Cassazione toga rossa
Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 11 maggio 2015, n. 9448

Svolgimento del processo e motivi della decisione

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Con sentenza n. 2508 in data 17 giugno 2013 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 3 marzo 2010 di rigetto della domanda proposta da D.F. nei confronti della Aurora Assicurazioni s.p.a. (ora Unipol Assicurazioni s.p.a.) per il pagamento dell’indennizzo assicurativo in forza di polizze inter partes denominate “Programma Assicurazione Salute” e “Programma Assicurazione Reddito”.
I giudici del merito hanno riconosciuto l’inoperatività delle polizze assicurative in relazione alle gravissime lesioni personali subite dal F. in un incidente stradale, considerando: a) che, a distanza di due ore dall’incidente, il tasso alcolico del F. era risultato sei volte superiore al limite consentito dal C.S. e pari al doppio del limite dello stato di ubriachezza piena e che gli esami tossicologici avevano riscontrato positività alla cocaina e ai cannabinoidi; b) che il verbale di accertamento di infrazione al C.S. poteva ritenersi assistito da fede privilegiata, atteso che lo stato di ubriachezza alcolica era stato accertato con l’ausilio di strumenti tecnici al Pronto soccorso; c) che la circostanza che il conducente avesse al momento del sinistro stradale un tasso alcolemico superiore al massimo consentito costituiva una presunzione iuris tantum a suo carico, rispetto alla quale non era stata fornita la prova liberatoria, attesa l’inattendibilità delle deposizione Navarro, siccome priva di riscontri estrinseci e gravemente generica e illogica; d) che le clausole contrattuali, in forza delle quali l’assicuratore aveva negato l’indennizzo non erano vessatorie, richiamando nella sostanza gli artt. 186 e 187 del C.S.; e) che il principio di cui all’art. 2900 cod. civ., secondo cui l’assicurazione non si estende ai rischi causati da dolo o colpa grave, opera pure quando la condotta dell’assicuratore non sia stata causa unica dell’evento; di conseguenza – anche a prescindere dall’inattendibilità del teste Navarro e a ritenere, per ipotesi, che vi fosse stato un urto tra il motoveicolo dei predetto Navarro e quello del F., come riferito dal teste – l’assicurazione doveva ritenersi comunque inoperante, potendosi presumere la colpa del F., quantomeno a titolo di concorso, per non essere stato in grado di attuare alcuna manovra di emergenza per lo stato alterato in cui versava.
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione D.F. formulando tre motivi.
Unipol Assicurazioni s.p.a ha resistito con controricorso.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli arti. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.
4. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) ai sensi dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. Violazione dell’art. 1469 bis e segg. cod. civ. per avere la Corte di appello ritenuto non vessatoria la clausola che escludeva « le conseguenze dell’abuso di alcolici o dell’uso non terapeutico di psicofarmaci o
stupefacenti… », ancorchè detta clausola non richiamasse affatto gli artt. 186 e 187 C.S., come affermato in sentenza; b) ai sensi dell’art. 360 n_3 cod. proc. civ. violazione dell’art.116 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto inattendibili le risultanze della testimonianza del Navarro; c) ai sensi dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e ciò in quanto: c1) non è stata considerata l’incidenza degli interventi farmacologici di urgenza già eseguiti sul F. allorchè vennero eseguiti le analisi da cui è stato desunto lo stato alterato del medesimo al momento dell’incidente; c2) non è stata considerata l’eccezione di nullità della c.t.u. per avere il consulente espresso valutazioni giuridiche che non gli spettavano.
4.1. Relativamente al primo motivo va, innanzitutto, precisato che l’inoperatività della garanzia assicurativa è stata fatta discendere non solo dalla clausole pattizie di cui si assume la vessatorietà (e dall’implicito richiamo in esse alle fattispecie di cui agli artt. 186 e 187 C.S.), ma anche dal principio di cui all’art. 1900 cod. civ., secondo il quale l’assicurazione non si estende ai rischi provocati volontariamente e con colpa grave del beneficiario: principio, il quale trova applicazione anche quando la condotta dell’assicurato, caratterizzata dal dolo o dalla colpa grave, non sia stata la causa unica del verificarsi dell’evento dannoso. Invero, per quanto è dato desumere dallo “stralcio” riportato in ricorso, le suddette clausole sono pienamente conformi alla norma cit..
Ne consegue che il motivo appare manifestamente infondato alla luce di principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la clausola che esclude dall’obbligo dell’indennizzo anche i sinistri agevolati da dolo o colpa grave riproduce un dettato di legge e quindi non abbisogna di alcuna forma speciale (cfr. Cass. 31 luglio 2006, n. 17441).
4.2. II secondo motivo – pur formulato sub .rj)ecie di violazione di legge – postula una inammissibile rivalutazione delle risultanze della prova orale.
Valga considerare che la ricostruzione degli elementi probatori e la relativa valutazione, rientra nei compiti del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione, se immune, come nella specie, da vizi di motivazione rilevabili in sede di legittimità. L’art. 116 cod. proc. civ. -­salvo alcune specifiche ipotesi di prova legale, che qui non ricorrono – ha, infatti, consacrato il principio del libero convincimento del giudice, per cui lo stesso deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento.
4.3. Il terzo motivo – pur enunciando in rubrica il testo dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come novellato al d.l. n. 83 del 2012 cony. in L. n. 134 del 2012 applicabile ai ricorsi avverso le sentenze pubblicate (come quella in oggetto) successivamente al 11.09.2012 – profila nella sostanza il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo perì giudizio, previsto dal testo anteriore alla novella.
Invero la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dell’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, cony. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (qui ampiamente assolto, come emerge dalla sintesi sopra riportata), con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. SS.UU. 7 aprile 2014, n.8053).
Per altro verso si rileva che lo specifico vizio introdotto dal novellato art 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) postula che il ricorrente nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., indichi il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (SS.UU. 7 aprile 2014, n.8053).
Nel caso di specie i due “punti” su cui si articola la denuncia di “omesso esame” esulano dall’ambito del suddetto vizio, posto che l’uno profila una valutazione meramente alternativa delle risultanze processuali e l’altro postula l’omessa pronuncia su un’eccezione, che (a tacere dalla sua manifesta infondatezza), se del caso, avrebbe dovuto essere fatta valere in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., come violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio preliminarmente rileva che non vi è ragione di aderire alla richiesta di rinvio inoltrata dal difensore del ricorrente, giacchè la documentazione inviata a sostegno della richiesta non dà contezza di un impedimento assoluto del difensore a partecipare all’adunanza camerale; peraltro lo stesso difensore ha illustrato per iscritto i rilievi opposti alla relazione, di modo che non è certamente prefigurabile alcun pregiudizio alle garanzie difensive.
Ciò premesso, il Collegio – rilevato che la memoria non ha evidenziato profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella relazione e vista altresì la memoria della resistente- ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n.55/2014, seguono la soccombenza.
Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 7.200,00 (di cui £ 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali; ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

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