Corte di Cassazione, penale, Sentenza|28 maggio 2021| n. 21320.
Il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art. 319 quater cod. pen. non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, sicché il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente. La resistenza della persona offesa mal si concilia con l’adesione alla proposta: presuppone piuttosto che, a seguito della indebita richiesta, il destinatario della stessa, prometta solo fittiziamente l’adempimento dell’obbligazione assunta, decidendo al contempo di denunziare il fatto, avviare le indagini e favorire la consegna controllata della somma indebitante richiesta, in tal modo manifestando concretamente ed in immediatezza la volontà di resistere all’induzione.
Sentenza|28 maggio 2021| n. 21320. Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
Data udienza 1 aprile 2021
Integrale
Tag – parola: Induzione indebita a dare o promettere utilità – Consumazione del reato – Sufficienza della promessa di denaro o di altre utilità fatta dall’indotto al pubblico ufficiale – Irrilevanza dell’eventuale riserva mentale di non adempiere – Censure di merito – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RICCIARELLI M. – Presidente
Dott. VILLONI Orland – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersili – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetan – Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA B – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 7 luglio 2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Dott. Benedetto Paterno’ Raddusa;
sentite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Picardi Antonietta, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
sentito l’avvocato (OMISSIS), in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS), per la parte civile, che ha depositato nota spese e conclusioni alle quali si e’ richiamato nel senso della reiezione del ricorso con conferma della sentenza impugnata e condanna anche alle spese del grado;
sentito l’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
RITENUTO IN FATTO
1. Tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Enna con l’imputazione di cui all’articolo 317 c.p., (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile del reato allo stesso contestato, con condanna alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, (OMISSIS), liquidato equitativamente in Euro 6000 oltre accessori.
In particolare, l’imputato, cancelliere in servizio presso il Tribunale di Enna, chiamato a redigere un inventario ai sensi degli articoli 424, 362 e 363 c.p.c., avrebbe costretto la persona offesa, difensore dei tutori della persona interdetta, prima a promettergli e poi a consegnargli la somma di Euro 500 quale illecito compenso da rendere per il compimento dell’attivita’ di sua competenza, prospettando, in caso di rifiuto, la mancata realizzazione dell’incombente con conseguente ritardo e maggiore onerosita’ della relativa procedura per i clienti della (OMISSIS).
2.Interposto appello da parte dell’imputato, la Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza descritta in epigrafe, ha riqualificato il fatto ascritto al (OMISSIS) in termini di induzione indebita ex articolo 319 quater c.p. e per l’effetto ha ridotto la pena irrogata in primo grado e rideterminato anche la misura del danno liquidato in favore della parte civile, ora quantificato in Euro 3000.
3. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato e adduce quattro motivi di ricorso.
3.1. Con il primo si lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b, c, e per la ritenuta violazione degli articoli 191, 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., lettera e), articolo 530 c.p.p. nonche’ degli articoli 49 e 319-quater c.p..
I giudici del merito avrebbero travisato per omissione l’insieme delle conversazioni occorse dopo la denunzia della persona offesa tra il ricorrente e la (OMISSIS) e quelle tra quest’ultima e gli inquirenti che seguivano le indagini. Emergenze dalle quali traspare con evidenza, ad avviso della difesa, la figura di agente provocatore assunta nella specie dalla persona offesa avendo la stessa, dopo aver riferito immediatamente la richiesta indebita alla Procura della Repubblica competente, contribuito in modo decisivo a determinare il proposito illecito dell’odierno ricorrente, convincendolo della liceita’ del compenso richiesto e sollecitandolo alla dazione, con conseguenze sia di matrice processuale (dovendosi ritenere inutilizzabili le dichiarazioni della persona offesa), sia di ordine sostanziale, per l’applicabilita’ alla specie del disposto di cui all’articolo 49 c.p..
La Corte territoriale, in particolare non avrebbe dato il corretto rilievo all’atteggiamento tenuto dalla persona offesa, letto in considerazione della ferma convinzione del ricorrente che la somma chiesta, sempre definita in termini di “onorario” nei colloqui captati, era un compenso dovuto in considerazione dell’attivita’ da rendere senza che fosse necessaria una liquidazione giudiziale, cosi’ da incidere anche sull’elemento soggettivo. Il reato contestato, del resto, andava ritenuto impossibile anche alla stregua degli elementi in fatto rimarcati in sentenza, siccome desunti dalle captazioni, atteso che la frase intercettata, in forza della quale in assenza del pagamento il ricorrente avrebbe mandato “tutto dal notaio”, all’evidenza si sostanziava in una prospettazione negativa estranea alle competenze del (OMISSIS), comunque non necessariamente foriera di maggiori spese, dovendo provvedere alla nomina e alla relativa liquidazione comunque il Tribunale.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la qualificazione ascritta al fatto in termini di induzione indebita consumata e non tentata, considerato che la persona offesa aveva resistito alla pretesa e si era rivolta alle forze dell’ordine prima di promettere o eseguire la dazione indebita, avendo gia’ sporto denunzia al momento della consegna del danaro riscontrata al momento dell’arresto.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’articolo 323- bis c.p..
La speciale attenuante invocata dalla difesa andava riconosciuta alla luce della condotta riscontrata, del dolo accertato, delle caratteristiche dell’evento: la modestissima somma richiesta e l’astrusita’ della minaccia dovevano supportare una decisione diversa, non adeguatamente argomentata in ragione del danno all’immagine arrecato alla pubblica amministrazione, conseguenza inevitabile in presenza di reati contro la pubblica amministrazione.
3.4. Con l’ultimo motivo si contesta, sempre sotto i medesimi versanti del difetto di motivazione e della violazione di legge, la determinazione dell’ammontare del risarcimento disposto in favore della persona offesa, ritenuta eccessiva e non argomentata in forza di precise indicazioni.
Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita l’accoglimento per quanto, ad avviso della Corte, la valutazione in diritto sottesa al giudizio di responsabilita’, operato con la decisione impugnata, corretta nella soluzione adottata, impone un intervento correttivo diretto a meglio calibrarne il portato.
2. I primi due motivi di censura possono essere trattati congiuntamente.
2.1. Rileva la Corte, del resto in linea con quanto emarginato nella stessa sentenza impugnata, senza che sul punto siano state sollevate contestazioni esplicite nel ricorso sottoposto all’odierno scrutinio, che l’intera vicenda in fatto ben puo’ essere ricostruita prescindendo dalle dichiarazioni della persona offesa, facendo leva su alcuni elementi incontroversi acquisiti nel corso del giudizio (perche’ ribaditi dalla stessa difesa anche alla luce del memoriale consegnato dall’imputato al Gip, utilizzato per decidere dal Tribunale), nonche’ sugli esiti delle intercettazioni (pacificamente eseguite nell’inconsapevolezza della parte civile) e dell’attivita’ di osservazione resa a seguito della denunzia della (OMISSIS).
2.2. In particolare, alla luce di tali emergenze istruttorie, la vicenda in fatto puo’ ritenersi cristallizzata in linea con le seguenti direttrici.
In primo luogo, e’ incontroverso che fu il ricorrente a chiedere alla persona offesa il pagamento della somma di Euro 500 per rendere l’inventario e che siffatta richiesta venne accompagnata da un contegno intimidatorio: in particolare la minaccia rivolta alla persona offesa si concreto’ nel prospettato rifiuto di accettare l’incarico, con conseguente rallentamento della procedura e maggiori oneri per la procedura, come confermato sul piano logico dalla intercettazione (successiva, in ordine di tempo, rispetto alla richiesta, ma inequivoca per il portato inferenziale che se ne trae, rispetto ai termini complessivi della vicenda) nel corso della quale il ricorrente ebbe a rimarcare alla (OMISSIS) che il mancato adempimento all’impegno assunto avrebbe provocato la necessita’ di rivolgersi ad un notaio per la redazione dell’inventario.
Parimenti, e’ altrettanto comprovato che la persona offesa, a fronte della richiesta, decise di assecondarla, chiedendo semmai di frazionarne il pagamento in piu’ tranche, provvedendo solo nei giorni seguenti a denunziare il fatto prima alla Procura competente e poi a formalizzare la denunzia alla PG. L’adempimento legato a siffatto impegno, e’ poi avvenuto a distanza di un mese mediante la consegna dell’importo pattuito, circostanza osservata dalla Pg che provvedeva poi all’arresto dell’imputato nella immediatezza del fatto.
2.3. Questo il quadro fattuale di riferimento, giova precisare che le contestazioni mosse dalla difesa, dirette a smontarne il portato, non si confrontano con la puntuale ricostruzione operata in primo grado, apprezzata con espliciti richiami dalla Corte di appello, diretta a descrivere il complessivo contesto nel quale l’attivita’ di redazione dell’inventario in oggetto doveva essere resa, avuto riguardo, in particolare, al grave arretrato che affliggeva il Tribunale di Enna relativamente a siffatti incombenti, rispetto ai quali solo due cancellieri, uno dei quali l’imputato, avevano dichiarato la relativa disponibilita’.
In questa cornice, del tutto coerentemente e’ stato ritenuto che l’atteggiamento prospettato dal (OMISSIS) (subordinando la dazione della somma richiesta alla stessa esecuzione dell’incarico e minacciando di rifiutare l’incombente), ben si correlava alla ricostruzione accusatoria (perche’ il tutto avrebbe quantomeno inciso sulla puntuale esecuzione dell’inventario oltre che su possibili costi in caso di sopravvenuta necessita’ di rivolgersi ad un notaio), seppur rivisitata dalla Corte territoriale quanto alla veste giuridica ritenuta piu’ confacente alla specie.
Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
Il compenso richiesto, inoltre, certamente veicolava una pretesa illecita, perche’ se e’ vero che tale attivita’, ove resa fuori dall’orario lavorativo e attraverso necessarie trasferte rispetto al luogo di residenza, andava retribuita, e’ altrettanto incontrovertibile che l’importo sollecitato, oltre a risultare del tutto estraneo a qualsiasi ambito normativo di riferimento nella relativa quantificazione (su questo versante la sentenza coerentemente richiama la puntuale la ricostruzione operata dal primo giudice sulla relativa esorbitanza, quali che potessero essere i relativi criteri di commisurazione), sfuggiva anche ad ogni possibile conforto formale (non trovando supporto in qualsivoglia liquidazione intranea al relativo procedimento).
Del resto, la consapevolezza della illiceita’ della richiesta nonche’ delle conseguenti promesse e dazioni in capo all’imputato deve ritenersi aspetto logicamente confermato, oltre che dal riferimento alle competenze professionali, che rendono evidentemente inverosimile il fraintendimento rispetto alla natura della proposta, anche dalle inequivoche modalita’ della dazione (realizzata, con la consegna della somma in contanti, fuori dai locali del Tribunale), all’evidenza distoniche rispetto alla prospettazione difensiva.
2.4.Cio’ precisato, nella sentenza impugnata per un verso si rimarca che la persona offesa decise di addivenire da subito alla proposta illecita, chiedendo un pagamento frazionato; per altro verso e non senza una certa contraddittorieta’ logico giuridica si evidenzia che l’accordo illecito doveva ritenersi solo apparentemente perfezionato in quel frangente ” visto l’elemento psicologico che sorreggeva l’adesione condizionata della (OMISSIS)”… consapevole della illiceita’ dell’accordo ma priva ” della ferma volonta’ di tenervi fede” tanto da essersi poi convinta a denunziare il tutto, dando l’avvio all’attivita’ di indagine.
Il reato, ad avviso della Corte territoriale, si sarebbe consumato al momento della consegna del danaro allorquando la ricorrente, pur essendosi gia’ rivolta ai carabinieri, avrebbe deciso definitivamente di accettare la proposta, in ragioni di ulteriori impedimenti posti in essere dall’imputato rispetto alla puntale esecuzione dell’incarico.
2.4.1. Il ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, corretto nella conclusione quanto alla ritenuta configurabilita’ del reato di induzione indebita nella forma non tentata ma consumata, non convince con riguardo al momento in cui si sarebbe definita, nei suoi estremi essenziali, l’ipotesi di reato configurata.
Va ribadito, infatti, che il delitto di induzione indebita non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente (Sez. 6, n. 35271 del 22/06/2016, Mercadante e altro, Rv. 267986; Sez. 6, n. 6846 del 12/01/2016, Farina e altro, Rv. 265901; Sez. 6, n. 46071 del 22/07/2015, Scarcella e altro, Rv. 265351; Sez. 6, n. 32246 del 11/04/2014, Sorge, Rv. 262075). La resistenza della persona offesa, dunque, mal si concilia con l’adesione alla proposta: presuppone piuttosto che, a seguito della indebita richiesta, il destinatario della stessa, prometta solo fittiziamente l’adempimento dell’obbligazione assunta, decidendo al contempo di denunziare il fatto, avviare le indagini e favorire la consegna controllata della somma indebitante richiesta, in tal modo manifestando concretamente ed in immediatezza la volonta’ di resistere all’induzione.
Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
2.4.2. Una tale situazione non trova conferme nella dinamica in fatto emersa dalle sentenze di merito e sopra riassunta nei suoi tratti essenziali.
Piuttosto, va rimarcato che ai fini della consumazione del delitto di induzione indebita, e’ sufficiente la promessa di denaro o di altre utilita’ fatta dall’indotto al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio, senza che abbia rilevanza alcuna la riserva mentale di non adempiere, ne’ l’intendimento di sollecitare l’intervento della polizia giudiziaria affinche’ la dazione avvenga sotto il suo controllo, non rientrando il suo effettivo adempimento fra gli elementi costitutivi del reato (Sez. 6, n. 16154 del 11/01/2013, Pierri, Rv. 254541; Sez. 6, n. 13047 del 25/02/2013, Piccinno, Rv. 254467).
E sotto questo versante, guardando alla fattispecie a scrutinio, l’adesione immediata alla proposta da parte della persona offesa, inizialmente allettata dalla situazione di vantaggio che la stessa comunque sottintendeva, risulta disvelata inequivocabilmente dalla immediata richiesta di un pagamento frazionato del dovuto oltre che confermata dalla ricostruzione operata dal primo giudice, apprezzata pedissequamente dalla Corte territoriale, dalla quale si evince che, proprio a conforto di un accordo gia’ raggiunto, il (OMISSIS) ebbe ad adoperarsi sin da subito nel dare esecuzione ai primi adempimenti legati all’attivita’ da rendere. Tanto consente di affermare che il reato contestato, nella diversa veste giuridica privilegiata dalla sentenza impugnata, si era consumato gia’ prima della consegna della somma al (OMISSIS), al momento stessa’ della richiesta veicolata dal ricorrente, prontamente accettata dalla (OMISSIS), che solo in un secondo momento, quando l’imputato si era gia’ attivato per dare corso al relativo impegno, diede concretezza alla scelta di denunziare il tutto.
2.5. Facendo leva su una siffatta diversa ricostruzione in diritto, ne consegue la definitiva inconferenza delle ragioni di doglianza prospettate con i primi due motivi di ricorso.
Il primo motivo, infatti, finisce per investire aspetti che non incidono sulla responsabilita’ ascritta all’imputato perche’ diretti a riguardare condotte (tenute dalla persona offesa e ritenute dalla difesa determinanti nel radicare la scelta illecita del ricorrente) in realta’ successive alla consumazione del reato. Quanto al secondo motivo, ne risulta definitivamente radicata l’infondatezza, alla luce delle indicazioni argomentative gia’ svolte.
3. Gli ultimi due motivi sono manifestamente infondati, ai limiti della radicale inammissibilita’.
3.1. L’attenuante speciale prevista dall’articolo 323-bis c.p. per i fatti di particolare tenuita’, diversamente da quella comune di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 4, ricorre quando il reato, valutato nella sua globalita’, presenti una gravita’ contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l’entita’ del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell’atteggiamento soggettivo dell’agente e dell’evento da questi determinato.
Questa la cornice normativa di riferimento, deve ritenersi immune a censure l’argomentare speso dalla Corte territoriale nel negare applicabilita’ alla invocata diminuente, facendo leva sulla affatto indifferente incidenza della condotta riscontrata rispetto alla lesione apportata all’immagine della pubblica amministrazione coinvolta, messa in discussione in termini ancor piu’ incisivi, una volta che si consideri sia la delicatezza delle funzioni svolte dall’imputato, sia il ristretto ambito territoriale di riferimento (quello del circondario di Enna), a fronte di un cosi’ modesto lucro indebito perseguito.
Delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità
3.2. Infine, e’ inammissibile la censura diretta a contestare il danno liquidato in favore della parte civile, che, per la genericita’ che la connota, in quanto priva di un effettivo confronto con il portato della motivazione adottata, finisce per sostanziarsi nella irrituale sollecitazione di rivalutazione nel merito del relativo tema di giudizio, estranea ai poteri di questa Corte.
4. Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle affrontate nel grado dalla parte civile costituita, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 3510 oltre accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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