Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
Sentenza 14 gennaio 2014, n. 1251
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente
Dott. SERPICO Francesco – Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco – rel. Consigliere
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente
Dott. SERPICO Francesco – Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco – rel. Consigliere
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
contro la sentenza della Corte d’appello di Catania, emessa il del 20/04/2012;
– letti il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;
– udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
– udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
contro la sentenza della Corte d’appello di Catania, emessa il del 20/04/2012;
– letti il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;
– udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
– udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Catania (sezione per i minorenni) ha confermato la sentenza emessa il 6 dicembre 2010, con cui il giudice dell’udienza preliminare del locale tribunale per i minorenni aveva condannato – riconosciute le circostanze attenuanti generiche e della minore eta’ e applicata la diminuente del rito abbreviato – il giovane (OMISSIS) alla pena di un anno, nove mesi e dieci giorni di reclusione e 18.000 euro di multa per detenzione di tre dosi di marijuana (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis).
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, che deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), violazione dell’articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 bis e 5.
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, che deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), violazione dell’articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 bis e 5.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento sotto entrambi i profili dedotti dal ricorrente.
2. Con il primo motivo, con riferimento alla ritenuta responsabilita’ penale per la detenzione delle tre dosi di marijuana, il ricorrente denuncia mancanza di motivazione e superficialita’ dell’esame dei motivi d’appello.
Con quest’ultimo, a riprova dell’uso esclusivamente personale dello stupefacente detenuto, era stato anche prospettato lo stato di tossicodipendenza dell’imputato, allegando specifica “certificazione di accertamento di uno stato di dipendenza patologica”, rilasciata in data 18.10.2011 dal responsabile del SERT dell’Azienda sanitaria provinciale di (OMISSIS).
Nella motivazione della sentenza impugnata, come argomento aggiuntivo a quelli principali svolti dai giudici, si legge testualmente “che l’imputato non ha dimostrato di essere tossicodipendente”, senza alcun riferimento alla predetta certificazione, cio’ che da fondamento alla censura di omesso esame del motivo d’appello con relativa allegazione.
3. Fondato e’ anche il secondo motivo, con cui si censura il diniego di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica cit..
Al di la’ delle formali citazioni della giurisprudenza di legittimita’, il fatto lieve e’ stato escluso in quanto “il possesso di una somma importante di denaro unitamente alla marijuana lasciano presumere che l’imputato svolgesse un’attivita’ di spaccio in modo non occasionale ed episodico”.
Tale conclusione non puo’ condividersi.
Il fatto di lieve entita’ – sulla base del testo della norma e del dato sistematico, con riferimento alla misura delle pene previste dai diversi commi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e alla rilevante divaricazione tra minimo e massimo edittale – deve essere individuato con criteri interpretativi che consentano di rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del criterio di ragionevolezza derivante dall’articolo 3 Cost., che impone – tanto al legislatore quanto all’interprete – la proporzione tra la quantita’ e la qualita’ della pena e l’offensivita’ del fatto.
Nella specie la quantita’ di stupefacente detenuta dal giovane (OMISSIS) era minima e la quantita’ di danaro in possesso di lui era modesta (120 Euro).
Inoltre, non va dimenticato che l’attenuante del fatto di lieve entita’ e’ ben compatibile con l’attivita’ di spaccio non occasionale, posto che lo stesso legislatore ipotizza, allo stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, un’associazione “costituita per commettere i fatti descritti dal comma quinto dell’articolo 73”, ossia una associazione programmaticamente finalizzata (cio’ che confligge con l’occasionalita’) alla commissione di fatti di lieve entita’ (cfr. Cass. Sez. 6, n. 6615 del 14/02/1994, Greco, Rv. 199198; Sez. 6, n. 4194 del 08/03/1995, Salmi Ben, Rv. 200797; Sez. 6, n. 41090 del 18 luglio 2013, Airano, Rv. 256609).
3. La sentenza va, percio’, annullata con rinvio alla Corte d’appello di Messina (sezione per i minorenni), che procedera’ a nuovo giudizio sulla base dei principi di diritto sopra enunciati.
2. Con il primo motivo, con riferimento alla ritenuta responsabilita’ penale per la detenzione delle tre dosi di marijuana, il ricorrente denuncia mancanza di motivazione e superficialita’ dell’esame dei motivi d’appello.
Con quest’ultimo, a riprova dell’uso esclusivamente personale dello stupefacente detenuto, era stato anche prospettato lo stato di tossicodipendenza dell’imputato, allegando specifica “certificazione di accertamento di uno stato di dipendenza patologica”, rilasciata in data 18.10.2011 dal responsabile del SERT dell’Azienda sanitaria provinciale di (OMISSIS).
Nella motivazione della sentenza impugnata, come argomento aggiuntivo a quelli principali svolti dai giudici, si legge testualmente “che l’imputato non ha dimostrato di essere tossicodipendente”, senza alcun riferimento alla predetta certificazione, cio’ che da fondamento alla censura di omesso esame del motivo d’appello con relativa allegazione.
3. Fondato e’ anche il secondo motivo, con cui si censura il diniego di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica cit..
Al di la’ delle formali citazioni della giurisprudenza di legittimita’, il fatto lieve e’ stato escluso in quanto “il possesso di una somma importante di denaro unitamente alla marijuana lasciano presumere che l’imputato svolgesse un’attivita’ di spaccio in modo non occasionale ed episodico”.
Tale conclusione non puo’ condividersi.
Il fatto di lieve entita’ – sulla base del testo della norma e del dato sistematico, con riferimento alla misura delle pene previste dai diversi commi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e alla rilevante divaricazione tra minimo e massimo edittale – deve essere individuato con criteri interpretativi che consentano di rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del criterio di ragionevolezza derivante dall’articolo 3 Cost., che impone – tanto al legislatore quanto all’interprete – la proporzione tra la quantita’ e la qualita’ della pena e l’offensivita’ del fatto.
Nella specie la quantita’ di stupefacente detenuta dal giovane (OMISSIS) era minima e la quantita’ di danaro in possesso di lui era modesta (120 Euro).
Inoltre, non va dimenticato che l’attenuante del fatto di lieve entita’ e’ ben compatibile con l’attivita’ di spaccio non occasionale, posto che lo stesso legislatore ipotizza, allo stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, un’associazione “costituita per commettere i fatti descritti dal comma quinto dell’articolo 73”, ossia una associazione programmaticamente finalizzata (cio’ che confligge con l’occasionalita’) alla commissione di fatti di lieve entita’ (cfr. Cass. Sez. 6, n. 6615 del 14/02/1994, Greco, Rv. 199198; Sez. 6, n. 4194 del 08/03/1995, Salmi Ben, Rv. 200797; Sez. 6, n. 41090 del 18 luglio 2013, Airano, Rv. 256609).
3. La sentenza va, percio’, annullata con rinvio alla Corte d’appello di Messina (sezione per i minorenni), che procedera’ a nuovo giudizio sulla base dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Messina – sezione per i minorenni.
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