Il danno biologico quando è oggetto di accertamento medico-legale

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 9 luglio 2019, n. 18328.

La massima estrapolata:

Il danno biologico, quando è oggetto di accertamento medico-legale, deve essere considerato come unica voce di danno. La quantificazione distinta, poi unita anche con una somma aritmetica, costituisce una duplicazione risarcitoria, che, come tale, non è ammissibile. La lesione alla salute psico-fisica comporta fisiologicamente anche un pregiudizio ai profili dinamico-relazionali della vittima.

Ordinanza 9 luglio 2019, n. 18328

Data udienza 15 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

Dott. IANNELLI Domenico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14182-2016 proposto da:
(OMISSIS), in persona del procuratore dirigente, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 624/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 07/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/03/2019 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RILEVATO

CHE:
1.- (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Agrigento, (OMISSIS) e la (OMISSIS) per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti, a vario titolo, in conseguenza di un sinistro stradale verificatosi in (OMISSIS), da ascriversi alla responsabilita’ esclusiva di (OMISSIS) e nel quale subiva gravi lesioni personali (OMISSIS), figlio degli altri due attori.
Nel contraddittorio con i convenuti, l’adito Tribunale di Agrigento, accertata l’esclusiva responsabilita’ di (OMISSIS), la condanno’ in solido con la (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di Euro 16.662,91 – essendo gia’ stati corrisposti Euro 40.000,00 nel corso di causa -, mentre rigetto’, per carenza di prova, la domanda risarcitoria proposta dai genitori della vittima, (OMISSIS) e (OMISSIS), per “asserita sindrome ansioso-depressiva da loro subita a causa dell’incidente del figlio”.
2.- Avverso tale decisione proponeva impugnazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che la Corte di appello di Palermo, espletata nuova c.t.u. collegiale medico-legale, accoglieva, con sentenza resa pubblica 7 aprile 2016, ad eccezione del gravame interposto dai genitori della vittima primaria del sinistro in ordine al riconoscimento del danno patrimoniale patito iure proprio.
2.1.- Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale, in relazione al danno non patrimoniale patito da (OMISSIS) in conseguenza del sinistro, riteneva, in base alla c.t.u. espletata in grado di appello (non avendo “ragione alcuna di dubitare, nemmeno in parte, della precisione dell’accertamento” relativo), che l’invalidita’ permanente del danneggiato fosse pari al 50% (“ossia di ben 34 punti superiore a quella riconosciuta dal primo giudice”), con conseguente liquidazione di un importo risarcitorio, calcolato sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano del 2014, di Euro 432.936,00.
Tale somma andava “”personalizzata”, per compensare il danneggiato delle sofferenze fisio-psichiche sopportate a seguito di lesioni personali cosi’ gravi”, a tal fine dovendosi utilizzare il coefficiente del 15% previsto dalle predette tabelle, con ulteriore riconoscimento dell’importo di Euro 66.920,40 e assorbimento di “qualsiasi minor voce di danno non patrimoniale una volta enucleata dalla giurisprudenza (…come danno morale, danno esistenziale, danno edonistico ecc.)”.
2.2. – Il giudice di appello, in base ad una “valutazione in via equitativa”, riconosceva, altresi’, la somma di Euro 65.000,00 a titolo di danno da “perdita parziale della capacita’ lavorativa specifica”, da presumersi sussistente, a prescindere dalla “prova del tipo di attivita’ che il giovane andrebbe a svolgere nei suoi anni futuri”, in ragione della “presenza di lesioni personali gravemente limitative dell’integrita’ biologica e fisica del soggetto”.
2.3.- La Corte territoriale, in forza delle “lunghe e intense sofferenze psichiche in loro provocate dalle gravi lesioni del figlio, che hanno scatenato in loro una sindrome ansioso-depressiva”, riconosceva sussistente, “in base a nozioni di comune esperienza”, un danno non patrimoniale patito dai genitori di (OMISSIS) e liquidava, in via equitativa liquidava, l’importo di Euro 10.000,00, oltre accessori, in favore di ciascuno di essi.
3.- Per la Cassazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo ricorre la (OMISSIS), in persona del suo procuratore speciale, affidando le sorti dell’impugnazione a nove motivi, illustrati da memoria.
Resistono con congiunto controricorso, illustrato da memoria, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede l’intimata (OMISSIS).

CONSIDERATO

CHE:
1.- Con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “vizio di motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti: sulle espletate Consulenze Tecniche d’Ufficio” (in relazione all’articolo 111 Cost., comma 6, nonche’ all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c.), per aver la Corte territoriale omesso di esaminare il fatto decisivo costituito dalle consulenze tecniche d’ufficio, mancando di “disvelare le ragioni” per cui non avrebbe affatto considerato le contestazioni ad esse mosse dalla compagnia di assicurazioni con la comparsa di costituzione e in tutti gli altri atti difensivi, limitandosi ad affermare sul punto che “non si ha ragione alcuna di dubitare, nemmeno in parte…” dell’accertamento tecnico, senza pero’ motivare, “neanche in maniera generica”, sul quadro probatorio acquisito, privando in tal modo la parte convenuta/appellata di comprendere l’iter logico posto a fondamento della sua decisione.
1.1. – Il motivo e’ inammissibile in tutta la sua articolazione.
1.1.1. – E’ inammissibile, anzitutto, la’ dove denuncia l’omesso esame di fatto decisivo e discusso tra le parti.
L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella vigente formulazione (introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), applicabile ratione temporis, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le molte, Cass., S.U., n. 8053/2014).
Nella specie, le censure mancano di evidenziare un “fatto storico” e decisivo, il cui esame sia stato omesso, poiche’ non puo’ ricondursi, di per se’, alla nozione di “fatto storico” (principale o secondario) la “consulenza tecnica d’ufficio” in quanto tale.
Giova, infatti, precisare che il “fatto storico” di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 e’ accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti e di attivita’ disciplinate dal codice di rito che, dunque, viene a caratterizzare la diversa natura e portata del “fatto processuale”, il quale segna il differente ambito del vizio deducibile, in sede di legittimita’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4.
La c.t.u., quindi, e’, come tale, un atto processuale, che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilita’ sanitaria), assurge a fonte di prova dell’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente).
Sicche’, la c.t.u. costituisce l’elemento istruttorio (il “dato”, secondo la citata Cass., S.U., n. 8053/2014) da cui e’ possibile trarre (non gia’ i meri apprezzamenti e le valutazioni tecniche, ma) il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente, il cui esame il giudice del merito abbia omesso e che la parte e’ tenuta ad indicare specificamente.
E’, pertanto, evidente che, avendo la Corte territoriale avendo espresso il proprio convincimento adesivo alle risultanze della c.t.u., riportate in modo articolato nella stessa sentenza (pp. 4/6), e non avendo la societa’ ricorrente evidenziato quale “fatto storico”, decisivo, essa abbia omesso di esaminare, la doglianza che lamenta una omessa e/o insufficiente motivazione circa le ragioni per cui il giudice di appello ha ritenuto di superare le contestazioni di parte appellata alla c.t.u. (nondimeno, all’esito di chiarimenti disposti proprio a seguito di dette contestazioni: cfr. p. 5 del ricorso) si risolve nella prospettazione di un vizio di motivazione non coerente con il paradigma di cui all’attuale formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma semmai evocante quello della previgente disposizione processuale.
1.1.2. – E’, altresi’, inammissibile l’ulteriore profilo di censura, che evoca una violazione dell’obbligo di motivazione.
A tal riguardo, va, anzitutto, rammentato che la norma del citato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (articolo 111 Cost. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053/2014 e la conforme giurisprudenza successiva).
Nella specie, la Corte territoriale, come detto, ha dato adeguata contezza delle risultanze della c.t.u. e ha espresso la propria adesione alle stesse risultanze (peraltro, formatesi anche all’esito di chiarimenti dei consulenti d’ufficio), rendendo del tutto intelligibile il ragionamento nelle premesse e nelle conclusioni.
Non e’, quindi, ravvisabile, nell’iter logico argomentativo espresso dalla sentenza impugnata, alcuna anomalia motivazionale tramutantesi in violazione di legge, risolvendosi le doglianze di parte ricorrente in critiche alla sufficienza della motivazione stessa, non pertinenti, dunque, rispetto al vizio dedotto.
2.- Con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2054 e 2059 c.c., nonche’ del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1992, per aver erroneamente il giudice di appello, nel quantificare il danno non patrimoniale, utilizzato un mero computo matematico di addizione delle percentuali delle varie voci di danno, anziche’ applicare ritenere una valutazione unitaria e complessiva, secondo il c.d. metodo proporzionalistico a scalare (c.d. “formula di Balthazard”), previsto dal citato D.M., in base al quale il valore di ogni punto di invalidita’ diminuisce con l’aumentare del numero delle altre invalidita’ preesistenti ed autonome interessanti il soggetto.
2.2. – Il motivo e’ fondato per quanto di ragione.
La Corte territoriale ha liquidato il danno non patrimoniale (nella sua componente di danno biologico dinamico relazionale) calcolando la percentuale di invalidita’ permanente del 50% a carico di (OMISSIS) – quale asserito esito di una “valutazione complessiva” – alla stregua (secondo quanto emerge dalla motivazione della stessa sentenza impugnata: cfr. pp. 5 e 6) di una sommatoria tra l’invalidita’ permanente (22%) riconosciuta in primo grado al danneggiato e quella riconosciutagli in secondo grado (28%) in forza delle risultanze della c.t.u. collegiale, derivante, a sua volta, dalla sommatoria tra i postumi permanenti per “Disturbo Post Traumatico da Stress” (16%), per “Disturbo d’ansia generalizzato” (6%) e per “Disturbo Distimico” (6%).
Ne consegue che – sebbene debba escludersi la pertinenza del richiamo al Decreto Ministeriale 5 febbraio 1992, che concerne il diverso ambito dell’accertamento delle minorazioni e delle malattie invalidanti ai fini (diversi dalla liquidazione del danno non patrimoniale, ex articolo 2059 c.c.) dei benefici di cui al Decreto Legislativo n. 509 del 1988 – – la decisione del giudice del merito e’, comunque, in contrasto con il consolidato principio (Cass. n. 5542/1996, Cass. n. 8286/1996, Cass. n. 12451/1998, Cass. n. 6502/2001) – che attiene alla regola legale di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale – secondo il quale, nel caso di lesioni plurime, derivate da un medesimo fatto lesivo, il danno biologico e’ unitario per cui la valutazione medico-legale delle singole menomazioni, che determinano un peggioramento globale della salute, deve essere complessiva.
Sicche’, pur dovendosi procedere ad un’analisi dell’inferenza che ogni singola menomazione ha prodotto sulla salute umana, il danno biologico globale va determinato non addizionando i singoli valori percentuali di invalidita’ riferibili a ciascuna minorazione, bensi’ considerando l’incidenza reale di dette minorazioni sulla complessiva validita’ del soggetto.
3.- Con il terzo mezzo e’ prospettata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2054 e 2059 c.c., per aver erroneamente la Corte riconosciuto l’aumento del 15% a titolo di personalizzazione del danno biologico, gia’ stimato nella misura del 50%, cosi’ da duplicare il risarcimento “per le medesime sofferenza”, senza indicare affatto se sussistessero “circostanze specifiche ed eccezionali idonee a rendere il danno concreto piu’ grave,…, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa eta’”.
4.- Con il quarto mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 111 Cost., comma 6, nonche’ all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., per aver il giudice di appello mancato di spiegare le ragioni in base alle quale sia dovuta, nel caso di specie, oltre al gia’ riconosciuto danno biologico, la c.d. personalizzazione del danno, non comprendendosi affatto, in base alla motivazione, se detta personalizzazione “sia derivata dalla circostanza che tali pregiudizi non siano stati ricompresi nella consulenza medico legale ovvero sia stata giustificata da altre cause”.
4.1. – Il terzo e quarto motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.
La Corte territoriale ha riconosciuto a (OMISSIS) la personalizzazione del danno non patrimoniale (nella misura del 15% in base alle tabelle milanesi) adducendo, unicamente, che essa andava a “compensare” le “sofferenze fisio-psichiche sopportate a seguito di lesioni personali cosi’ gravi”, cosi’ da assorbire “qualsiasi minor voce di danno”, ossia le voci cosiddette di “danno morale, danno esistenziale, danno edonistico”.
La decisione contrasta con il principio secondo cui il grado di invalidita’ permanente indicato da un “bareme” medico legale esprime in misura percentuale la sintesi di tutte le conseguenze ordinarie che una determinata menomazione si presume riverberi sullo svolgimento delle attivita’ comuni ad ogni persona.
In particolare, le conseguenze possono distinguersi in due gruppi: quelle necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare grado di invalidita’ e quelle peculiari del caso concreto che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili. Tanto le prime quanto le seconde costituiscono forme di manifestazione del danno non patrimoniale aventi identica natura che vanno tutte considerate in ossequio al principio dell’integralita’ del risarcimento, senza, tuttavia, incorrere in duplicazioni computando lo stesso aspetto due o piu’ volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni.
Soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dal danneggiato, legate all’irripetibile singolarita’ dell’esperienza di vita individuale in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per se’ tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento, che rendano il danno piu’ grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa eta’, e’ consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (tra le altre, Cass. n. 10912/2018, Cass. n. 23469/2018, Cass. n. 2788/2019).
Peraltro, anche ove si intendesse tale “personalizzazione” del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte territoriale al fine di addivenire ad una liquidazione “omnicomprensiva” e, dunque (come nella sentenza impugnata evidenziato), assorbente di altre voci di danno, la statuizione sarebbe comunque erronea in quanto contrastante con il principio per cui, in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, mentre costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui e’ gia’ espressione il grado percentuale di invalidita’ permanente (quali i pregiudizi alle attivita’ quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale), non costituisce invece duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perche’ non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidita’ permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di se’, la paura, la disperazione).
Ne deriva che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (Cass. n. 7513/2018, Cass. n. 23469/2018, Cass. n. 27482/2018, Cass. n. 4878/2019).
5.- Con il quinto mezzo e’ prospettata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza, in relazione agli articolo 111 Cost., comma 6, articoli 2043 e 2056 c.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c., per aver la Corte territoriale, nel riconoscere a (OMISSIS) il risarcimento del danno da perdita della capacita’ lavorativa specifica, omesso: a) di esporre graficamente la percentuale e l’incidenza concreta delle lesioni personali sulla perdita di tale capacita’ lavorativa; b) di specificare e chiarire “quale sia effettivamente la valenza ricondotta a tale riconosciuta posta di danno patrimoniale”; c) di indicare le ragioni in base alle quali ha ritenuto di utilizzare il criterio equitativamente puro e, al contempo, sulla base di quali conti matematici e’ giunta all’individuazione della somma satisfattiva di Euro 65.00,00.
6.- Con il sesto motivo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza, in relazione agli articoli 2056, 1123, 1226, 2727 e 2728 c.c., per aver la Corte erroneamente riconosciuto la diminuzione della capacita’ di produrre reddito, in quanto causalmente ricondotta al fatto illecito e al riconosciuto danno biologico, “mediante un inaccettabile automatismo”, la’ dove, invece, per un siffatto riconoscimento occorreva la dimostrazione di due circostanze: 1) che il soggetto, non precettore di reddito al momento del sinistro, avrebbe intrapreso un’attivita’ lavorativa in futuro; 2) che la diminuzione di reddito futuro sia causalmente connessa con il sinistro.
6.1. – E’ logicamente prioritario lo scrutinio del sesto motivo, in quanto con esso si contesta l’esistenza stessa del danno patrimoniale, ancora prima della sua liquidazione (oggetto del quinto motivo).
6.1.1. – L’esame del motivo e’ assorbito, nei termini di seguito precisati, dall’esito dello scrutinio di accoglimento del secondo motivo, che ha investito la determinazione della percentuale di invalidita’ permanente complessiva a carico del danneggiato (OMISSIS).
Va, difatti, premesso che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacita’ di guadagno subito da un minore in eta’ scolare (quale era, nella specie, (OMISSIS) all’epoca del sinistro), in conseguenza della lesione dell’integrita’ psico-fisica, puo’ essere valutato attraverso il ricorso alla prova presuntiva allorche’ possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro il danneggiato percepira’ un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’evento lesivo, tenendo conto delle condizioni economico-sociali del danneggiato e della sua famiglia e di ogni altra circostanza del caso concreto.
Ne consegue che ove l’elevata percentuale di invalidita’ permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacita’ lavorativa specifica ed il danno ad essa conseguente, il giudice puo’ accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa, pur in assenza di concreti riscontri dai quali desumere i suddetti elementi (Cass. n. 11750/2018; in precedenza cfr. anche Cass. n. 21497/2005, Cass. n. 24331/2008).
Ne consegue che, dovendo il giudice di appello, in sede di rinvio, determinare nuovamente, alla luce del principio innanzi enunciato (sub § 2.2., che precede), quale sia la complessiva invalidita’ permanente a carico del danneggiato, sara’ sulla scorta di tale valutazione che dovra’ poi procedere a verificare la sussistenza di un danno patrimoniale in forza del principio di diritto appena evidenziato, che da’ rilievo eminente al grado (elevato) di invalidita’ permanente.
6.1.2. – Ne deriva, altresi’, l’assorbimento anche del quinto motivo, che verte sul quantum debeatur da liquidarsi soltanto in base all’accertata sussistenza del predetto titolo di danno patrimoniale.
7.- Con il settimo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 111 Cost., comma 6, nonche’ all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., per aver il giudice di appello riconosciuto in capo ai genitori di (OMISSIS) un danno psichico – genericamente individuato nella sindrome ansiosa – omettendo di specificare le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della propria decisione, rendendo, dunque, impossibile comprendere e verificare ex post l’iter logico seguito, che fa leva su “nozioni di comune esperienza”, mentre i disturbi di natura psichica erano stati riscontrati dalla c.t.u. e contestati da essa parte appellata.
7.1. – Il motivo e’ infondato.
La Corte territoriale (diversamente da quanto deduce la parte ricorrente, che si sofferma soltanto sulla “sindrome ansioso depressiva”) ha riconosciuto in favore di ciascuno dei coniugi (OMISSIS) l’esistenza di “danni non patrimoniali”, distinguendo a tal riguardo le “serie e pesanti… sofferenze” patite in conseguenza del sinistro di cui e’ rimasto vittima il figlio (OMISSIS) e la “sindrome ansioso depressiva”, quale manifestazione riconoscibile “in base a nozioni di comune esperienza”.
Si tratta, dunque, di voci di danno riconducibili a pregiudizi diversi (sofferenza interiore e danno biologico), che non costituiscono duplicazione risarcitoria (tra le altre, Cass. n. 7513/2018, citata), la cui individuazione ad opera del giudice di merito, sebbene in forza di motivazione sintetica, risulta chiaramente intelligibile e, comunque, non tale da integrare quell’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge ed infrange l’obbligo del c.d. “minimo costituzionale”, di cui al combinato disposto dell’articolo 111 Cost., comma 6, e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (Cass., S.U., n. 8053/2014, innanzi citata), che, del resto, ha costituito l’unica tipologia di vizio veicolata dalla parte ricorrente con il motivo in esame.
8.- Con l’ottavo mezzo e’ prospettata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 Cost., articoli 2056, 2059 e 1226 c.c., per aver la Corte territoriale, nel liquidare il danno non patrimoniale a favore dei genitori della vittima primaria del sinistro stradale, adottato la regola “equitativa pura”, senza fare riferimento a criteri obiettivi, che tengano conto delle variabili del caso concreto e, segnatamente, quelli recati dalle tabelle del Tribunale di Milano, da intendersi come parametro equitativo uniforme.
8.1. – Il motivo e’ fondato per quanto di ragione.
La liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. “pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicche’, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice e’ chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralita’ del risarcimento.
Ne consegue che, allorche’ non siano indicate le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullita’ per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6), sia nel vizio di violazione dell’articolo 1226 c.c. (Cass. n. 22272/2018).
La Corte territoriale non ha dato contezza alcuna dei criteri utilizzati per la liquidazione del danno non patrimoniale, quale vizio di portata viepiu’ significativa nella specie, in quanto detto danno si componeva (come detto: cfr. § 7.1. che precede) di due distinte voci, da valutarsi, quindi, secondo differenti parametri, ossia quelli correlati ordinariamente alla liquidazione del danno biologico (e, dunque, all’accertamento medico-legale dell’invalidita’) e quelli attinenti alla liquidazione della sofferenza interiore.
9.- Con il nono mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, quale censura proposta “al fine di non incorrere il preclusioni processuali” nell’eventualita’ di un accoglimento dei motivi di ricorso, giacche’ il consequenziale ridimensionamento della sorte capitale dovuta ai danneggiati comporterebbe l’eccessivita’ delle spese processuali liquidate in loro favore.
9.1. – Il mezzo e’ assorbito dall’accoglimento di taluni motivi che precedono, in quanto la relativa censura e’ diretta contro una statuizione (ripartizione dell’onere delle spese di lite) che, per il suo carattere accessorio, e’ destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio (tra le altre, Cass. n. 3069/2017).
10. – Vanno, dunque, accolti – nei termini sopra precisati – il secondo, il terzo, il quarto e l’ottavo motivo di ricorso; va dichiarato inammissibile il primo motivo, rigettato il settimo e dichiarati assorbiti il quinto, il sesto e il nono motivo.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, perche’ provveda ad una nuova delibazione del gravame proposto Da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla luce dei principi innanzi enunciati in riferimento ai motivi di ricorso accolti e nei termini dell’accoglimento stesso.
Il giudice di rinvio provvedera’, altresi’, alla regolamentazione anche delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie, per quanto di ragione, il secondo, il terzo, il quarto e l’ottavo motivo di ricorso;
dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il settimo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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