Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 4 febbraio 2015, n. 1972
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15932/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 72/2008 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di FOGGIA, depositata il 02/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15932/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 72/2008 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di FOGGIA, depositata il 02/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 19 gennaio 1995 si apri’ la successione di (OMISSIS).
Con sentenza in data 9 maggio 2008 la commissione tributaria regionale della Puglia, sez. di Foggia, respinse gli appelli, principale dell’agenzia delle entrate e incidentale degli eredi (OMISSIS), avverso la decisione della commissione tributaria provinciale che aveva accolto le opposizioni degli eredi medesimi contro l’avviso di liquidazione notificato l’8 marzo 1999.
Con tale avviso l’amministrazione aveva liquidato la maggiore imposta su un valore imponibile dichiarato di lire 2.242.200.000, e irrogato la sanzione pecuniaria per ritardata presentazione dell’ultima di tre dichiarazioni di successione in funzione integrativa di quella originaria.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la commissione tributaria regionale, premessa l’infondatezza di un’eccezione dei contribuenti di inammissibilita’ dell’appello principale, ha motivato osservando che la maggiore base imponibile era stata dall’ufficio correlata al valore dichiarato delle partecipazioni in due societa’ (la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.r.l.), ma che il suddetto valore era stato rettificato in lire 18.785.000 dai contribuenti con un’ulteriore dichiarazione correttiva susseguente alla notifica dell’avviso di liquidazione.
Ad avviso della commissione tributaria, il valore di cui alla citata ultima dichiarazione doveva aversi per definitivo, non avendo l’ufficio provveduto a rettificarlo; vi era stata, cioe’, acquiescenza sulla dichiarazione detta, incompatibile con l’appello.
In ogni caso la valutazione delle partecipazioni, cosi’ come esposta nella dichiarazione correttiva, dovevasi considerare convincente, atteso che il valore delle partecipazioni medesime era risultato azzerato gia’ nell’anno 1994 in ragione di vicissitudini concernenti le societa’ ulteriormente partecipate da (OMISSIS) s.p.a. e da (OMISSIS) s.r.l.; per modo che l’intero sistema di partecipazioni aveva in verita’ determinato solo perdite, con conseguente riduzione delle azioni e delle quote a valore simbolico.
Tale conclusione la commissione tributaria regionale diceva gia’ ritenuta dal primo giudice e in relazione a essa l’ufficio, sempre a dire della commissione, non aveva apportato alcun valido elemento contrario.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due mezzi.
Si sono costituite (OMISSIS) e (OMISSIS), resistendo e proponendo un motivo di ricorso incidentale.
Non ha svolto difese (OMISSIS).
Con sentenza in data 9 maggio 2008 la commissione tributaria regionale della Puglia, sez. di Foggia, respinse gli appelli, principale dell’agenzia delle entrate e incidentale degli eredi (OMISSIS), avverso la decisione della commissione tributaria provinciale che aveva accolto le opposizioni degli eredi medesimi contro l’avviso di liquidazione notificato l’8 marzo 1999.
Con tale avviso l’amministrazione aveva liquidato la maggiore imposta su un valore imponibile dichiarato di lire 2.242.200.000, e irrogato la sanzione pecuniaria per ritardata presentazione dell’ultima di tre dichiarazioni di successione in funzione integrativa di quella originaria.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la commissione tributaria regionale, premessa l’infondatezza di un’eccezione dei contribuenti di inammissibilita’ dell’appello principale, ha motivato osservando che la maggiore base imponibile era stata dall’ufficio correlata al valore dichiarato delle partecipazioni in due societa’ (la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.r.l.), ma che il suddetto valore era stato rettificato in lire 18.785.000 dai contribuenti con un’ulteriore dichiarazione correttiva susseguente alla notifica dell’avviso di liquidazione.
Ad avviso della commissione tributaria, il valore di cui alla citata ultima dichiarazione doveva aversi per definitivo, non avendo l’ufficio provveduto a rettificarlo; vi era stata, cioe’, acquiescenza sulla dichiarazione detta, incompatibile con l’appello.
In ogni caso la valutazione delle partecipazioni, cosi’ come esposta nella dichiarazione correttiva, dovevasi considerare convincente, atteso che il valore delle partecipazioni medesime era risultato azzerato gia’ nell’anno 1994 in ragione di vicissitudini concernenti le societa’ ulteriormente partecipate da (OMISSIS) s.p.a. e da (OMISSIS) s.r.l.; per modo che l’intero sistema di partecipazioni aveva in verita’ determinato solo perdite, con conseguente riduzione delle azioni e delle quote a valore simbolico.
Tale conclusione la commissione tributaria regionale diceva gia’ ritenuta dal primo giudice e in relazione a essa l’ufficio, sempre a dire della commissione, non aveva apportato alcun valido elemento contrario.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due mezzi.
Si sono costituite (OMISSIS) e (OMISSIS), resistendo e proponendo un motivo di ricorso incidentale.
Non ha svolto difese (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – E’ eccepita innanzi tutto l’inammissibilita’ del ricorso in quanto notificato alle (OMISSIS) presso il domicilio eletto in primo grado.
L’eccezione e’ manifestamente infondata.
Invero l’impugnata sentenza non risulta esser stata a sua volta notificata.
Ai sensi dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, l’impugnazione, non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata o dall’elezione di domicilio o dalla dichiarazione di residenza al momento di tale notificazione, puo’ essere notificata sia presso il procuratore costituito nel giudizio a quo, sia nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata per quel giudizio, con facolta’ per l’impugnante di eseguire la notificazione nell’uno o nell’altro dei tre luoghi indicati. L’elezione di domicilio effettuata dalla parte nel giudizio di primo grado, ove non revocata (e una revoca nella specie neppure e’ dedotta), mantiene la sua efficacia anche per il successivo grado, con conseguente validita’ della notifica del ricorso per cassazione eseguita nel domicilio oggetto di tale elezione (v. Cass. n. 15523-09; n. 7214-02).
Il principio costituisce espressione di un orientamento consolidato a tenore del quale nel contenzioso tributario, alla luce della disciplina del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, comma 2, l’elezione di domicilio, una volta effettuata dal contribuente, conserva efficacia anche nei successivi gradi di giudizio. Sicche’ e’ rituale la notificazione del ricorso per cassazione effettuata presso il domicilio eletto nel ricorso proposto innanzi al giudice di primo grado; e cio’ finanche nell’ipotesi in cui il contribuente sia rimasto contumace nel giudizio di secondo grado (v. Cass. n. 2882-09, n. 10055-00; e conf. piu’ di recente, Cass. n. 20200-10).
Puo’ osservarsi che la tesi esposta nel controricorso non e’ confortata neppure dalla ivi richiamata Cass. n. 14295-03. Difatti l’orizzonte di questa decisione e’ del tutto diverso, essendosi trattato della parte, autorizzata a stare in giudizio senza l’assistenza di difensore, che non abbia fatto idonea dichiarazione di residenza o elezione di domicilio.
La decisione in verita’ conferma giustappunto il principio sopra enunciato, secondo cui alla proposizione del ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali devono ritenersi esclusivamente applicabili le disposizioni dettate dal codice di procedura civile, e quindi, con riguardo al luogo della notificazione per l’ipotesi detta, non gia’ il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, ma la disciplina di cui all’articolo 330 c.p.c., con conseguente invalidita’ della notificazione del ricorso eseguita presso la segreteria del giudice a quo (cosi’ specificamente Cass. n. 14295-03), e ritualita’, invece, (anche) della notificazione alla parte intimata presso il procuratore costituito nel precedente grado di giudizio, nell’ipotesi d’impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata (v. pure Cass. n. 3419-05).
2. – Il ricorso principale e’ affidato a due motivi.
Col primo si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articoli 31, 33 e 34, e dei principi in materia di emendabilita’ della dichiarazione, in quanto l’impugnata sentenza non avrebbe potuto ritenere che la mancata rettifica della dichiarazione sostitutiva comportasse la definitivita’ dei valori in essa indicata.
Non avrebbe potuto ritenerlo in quanto, per principio generale, la facolta’ di ritrattare o di modificare la dichiarazione di successione dopo la notifica dell’avviso di liquidazione sposta sul contribuente l’onere della prova circa la correttezza della modifica prospettata, senza alcun onere aggiuntivo in capo all’ufficio.
Col secondo motivo si deduce invece la violazione del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 16, comma 1, lettera b), anche in relazione agli articoli 2423, 2423 bis e 2424 c.c., in quanto erroneamente la sentenza avrebbe determinato il valore delle azioni della (OMISSIS) prescindendo dal bilancio e dall’inventario della societa’, con riferimento alla documentazione di altre societa’ ad essa collegate.
3. – Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato.
Ai fini del calcolo dell’imposta di successione l’impugnata sentenza ha affermato che il valore della base imponibile, derivato dalla dichiarazione correttiva dei contribuenti n. 444 del 20 aprile 1999, successiva alla notifica dell’avviso di liquidazione dell’imposta parametrata al valore esposto nella dichiarazione integrativa n. 420 del 10 maggio 1997, doveva aversi per definitivo in ragione dell’omessa rettifica da parte dell’ufficio.
L’affermazione e’ giuridicamente errata.
E’ vero che la dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, puo’ essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nel Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 31, (la cui mancata osservanza – come questa corte ha piu’ volte affermato – puo’ comportare solo l’applicazione delle sanzioni corrispondenti); ed e’ vero che la facolta’ detta puo’ essere esercitata anche dopo la notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta.
Tuttavia gli effetti della rettifica sono diversi a seconda che essa abbia luogo prima della detta notificazione ovvero successivamente.
Solo nel primo caso l’ufficio e’ tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri di rettifica in ordine ai valori emendati e con onere della prova a sua carico.
Nella seconda ipotesi, invece, pur non potendosi considerare precluso l’esercizio della facolta’ di ulteriore correzione, incombe al contribuente l’onere dimostrativo della correttezza della rettifica proposta (v. Cass. n. 11192-13; n. 6609-11; n. 20852-08; n. 5361-06; n. 14088-04), senza incidenza di oneri aggiuntivi in capo all’ufficio.
4. – Egualmente fondato e’ il secondo motivo.
La commissione tributaria regionale ha infatti condiviso il minor valore delle partecipazioni esposto nella anzidetta dichiarazione correttiva, sostenendo che la (OMISSIS) (che unicamente qui interessa, in considerazione del limitato oggetto del secondo motivo del ricorso dell’agenzia) era una societa’ finanziaria e di gestione di partecipazioni, e che la stessa era risultata detenere partecipazioni in altre societa’, tutte in rilevante perdita. Ha invero a tal fine mentovato: (i) il (OMISSIS), sottoposto a ispezione della (OMISSIS) evidenziante perdite per oltre 185 mld. di lire in epoca anteriore al 1994; (ii) la (OMISSIS) s.p.a., a sua volta socia del (OMISSIS) per il 68,39 % del capitale; (iii) altre societa’ controllate al 100 % ( (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.rl., (OMISSIS) s.r.l.); (iv) altre societa’ ancora, partecipate in modo consistente dalla (OMISSIS) s.r.l., posseduta da (OMISSIS) per il 66 % del capitale.
La commissione tributaria ha affermato che tali perdite, per quanto formatesi per tutte le societa’ fin dall’anno 1994, non erano state “evidenziate nei vari bilanci”, e che a fronte di tale situazione di perdita, posta in rilievo dalla sentenza di primo grado, l’ufficio non aveva “apportato alcun valido elemento contrario”.
5. – Sennonche’ simile circostanza non poteva avere (e non aveva) alcuna influenza ai fini della determinazione della base imponibile.
Il Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 16, comma 1, lettera b), stabilisce che la base imponibile relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario e’ determinata assumendo “per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle societa’, non quotati in borsa, ne’ negoziati al mercato ristretto, nonche’ per le quote di societa’ non azionarie, comprese le societa’ semplici e le societa’ di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della societa’ risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla societa’ al netto delle passivita’ risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati all’articolo 12, lettera h) e i)”.
Questa corte ha quindi chiarito che, in base all’articolo 16, detto (finanche nel testo, ratione temporis vigente, anteriore alla novella di cui alla Legge n. 342 del 2000, articolo 69, comma 1, che, a conclusione dell’alinea, conteneva anche il riferimento all’avviamento), occorre verificare se il patrimonio netto della societa’ risulti dalla redazione dell’ultimo bilancio approvato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, poiche’, in coerenza con l’indirizzo legislativo teso a uniformare, almeno tendenzialmente, i dati fiscalmente rilevanti con quelli contabili della societa’, e a trarre i primi dai secondi (salvo ovviamente il potere dell’ufficio finanziario di contestarli, provando la non corrispondenza alla realta’ del dato contabile), il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio approvato e’ vincolante per la parte e per l’amministrazione finanziaria, cui e’ preclusa un’autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti della societa’ al netto delle passivita’, potendo essa procedere solo all’eventuale attualizzazione delle poste attive e passive ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell’ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio (v. Cass. n. 4535-09; conf., ex multis, Cass. n. 5514-09 e n. 12422-07).
Tale indirizzo interpretativo merita di essere condiviso, dal momento che si fonda sull’interpretazione letterale della disposizione di legge applicabile nella fattispecie (e v. anche Cass. n. 23462-07; n. 6915-03).
Quando sussiste, dunque, un bilancio approvato, e’ il valore del patrimonio netto risultante da quest’ultimo che deve costituire il parametro di riferimento per la determinazione dell’imposta salvo il correttivo sopra accennato, correlabile all’attualizzazione delle poste, attive e passive, espresse nel medesimo bilancio, qualora queste ultime fossero inadeguate a rappresentare fedelmente il patrimonio netto (attuale) della societa’ a causa di intervenuti mutamenti prima della morte del socio.
6. – Nel caso di specie l’impugnata sentenza, per quanto affermando esistenti i bilanci di tutte le societa’ (i “vari bilanci” e quindi, devesi ritenere, anche quello di (OMISSIS) s.p.a.) non ha fatto alcun riferimento ai dati relativi, essendosi dilungata su considerazioni del tutto inutili ai fini del corretto computo della base imponibile parametrata al valore della partecipazione. Consegue che il ricorso principale va accolto sotto entrambi i profili dedotti.
7. – Il ricorso incidentale delle contribuenti (OMISSIS) e’ affidato a un unico motivo, col quale e’ dedotta la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 2, articolo 20, e articolo 16, comma 4, in quanto l’atto di appello dell’amministrazione finanziaria era stato notificato da soggetto definitosi “messo speciale dell’ufficio del registro di Foggia”.
Dacche’ erroneamente a loro dire la commissione tributaria aveva respinto l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello principale, posto che la suddetta notifica effettuata nell’ambito del contenzioso tributario non poteva essere assimilata a quella effettuata dal mezzo autorizzato ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, comma 4.
8. – Il ricorso incidentale e’ infondato. Con esso si assume che l’atto d’appello era stato notificato da un asserito “messo speciale dell’ufficio del registro di Foggia”, ma che questo non poteva rientrare “tra i soggetti legittimati a notificare l’atto” in mancanza di una norma di legge che, dopo il 1 gennaio 2001, data di entrata in funzione delle agenzie fiscali, consentisse all’agenzia delle entrate di nominare, tra il suo personale, un soggetto al quale attribuire la detta qualifica.
La tesi e’ in contrasto col consolidato orientamento di questa corte, che identifica nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, la norma all’uopo rilevante.
A tale orientamento va data continuita’.
In tema di contenzioso tributario, il Decreto Legislativo 31, articolo 16, possiede natura di norma di generale applicazione.
Essa regola le modalita’ delle notificazioni degli atti del processo dettando una disciplina speciale sia per il contribuente sia per gli organi dell’amministrazione.
Il comma 4, della citata disposizione prevede un’ulteriore modalita’ di notificazione a disposizione degli uffici pubblici, che consiste nella possibilita’ di avvalersi di messi comunali o di “messi autorizzati”.
Tale regola, per ragioni, non tanto letterali, quanto logiche e sistematiche, si applica pacificamente anche alla notificazione del ricorso in appello (v. tra le moltissime Cass. n. 23618-11; n. 24245-11; n. 7608-06; n. 13969-01). E le attestazioni inerenti le formalita’ della notifica, compiute dal messo notificatore della cui opera si siano avvalsi gli uffici finanziari per notificare un atto del processo tributario, fanno piena fede fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale giudiziario (v. Cass. n. 3433-08), anche in ordine all’avvenuta attribuzione della potesta’ prevista dalla norma.
9. – In conclusione, quindi, va accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale.
La causa va rinviata alla commissione tributaria regionale della Puglia, diversa sezione, per nuovo esame.
La commissione si uniformera’ ai principi di diritto sopra esposti provvedendo ai conferenti accertamenti di fatto.
Provvedera’ inoltre sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.
L’eccezione e’ manifestamente infondata.
Invero l’impugnata sentenza non risulta esser stata a sua volta notificata.
Ai sensi dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, l’impugnazione, non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata o dall’elezione di domicilio o dalla dichiarazione di residenza al momento di tale notificazione, puo’ essere notificata sia presso il procuratore costituito nel giudizio a quo, sia nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata per quel giudizio, con facolta’ per l’impugnante di eseguire la notificazione nell’uno o nell’altro dei tre luoghi indicati. L’elezione di domicilio effettuata dalla parte nel giudizio di primo grado, ove non revocata (e una revoca nella specie neppure e’ dedotta), mantiene la sua efficacia anche per il successivo grado, con conseguente validita’ della notifica del ricorso per cassazione eseguita nel domicilio oggetto di tale elezione (v. Cass. n. 15523-09; n. 7214-02).
Il principio costituisce espressione di un orientamento consolidato a tenore del quale nel contenzioso tributario, alla luce della disciplina del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, comma 2, l’elezione di domicilio, una volta effettuata dal contribuente, conserva efficacia anche nei successivi gradi di giudizio. Sicche’ e’ rituale la notificazione del ricorso per cassazione effettuata presso il domicilio eletto nel ricorso proposto innanzi al giudice di primo grado; e cio’ finanche nell’ipotesi in cui il contribuente sia rimasto contumace nel giudizio di secondo grado (v. Cass. n. 2882-09, n. 10055-00; e conf. piu’ di recente, Cass. n. 20200-10).
Puo’ osservarsi che la tesi esposta nel controricorso non e’ confortata neppure dalla ivi richiamata Cass. n. 14295-03. Difatti l’orizzonte di questa decisione e’ del tutto diverso, essendosi trattato della parte, autorizzata a stare in giudizio senza l’assistenza di difensore, che non abbia fatto idonea dichiarazione di residenza o elezione di domicilio.
La decisione in verita’ conferma giustappunto il principio sopra enunciato, secondo cui alla proposizione del ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali devono ritenersi esclusivamente applicabili le disposizioni dettate dal codice di procedura civile, e quindi, con riguardo al luogo della notificazione per l’ipotesi detta, non gia’ il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, ma la disciplina di cui all’articolo 330 c.p.c., con conseguente invalidita’ della notificazione del ricorso eseguita presso la segreteria del giudice a quo (cosi’ specificamente Cass. n. 14295-03), e ritualita’, invece, (anche) della notificazione alla parte intimata presso il procuratore costituito nel precedente grado di giudizio, nell’ipotesi d’impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata (v. pure Cass. n. 3419-05).
2. – Il ricorso principale e’ affidato a due motivi.
Col primo si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articoli 31, 33 e 34, e dei principi in materia di emendabilita’ della dichiarazione, in quanto l’impugnata sentenza non avrebbe potuto ritenere che la mancata rettifica della dichiarazione sostitutiva comportasse la definitivita’ dei valori in essa indicata.
Non avrebbe potuto ritenerlo in quanto, per principio generale, la facolta’ di ritrattare o di modificare la dichiarazione di successione dopo la notifica dell’avviso di liquidazione sposta sul contribuente l’onere della prova circa la correttezza della modifica prospettata, senza alcun onere aggiuntivo in capo all’ufficio.
Col secondo motivo si deduce invece la violazione del Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 16, comma 1, lettera b), anche in relazione agli articoli 2423, 2423 bis e 2424 c.c., in quanto erroneamente la sentenza avrebbe determinato il valore delle azioni della (OMISSIS) prescindendo dal bilancio e dall’inventario della societa’, con riferimento alla documentazione di altre societa’ ad essa collegate.
3. – Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato.
Ai fini del calcolo dell’imposta di successione l’impugnata sentenza ha affermato che il valore della base imponibile, derivato dalla dichiarazione correttiva dei contribuenti n. 444 del 20 aprile 1999, successiva alla notifica dell’avviso di liquidazione dell’imposta parametrata al valore esposto nella dichiarazione integrativa n. 420 del 10 maggio 1997, doveva aversi per definitivo in ragione dell’omessa rettifica da parte dell’ufficio.
L’affermazione e’ giuridicamente errata.
E’ vero che la dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, puo’ essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nel Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 31, (la cui mancata osservanza – come questa corte ha piu’ volte affermato – puo’ comportare solo l’applicazione delle sanzioni corrispondenti); ed e’ vero che la facolta’ detta puo’ essere esercitata anche dopo la notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta.
Tuttavia gli effetti della rettifica sono diversi a seconda che essa abbia luogo prima della detta notificazione ovvero successivamente.
Solo nel primo caso l’ufficio e’ tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri di rettifica in ordine ai valori emendati e con onere della prova a sua carico.
Nella seconda ipotesi, invece, pur non potendosi considerare precluso l’esercizio della facolta’ di ulteriore correzione, incombe al contribuente l’onere dimostrativo della correttezza della rettifica proposta (v. Cass. n. 11192-13; n. 6609-11; n. 20852-08; n. 5361-06; n. 14088-04), senza incidenza di oneri aggiuntivi in capo all’ufficio.
4. – Egualmente fondato e’ il secondo motivo.
La commissione tributaria regionale ha infatti condiviso il minor valore delle partecipazioni esposto nella anzidetta dichiarazione correttiva, sostenendo che la (OMISSIS) (che unicamente qui interessa, in considerazione del limitato oggetto del secondo motivo del ricorso dell’agenzia) era una societa’ finanziaria e di gestione di partecipazioni, e che la stessa era risultata detenere partecipazioni in altre societa’, tutte in rilevante perdita. Ha invero a tal fine mentovato: (i) il (OMISSIS), sottoposto a ispezione della (OMISSIS) evidenziante perdite per oltre 185 mld. di lire in epoca anteriore al 1994; (ii) la (OMISSIS) s.p.a., a sua volta socia del (OMISSIS) per il 68,39 % del capitale; (iii) altre societa’ controllate al 100 % ( (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.rl., (OMISSIS) s.r.l.); (iv) altre societa’ ancora, partecipate in modo consistente dalla (OMISSIS) s.r.l., posseduta da (OMISSIS) per il 66 % del capitale.
La commissione tributaria ha affermato che tali perdite, per quanto formatesi per tutte le societa’ fin dall’anno 1994, non erano state “evidenziate nei vari bilanci”, e che a fronte di tale situazione di perdita, posta in rilievo dalla sentenza di primo grado, l’ufficio non aveva “apportato alcun valido elemento contrario”.
5. – Sennonche’ simile circostanza non poteva avere (e non aveva) alcuna influenza ai fini della determinazione della base imponibile.
Il Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 16, comma 1, lettera b), stabilisce che la base imponibile relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario e’ determinata assumendo “per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle societa’, non quotati in borsa, ne’ negoziati al mercato ristretto, nonche’ per le quote di societa’ non azionarie, comprese le societa’ semplici e le societa’ di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della societa’ risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla societa’ al netto delle passivita’ risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati all’articolo 12, lettera h) e i)”.
Questa corte ha quindi chiarito che, in base all’articolo 16, detto (finanche nel testo, ratione temporis vigente, anteriore alla novella di cui alla Legge n. 342 del 2000, articolo 69, comma 1, che, a conclusione dell’alinea, conteneva anche il riferimento all’avviamento), occorre verificare se il patrimonio netto della societa’ risulti dalla redazione dell’ultimo bilancio approvato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, poiche’, in coerenza con l’indirizzo legislativo teso a uniformare, almeno tendenzialmente, i dati fiscalmente rilevanti con quelli contabili della societa’, e a trarre i primi dai secondi (salvo ovviamente il potere dell’ufficio finanziario di contestarli, provando la non corrispondenza alla realta’ del dato contabile), il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio approvato e’ vincolante per la parte e per l’amministrazione finanziaria, cui e’ preclusa un’autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti della societa’ al netto delle passivita’, potendo essa procedere solo all’eventuale attualizzazione delle poste attive e passive ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell’ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio (v. Cass. n. 4535-09; conf., ex multis, Cass. n. 5514-09 e n. 12422-07).
Tale indirizzo interpretativo merita di essere condiviso, dal momento che si fonda sull’interpretazione letterale della disposizione di legge applicabile nella fattispecie (e v. anche Cass. n. 23462-07; n. 6915-03).
Quando sussiste, dunque, un bilancio approvato, e’ il valore del patrimonio netto risultante da quest’ultimo che deve costituire il parametro di riferimento per la determinazione dell’imposta salvo il correttivo sopra accennato, correlabile all’attualizzazione delle poste, attive e passive, espresse nel medesimo bilancio, qualora queste ultime fossero inadeguate a rappresentare fedelmente il patrimonio netto (attuale) della societa’ a causa di intervenuti mutamenti prima della morte del socio.
6. – Nel caso di specie l’impugnata sentenza, per quanto affermando esistenti i bilanci di tutte le societa’ (i “vari bilanci” e quindi, devesi ritenere, anche quello di (OMISSIS) s.p.a.) non ha fatto alcun riferimento ai dati relativi, essendosi dilungata su considerazioni del tutto inutili ai fini del corretto computo della base imponibile parametrata al valore della partecipazione. Consegue che il ricorso principale va accolto sotto entrambi i profili dedotti.
7. – Il ricorso incidentale delle contribuenti (OMISSIS) e’ affidato a un unico motivo, col quale e’ dedotta la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 2, articolo 20, e articolo 16, comma 4, in quanto l’atto di appello dell’amministrazione finanziaria era stato notificato da soggetto definitosi “messo speciale dell’ufficio del registro di Foggia”.
Dacche’ erroneamente a loro dire la commissione tributaria aveva respinto l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello principale, posto che la suddetta notifica effettuata nell’ambito del contenzioso tributario non poteva essere assimilata a quella effettuata dal mezzo autorizzato ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, comma 4.
8. – Il ricorso incidentale e’ infondato. Con esso si assume che l’atto d’appello era stato notificato da un asserito “messo speciale dell’ufficio del registro di Foggia”, ma che questo non poteva rientrare “tra i soggetti legittimati a notificare l’atto” in mancanza di una norma di legge che, dopo il 1 gennaio 2001, data di entrata in funzione delle agenzie fiscali, consentisse all’agenzia delle entrate di nominare, tra il suo personale, un soggetto al quale attribuire la detta qualifica.
La tesi e’ in contrasto col consolidato orientamento di questa corte, che identifica nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, la norma all’uopo rilevante.
A tale orientamento va data continuita’.
In tema di contenzioso tributario, il Decreto Legislativo 31, articolo 16, possiede natura di norma di generale applicazione.
Essa regola le modalita’ delle notificazioni degli atti del processo dettando una disciplina speciale sia per il contribuente sia per gli organi dell’amministrazione.
Il comma 4, della citata disposizione prevede un’ulteriore modalita’ di notificazione a disposizione degli uffici pubblici, che consiste nella possibilita’ di avvalersi di messi comunali o di “messi autorizzati”.
Tale regola, per ragioni, non tanto letterali, quanto logiche e sistematiche, si applica pacificamente anche alla notificazione del ricorso in appello (v. tra le moltissime Cass. n. 23618-11; n. 24245-11; n. 7608-06; n. 13969-01). E le attestazioni inerenti le formalita’ della notifica, compiute dal messo notificatore della cui opera si siano avvalsi gli uffici finanziari per notificare un atto del processo tributario, fanno piena fede fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale giudiziario (v. Cass. n. 3433-08), anche in ordine all’avvenuta attribuzione della potesta’ prevista dalla norma.
9. – In conclusione, quindi, va accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale.
La causa va rinviata alla commissione tributaria regionale della Puglia, diversa sezione, per nuovo esame.
La commissione si uniformera’ ai principi di diritto sopra esposti provvedendo ai conferenti accertamenti di fatto.
Provvedera’ inoltre sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Puglia
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