È senz’altro consentita al pubblico ministero l’adozione di un “novativo” decreto di sequestro (probatorio o preventivo), quando un anteriore analogo provvedimento sia stato revocato in sede di riesame, trattandosi di una tipologia di atti di indagine (ricadenti nel genus codicistico dei mezzi di ricerca della prova) rinnovabili e autonomi l’uno dall’altro, sempre che la revoca disposta in sede di riesame o di appello cautelare sia stata determinata da ragioni formali o processuali e non dalla rilevata insussistenza del fumus delicti
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 29 aprile 2016, n. 17947
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola – Presidente
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
Dott. PAOLONI Giacomo – rel. Consigliere
Dott. CARCANO Domenico – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 30/03/2015 del Tribunale di Roma;
esaminati gli atti, i ricorsi e l’ordinanza impugnata;
udita la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Dott. D’AMBROSIO Vito, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che – anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per gli altri ricorrenti – si riporta ai motivi dei ricorsi, insistendo per il loro accoglimento.
FATTO E DIRITTO
1. Nell’ambito di indagini nei confronti di titolari di imprese societarie di onoranze funebri romane interessati ad acquisire gli appalti per la conduzione e gestione delle camere mortuarie di piu’ ospedali e case di cura di Roma e provincia, il procedente pubblico ministero presso il Tribunale di Roma, ipotizzando reati di associazione per delinquere, di corruzione propria continuata anche di natura elettorale, di turbativa d’asta e falsita’ ideologica in atti pubblici, il 31.10.2014 emetteva decreto di perquisizione e sequestro nei confronti dell’indagato (OMISSIS), amministratore della Cattolica 2000 s.r.l. Dando esecuzione all’atto d’indagine del p.m., la polizia giudiziaria delegata per l’incombente il 5.11.2014 eseguiva il sequestro di documentazione pertinente ai fatti oggetto di indagine.
Adito ai sensi dell’articolo 257 c.p.p. dalle richieste di riesame degli indagati, il Tribunale distrettuale di Roma, con ordinanza in data 1.12.2014, annullava il decreto di sequestro per difetto di motivazione, non recando il provvedimento del p.m. indicazione dei fatti e delle condotte integrative dei reati ipotizzati.
2. Lo stesso procedente p.m. capitolino il 7.1.2015 ha emesso un nuovo decreto di sequestro dei documenti gia’ individuati e inizialmente appresi dalla p.g. (“79 cartelle contenenti documentazione varia”), specificando – da un lato – le articolate imputazioni provvisorie elevate nei confronti dei quattro indagati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (gestori dell’azienda di servizi funebri (OMISSIS) s.r.l.) e (OMISSIS) (OMISSIS) (titolare dell’analoga societa’ (OMISSIS) s.r.l.) per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 361/57, articoli 416, 319, 353, 476 e 96, e – da un altro lato – ha esposto la rilevanza dei documenti oggetto della misura ablativa ai fini delle indagini, siccome pertinenti ai rapporti intercorsi tra gli indagati e piu’ organi e dirigenti di nosocomi romani (pubblici e/o privati) e necessari quindi – per l’utile prosecuzione degli accertamenti, resi necessari anche dalle sommarie informazioni acquisite nel corso delle indagini.
Il procedente p.m. ha in limine specificamente chiarito come la propria legittimazione all’adozione di un secondo provvedimento di sequestro, ripetitivo di quello gia’ annullato in sede di riesame, discenda dalla natura meramente formale dei vizi dell’atto che hanno condotto all’annullamento del primo decreto di sequestro.
3. Giudicando sulle istanze di riesame del decreto di sequestro probatorio del p.m. proposte da piu’ indagati, Il Tribunale di Roma; con ordinanza emessa il 30.3.2015, ha rigettato i gravami, ritenendo sussistenti sia il fumus dei reati contestati agli indagati, sia il pericolo connesso alla ipotizzabile sottrazione dei documenti sequestrati con nocumento per le attivita’ d’indagine in corso di svolgimento.
In via pregiudiziale lo stesso Tribunale ha disatteso, con il conforto della giurisprudenza di legittimita’, l’eccezione di nullita’ del decreto del p.m. perche’ non validamente emesso dopo la scadenza dell’iniziale termine delle indagini preliminari, scadenza non seguita da provvedimenti di proroga adottati nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 406 c.p.p., comma 3, e articolo 407 c.p.p.. In sintesi e tra l’altro il Tribunale ha segnalato come l’eventuale inutilizzabilita’ (relativa) degli atti di sequestro emessi dopo la scadenza del termine per le indagini puo’ essere eccepita dagli interessati soltanto se quegli atti siano seguiti da ulteriori atti pregiudizievoli (Sez. 6, n. 40791 del 10/10/2007, Genovese, Rv. 238040).
Quanto al fumus commissi delicti, i giudici del riesame hanno constatato il rispetto dei requisiti disciplinanti il sequestro (articolo 253 c.p.p. e ss.) in ragione della puntuale indicazione dei fatti reato oggetto del procedimento e la loro astratta corrispondenza alle ipotesi criminose prefigurate a carico degli indagati (condotte descritte nelle estese imputazioni provvisorie) e delle attivita’ investigative medio tempore espletate, ben rappresentate negli atti trasmessi dal p.m. (dichiarazioni testimoniali; denuncia di piu’ operatori funerari su irregolarita’ nell’aggiudicazione del servizio pubblico di gestione della camera mortuaria dell’ospedale romano (OMISSIS); informative della polizia giudiziaria).
Quanto al periculum in mora, il Tribunale ha rilevato l’esistenza del necessario nesso di “immediatezza” tra i documenti sequestrati e le fattispecie criminose oggetto di indagine, detti documenti dovendo valutarsi univocamente “pertinenti” ai reati ipotizzati e in diretto rapporto funzionale con la prosecuzione (anche con consulenze tecniche) degli accertamenti, si’ da essere idonei al compimento di ulteriore attivita’ di indagine.
4. Avverso l’ordinanza del riesame hanno proposto, per mezzo dei rispettivi difensori, ricorso per cassazione i quattro indagati generalizzati in epigrafe, deducendo i vizi di legittimita’ di seguito riassunti.
4.1. (OMISSIS) (OMISSIS), Alessandro (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) (con tre separati ricorsi di identico contenuto) lamentano, con unico articolato motivo, la violazione dell’articolo 253 c.p.p. e ss., e articolo 125 c.p.p., comma 3.
L’ordinanza del riesame e’ caratterizzata da considerazioni puramente assertive, scandite da richiami giurisprudenziali, che non danno conto (donde la natura anche apparente della motivazione) di una necessaria concreta verifica della riconducibilita’ dei documenti sequestrati alle categorie del corpo di reato ovvero delle cose pertinenti a reato. In vero il Tribunale non ha neppure reputato opportuno procedere a una diretta visione del materiale documentario prodotto dal p.m..
Non vi e’ stato un effettivo controllo della motivazione dell’impugnato decreto di sequestro del p.m. con specifico riguardo alle reali finalita’ probatorie o di pertinenza a reato delle cose cadute in sequestro. Le stesse imputazioni provvisorie formulate dal p.m., per una delle quali e’ stato modificato il nomen iuris, pur valorizzate dal Tribunale a sostegno della fondatezza del fumus commissi delicti, appaiono evanescenti e non in grado di definire le concrete condotte ascritte a ciascun indagato. In ogni caso e’ mancata in sede di riesame, ai fini del mantenimento del vincolo di indisponibilita’ del materiale documentario appreso, una non generica operazione di comparativo riscontro del rapporto funzionale (pertinenzialita’) tra i presunti fatti reato e gli esiti anche futuri delle indagini sviluppate dal p.m..
4.2. Analogamente con il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) si denuncia violazione degli articoli 253, 257, 309, 324 e 125 c.p.p., per totale difetto di motivazione in merito ad un efficace controllo del legittimo operato del p.m. connesso alla motivazione che sorregge il sequestro.
Tralasciando di censurare l’inottemperanza del p.m. alla anteriore ordinanza del riesame che aveva annullato il primo precedente provvedimento ablativo del p.m. (questi non ha dato esecuzione al dissequestro e alla restituzione delle cose apprese, emettendo un nuovo decreto ex articolo 253 c.p.p.), il Tribunale si e’ limitato a postulare l’esistenza dei reati iscritti nel registro delle notizie di reato dal p.m. senza individuare gli elementi concreti atti a sostanziare le ipotesi accusatorie.
Incongruamente il Tribunale non ha rilevato che l’intrinseca debolezza dell’intero impianto accusatorio (pretesi fatti corruttivi ascritti a piu’ titolari di imprese di onoranze funebri), atta a minare la stessa ipotizzabilita’ delle ipotesi di reato contestate all’indagato, non e’ punto superata dalle allegazioni del p.m. (le indagini documentate dal p.m. continuano a ruotare intorno ad una unica fonte accusatoria formata dalle dichiarazioni del titolare di un’agenzia di servizi funebri romana). Del pari il Tribunale ha omesso di verificare se ed in quale misura i documenti in sequestro (non oggetto di diretto esame dei giudici decidenti) siano davvero qualificabili come pertinenti ad uno o piu’ reati. Con l’effetto che, a tutto concedere, diviene assiomatico l’assunto del Tribunale sulla utilita’ probatoria della documentazione sequestrata (eventuale consulenza tecnica esperibile dal p.m.) in palese assenza di un concreto pericolo di dispersione od occultamento del materiale, che lo stesso (OMISSIS) si e’ premurato di consegnare spontaneamente agli inquirenti. Si’ da far supporre finalita’ meramente “esplorative” dell’attivita’ di indagine promossa dal p.m..
5. Tutti e quattro i ricorsi, sostanzialmente proponenti le medesime censure, vanno rigettati per infondatezza dei motivi che li sorreggono, per piu’ versi palese sino a lambire l’inammissibilita’.
5.1. Appare opportuno ribadire, per ragioni di completezza valutativa, la piena legittimita’ dell’operato del procedente pubblico ministero, allorche’ ha emesso il “secondo” provvedimento di sequestro riproducente quello in prima fase annullato dal Tribunale del riesame. Operato sul quale, pur divenuto oggetto di specifiche doglianze, aleggiano nei ricorsi implicite sfumature critiche. Critiche destituite di pregio.
In vero, come affermato da questa Corte regolatrice, e’ senz’altro consentita al p.m. l’adozione di un “novativo” decreto di sequestro (probatorio o preventivo), quando un anteriore analogo provvedimento sia stato revocato in sede di riesame, trattandosi di una tipologia di atti di indagine (ricadenti nel genus codicistico dei mezzi di ricerca della prova) rinnovabili e autonomi l’uno dall’altro, sempre che la revoca disposta in sede di riesame o di appello cautelare sia stata determinata da ragioni formali o processuali e non dalla rilevata insussistenza del fumus delicti. Tale e’ senza incertezze l’ambito endoprocedimentale in cui, nel caso in esame, e’ stato emesso il decreto del p.m. datato 7.1.2015, poiche’ il pregresso decreto del 31.10.2014 era stato annullato ex articolo 257 c.p.p., per mancanza della motivazione e, dunque, per un vizio formale del provvedimento che non ne investiva il merito valutativo. Come ha gia’ precisato da questa S.C., e’ infondata la tesi, talora avanzata in giurisprudenza, della “impossibilita’ per il pubblico ministero di reiterare il sequestro probatorio a seguito di annullamento in sede di riesame per carenza di indicazione della funzione probatoria dell’atto, avendo la decisione di annullamento in questione un limitato effetto preclusivo allo stato degli atti”, superato da un nuovo intervento del p.m. che “correttamente adotti un nuovo provvedimento che indichi le esigenze probatorie perseguite” (v.: Sez. 6, n. 3738 del 14/11/2013, Zanetti, Rv. 258769; Sez. 3, n. 29975 del 08/05/2014, Betti, Rv. 259944).
5.2. Nel merito della regiudicanda cautelare e’ agevole osservare che i rilievi attinenti alla sommarieta’ descrittiva dei fatti integranti reato sui quali si svolgono le indagini preliminari del p.m. non colgono nel segno. Per la semplice ragione che, come puntualmente osservato dai giudici del riesame, il decreto di sequestro del p.m. e’ supportato da imputazioni che descrivono in sintesi le condotte di corruzione attiva e sistematica (si’ da legittimare la contestazione del corrispondente reato associativo) posta in essere dagli indagati per condizionare (realizzando connessi reati di turbativa d’asta e di falso) le gare ad evidenza pubblica relative ai servizi di gestione delle camere mortuarie di numerosi ospedali pubblici di grandi dimensioni della Capitale e di non pochi nosocomi privati.
Correttamente, del resto, il Tribunale ha ricordato come l’accertamento del fumus commissi deliciti ai fini della verifica del sequestro probatorio in sede di riesame giammai possa o debba tradursi nel controllo sulla presenza di gravi indizi di colpevolezza, essendo al suddetto fine necessario e sufficiente che i fatti prefigurati dal p.m. consentano l’astratta configurabilita’ delle ipotesi di reato enunciate e per le quali e’ avvenuta l’iscrizione delle notizie di reato.
Sebbene, al contrario di quanto sostenuto nel ricorso dello (OMISSIS), i dati delle indagini svolte dal p.m. allegati in sede di riesame a supporto del provvedimento ablativo probatorio siano giudicati dal Tribunale largamente trascendenti la semplice teorica (o astratta) ravvisabilita’ dei reati, non puo’ non riaffermarsi che in tema di sequestro probatorio il giudice del riesame deve limitarsi a controllare la sola configurabilita’ dei reati contestati, apprezzandone il fumus in rapporto alla congruita’ degli elementi rappresentati. Cio’ non nella prospettiva di un virtuale giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, ma con riferimento alla attitudine degli elementi fondanti la notizia di reato a rendere utile lo svolgimento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori dei fatti, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato e il suo trasferimento nella disponibilita’ dell’autorita’ giudiziaria (cfr., ex plurimis: Sez. 5, n. 24589 del 18/04/2011, Misseri, Rv. 250397; Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, Previtero, Rv. 263053).
5.3. Di non maggior pregio si rivelano le osservazioni censorie dei ricorrenti sulla inadeguata catalogazione come cose pertinenti al reato dei documenti in sequestro (sul presupposto che non ne emergerebbe l’immediatezza di un diretto collegamento con i reati ipotizzati dall’accusa) e in ordine al pericolo derivante alle indagini da una loro libera disponibilita’.
La lamentata omessa visione diretta da parte dei giudici del riesame della documentazione allegata dal p.m. agli atti integrativi dello stato delle indagini, che avrebbe compromesso una meditata valutazione sulla pertinenzialita’ del compendio documentale sequestrato, e’ priva di rilevanza, ove si osservi che i contenuti dei singoli atti che formano tale compendio sono desumibili dalle indicazioni descrittive sintetizzate nelle informative di polizia giudiziaria vagliate dal Tribunale.
Aderente alle evenienze processuali sottese al provvedimento di sequestro e, quindi, lineare e logico deve poi considerarsi il giudizio espresso dal Tribunale del riesame sulla finalizzazione dei documenti sequestrati – per le loro inferenze dimostrative delle relazioni intessute dagli indagati (e dalle loro imprese) in funzione dei servizi funerari ospedalieri gia’ aggiudicati o da aggiudicare – all’utile prosecuzione delle indagini e ai necessari controlli volti a fare chiarezza sulle incongruenze di taluni appalti portati in luce dagli accertamenti gia’ svolti. Di tal che ben esplicite appaiono le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilita’ dei documenti sequestrati (cfr., tra le decisioni piu’ recenti: Sez. 3, n. 29990 del 24/06/2014, Lombardi, Rv. 259949; Sez. 2, n. 11325 del 11/02/2015, Caruso, Rv. 263130; Sez. 2, n. 52619 del 11/11/2014, Djikine, Rv. 261614: “Il decreto di sequestro probatorio puo’ essere sorretto anche da motivazione in ordine al presupposto della finalita’ perseguita in concreto per l’accertamento dei fatti enunciata mediante formule sintetiche qualora sia di immediata percezione la diretta connessione probatoria tra il vincolo di temporanea indisponibilita’ del bene sequestrato ed il corretto sviluppo della attivita’ investigativa”).
Al rigetto dei ricorsi segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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