Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 9 aprile 2015, n. 14554
Fatto e diritto
1. Con sentenza pronunciata il 19.6.2013 il giudice di pace di Dorgali condannava alla pena ritenuta di giustizia S.M.A. per il solo reato di cui al capo c) dell’imputazione, riguardante il delitto di tentativo di lesioni volontarie, commesso in danno di F.N., mentre lo stesso giudice assolveva la S. con la formula perché il fatto non sussiste in relazione al reato di cui all’art. 612, co. 1, c.p. (capo a) e dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti per difetto di querela, in ordine al reato di cui all’art. 594 c.p. (capo b).
2. Avverso la sentenza dei giudice di pace, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avv. O.D., dei Foro di Nuoro, lamentando violazione di legge in ordine alla possibilità di configurare il dolo eventuale in relazione al delitto di lesioni volontarie in forma tentata, in quanto la stessa sentenza evidenzia come l’imputata ha lanciato il sacchetto di pietre nel cortile dove si trovava la persona offesa non allo scopo di colpirla, ma solo per restituirgliele, per cui, osserva la ricorrente, si esula completamente dallo schema legale del delitto tentato, alla luce del quale la condotta posta in essere deve essere tale da rendere non semplicemente possibile, ma altamente probabile il verificarsi dell’evento, poi non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dei soggetto agente. II giudice di pace, pertanto, evidenzia il difensore, ha errato nell’affermare la configurabilità, in capo alla S., dei dolo eventuale, sul presupposto che, buttando la busta nel cortile confinante, avrebbe potuto colpire la F..
3. Il ricorso è fondato e va accolto.
Ed invero, come affermato dall’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, la figura di reato prevista dall’art. 56 c.p., che ha come suo presupposto il compimento di atti finalizzati (“diretti in modo non equivoco”) alla commissione di un delitto, non ricomprende quelle condotte rispetto alle quali un evento delittuoso si prospetta come accadimento possibile o probabile non preso in diretta considerazione dall’agente, che accetta il rischio dei suo verificarsi (c.d. dolo eventuale), ricomprendendo invece gli atti rispetto ai quali l’evento specificamente richiesto per la realizzazione della fattispecie delittuosa di riferimento si pone come inequivoco epilogo della direzione della condotta, accettato dall’agente che prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria (c.d. dolo diretto alternativo), o specificamente voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale o perseguito come scopo finale (c.d. dolo diretto intenzionale).
L’ipotesi del tentativo, pertanto, mentre non è compatibile con il dolo eventuale, lo è con quella particolare forma di dolo diretto che è il dolo alternativo (cfr. Cass., sez. I, 11/04/2012, n. 47257; Cass., sez. V, 31/05/2011, n. 32100).
II dolo alternativo, infatti, sussiste se l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, sicché già al momento della realizzazione dell’elemento oggettivo dei reato egli deve prevederli entrambi. Si ha, invece, dolo eventuale allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità dei verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di cagionarla. Ne consegue che, come già detto, il dolo eventuale non è configurabile nel caso di delitto tentato, in quanto è ontologicamente incompatibile con la direzione univoca degli atti compiuti nel tentativo, che presuppone il dolo diretto. AI contrario, vi è compatibilità tra tentativo penalmente punibile e dolo alternativo, poiché la sostanziale equivalenza dell’uno e dell’altro evento, che l’agente si rappresenta indifferentemente come eziologicamente collegabili alla sua condotta e alla sua cosciente volontà, comporta che questa forma di dolo è diretta, atteso che ciascuno degli eventi è ugualmente voluto dal reo (cfr. Cass., sez. I, 19/03/2014, n. 25301).
Orbene, il giudice di pace non ha fatto buon governo dei principi innanzi indicati, posto che, nel soffermarsi sul punto specifico della sussistenza dell’elemento soggettivo dei delitto di cui al capo c) dell’imputazione, ha affermato testualmente che, nel caso in esame, siffatto elemento si atteggia come dolo eventuale, in quanto l’imputata, nel lanciare il sacchetto contenente dei sassi nel cortile della persona offesa, allo scopo di “restituirgliele”, “non può non essersi rappresentata la concreta possibilità dei verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e abbia accettato il rischio di cagionarle” (cfr. p. 5 della sentenza impugnata). 4. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al giudice di pace di Nuoro affinché proceda ad un nuovo esame sul punto, adeguandosi ai principi di diritto innanzi indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di Nuoro
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