Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 21 settembre 2015, n. 38292

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. CARCANO Domenico – rel. Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TRIESTE;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1176/2012 TRIBUNALE di PORDENONE, del 14/06/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/07/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO CARCANO

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) – imputata del delitto di cui all’articolo 316 ter c.p. per avere conseguito indebitamente l’erogazione mensile dell’assegno sociale di importo imprecisato nel periodo dal 1 dicembre 2007 al 3 maggio 2009 e per euro 6.894 dal 8 giugno 2011 al 14 marzo 2012, non informando l’INPS del suo trasferimento in Venezuela nei predetti periodi – e’ assolta dal Tribunale di Pordenone perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato.

Ad avviso del Tribunale, l’erogazione mensile di 630 euro a titolo di assegno sociale non avrebbe potuto essere considerata, ai fini della configurazione del reato previsto dall’articolo 316 ter c.p., nel quantum complessivo erogato, bensi’ nella somma mensile percepita.

Il giudice di primo grado non ha condiviso quanto deciso in un caso pressoche’ analogo da questa Corte, poiche’ la condotta del percipiente, nell’ipotesi di erogazioni mensili, ha rilievo penale soltanto se la somma percepita indebitamente non sia pari o inferiore a 3.999,96 euro, costituendo entro tali limiti illecito amministrativo.

Il giudice di merito ritiene applicabile il principio affermato da questa Corte a Sezioni unite in tema di peculato, in tema di uso del telefono d’ufficio per fini personali, secondo cui si e’ nell’ipotesi di peculato d’uso che ha rilievo penale soltanto nel caso in cui si sia arrecato alla pubblica amministrazione un danno apprezzabile, riferibile al costo di una sola telefonato e non a quello complessivo.

In ogni caso, il Tribunale, mediante una ricostruzione in fatto delle condotte dell’imputata, esclude che le stesse possano configurare il dolo richiesto per la configurazione del reato, tenuto conto che: la (OMISSIS) ha comunicato all’Inps il suo rientro in Italia e poi ha iniziato a restituire le somme percepite; per l’ulteriore periodo, le somme sono state accreditate dall’Inps su un conto mai utilizzato. Tali indici sono sintomi, per il giudice di merito, di mancanza di dolo e al piu’ manifestano una mera dimenticanza.

2. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Trieste impugna la sentenza per violazione di legge, anzitutto perche’ la decisione si pone in contrasto con quanto gia’ affermato dalla Corte di legittimita’.

In secondo luogo, l’interpretazione del giudice di merito e’ in contrasto con l’articolo 44 c.p., oltre che con la ratio della norma incriminatrice posta tutela della libera formazione delle volonta’ dell’amministrazione che eroga contributi e gestisce le risorse economiche, a presidio delle quali e’ stata configurata la norma penale che impone al percipiente di rendere informazioni vere. Per il ricorrente e’ innegabile che la lesione del bene giuridico va parametrato all’ammontare della somma di danaro pubblico indebitamente erogata.

Vi e’ violazione dell’articolo 44 c.p., in quanto la soglia di punibilita’ non e’ elemento costitutivo del reato, bensi’ condizione obbiettiva di punibilita’, come affermato dalla Corte di legittimita’ in materia di evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, per i quali sono previste soglie di punibilita’.

Nel caso in esame, peraltro, va considerato, ad avviso del ricorrente, che le somme sono erogate per un periodo pari a tredici mensilita’ e, pertanto, la’ dove si consideri unitaria tale erogazione il limite stabilito dalla norma incriminatrice e ampiamente superato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza.

Nel reato di indebita percezione di elargizioni a carico dello Stato, il superamento della soglia oltre la quale l’illecito amministrativo integra reato non e’ configurabile come “condizione obiettiva di punibilita’”, bensi’ e’ elemento costitutivo del reato e, come tale, richiede la rappresentazione e la volonta’ di ottenere la elargizione di una somma che configuri il reato.

La condizione “obbiettiva” di punibilita’ prescinde dalla rappresentazione e volonta’ e anche dalla colpa, perche’ cio’ e’ in contrasto sia con la “rubrica” della norma “condizione obiettiva di punibilita’” che con il suo testo la’ dove e’ previsto che nel caso in cui la punibilita’ e’ subordinata a una “…condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non e’ da lui voluto”.

Cio’ che esclude che il superamento della soglia possa costituire una “condizione obbiettiva di punibilita’” e’ anzitutto che la “struttura” della norma incriminatrice, configurata come reato di danno e non di pericolo del quale il superamento della soglia rappresenti una progressione criminosa e poi la scelta di prevedere una “soglia” non risponde a quella di punire o meno il soggetto, bensi’ di diversamente punirlo con una “sanzione amministrativa” che potrebbe essere piu’ afflittiva rispetto a quella penale, tanto per la “effettivita’” che la caratterizza anche per la tempestivita’ dell’intervento. Insomma, si e’ in presenza di una scelta di opportunita’ volta a ridurre l’intervento penale.

Ne discende che, nell’ipotesi in questione, la configurabilita’ del reato richiede il dolo e cioe’ la “rappresentazione e volonta’” di percepire una somma “superiore a euro 3.999,96”, altrimenti il fatto non costituisce reato e non potra’ che integrare un illecito amministrativo.

2. Su tali premesse, la configurabilita’ del reato di cui all’articolo 316 ter c.p. prescinde allora dal fatto che l’erogazione avvenga in unica soluzione ovvero in ratei periodici, ma richiede di accertare se il “chiunque” abbia agito con gli “artifici” indicati dalla norme e si “sia rappresentato” e “abbia voluto conseguire indebitamente” erogazioni del tipo indicato dalla norma, in “misura superiore a euro 3.999,96”.

3. La norma in tal modo ricostruita, rende manifestamente infondato il ricorso del pubblico ministero, anzitutto perche’ fondato sulla configurabilita’ della “soglia”, prevista nel secondo comma dell’articolo 316 ter c.p. come “condizione obbiettiva di punibilita’” e, in secondo luogo, dal ragionamento probatorio del giudice di merito volto in ogni caso a escludere la sussistenza del dolo.

In particolare, precisa il Tribunale, vi e’ la prova in atti che fu proprio l’imputata a comunicare all’Inps di essere rientrata dal Venezuela, circostanza che dimostra la non volonta’ di omettere la comunicazione, bensi’ la sola negligenza dovuta a mera “dimenticanza”. Per il secondo periodo, vi sono due circostanze che rilevano per l’esclusione del dolo: l’una, il fatto che (OMISSIS) da tempo restituiva le somme indebitamente percepite all’Inps; l’altra, le somme erogate sono state accreditate dall’ente su un conto che non e’ stato utilizzato dalla (OMISSIS).

Tali elementi, ritiene il giudice di merito, complessivamente valutati escludono che, quanto meno sotto il profilo del dubbio, ci sia stata “rappresentazione e volonta’”, bensi’ con alta probabilita’ solo “negligenza”.

Si e’ dunque, in presenza di una ricostruzione in fatto che esclude la configurabilita’ del reato.

4. In conclusione, il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

 

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