Delitto di bancarotta per distrazione

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 7 maggio 2020, n. 14010.

Massima estrapolata:

Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di persone che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società, segnatamente di persone (oltreché di capitali, alla luce di Sez. U. Civ. n. 1545 del 2017, Rv. 642004-03), non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica.

Sentenza 7 maggio 2020, n. 14010

Data udienza 12 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Bancarotta fraudolenta patrimoniale – Società fallita – Accomandatario – Distrazione somme – Causale “prelievo soci” – Omessa giustificazione – Somma destinata a fini diversi da quelli propri dell’azienda – Beneficiario soggetto estraneo alla società – Sottrazione alla garanzia dei creditori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/01/2019 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa PEZZULLO ROSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa FILIPPI PAOLA;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
uditi i difensori:
L’Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso.
L’Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 14.1.2019 la Corte d’Appello di Torino, in riforma della sentenza del locale Tribunale del 13/5/2016 ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS), accomandatario della societa’ (OMISSIS) s.a.s., ad anni due di reclusione e nella medesima misura di due anni le pene accessorie, per il reato di cui alla L. Fall., articoli 216, 222, 219, per aver distratto denaro e altri beni della societa’.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, deducendo:
– con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza della responsabilita’ dell’imputato, per gli episodi di cui ai punti 1, 2 e 4 della rubrica, vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato e dalle relazioni del curatore acquisite agli atti, nonche’ carenza di motivazione con riferimento agli episodi di cui ai punti 5 e 6; in particolare, con riferimento al punto 1 in contestazione (relativo all’erogazione della somma di Euro 18.840,00 in favore di (OMISSIS) per l’acquisto di un immobile), nessuna censura puo’ essere mossa all’imputato per detta operazione, ben potendo essere giustificata quale prelievo effettuato a titolo di emolumento, in ragione della propria qualita’ di amministratore e dell’impegno profuso nell’interesse dell’ente, sicche’ non assume rilevanza che tale importo sia stato immediatamente stornato in favore della sorella al fine di finanziarne, in proprio, l’acquisto dell’unita’ produttiva di (OMISSIS); quanto alla contestazione al punto 2 (afferente all’erogazione della somma di Euro 19.240,00 tramite mod. f24, addebitato sul conto corrente della (OMISSIS) s.a.s. per il versamento dell’IVA per l’acquisto del capannone di (OMISSIS)), deve rilevarsi come sia lo stesso curatore a dare atto, nella propria relazione, che vi era stata la costituzione della relativa provvista da parte dell’imputato stesso, mediante il versamento nelle casse della societa’ di una somma di pari entita’ a titolo di apporto soci, sicche’ appare del tutto apodittica l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata,come tale versamento risulti meramente fittizio; in merito, poi, alle condotte di cui al punto 4 (prelievi bancari per oltre 360.000,00 Euro, effettuati dal 2005 al 2010), l’enunciazione fatta dalla Corte territoriale, secondo cui lo stato di crisi della societa’ fallita esisteva gia’ all’atto del primo di tali prelievi, persistendo ed aggravandosi al tempo di quelli successivi, deve ritenersi smentita dalle osservazioni svolte dal curatore fallimentare, secondo cui solo negli anni 2008-2009 vi sono stati i primi segnali del dissesto ed i prelievi effettuati in tale periodo si riducono solo ad Euro 30.000; infine, quanto alle contestazioni dei punti 5 e 6 del capo d’imputazione (mancato rinvenimento della cassa per oltre Euro 67.000,00 e delle scorte di magazzino) vi e’ l’assoluta carenza della motivazione della sentenza impugnata, limitandosi la Corte territoriale ad osservare che i motivi di appello non apportano elementi idonei ad una diversa valutazione rispetto a quella operata dal giudice di prime cure;
– con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di motivazione in riferimento al punto 4, per totale carenza della motivazione in ordine all’invocata possibilita’ di circoscrivere i fatti in questione entro l’ambito della meno grave fattispecie di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 3; con l’atto di appello,invero, era stato evidenziato come i prelievi effettuati dalle casse societarie dall’imputato fossero da inquadrarsi nell’ambito della bancarotta preferenziale, siccome operati a titolo di remunerazione per la funzione gestoria negli anni esercitata e per l’impegno personale profuso in favore dell’attivita’ dell’ente; tali prelievi si presentano, dunque, del tutto giustificati, poiche’ corrispondenti a crediti che l’amministratore stesso vantava nei confronti della societa’, in ragione della funzione e della carica ricoperta, ma la Corte territoriale non si e’ soffermata sulla questione, n’e’ ha ritenuto di esplicitare le ragioni per cui la tesi difensiva non fosse meritevole di accoglimento;
– con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di motivazione in relazione alla durata delle pene accessorie, rideterminata a seguito della sentenza n. 222/2018 della Corte Costituzionale; invero, tale rideterminazione merita censura siccome operata in via automatica, nella stessa misura di quella principale, senza alcuna esplicitazione dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. che hanno governato la stessa, ossia senza alcuna giustificazione di siffatta decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. Il primo motivo di ricorso si presenta inammissibile, atteso che, a dispetto del vizio di motivazione denunciato, tende in sostanza, su tutti i punti oggetto di imputazione, a sottoporre al giudizio di legittimita’ aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. Secondo l’incontrastata giurisprudenza di legittimita’, esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’ riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone). Il controllo di legittimita’, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
2. Tanto premesso in linea generale si osserva comunque che le censure riguardanti l’addebito di cui al punto 1 mosso all’imputato -relativo all’erogazione della somma di Euro 18.840,00 in favore di (OMISSIS) per l’acquisto di un immobile – si presentano manifestamente infondate, non meritando alcuna censura la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto inquadrabile nella bancarotta fraudolenta per distrazione l’operazione con la quale l’imputato ha richiesto l’emissione – dal conto corrente n. 19054 della banca (OMISSIS), intestato alla (OMISSIS) s.a.s. – di un assegno circolare non trasferibile n. (OMISSIS) dell’8.11.2007 dell’importo di Euro 18.840,00 in favore di (OMISSIS), somma questa utilizzata per l’acquisto dell’immobile in (OMISSIS). La sentenza impugnata ha evidenziato in proposito, altresi’, come l’operazione risulti contabilizzata come “prelievo soci”, ma tale causale non trovi alcuna plausibile giustificazione, essendo stata la somma destinata a fini diversi da quelli propri dell’azienda, a beneficio di un soggetto estraneo alla societa’ stessa, sottraendola cosi’ alla garanzia dei creditori. La circostanza, poi, secondo cui il prelievo di tale somma deve considerarsi quale prelievo di emolumenti spettanti all’imputato per l’attivita’ prestata in qualita’ di amministratore non trova alcun concreto aggancio in decisioni dei soci della s.a.s. in tal senso (anche per quanto si dira’ anche sub 3) e, comunque, il passaggio di denaro e’ avvenuto direttamente in favore dell’extraneus.
2.1. Analoghe considerazioni devono svolgersi con riguardo alla contestazione di cui al punto 2 (afferente all’erogazione della somma di Euro 19.240,00 tramite mod. f24, addebitata sul conto corrente della (OMISSIS) s.a.s. per il versamento dell’iva per l’acquisto del capannone di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS)), atteso che le generiche deduzioni sviluppate sul punto dal ricorrente, circa la costituzione della relativa provvista quale apporto “soci”, mediante il versamento nelle casse della societa’ di una somma pari a quella indicata, non si confrontano con quanto evidenziato nella sentenza impugnata, circa la mancata contabilizzazione nell’estratto societario dell’apporto indicato, ragion per cui deve ritenersi che tale somma non sia mai entrata nelle casse della fallita, ma solo annotata in contabilita’ e dunque distratta.
2.2. In merito, poi, alle censure relative all’addebito di cui al punto 4 (prelievi bancari per oltre 360.000,00 Euro, effettuati dal 2005 al 2010), esse si presentano del tutto generiche, non confrontandosi l’imputato con l’argomentazione dirimente, secondo cui non risultano causali giustificative che possano ricondurre i prelievi ad attivita’ della societa’, gia’ in avanzata crisi e non piu’ dinamica. Sul punto e’ sufficiente evidenziare come il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione sussista quando i beni siano utilizzati per finalita’ diverse da quelle cui erano destinati, o quando il ricavato della loro alienazione venga volontariamente impiegato per fini diversi rispetto a quelli della impresa, si’ da sottrarlo alla stessa funzionalita’ dell’azienda ed alla garanzia dei terzi; infatti, la facolta’ dell’imprenditore di disporre dei suoi beni prima della dichiarazione di fallimento trova un limite nella destinazione del patrimonio alla funzionalita’ dell’impresa ed all’adempimento della obbligazione assunta (rv. 105174).
2.3. Analogamente del tutto generiche si presentano le doglianze relative alle contestazioni dei punti 5 e 6 del capo d’imputazione (mancato rinvenimento della cassa per oltre Euro 67.000,00 e delle scorte di magazzino), avendo fatto la Corte territoriale corretta applicazione dei principi, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della societa’ dichiarata fallita puo’ essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, Rv. 267710).
3. Manifestamente infondato si presenta, altresi’, il secondo motivo di ricorso, circa la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’invocata possibilita’ di circoscrivere i fatti in questione, entro l’ambito della meno grave fattispecie di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 3, essendo i prelievi effettuati dall’imputato dalle casse societarie ascrivibili ad una remunerazione per la funzione gestoria svolta.
3.1. Sul punto la sentenza impugnata nell’inquadrare i fatti ascritti all’imputato nell’ambito della fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione L. Fall., ex articolo 216, comma 1, n. 1 ha rigettato di fatto l’impostazione del ricorrente, essendo, oltreche’ generica, del tutto disancorata dagli elementi oggettivi valorizzati dalle sentenze di merito per ciascuna delle condotte descritte in imputazione. In particolare, questa Corte ha piu’ volte evidenziato che commette il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale il socio amministratore di una societa’ di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il “lavoro” prestato nell’interesse della societa’, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di societa’ del medesimo settore, i risultati raggiunti ecc. (arg. ex Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017 Rv. 271464).
3.2. Tale orientamento deve essere ancor piu’ ribadito alla luce degli importanti principi affermati dalle Sez. Un. Civili con la sentenza n. 1545 del 20/01/2017, Rv. 642004, che, nell’analizzare il rapporto che lega l’amministratore alla societa’ (nella fattispecie in quella sede esaminata si trattava di una s.p.a., ma, per quanto si dira’, a maggior ragione valgono per le societa’ di persone quale quella in esame), ha evidenziato come esso si inquadri tra i “rapporti societari”, data l’essenzialita’ del rapporto di rappresentanza in capo all’amministratore che, essendo funzionale, secondo la figura della c.d. immedesimazione organica, alla vita della societa’, consente alla stessa di agire. In altri termini, tale rapporto e’ rapporto “di societa’” perche’ serve ad assicurare l’agire della societa’ stessa, non assimilabile, in quest’ordine di idee, ne’ ad un contratto d’opera (in questo senso, cfr. gia’ Cass. 22046/14), ne’ tantomeno ad un rapporto di tipo subordinato o parasubordinato. Non e’ escluso, pero’, che s’instauri, tra la societa’ e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce, un autonomo, parallelo e diverso rapporto che assuma, secondo l’accertamento esclusivo del giudice del merito, le caratteristiche di un rapporto subordinato, parasubordinato o d’opera, ma la sussistenza di un simile rapporto deve essere verificata in concreto, essendo indispensabile, accertare l’oggettivo svolgimento di attivita’ estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico.
3.3. Tale rapporto di “immedesimazione organica” rileva ancor piu’ per le societa’ di persone come la fallita, che e’ una s.a.s., ove il potere di amministrare e’ strettamente connesso alla responsabilita’ illimitata del socio, che ha un preciso interesse a svolgere l’attivita’ gestoria appunto. Da tale natura, invero, discende che la spettanza di un compenso all’amministratore non puo’ essere data per scontata, ma deve essere appositamente decisa e determinata dai soci e nel caso di societa’ di capitali dall’assemblea sociale.
4. Inammissibile, siccome del tutto generico, si presenta il terzo motivo di ricorso in merito alla rideterminazione nella stessa misura della pena principale della durata delle pene accessorie di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 4, stante la declaratoria di illegittimita’ costituzionale (sent. n. 222/2018) di tale disposizione, nella parte in cui prevede pene accessorie (l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacita’ di esercitare uffici direttivi nelle imprese) di durata fissa decennale, anziche’ di durata fino a dieci anni. Il ricorrente si limita a dedurre, in proposito, che non risulterebbero enunciati dalla Corte territoriale i criteri ex articolo 133 c.p., utilizzati per la rideterminazione della pena nella misura indicata, cio’ in considerazione del principio affermato dalle S.U. di questa Corte (Sez. Un. N. 28910 del 28/02/2019, Rv. 2762866), secondo cui le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’articolo 133 c.p..
Il ricorrente, tuttavia, al di la’ della generica deduzione di una sorta di automatismo nella rideterminazione, essendo state le pene accessorie fissate nella stessa misura di quelle principali, nessun elemento ha addotto per ritenere illogica o irragionevole tale rideterminazione, alla luce dei principi piu’ volte affermati da questa Corte, secondo cui la graduazione della pena, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142).
3. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ riconducibile a colpa del ricorrente al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2000,00, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *