Il superamento del termine per la conclusione delle indagini preliminari non incide sull’utilizzabilità delle intercettazioni
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 23 marzo 2017, n. 14248
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/09/2016 del Tribunale del riesame di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DE MASELLIS Mariella, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
uditi i difensori, avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS) e avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Taranto ha respinto le istanze di riesame proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 22 agosto 2016 con la quale il G.i.p. del medesimo Tribunale aveva applicato agli indagati la misura degli arresti domiciliari in relazione a 10 episodi di induzione indebita, commessi in concorso tra loro ed abusando della qualita’ di agenti della Polizia Provinciale di Taranto, per aver indotto i soggetti controllati, indicati nei capi di imputazione da b) a m), a consegnare loro varie utilita’, omettendo di elevare nei loro confronti contestazioni per violazioni del codice della strada o per abusi edilizi nonche’ in relazione a due episodi di truffa aggravata ai danni dello Stato per avere falsamente firmato il foglio presenze con indicazione dell’orario di entrata e uscita, mentre si erano allontanati ingiustificatamente dal posto di lavoro per recarsi a fare una gita in barca (capo n) e per favorire un collega, allontanatosi ingiustificatamente dal posto di lavoro (capo o).
Dopo aver dato atto della genesi dell’indagine, originata dall’emersione di un primo episodio di induzione indebita nell’ambito di un altro procedimento per omicidio, respinte le eccezioni difensive in punto di utilizzabilita’ delle intercettazioni, il Tribunale ha evidenziato che le intercettazioni telefoniche e le conversazioni ambientali intercettate a bordo dell’autovettura di servizio avevano rivelato la sistematica modalita’ illecita di esercizio del servizio da parte degli indagati, i quali in occasione dei controlli su strada, accertate violazioni del codice della strada o abusi edilizi, inducevano gli utenti controllati a consegnare loro alimenti (cassette di arance, damigiane di olio, carne, pesce fresco e frutti di mare), danaro (la somma di 1000 Euro in due buste, oggetto del capo e) o servizi (il pranzo per 14 persone per il battesimo della figlia del (OMISSIS), oggetto del capo d), lavori di tinteggiatura per le loro abitazioni, oggetto del capo m), per omettere di elevare contravvenzioni o di disporre il sequestro dei manufatti abusivi.
Ritenuta sussistente la gravita’ indiziaria anche per i reati di truffa aggravata, alla luce della chiarezza delle conversazioni intercettate e dei riscontri acquisiti circa la falsa annotazione dell’orario di lavoro, e’ stato ravvisato il pericolo di reiterazione, desunto dalla pluralita’ dei fatti e dalla spregiudicatezza dimostrata dagli indagati, nonostante il disposto trasferimento presso la Regione come impiegati, potendo essere commessi reati contro la P.A. anche in tale sede.
2. Avverso l’ordinanza hanno presentato ricorso i difensori degli indagati, che articolano i seguenti motivi:
2.1 violazione dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), articoli 267, 268 e 271 c.p.p., e vizio di motivazione per non avere il Tribunale risposto all’eccezione in ordine alla violazione del diritto di difesa derivante dal mancato rilascio di copia del decreto RIT 482/13, emesso nel proc. pen. RG NR 3186/12, posto a base delle indagini e delle intercettazioni del presente procedimento, richiesto al P.m. in data 9 settembre 2016;
2.2 violazione degli articoli 267 e 270 c.p.p., e conseguente inutilizzabilita’ delle intercettazioni ambientali disposte con decreto del 13 febbraio 2014: si deduce che il decreto autorizzativo e’ mancante di motivazione, per avere il G.i.p. con motivazione apparente ritenuto indispensabili le intercettazioni ambientali sull’autovettura di servizio, stante la probabilita’ che gli indagati commentassero le circostanze afferenti il reato. Analogamente apparente e’ la motivazione del Tribunale, che nel condividerla ha affermato che non era decorso un notevole lasso temporale, trascurando che tra il primo fatto, emerso nell’altro procedimento e l’inizio delle operazioni di intercettazione erano decorsi 6 mesi, cosicche’ era solo congetturale l’ipotesi che gli indagati rievocassero quell’episodio, improbabile che l’autovettura fosse utilizzata solo dagli indagati, come poi emerso, e palese che, a fronte di un reato istantaneo, risalente al (OMISSIS), nel febbraio 2014 non potesse essere indispensabile il ricorso ad intercettazioni ambientali per proseguire le indagini. Si sostiene pertanto, l’illegittimita’ delle intercettazioni, in quanto esplorative e disposte solo per ricercare la prova di altri reati;
2.3 inosservanza dell’articolo 268 comma 3, in relazione all’articolo 271 c.p.p.: si deduce l’illegittimita’ del ricorso ad impianti esterni rispetto a quelli in dotazione alla Procura della Repubblica per insussistenza nel caso di specie di eccezionali ragioni di urgenza, avendo sia il P.m. che il G.i.p. ammesso che il reato era stato gia’ consumato e non si versava in caso di attivita’ illecita in corso;
2.4 inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 286 c.p.p., comma 4, e violazione del diritto di difesa: si deduce che il P.m. non ha rispettato il termine di 5 giorni dalla conclusione delle operazioni di intercettazione per richiedere il ritardato deposito dei decreti, dei verbali e delle registrazioni, in quanto le operazioni di intercettazione ambientale erano terminate il 4 giugno 2014, mentre il P.m. aveva chiesto l’autorizzazione al G.i.p. solo l’11 giugno e per le intercettazioni telefoniche, terminate il 17 giugno 2014, l’autorizzazione era stata richiesta il 23 giugno, ma il Tribunale ha ritenuto che il termine decorresse dal momento in cui i verbali erano stati trasmessi al P.m. e che il termine non e’ a pena di decadenza, respingendo anche l’ulteriore eccezione relativa al deposito avvenuto oltre il termine di scadenza delle indagini;
2.4 violazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione in punto di esigenze cautelari: si deduce che ne’ il G.i.p. ne’ il Tribunale hanno tenuto conto della distanza temporale di oltre due anni e tre mesi intercorrente tra la consumazione dei reati e l’applicazione della misura ne’ si e’ considerato che gli indagati dal giugno 2014, dopo la soppressione delle Province, sono stati ricollocati presso la Regione e non svolgono piu’ compiti di polizia giudiziaria con conseguente mancanza di attualita’ e concretezza del pericolo di reiterazione, giustificato dal Tribunale con motivazione apodittica;
2.5 inosservanza dell’articolo 275 c.p.p., e manifesta illogicita’ della motivazione in punto di scelta della misura, eccessiva e sproporzionata, tenuto conto del tempo trascorso dai fatti e della mancanza di precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
1.1 Infondato e’ il primo motivo, atteso che il Tribunale ha dato atto dell’inutilizzabilita’ dei risultati dell’intercettazione, disposta nel diverso procedimento per omicidio, quale base probatoria del delitto contestato al capo a), non ricorrendo i presupposti dell’articolo 270 c.p.p., stante l’assenza di ogni collegamento o connessione tra i due procedimenti e la non inclusione dei reati ipotizzati a carico degli indagati nel presente procedimento tra quelli per i quali e’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Pertanto, il Tribunale ha ritenuto che gli elementi emersi del tutto casualmente nel diverso procedimento costituissero solo un valido presupposto quale notitia criminis, legittimamente acquisita per disporre nuove ed autonome intercettazioni nel presente procedimento e per tale ragione deve ritenersi implicitamente respinta, in quanto irrilevante, l’eccezione difensiva, che deduceva la violazione del diritto di difesa per mancato accesso al decreto autorizzativo emesso nel procedimento a quo, non trattandosi di atto probatoriamente utilizzabile ai sensi dell’articolo 270 c.p.p., bensi’ di una notizia di reato, trasfusa in una relazione di p.g., che all’esito degli approfondimenti disposti dal P.m. ha fondato la richiesta di autonome intercettazioni nel presente procedimento.
La valutazione e’ conforme all’orientamento di questa Corte secondo il quale deve ritenersi legittima l’acquisizione dei risultati di intercettazioni disposte in un diverso procedimento come “notitiae criminis”, costituenti, nel procedimento “ad quem”, il presupposto di nuovi ed autonomi provvedimenti autorizzativi, senza che sia necessario il deposito di verbali e registrazioni relativi al procedimento “a quo”, giacche’ in tal caso non trova applicazione l’articolo 270 c.p.p., che disciplina il differente profilo dell’utilizzazione del contenuto delle intercettazioni eseguite in altro procedimento (Sez. 5, n. 4758 del 10/07/2015, dep. 2016, Bagnato, Rv. 265992). La non necessarieta’ del deposito ex articolo 270 c.p.p., discende proprio dalla circostanza che le risultanze dell’intercettazione del procedimento a quo influiscono sulle autorizzazioni del procedimento ad quem come mero presupposto di fatto, incidente sulla motivazione dei successivi, autonomi provvedimenti autorizzativi solo sotto il profilo della loro rilevanza ai fini della verifica dei gravi indizi di reato, richiesta dall’articolo 267 c.p.p. (Sez. 2, n. 30815 del 26 aprile 2012, Parisi): ne discende che nel caso di specie non si pone alcun problema di rapporto fra procedimenti diversi e di conseguenti implicazioni in punto di utilizzabilita’ delle intercettazioni disposte nel primo procedimento.
2. Infondato e’ il secondo motivo con il quale si censura la mancanza di motivazione del decreto autorizzativo di intercettazione delle conversazioni che si sarebbero svolte a bordo dell’autovettura di servizio, in quanto il decreto risulta compiutamente motivato e giustificato il ricorso al mezzo di ricerca della prova.
Risulta dal testo del decreto allegato ai ricorsi che il giudice ha dato atto del presupposto oggettivo di ammissibilita’ del mezzo di ricerca della prova ex articolo 266 c.p.p., in relazione ai titoli di reato per i quali si procedeva a carico degli indagati – articoli 110, 318 e 319 c.p. -; dell’emersione di gravi indizi di reato nell’ambito di altro procedimento in relazione al controllo operato da una pattuglia della polizia Provinciale il (OMISSIS) nei confronti di Giaquinto Alessandro, conducente di un autocarro, privo della patente di tipo C, che era riuscito ad evitare la contravvenzione, versando 50 Euro agli agenti; degli accertamenti compiuti dai CC di Manduria per identificare i componenti della pattuglia in servizio quel giorno e localizzata proprio nel luogo del controllo dell’autocarro; del verificato abituale utilizzo dell’autovettura di servizio da parte degli indagati e della assoluta indispensabilita’ del ricorso alle intercettazioni per la prosecuzione delle indagini e l’acquisizione di elementi probatori, non acquisibili diversamente, in ordine alle attivita’ delittuose indicate, alle modalita’ di realizzazione delle stesse ed all’individuazione delle responsabilita’ individuali, risultando probabile che, confidando nella riservatezza dei dialoghi svolti all’interno dell’autovettura, gli indagati potessero effettuare commenti e riferimenti alle attivita’ delittuose per le quali si procedeva.
Risulta, pertanto, da escludere la natura esplorativa del mezzo di ricerca della prova, fondato su una precisa notizia di reato, risulta giustificato il collegamento tra detta notizia di reato e gli indagati, altresi’, giustificato il ricorso alle intercettazioni ambientali da una circostanza oggettiva, relativa al servizio di controllo su strada espletato dagli indagati, e ritenute indispensabili per accertare tramite i dialoghi intercettati le modalita’ di commissione dei reati ed i ruoli di ciascuno non solo nell’episodio passato, ma in relazione ai reati, oggetto specifico delle indagini.
Nei termini indicati, la motivazione del decreto autorizzativo risulta in linea con la funzione di garanzia della motivazione del provvedimento ex articolo 267 c.p.p., che, come precisato da questa Corte, “risiede nell’individuazione della specifica vicenda criminosa cui l’autorizzazione si riferisce, in modo da prevenire il rischio di autorizzazione in bianco e di impedire altresi’ che l’intercettazione da mezzo di ricerca della prova si trasformi in mezzo per la ricerca della notizia di reato” (Sez. 5, n. 1407 del 17/11/2016, dep. 2017, Nascetti, Rv. 268900; Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014, dep. 2015, Carrara, Rv. 263044).
3. Destituito di fondamento e’ il terzo motivo, in quanto fondato su un’errata interpretazione del contenuto del decreto esecutivo emesso dal P.m., risultando pacificamente che le operazioni furono eseguite presso la sala ascolto della Procura della Repubblica con mera remotizzazione presso la sala ascolto del comando CC di Manduria e mediante apparecchiature, appositamente noleggiate da ditta privata, in quanto non disponibili da parte dell’ufficio di Procura.
Risulta, pertanto, evidente che in alcun modo si versa nell’ipotesi dell’articolo 268 c.p.p., comma 3, erroneamente evocata dai ricorrenti.
4. Analoga sorte spetta al quarto motivo, atteso che il mancato rispetto del termine di 5 giorni dalla conclusione delle operazioni per il deposito dei verbali e delle registrazioni, stante la natura ordinatoria del termine, non e’ causa di nullita’ (non espressamente prevista) ne’ di inutilizzabilita’ dei risultati delle intercettazioni, atteso il mancato richiamo, nell’articolo 271 c.p.p., al quarto e all’articolo 268 c.p.p., comma 6 ed in caso di autorizzazione al ritardato deposito, coincidendo il termine di cui all’articolo 268 c.p.p., comma 5, con quello di cui all’articolo 415 bis c.p.p., si fa luogo ad un unico deposito e l’indagato ed il suo difensore possono esercitare anche le facolta’ di cui all’articolo 268 c.p.p., comma 6.
Parimenti destituita di fondamento e’ la dedotta inutilizzabilita’ delle risultanze intercettative per superamento del termine di conclusione delle indagini preliminari, avendo correttamente il Tribunale dato atto che le operazioni di intercettazione erano state regolarmente eseguite entro il giugno 2014 ovvero entro sei mesi dalla iscrizione del nome degli indagati nel registro delle notizie di reato (8 febbraio 2014), a nulla rilevando che l’informativa, contenente le trascrizioni, fosse stata depositata all’inizio del 2015.
Tale valutazione e’ corretta e conforme all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale al fine della verifica della inutilizzabilita’ prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine di durata per le indagini preliminari, deve farsi riferimento alla data in cui i singoli atti di indagine sono compiuti e non a quella del deposito dell’informativa che li riassume (Sez. 4, n. 19553 del 25/03/2014, Naso, Rv. 260403).
5. Cio’ posto ed in assenza di specifiche censure in punto di gravita’ indiziaria, va evidenziato che la valutazione del Tribunale sul punto e’ completa ed esaustiva, risultando fondata sulle conversazioni intercettate di estrema eloquenza ed evidenza circa le modalita’ commissive dei reati contestati con sfrontato abuso delle funzioni ed immediata ricezione di utilita’ per omettere atti d’ufficio.
6. Anche le censure in punto di esigenze cautelari sono infondate.
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi ribaditi anche di recente dalle Sezioni Unite in tema di attualita’ e concretezza delle esigenze cautelari, laddove e’ stato precisato che, ferma l’autonomia concettuale dei requisiti indicati, posto che la concretezza va correlata “alla capacita’ a delinquere del reo”, e l’attualita’ “alla presenza di occasioni prossime al reato” e la necessita’ di una distinta valutazione, gli “indici rivelatori” da prendere in esame, ai fini della verifica della loro reale sussistenza, sono i medesimi, da individuarsi nelle “specifiche modalita’ e circostanze del fatto e personalita’ dell’indagato o imputato” (cfr., in parte motiva, Sez. Un. n. 20769 del 28/04/2016).
Indiscussa la gravita’ dei fatti e la reiterazione delle condotte in uno stretto arco temporale, ancor piu’ rilevante laddove si tenga conto della distanza temporale dal primo episodio dell’agosto 2013, che aveva dato avvio alle indagini, e che pertanto, dimostra l’abitualita’ del metodo emersa dalle intercettazioni, e’ altrettanto indubbio che, nonostante la distanza temporale dall’ultimo episodio, la prognosi di recidiva e’ stata correttamente fondata sulle gravi e specifiche modalita’ dei fatti, sulla sistematicita’ degli abusi, sulla abituale strumentalizzazione della funzione, e sulla personalita’ negativa degli indagati desunta da detti elementi, indicativi di un metodo di lavoro, dell’assenza di remore e dell’intensita’ del dolo, costituendo l’attivita’ di lavoro per gli indagati l’occasione per conseguire profitti illeciti.
Per tali ragioni il Tribunale ha ritenuto irrilevante il tempo trascorso, smentita dalla gravita’ delle condotte emerse l’esaltata incensuratezza degli indagati e non decisivo il disposto trasferimento presso la Regione ed il mutamento di funzioni.
A differenza di quanto sostenuto nei ricorsi e come gia’ evidenziato dal G.i.p. nell’ordinanza genetica, deve rilevarsi che dalla stessa documentazione prodotta risulta che ai sensi della Legge Regionale Puglia n. 37 del 2015, articolo 5, comma 4, e’ previsto che il personale riallocato presso la regione – Sezione di vigilanza ambientale -, in continuita’ con le funzioni svolte presso le amministrazioni di provenienza, conserva la qualifica di agente di polizia giudiziaria.
A fronte di un metodo radicato e collaudato e di funzioni esercitate in continuita’ risulta coerentemente ravvisato un concreto ed attuale pericolo di reiterazione anche nel nuovo contesto lavorativo, in ragione del sistema abitualmente illecito di esercizio di funzioni pubbliche ancora esercitate e della notevole spregiudicatezza ed avidita’ dimostrate dagli indagati, contenibile unicamente con la misura detentiva applicata, proporzionata alla gravita’ dei fatti ed alla pena irrogabile ed idonea ad inibire la replica di condotte illecite della stessa specie.
Al rigetto dei ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Cosi’ deciso in Roma, il 1 marzo 2017.
Leave a Reply