CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 30 settembre 2013, n. 22317

Svolgimento del processo

1. Con citazione 20 dicembre 1994, l’Italkali s.p.a. citò in giudizio, davanti al Tribunale di Palermo, l’Assessorato all’Industria della Regione siciliana, esponendo che: – nel 1981 aveva ricevuto in concessione la miniera denominata (omissis), su area ad essa affittata da Ispea s.p.a.; – nel giugno 1990 l’attività mineraria era cessata a causa del mancato adeguamento alle norme di legge delle strutture dei due stabilimenti destinati allo smaltimento dei residui di lavorazione, solidi e liquidi, e di azione penale promossa per questa ragione anche nei confronti del direttore degli impianti di (omissis) e dei legali rappresentanti dell’esponente; – nei primi mesi del 1992 essa aveva riavviato la produzione, nella ragionevole aspettativa che l’Assessorato all’Industria realizzasse le infra strutture occorrenti al funzionamento delle attività nel settore dei sali alcalini, secondo quanto previsto dall’art. 2 della legge 1 febbraio 1991 n. 8 della Regione Siciliana; – l’assessorato non aveva realizzato le infrastrutture in questione, e il 3 novembre 1992 l’attività era stata sospesa; – il 26 gennaio 1993 l’attività era stata definitivamente impedita a seguito dell’azione violenta di alcuni dipendenti, nonché di furti e devastazione degli impianti. Allegando di non avere più obblighi discendenti dal rapporto di concessione, la società chiese la condanna dell’Assessorato al risarcimento dei danni subiti per effetto della mancata realizzazione delle strutture necessarie al funzionamento dell’azienda.
2. L’amministrazione convenuta resistette alle domande. Il tribunale, con sentenza 24 dicembre 2004, condannò l’amministrazione al risarcimento dei danni.
L’assessorato propose appello, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, e censurando nel merito l’accoglimento della domanda risarcitoria.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza 22 agosto 2011, ha respinto il gravame. Ribadita la propria giurisdizione, la corte territoriale ha osservato, quanto al merito, che l’inerzia dell’assessorato nella realizzazione degli interventi infrastrutturali di cui alla legge regionale n. 8 del 1981 costituiva la violazione di un obbligo derivante dalla medesima legge, nella quale per la realizzazione degli interventi erano previste specifiche voci di spesa per gli esercizi finanziari 1991 e 1992, e che gli interventi erano stati considerati necessari dalla legge medesima “per la ripresa produttiva del settore dei Sali alcalini”. Tale violazione era stata una concausa dei danni lamentati dalla società.
3. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 20 settembre 2011, ricorre l’amministrazione regionale per tre motivi, il primo dei quali verte sulla giurisdizione.
Resiste l’Italkali s.p.a. con controricorso e con memoria.

Ragioni della decisione

4. Il ricorso viene all’esame delle Sezioni unite per la questione di giurisdizione, sollevata con il primo motivo. L’amministrazione ricorrente sostiene che la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, perché anche in materia di diritti soggettivi, se la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale, anche omissivo, che sia espressione di poteri autoritativi della p.a. in materie pubblicistiche o riservate alla giurisdizione dei giudici amministrativi – come nella gestione del territorio, dei servizi pubblici o dei regimi concessori – ad esso compete la cognizione esclusiva delle relative controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti vantati, al contemperamento o alla limitazione di tali diritti e alle richieste risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti enti o comportamenti. Il mancato intervento infrastrutturale dell’assessorato, all’origine del preteso illecito, atterrebbe o all’esercizio di un potere politico insindacabile, in ordine alle scelte prioritarie di spesa e di intervento nella gestione del territorio e degli impianti di smaltimento rifiuti nel settore minerario esercitato in regime di concessione; o all’esercizio di un potere amministrativo eminentemente pubblicistico, di gestione del territorio o del pubblico servizio di smaltimento rifiuti o minerario, devoluto alla giurisdizione del giudice amministrativo; o al regime di esercizio concessorio della miniera Pasquasia, tra Italkali e assessorato regionale, devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 5 l. 1034/1971, oggi c.p.a..
5. È da premettere che oggetto dell’azione esercitata nel presente giudizio è il risarcimento dei danni subiti dalla società Italkali s.p.a. in conseguenza della mancata realizzazione delle infrastrutture di smaltimento dei rifiuti, occorrenti al funzionamento del settore dei sali alcalini, secondo quanto previsto dalla legge regionale siciliana n. 8 del 1991. In questo comportamento omissivo, esclusivamente, sarebbe infatti ravvisabile la pretesa violazione dei principi generali di diligenza e di buona amministrazione da parte dell’ente siciliano. Ora, la giurisdizione in materia di diritti soggettivi, qual è certamente quello al risarcimento del danno, spetta di regola al giudice ordinario, salvo che non ricorra uno dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Vero è che non esiste alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti (come ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 140 del 2007); ma non è sufficiente che il danno lamentato sia imputabile alla pubblica amministrazione perché possa affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, richiedendosi inoltre che si versi in uno dei casi di giurisdizione esclusiva, che si tratterebbe dunque di identificare.
A questo proposito deve innanzi tutto escludersi che la controversia verta su concessioni minerarie. La società ha impostato la sua azione prescindendo dichiaratamente dal rapporto concessorio in precedenza intercorso tra le parti, ed esponendo, nelle sue premesse in fatto, i motivi per i quali quel rapporto era pervenuto alla sua conclusione, aggiungendo e-spressamente di non avere più obblighi discendenti dal rapporto di concessione; né rileva qui il successivo contenzioso amministrativo che – stando alle difese della controricorrente, prive peraltro di riscontro nell’impugnata sentenza – ne sarebbe seguito, e che non fanno parte della causa petendi nel presente giudizio. È inoltre pacifico che nessuna concessione è stata rilasciata in seguito. La controversia, pertanto, è stata impostata esclusivamente in termini di azione aquiliana, e non vi è alcun cenno ad obblighi o diritti che nascerebbero da una concessione.
Neppure può ravvisarsi nel caso in esame una controversia attinente alla gestione del territorio. Questa corte, regolando la giurisdizione in altro giudizio svoltosi tra le stesse parti, ha già avuto modo di chiarire che la legge della Regione siciliana 1 febbraio 1991, n. 8, che prevede interventi per l’Ente Minerario siciliano per la ripresa produttiva nel settore dei sali alcalini, tende a promuovere e sviluppare la libera iniziativa economica privata, riconosciuta nel settore dei sali alcalini di interesse collettivo, e non attiene alla materia urbanistica, neppure nell’ampio senso di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 2, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, comma 1, lett. b) per il quale tale materia “concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio”, come bene da tutelare nell’interesse comune e generale; e ciò perché le “infrastrutture” previste in concreto dalla legge non sono a servizio della generalità dei cittadini, ma devono realizzarsi in via esclusiva e funzionale a servizio dell’attività economica e imprenditoriale svolta nel settore specifico che la normativa della Regione intende promuovere e far sviluppare (Cass. 22 agosto 2007 n. 17831). L’insegnamento soccorre anche in questo caso, in cui il comportamento illegittimo posto dalla società a fondamento della responsabilità aquiliana dell’amministrazione è costituito esclusivamente dalla mancata esecuzione della legge citata, sotto il medesimo profilo dell’omessa realizzazione delle infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti.
Come è stato già chiarito nella medesima ordinanza citata, non è poi pertinente il riferimento alla materia dell’espletamento dei pubblici servizi, neppure con riferimento alla rimozione dei rifiuti di quell’attività industriale, che le infrastrutture previste dalla citata legge regionale dovrebbero rendere possibile. La realizzazione delle infrastrutture, infatti, non è un’attività qualificabile come servizio pubblico, in particolare di gestione dei rifiuti: questa gestione, richiedendo l’esistenza delle necessarie infrastrutture, suppone la realizzazione di tali opere, e perciò non può coincidere con essa.
6. Deve conseguentemente affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario, in forza del principio per il quale la realizzazione delle infrastrutture necessarie per l’espletamento dei servizi di gestione del ciclo dei rifiuti non costituisce essa stessa gestione del ciclo dei rifiuti, e non ricade pertanto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo secondo la previsione dell’art. 133 comma primo lett. p), del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104.
7. Il secondo motivo denuncia la falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge regionale siciliana n. 8 del 1981, dell’art. 3 della legge regionale siciliana n. 3 del 1993, e degli artt. 2043, 2056 e 1227 c.c.. Si censura l’affermazione che la regione avesse l’obbligo di effettuare gli interventi previsti dall’art. 2 della legge regionale n. 8 del 1991, e che l’inadempimento di tale obbligo sia stato una concausa del danno subito dalla società.
8. Il motivo è fondato. L’art. 2, comma 1 della legge regionale siciliana 1 febbraio 1991, n. 8, stabilisce che “l’assessore regionale per l’industria è autorizzato a realizzare, tramite gli uffici del Genio civile competenti per territorio, ovvero tramite i consorzi per le aree di sviluppo industriale, le infrastrutture occorrenti al funzionamento del settore dei sali alcalini relative agli impianti idrici, fognari e di smaltimento rifiuti”. Esso prevede, al comma successivo, lo stanziamento annuale di trentacinque miliardi per il 1991 e il 1992, per la costruzione di tali opere; e, al terzo comma, che “l’assessore regionale per l’industria sottopone per il parere il programma per l’utilizzazione delle somme di cui ai commi 1 e 2 alla competente commissione legislativa dell’assemblea regionale siciliana”, programma che viene infine da lui adottato per realizzare, per mezzo degli uffici e consorzi indicati, gli impianti “idrici, fognari e di smaltimento rifiuti” di cui si discute.
Esaminando tali disposizioni, già nell’ordinanza citata, n. 17831 del 2007, emessa nel contraddittorio tra le stesse parti, si è affermato che questa normativa contiene solo principi di carattere generale dettati nell’interesse di tutti i cittadini, prevedendo una mera attività pre-procedimentale dell’Assessorato regionale, con la presentazione del programma di questo sulle opere da realizzare e il parere della commissione legislativa del parlamento regionale sullo stesso, atti che non hanno rilievo provvedimentale e non possono quindi dar luogo al sorgere di interessi legittimi pretensivi, per i titolari delle imprese operanti nel settore della produzione dei sali alcalini. Né a diversa conclusione potrebbe indurre l’art. 3 della medesima legge regionale n. 8 del 1991, che si limita a prorogare il termine utile per la realizzazione delle infrastrutture in questione per gli insediamenti produttivi di cui all’articolo 2, comma primo “in atto esistenti”, senza per questo rendere incondizionatamente doverosa quell’attività neppure per gli insediamenti esistenti.
Ancor meno, allora, quelle disposizioni – dalle quali secondo il citato precedente non sorgono interessi legittimi pretensivi per i titolari delle imprese operanti nel settore della produzione dei sali alcalini – possono fondare nel presente processo un diritto soggettivo, in capo alla società attrice, a che l’amministrazione regionale realizzi le infrastrutture in questione.
9. Vero è che da questo insegnamento s’è distaccata una recente sentenza della prima sezione civile della corte, richiamata dalla resistente, e pronunciata tra le stesse parti, affermando che il ricorso ad un’apposita legge regionale avente ad oggetto “Interventi per l’Ente minerario siciliano per la ripresa produttiva del settore dei sali alcalini” non potrebbe risolversi in una mera autorizzazione in capo all’Assessorato regionale a realizzare o no quelle specifiche opere per detta finalità predisposte e finanziate; e che il non avere posto in essere né le attività previste dalla citata legge regionale né altre comunque utili allo scopo, farebbe ravvisare nel suo comportamento la violazione del principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.) e i caratteri di un fatto illecito produttivo di un danno ingiusto (Cass. 16 gennaio 2013 n. 996). A giudizio delle sezioni unite questi argomenti, che peraltro nella sentenza non sono confrontati con quelli già posti nel precedente a fondamento dell’opposta conclusione, non giustificano una modificazione della sua giurisprudenza.
La soluzione data dalla prima sezione, infatti, non soltanto si traduce in una non motivata preterizione del canone ermeneutico di cui all’art. 12, comma primo delle disposizioni sulla legge in generale, per il quale, nell’applicare la legge, non si può attribuire ad essa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse; sicché sostituire all’autorizzazione, di cui si parla nell’art. 2 della legge regionale siciliana n. 8 del 1991, un obbligo, o quanto meno un dovere sottratto a valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione, richiederebbe la ricognizione di una chiara e inequivocabile intenzione del legislatore, che nulla suggerisce nel caso in esame, in cui all’autorizzazione stessa si accompagna solo uno stanziamento in bilancio, necessario bensì all’amministrazione per l’esercizio del potere autorizzato, ma inidoneo a rendere l’esercizio di quel potere incondizionatamente doveroso. Ma è poi la disciplina contenuta nel terzo comma del medesimo articolo 2, sopra ricordata, ad escludere in radice una tale interpretazione, ribadendo l’attribuzione all’amministrazione regionale di una scelta discrezionale, con il sottoporre l’eventuale esercizio del potere altresì al vaglio della competente commissione legislativa, le cui valutazioni si pongono come uno schermo tra l’iniziativa dell’amministrazione e le aspettative del privato. Sebbene il giudice di merito abbia fondato l’ingiustizia del comportamento dell’amministrazione esclusivamente nella violazione della norma citata, si può poi aggiungere che, se un obbligo di realizzare le infrastrutture non discende dalla norma, esso non potrebbe discendere neppure dal parere dell’assemblea regionale.
11. Il motivo, pertanto deve essere accolto in base al seguente principio di diritto:
L’art. 2 della legge regionale siciliana 1 febbraio 1991, n. 8, che autorizza l’assessore regionale per l’industria a realizzare, tramite gli uffici del Genio civile competenti per territorio, ovvero tramite i consorzi per le aree di sviluppo industriale, le infrastrutture occorrenti al funzionamento del settore dei sali alcalini relative agli impianti idrici, fognari e di smaltimento rifiuti, e prevede lo stanziamento annuale di trentacinque miliardi per il 1991 e il 1992, per la costruzione di tali opere, s’inserisce in una normativa di carattere generale, dettata nell’interesse di tutti i cittadini, avente a oggetto un’attività della regione che, traducendosi nella presentazione da parte dell’Assessorato regionale del programma circa le opere da realizzare e nel parere della commissione legislativa del parlamento regionale sullo stesso, non ha rilievo provvedimentale e non fa sorgere posizioni giuri-diche tutelate in capo ai titolari delle imprese operanti nel settore della produzione dei sali alcalini.
12. L’accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata, e assorbe l’esame del terzo motivo, con il quale si denuncia un vizio di motivazione sul nesso causale tra inadempimento dell’obbligo della regione di adeguare l’impianto di smaltimento rifiuti, l’interruzione della produzione e tutti i danni patiti dalla società.
13. In conclusione, premessa l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza deve essere cassata. La causa, inoltre, può essere decisa nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini in fatto, con il rigetto della domanda proposta dalla società Italkali. Il comportamento omissivo della regione, sopra descritto, è inidoneo, infatti, a costituire una concausa giuridicamente rilevante del danno lamentato dalla società. Questa, da parte sua, ha fatto valere nel presente giudizio, quale titolo di responsabilità della Regione, la violazione delle regole di buona amministrazione esclusivamente sotto il profilo della violazione dell’art. 2 della legge n. 8 del 1991 della Regione siciliana, che avrebbe provocato il danno in concorso con altri fatti (devastazione degli impianti minerari per opera di terzi) non imputabili all’amministrazione. Ne consegue che venuto meno quel profilo, nel presente non ve ne sono altri ai quali possa ricollegarsi la responsabilità dell’amministrazione regionale.
12. Tenuto conto del rilevato contrasto di giurisprudenza, si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, e rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attrice. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *