Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 4 gennaio 2016, n. 10
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovanni – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – rel. Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
2. (OMISSIS) nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 4/06/2015 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 giugno 2015, il Tribunale del riesame di Torino, in parziale riforma dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino che aveva applicato a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, ha sostituito a (OMISSIS) la misura cautelare con quella degli arresti domiciliari, con divieto di comunicazione, e ha rigettato nel resto le impugnazioni.
Secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito, gli indagati, insieme ad altre persone non ancora identificate, parzialmente travisati con cappucci e sciarpe, avrebbero con violenza cercato di liberare alcuni cittadini extracomunitari clandestini fatti salire dalla Polizia su un mezzo per accompagnarli in Questura; ne sarebbe seguita una carica di alleggerimento della Polizia alla quale i manifestanti avrebbero reagito, sferrando calci e pugni in direzioni degli agenti.
Il Tribunale, quanto alle esigenze cautelari, ha ritenuto sussistente un rilevante pericolo, concreto e attuale, di recidiva specifica, desunto dall’assenza di remore degli indagati ad ostacolare, facendo uso di violenza, l’attivita’ istituzionale della Polizia e dai plurimi precedenti per reati motivati da un analogo movente ideologico ( (OMISSIS): una condanna non definitiva per reati di cui agli articoli 336, 339 e 610 c.p., nonche’ pendenze ex articoli 628, 633, 659 e 703 c.p.; (OMISSIS): una condanna non definitiva per reati di cui agli articoli 336, 337, 610, 340, 612 e 635 c.p., nonche’ pendenze ex articoli 337, 339, 582, 628, 635 cod. pen.; (OMISSIS): una condanna non definitiva per blocco stradale, pendenze ex articoli 336, 56, 610, 614, 635, 639, 659 e 703 c.p., nonche’ Legge n. 110 del 1975, articolo 4; articoli 37, 339, 582, 628 e 635 c.p.; (OMISSIS): cinque condanne non definitive per reati di cui agli articoli 337, 582, 610, 614 e 639 c.p., nonche’ pendenze per fatti analoghi, una condanna definitiva per ingiurie; (OMISSIS): pendenze per reati di cui agli articoli 337 e 582 c.p., tra le quali una condanna non definitiva, e per reati di cui agli articoli 336, 339 e 635 c.p.).
Quanto alla scelta della misura, il Tribunale ha confermato la misura intramuraria per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, oltre aver subito plurime esperienze giudiziarie e restrittive, al momento dei fatti erano sottoposti alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per identici reati (nella specie, per opposizione ad un ufficiale giudiziario in sede di esecuzione di sfratto). Secondo il Tribunale, alla luce dei precedenti specifici e della gravita’ della condotta, per costoro non era applicabile l’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis.
Per (OMISSIS) e (OMISSIS) il Tribunale ha ritenuto invece adeguata la misura domiciliare, peraltro applicabile solo a quest’ultimo, non avendo la (OMISSIS) fornito alcuna disponibilita’ in ordine ai luoghi di esecuzione della misura.
2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione il difensore degli indagati, con un unico atto, articolando tre motivi di annullamento e segnatamente:
– la violazione dell’articolo 275 c.p.p., comma 1, 3 e 3 bis, e vizio della motivazione: la motivazione dell’ordinanza impugnata, in ordine alla scelta delle misure da applicare, risulterebbe contrastare con il dettato normativo ed essere carente ed illogica, riducendosi a mere formule di stile o ad asserzioni arbitrarie e prive di riscontri fattuali;
– la violazione dell’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, e vizio della motivazione: la valutazione prognostica sull’irrogazione di una pena detentiva superiore ai tre anni risulterebbe illogica e non agganciata ai parametri di cui all’articolo 133 c.p.;
– la violazione dell’articolo 280 c.p.p., comma 2, e vizio della motivazione: la previsione della misura accessoria per il (OMISSIS) del divieto di comunicazione risulterebbe motivata in modo apparente, con l’esigenza di recidere legami con ambienti devianti, oltre che illogico, posto che il reato in esame e’ “di strada” frutto di scelte estemporanee.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti sono infondati e devono essere rigettati per le ragioni di seguito illustrate.
2. La valutazione dell’adeguatezza della misura applicata e’ sostenuta da un adeguato apparato argomentativo, privo di vizi logici o giuridici.
Il Tribunale, dopo aver indicato, in relazione alle singole posizioni di tutti gli odierni ricorrenti, gli elementi sintomatici in termini di concretezza ed attualita’ di un rilevante pericolo di recidiva specifica, ha ritenuto indispensabile per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la misura cautelare carceraria, esponendo gli elementi specifici inerenti al fatto, alle sue motivazioni ed alla personalita’ degli indagati – come sintetizzati in premessa – che indicavano quest’ultimi come propensi all’inosservanza di piu’ attenuati presidi cautelari.
Va ribadito il principio di diritto in tema di scelta delle misure cautelari, secondo cui, ai fini della motivazione del provvedimento relativo alla misura della custodia cautelare in carcere, non e’ necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma e’ sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalita’ di commissione dei reati nonche’ dalla personalita’ dell’indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come la misura piu’ adeguata al fine di impedire la prosecuzione dell’attivita’ criminosa, rimanendo, in tal modo, assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneita’ delle altre misure coercitive (Sez. 5, n. 51260 del 04/07/2014, Calcagno, Rv. 261723).
Per (OMISSIS), la scelta della misura carceraria, come si legge nell’ordinanza impugnata, e’ stata resa necessaria, come prevede l’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, dalla circostanza che la predetta non disponeva di un domicilio idoneo per gli arresti domiciliari (Sez. 2, n. 3429 del 20/12/2012, dep. 2013, Di Mattia, Rv. 254777).
Quanto,infine, a (OMISSIS) nessun motivo e’ avanzato nel ricorso specificamente alla sua posizione, che pertanto sul punto appare inammissibile per genericita’.
3. Il secondo motivo e’ infondato, in quanto i limiti di applicabilita’ della misura della custodia cautelare in carcere previsti dall’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis, secondo periodo, (testo introdotto dal Decreto Legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 117) possono essere superati dal giudice qualora ritenga, secondo quanto previsto dal successivo comma terzo, prima parte, della norma citata, comunque inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari ogni altra misura meno afflittiva (Sez. 3, n. 32702 del 27/02/2015, Jabbar, Rv. 264261).
4. Il terzo motivo, avanzato dal solo (OMISSIS), non e’ fondato, in quanto il divieto di comunicazione con persone non conviventi imposto a quest’ultimo e’ sufficientemente giustificato, con percorso logico e lineare, dal Tribunale con l’obiettivo di eliderne la specifica tendenza recidivante proprio nel contesto in cui l’azione delittuosa si era sviluppata e sul quale l’ordinanza impugnata ha ampiamente motivato nella ricostruzione dei fatti.
5. Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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