SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V
SENTENZA 4 febbraio 2015, n. 5326
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 19.6.13 la Corte di Appello di Lecce riformava la sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale del luogo, appellata da C. M., ritenuto responsabile del reato di lesioni (art.582-583-585 C.P. ascrittogli per aver cagionato a R.G. lesioni gravissime, (sfregio permanente del viso) colpendo la persona offesa con una macchinetta del caffè, nel cortile adibito al passeggio nella Casa circondariale di Lecce, ove entrambi si trovavano detenuti-in data 27.11.2007); per tale reato la Corte previa esclusione della contestata recidiva, determinava la pena in anni quattro di reclusione, confermando le ulteriori statuizioni.
Le lesioni secondo quanto accertato con relazione medica, e attraverso la documentazione fotografica, avevano determinato l’esistenza di cicatrici, al sopracciglio e in regione zigomatica ritenuta dal giudice idonee a configurare lo ‘sfregio permanente’ (mentre secondo la prima consulenza disposta dal PM le lesioni si erano ritenute guaribili in gg.l5, nulla specificando sulle caratteristiche dello sfregio).
In sede di appello la difesa aveva evidenziato l’esito dei primi accertamenti.
La Corte di Appello aveva ritenuto condivisibili le valutazioni del GUP in riferimento alla esistenza di sfregio permanente richiamandosi ai principi sanciti dalla giurisprudenza -(Sez.IV,n. 12006 del 4-7.2000,RV217897-)
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:
la contraddittorietà ed illogicità della motivazione,rilevando che il giudice aveva ritenuto la sussistenza di lesioni caratterizzate da sfregio permanente pur in presenza di esiti di accertamenti eseguiti dai consulenti,dai quali non emergeva l’accertamento di tale conseguenza della aggressione patita dalla persona offesa(poneva in evidenza sul punto che anche il perito designato dal GUP pur rilevando l’esistenza di cicatrici,aveva ritenuto di escludere segni di ‘deturpamento ‘del volto della persona offesa.)
Inoltre la difesa censurava la motivazione della sentenza per contraddittorietà ed illogicità (rilevando che in dibattimento il consulente tecnico aveva reso chiarimenti,affermando che la cicatrice-pur integrando le caratteristiche di un indebolimento estetico-quindi rilevabile sotto il profilo del danno biologico-non integrava in sé le caratteristiche dello sfregio permanente.)
Rileva in diritto
Il ricorso risulta inammissibile.
Invero deve rilevarsi in primo luogo che il giudice di appello ha reso adeguata motivazione sui temi proposti dalla difesa, evidenziando, nella valutazione delle prove, la sussistenza nel caso di specie, di postumi a carico della parte lesa idonei ad integrare lo ‘sfregio permanente’.
A riguardo va richiamato il principio giurisprudenziale enunciato da questa Corte dovendo ritenersi sfregio permanente contemplato nella seconda ipotesi del n.4 del comma secondo dell’art.583 CP,un qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione,importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, per tale intendendosi quella parte del corpo che va dalla fronte all’estremità del mento e dall’uno all’altro orecchio. (Cass.V-9-12-198 1,n. 10903 -Buccella- in sintonia con il prevalente indirizzo, per cui si richiama sentenza Sez.V-del 16-1-2012,n.21998-RV252952-ove si stabilisce che >integra lo sfregio permanente (art.582,583,co. II,n.4 Cod. Pen.) qualsiasi nocumento che senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso. Ne deriva che, se pure non ogni alterazione della fisionomia del viso costituisca sfregio, sono certamente tali le alterazioni che ne turbino l’armonia con effetto sgradevole o di ilarità, anche se non di ripugnanza: il tutto rapportato ad un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità.
Devono dunque ritenersi in tal senso manifestamente infondate le deduzioni della difesa riferite all’esito di consulenza tecnica.
Parimenti si rivelano inammissibili le censure di illogicità e contraddittorietà della motivazione,tese a contrastare i principi innanzi richiamati ai quali ha fatto corretto riferimento il giudice di merito.
In conclusione si impone la declaratoria di inammissibilità del gravame.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si ritiene equo determinare in euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
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