c., che prevede l’ipotesi dei miglioramenti apportati dall’acquirente del bene donato. Il richiamo non fornisce alcun argomento alla tesi dei ricorrenti. Infatti, i miglioramenti dovuti alla condotta dell’acquirente, considerati dalla norma, sono pur sempre quelli intervenuti prima dell’apertura della successione, che vanno trattati alla stregua dei miglioramenti (e deterioramenti) dovuti alla condotta del donatario.
11. Il settimo, l’ottavo motivo e il nono motivo sono assorbiti, in quanto propongono questioni sul progetto di divisione dei beni oggetto di riduzione e dei beni oggetto di conferimento, che dovranno essere, l’uno e l’altro, rifatti in conseguenza dell’accoglimento del quarto e del quinto motivo.
12. E’ assorbito l’undicesimo motivo riguardante il governo delle spese di lite.
13. La sentenza impugnata va cassata, dunque, in relaziona ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, la quale, ferma l’attribuzione dei beni relitti (non toccata dai motivi di ricorso) e la ripartizione proporzionale della comproprieta’ del bene oggetto di riduzione, dovra’ provvedere alle operazioni di divisione e collazione degli altri beni attenendosi a quanto sopra. La corte di rinvio liquidera’ anche le spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e quinto motivo; rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’, innanzi alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione.
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