Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 26 gennaio 2016, n. 3358
Ritenuto di fatto
1. Il Giudice per le Indagini preliminari dei Tribunale di Latina, con ordinanza emessa Il 12/10/2015 nel procedimento n.1308/2015 R.G.N.R., ha applicato a P.C. e D.T.R. — in relazione ai reati ex artt.110 e 317 cod.pen. descritti nelle imputazioni provvisorie – la misura cautelare degli arresti domiciliari, con divieto di comunicazione anche telefonica con persone diverse dal familiari conviventi, e – ex art.321 cod.proc.pen. in relazione all’art.12-sexies D.L. n.306/1992 convertito con modifiche nella legge n.356/2012 – li sequestro preventivo di una serie beni mobili e immobili.
2. Nel ricorsi – distinti ma dai contenuti Identici – presentati ex art.311, comma 2, cod.proc.pen. nell’interesse di D.T.R. e P.C. si chiede l’annullamento della suddetta ordinanza assumendola nulla per i motivi che seguono.
2.1.1. L’ordinanza sarebbe viziata da omessa e/o apparente motivazione ex art.125, comma 2, lett.e), cod.proc.pen. in relazione alle sommarle informazioni testimoniali rese dalle persone offese Del Prete Maria e Bianchi Agostino in violazione dell’art.63, commi 1 e 2, cod.proc.pen. perché nel momento in cui dalle dichiarazioni emergevano indizi di reità nei loro confronti – per quella che si configurerebbe come istigazione alla corruzione (art.322 cod.pen.) o, comunque, per una violazione della legge n.74/2000, che nel ricorso si assume collegata al reati per l quali si procede – Il loro esame avrebbe dovuto essere Interrotto ex art.63, comma 1, cod.proc.pen..
2.1.2. L’ordinanza avrebbe violato gli artt.6, par.3, left. a) e b) e c), CEDU (quale norma interposta ex art.117 Cost.), 111 Cost, 178, lett.c) e 293, comma 3, cod.proc.pen., perché l molteplici omissis che elidono Il contenuto degli atti processuali sottesi alla misura cautelare impedirebbero di controllare concretamente le modalità investigative adottate e Il ragionamento dei Giudice per le indagini preliminari.
2.1.3. L’ordinanza sarebbe viziata da omessa e/o apparente motivazione ex art.125, comma 2, Iett.e), cod.proc.pen. nella parte relativa alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Considerato in diritto
1. L’incompatibilità con l’ufficio di testimone statuita dagli artt.197, lett.a), 198, comma 2 e 210 cod.proc pen. e l’inutillzzabilità ex art.63 comma 2 cod.proc.pen. (appilcabile anche alle dichiarazioni rese da Indagato o imputato di reato connesso o collegato ex art.371 comma 2 iett.b) sono concretizzazioni dei principio dei nemo tenetur se detegere (Cass.pen., Sez.5, n.474 dei 26101/1999, Rv.213518; Cass.pen., Sez.U, n.1282 del 9/1011996, dep.1997, Rv,206846; Sez.S, n.1203 dei 18/12/1996, dep.1997, Rv.207464). L’art.63 comma 2 cod.proc.pen. mira a Impedire che le dichiarazioni possano risolversi In un nocumento nel confronti dei dichiarante, sicché esse sono utilizzabili se chi le ha rese, indagato di altro reato, è solo un testimone rispetto al delitto oggetto di Indagine (Cass.pen.,Sez.4, n.15451 dei 14/03/2012, Rv.253510). La qualità di indagato va valutata In base alla situazione effettiva e conoscibile al momento In cui le dichiarazioni sono state rese (Cass.pen.: Sez.U, n.15208 del 25/0212010, Rv.246584; Sez.6, n.23776 del 22/04/2009, Rv.244360), ma nel caso in esame, sarebbe comunque ipoteticamente configurabile solo la fattispecie prevista daii’art.63, comma 1, cod.proc.pen.: la preesistenza di indizi di reità che comporta l’inutilizzabüità erga omnes ex art.63, comma 2, cod.proc.pen. non deriva dal solo fatto che II dichiarante sia stato coinvolto in vicende atte a generare addebiti penali a suo carico, ma occorre che queste siano tali da non condurre a ulteriori indagini, se non postulando responsabilità penali a carico del dichiarante (Cass.pen., Sez.4, n.29918 dei 17/06/2015, Rv.264476; Sez.S, n.43508 del 28/05/2014, Rv.261078). Nella ordinanza impugnata (pag.9) si indica che una delle persone offese (Dei Prete Maria) è imputata ex art.10-ter d.Lgs.vo n.74/2000 in un procedimento, pendente presso il Tribunale di Latina, nel quale P.C. è stato sentito come teste li 14/4/2015. Nella fattispecle, l’unica forma di connessione ipotizzabile sarebbe la ‘connessione probatoria’ (“se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza art.372, comma 2, lett. b), seconda parte, cod.proc.pen.). Tuttavia né ii ricorrente ha specificamente illustrato le ragioni per le quali ricorrerebbe tale ‘connessione probatoria’, né esse per altro verso emergono. Nel contesto in esame, potrebbe, semmai, valere la condizione di inutllizzabilità relativa ex art.63, comma 1, cod.proc.pen.: la qualità di testeparte offesa del reato In relazione ai quale si indaga, prevale rispetto a quella di possibile coindagato in reato connesso, e rende le dichiarazioni autoindizianti pienamente utilizzabili contra allas, (Cass.pen., Sez.3, n.15476 del 24/02/2004, Rv.228546; Sez.2, n.283 dei 1/10/2013, Rv.258105). Inoltre, vale evidenziare che il motivo di ricorso deve illustrare – a pena di inammissibilità per aspecificità – l’incidenza dell’eventuale eliminazione dei predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza” (Cass.pen., Sez.6, n.18764 dei 05/02/2014, Rv.259452), perché, se gli elementi dì prova assunti come acquisiti illegittimamente non scardinano la motivazione censurata, allora la censura diventa Irrilevante (Cass.pen., Sez.3, n.3207 dei 02/10/2014, dep.2015, Rv.262010; Sez. 1, n.1691 del 06/03/2000, Rv.215918). da quanto precede deriva che il primo motivo di ricorso è Infondato, anche tralasciando che risulta dei tutto opinabile che dal contenuti delle dichiarazioni rese dalle persone offese emergano indizi di reità a loro carico in ordine alla fattispecie di istigazione alla corruzione o altra analoga.
2. Il secondo e il terzo motivo dl ricorso possono essere trattati congiuntamente. Non risulta che gli omissis denunziati nel ricorso possano avere ostacolato la difesa del imputati. II Pubblico Ministero può legittimamente selezionare gli atti da inviare al Giudice per le indagini preliminari, a fondamento delle proprie istanze perché non ha l’obbilgo dl produrre gli atti integrali. È pertanto possibile la trasmissione di stralci di verbali o l’oscuramento di parte di essi con omissis, ai fine di garantire ii segreto che permane nella fase delle indagini preliminari, per evitare la compromissione degli accertamenti in corso. Gli atti allegati alla richiesta del Pubblico Ministero devono però essere idonei a supportare adeguatamente li provvedimento cautelare. Questo sistema, che caratterizza la fase delle indagini preliminari, non Impedisce Il contraddittorio, che comunque può concretamente svilupparsi sulla valutazione delï’entità e della rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell’ordinanza impugnata (Cass.pen., Sez.6, n.50949 dei 19/09/2014, Rv.261371; Sez.2, n.7610 dei 9/02/2006, Rv.233160). Nel ricorso In esame non vengono specificamente indicati gli omissis che avrebbero nuociuto al diritto di difesa. Dal suo canto, l’ordinanza cautelare dà compiutamente conto degli elementi di conoscenza e dei ragionamenti che la sorreggono e che conducono a delineare il modus operandi degli indagati (pag.4) specificandone la diversa natura: le molte Intercettazioni di conversazioni telefoniche e ambientali e gli Incontri con diversi imprenditori, I riscontri puntuali offerti dalle dichiarazioni delle persone offese e gli accertamenti volti a verificare la loro attendibilità, gli stessi accertamenti patrimoniali In quanto rilevatori dl una rilevante discrasia fra f redditi e i patrimoni degli indagati, la documentazione acquisita. La porzione di conversazioni intercettate necessaria a illustrare la vicenda è Incorporata nei tessuto narrativo nell’ordinanza impugnata, mentre il rinvio per relationem (pag.3-4 dell’ordinanza) alla richiesta del Pubblico Ministero e da questa alla informativa di P.G. e ai suoi numerosi allegati – dettato da ragioni di economia espositiva – concerne direttamente i contenuti veicoiati dai materiale cartaceo e non il corredo argomentativo, che è autonomamente formato dall’ordinanza In modo efficace nel fare comprendere la ricostruzione dei fatti. In definitiva, l’ordinanza cautelare In esame è dotata di sua autonoma motivazione che poggia su un organico e coerente apprezzamento degli elementi di prova e non presenta vizi di contraddittorietà o altri vizi logici, che – oltretutto – i ricorsi, nella loro genericità, non indicano. Ne deriva che anche sotto i sopra esaminati profili i ricorsi sono manifestamente infondati.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quella della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94-1/ter disp.att. c.p.p.
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