SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
SENTENZA 14 gennaio 2015, n. 439
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2 luglio 2010 la Commissione tributaria regionale delle Marche rigettava l’appello principale della S.p.A. BIESSE, società quotata in Borsa dal 2001 e incorporante a soc. INTERMAC dal 2002, e quello incidentale dell’Agenzia delle entrate, così confermando, avuto riguardo ai rapporti negoziali tra le società INTERMAC e BUSETTI, l’avviso di accertamento notificato il 17 novembre 2006 riguardo alla ripresa a tassazione, ai fini delle imposte dirette, dell’importo di Euro 161.204,80 quale quota di ammortamento dell’avviamento del ramo d’azienda acquisito e annullando, invece, le sanzioni contestualmente irrogate.
2. Era accaduto che, nel corso dell’esercizio 2000, la soc. INTERMAC prima aveva ceduto la propria partecipazione di maggioranza nella soc. BUSETTI alle persone fisiche dei soci appartenenti alla famiglia B. e poi aveva acquistato il ramo d’azienda della soc. BUSETTI, con esclusione però di un immobile sito in (OMISSIS) che era rimasto di proprietà della famiglia B..
Il 13 maggio 2005, ritenendo che fosse stata realizzata un’operazione elusiva del regime fiscale dei disavanzi derivanti da operazioni di fusione o scissione (D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6) a mente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, aveva notificato alla soc. BIESSE, che nel frattempo aveva incorporato la soc. INTERMAC, richiesta di chiarimenti.
Così costituitosi il contraddrttorio amministrativo, la contribuente aveva replicato che l’intera operazione era stata concepita, per valide ragioni economiche, onde ricondurre la società BUSETTI a migliore gestione dell’intero gruppo, attraverso strumenti giuridici che non avevano serie alternative, se non più complesse e ardite operazioni, tenuto conto anche della volontà della controparte BUSETTI di mantenere la proprietà su immobile soggetto vincolo d’intrasferibilità.
3. L’Ufficio, disattesi tali chiarimenti, aveva notificato l’atto impositivo, por impugnato dalla contribuente, delineando due diversi percorsi negoziali che avrebbero potuto essere seguiti senza pregiudicare gli interessi del fisco.
Per ottenere l’accorpamento produttivo di INTERMAC e BUSETTI, si sarebbe potuta operare la scissione parziale in INTERMAC del ramo d’azienda BUSETTI, seguita dalla successiva vendita delle azioni di BUSETTI possedute da INTERMAC. In alternativa, si sarebbe potuto procedere attraverso l’acquisizione della partecipazione di minoranza, la successiva incorporazione per fusione e la cessione alla famiglia B. dei diritto all’assegnazione dell’immobile in (OMISSIS).
Dinanzi, a tali percorribili opzioni negoziali, si era, invece, scelta la strada della cessione della partecipazione di maggioranza posseduta da INTERMAC e dell’acquisto del ramo d’azienda, così usufruendo del risparmio d’imposta conseguente alla deduzione delle quote di ammortamento dell’avviamento del ramo d’azienda acquisito ed eludendo l’imposta sostitutiva prevista per i disavanzi derivanti da operazioni di fusione o scissione.
4. L’impugnazione della società, prospettata sotto vari profili di legittimità e di merito, era accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Pesaro solo riguardo alle sanzioni.
Il giudice di prime cure riteneva adeguatamente motivato l’atto impositivo sulla pretesa elusività dell’operazione INTERMAC/BUSETTI. Riteneva che, se era vero che la soc. INTERMAC aveva inteso realizzare una legittima riorganizzazione produttiva ed economica, tutto il modus operandi prescelto era tale da ottenere il riconoscimento della differenza tra costo di acquisizione del ramo d’azienda e patrimonio della cedente, aggirando la norma che subordinava il riconoscimento fiscale del disavanzo di fusione al pagamento dell’imposta sostitutiva. Riteneva, invece, infondata l’applicazione di sanzioni non essendovi stati illeciti ma solo lecite operazioni censurabili ai soli fini del recupero delle imposte e degli interessi, così come prescriveva l’art. 37 bis.
5. Il giudice d’appello, nel pronunciare sulle impugnazioni di entrambe la parti, osservava che l’atto impositivo rispettava i peculiari requisiti motivazionali richiesti dall’art. 37 bis, poichè dava conto dei rilievi formulati dalla contribuente nel contraddittorio amministrativo, fatta eccezione per la questione sulla intrasferibilità dell’immobile in Bagnatica, che però rappresentava solo un “sotto argomento della più generale problematica di conservare a favore del cedente la proprietà dell’immobile”. Sul punto specifico, evidenziava che il vìncolo d’intrasferibilità dell’immobile non aveva trovato riscontro neppure nella convenzione del 19 marzo 1998. Più in generale, confermava che l’operazione INTERMAC/BUSETTI, pur sostenuta da valide ragioni economiche, era stata concretamente strutturata in modo da conseguire “un indebito risparmio d’imposta rispetto alle ipotesi di fusione (con o senza preventiva scissione)”. Osservava, infine, che, pur non potendosi condividere l’automatico abbuono delle sanzioni dinanzi a operazione elusiva, esse non erano comunque dovute poichè, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, “sussistevano obiettive ragioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni legislative e di prassi”.
6. Per la cassazione di tale decisione, la soc. BIESSE propone ricorso principale, affidato a sette motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi. La contribuente replica con memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Con il primo e il secondo motivo di ricorso principale, la soc. BIESSE denuncia violazione di norma di diritto (citato art. 37 bis, comma 5) e vizi di motivazione contraddittoria ed illogica, lamentando che il giudice d’appello prima ha ritenuto essere state soddisfatte le esigenze di particolare motivazione richieste da tale disposizione, pur avendo rilevato che l’atto impositivo ha trascurato del tutto la questione relativa all’asserita intrasferibilità dell’immobile rimasto in proprietà della famiglia B. (all’esito della censurata operazione con la INTERCOM), e poi ha, comunque, escluso la nullità dell’avviso con il non conferente argomento che si tratterebbe di un mero “sotto argomento della più generale problematica di conservare a favore della cedente la proprietà dell’immobile”.
7.1. I motivi non sono fondati. Si deve ritenere, infatti, che l’autorità fiscale non sia tenuta a occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione e argomentazione della parte contribuente, ma sia necessario e sufficiente, pur nella peculiarità della procedura antielusiva, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione impositiva, dovendosi ritenere disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito.
8. Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso principale, la soc. BIESSE censura la sentenza d’appello per violazione del ridetto art. 37 bis (4^) e per vizi di motivazione illogica (3^) e insufficiente (5^) riguardo all’intero apparato argomentativo del giudice d’appello, atteso che questi, pur confermando l’esistenza di giustificati motivi per procedere a una riorganizzazione societaria e produttiva, ha sindacato gli strumenti negoziali prescelti per raggiungere tale obiettivo, affermando che si sia evitato d’intraprendere diverse strade negoziali agevolmente percorribili e compatibili con gli interessi generali del fisco. Lamenta che i giudice d’appello abbia trascurato sia di rilevare le criticità delle (ancor più complesse) strade alternative ipotizzate dal fisco, criticità puntualmente evidenziate in sede amministrativa e di merito, sia di considerare la volontà dei BUSETTI di conservare la proprietà dell’immobile in Bagnatica e la sua obiettiva intrasferibilità.
8.1. I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati. La Commissione regionale ha affermato, in via generale, che la soc. INTERMAC ha inteso realizzare una legittima riorganizzazione produttiva ed economica dei rapporti con la soc. BUSETTI. Il tema controverso, dunque, non è tanto quello se vi siano state valide ragioni economiche, ma quanto se esse siano state perseguite coi giusti strumenti.
Il carattere elusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, presuppone l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dal contribuente, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito dal contribuente medesimo (Cass. 2012/21390, p.3.2).
La cautela che deve guidare l’applicazione del principio, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere massima quando non si tratti di operazioni finanziarie (come avviene, ad esempio, nei casi di dividend washing e di dividend stripping), di artificioso frazionamento di contratti o di anomale interposizioni di soggetti (es. transfer pricing), ma di ristrutturazioni societarie, soprattutto quando le stesse avvengono nell’ambito di grandi gruppi d’imprese (vedasi Cass. 2011/1372, p.4.6).
Deve, in questi ultimi casi, essere indagato se vi siano manipolazioni e alterazioni di schemi negoziali classici, considerate irragionevoli in una normale logica di mercato (Cass. 2009/1465) e se vi sia reale fungibilità con le soluzioni prospettate da fisco (Cass. 2014/4604).
8.2. Nella stesura della sentenza d’appello non v’è traccia di manipolazioni, alterazioni o artifici operati sugli schemi negoziali tipici.
I contraenti hanno scelto di percorrere la strada della cessione ai soci BUSETTI della partecipazione di maggioranza posseduta nella soc. BUSETTI da INTERMAC e dell’acquisto, da parte di quest’ultima società, del ramo d’azienda BUSETTI con esclusione dell’immobile in (OMISSIS) rimasto nella disponibilità dei B. stessi (il tutto corredato da patti accessori locazione immobiliare, associazione quinquennale in partecipazione, stock options).
Il giudice di merito, seguendo la tesi del fisco, sostiene che, per non incorrere nella elusione della disciplina sui disavanzi da fusione o scissione (imposta sostitutiva), i contraenti avrebbero potuto e dovuto scegliere altri due agevoli percorsi negoziali.
In primo luogo, si sarebbe potuta operare la scissione parziale per incorporazione in INTERMAC del ramo d’azienda BUSETTI, seguita dalla successiva vendita delle azioni di BUSETTI possedute da INTERMAC. Secondo la contribuente tale strada, equivalente per numero di passaggi (due), non era equivalente nelle conseguenze giuridiche e poteva incorrere in censure di elusione poichè la prassi dell’Agenzia delle entrate non indulgeva verso le scissioni non proporzionali. Sul punto è mancato del tutto, da parte del giudice di merito, l’esame in concreto della costruzione prospettata dal fisco nei suoi effetti giuridici e nelle ricadute economiche, tenuto conto dei principi che regolano la materia e della conservazione dell’immobile in (OMISSIS) nelle mani della famiglia B..
In secondo luogo, per il fisco e il giudice d’appello, si sarebbe potuto alternativamente procedere in tre fasi: acquisizione da parte della Soc. INTERMAC (già titolare di partecipazione di maggioranza) anche della partecipazione di minoranza nella Soc. BUSETTI, incorporazione per fusione della Soc. BUSETTI nella Soc. INTERMAC, cessione dalla Soc. INTERMAC alla famiglia B. dei diritti sull’immobile in (OMISSIS). L’operazione ipotizzata è ritenuta dalla ricorrente obiettivamente non equivalente nè sul piano giuridico nè su quello economico. In effetti, esso richiede tre passaggi contrattuali e non due, comporta la scomparsa per incorporazione di uno dei due soggetti societari e potrebbe rende solo ipotetica la successiva retrocessione dell’immobile in (OMISSIS) ai B.. Anche qui la sentenza d’appello appare lacunosa e censurabile.
8.3. Peraltro, va considerato che, nell’intento di perseguire la pianificazione fiscale aggressiva, la Commissione Europea ha diramato, in data 6 dicembre 2012, una raccomandazione (2012/772/UE) agli Stati membri ad intervenire ogniqualvolta vi sia “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sta stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale” (montages articiels nella vers. francese, artificial arrengement in quella inglese, mecanismo artificial in quella spagnola).
A tal fine precisa che “una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale” (p.4.4), o più esattamente di “sostanza economica” (p.4.2), e “consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali”, mentre “una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso”.
8.4. Nella stessa direzione si è mosso da ultimo anche il legislatore nazionale (L. 11 marzo 2014, n. 23, art. 5) che, nel delegare al Governo l’attuazione della disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, coordinandola con la succitata raccomandazione dell’UE, indica tra i principi e i criteri direttivi quelli di: “definire la condotta abusiva come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta” (v. SU 2008/30055 e 2008/30057; v. C.G. 3M Italia); “garantire la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un diverso carico fiscale” (v. C.G. Pari Service); “considerare lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva” (rectius “scopo essenziale”, C.G. Hai/fax e Part Service); “escludere la configurabilità di una condotta abusiva se l’operazione o la serie di operazioni è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali” (v. Cass. 2008/8772 e 2008/10257);
“stabilire che costituiscono ragioni extrafiscali anche quelle che non producono necessariamente una redditività immediata dell’operazione (v. Cass. 2012/21390), ma rispondono ad esigenze di natura organizzativa e determinano un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda del contribuente” (v. Cass. 2014/4604 e 2011/1372) e, in tema di prova, richiama l’attenzione circa le “…modalità di manipolazione e di alterazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonchè la loro mancata conformità a una normale logica di mercato” (v. Cass. 2009/1465 e 2013/17955).
8.5. Nella specie, dal tenore delle decisioni di merito e delle difese di entrambe le parti, non può dirsi che l’operazione INTERCOM/BUSETTI manchi di sostanza economica, perchè essa è reale, non ha natura circolare ed è coerente col fondamento giuridico dei singoli istituti, mentre, sotto il profilo finalistico, pare rispondere a quelle legittime esigenze di riordino societario e produttivo accertate dal giudice di merito.
Si rammenta, adoperando le parole della relazione allo schema del pregresso decreto legislativo di riforma delle disposizioni tributarie per i procedimenti di riorganizzazione delle attività produttive e di quelle in tema di elusione fiscale, che si ha mero risparmio fiscale quando “tra vari comportamenti posti dal sistema fiscale su un piano di pari dignità, il contribuente adotta quello fiscalmente meno oneroso”, poichè “non c’è aggiramento fintanto che il contribuente si limita a scegliere tra due alternative che in modo strutturale e fisiologico l’ordinamento gli mette a disposizione”. E aggiunge: “tra gli strumenti giuridici fungibili, ma che il sistema pone su un piano di sostanziale parità, si pensi da esempio… alla scelta tra cedere aziende o cedere partecipazioni sociali… fino ad arrivare alla misura degli ammortamenti… e di tutte le altre valutazioni di bilancio”.
8.6. La sentenza d’appello va, dunque, cassata e il giudice di rinvio dovrà procedere a nuovo esame con adeguata motivazione e attenendosi al seguente principio di diritto:
“Nei processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale integra gli estremi della condotta elusiva quella costruzione che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento essenziale dell’operazione economica lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta e manchi il presupposto dell’esistenza di un idoneo strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dalla parte contribuente, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito”.
8.7. Infine, siccome logicamente e giuridicamente subordinati, restano assorbiti il sesto motivo (col quale la soc. BIESSE aggiunge l’ulteriore censura processuale ex art. 112 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la sentenza d’appello omesso di pronunziare sul motivo d’appello relativo alla “erroneità della quantificazione del presunto risparmio d’imposta derivante dall’operazione di acquisto d’azienda posta in essere”), nonchè il settimo motivo (col quale soc. BIESSE ripropone in radice “la doglianza afferente all’illegittimità dell’irrogazione delle sanzioni in considerazione della natura del sindacato antielusivo”).
9. Con il ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate censura la sentenza appellata riguardo al tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie e al potere delle commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni d’incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme, cui la violazione si riferisce.
Esattamente rileva la difesa erariale (con il primo motivo formulato ex art. 112 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4), che l’onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi, se esistenti, grava sul contribuente, sicchè va escluso che il giudice tributario di merito decida d’ufficio, come nella specie, l’applicabilità dell’esimente (Cass. 2012/4031, 2006/22890, 2003/14476).
La sentenza d’appello va, dunque, cassata anche sul punto specifico e il giudice di rinvio dovrà attenersi al superiore principio di diritto. Resta, quindi, assorbito l’altro rilievo (oggetto del secondo motivo) circa la prova delle obiettive condizioni d’incertezza normativa (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e art. 2697 c.c.).
10. Al giudice di rinvio resta devoluta la regolamentazione di tutte le spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso principale, rigetta il primo e il secondo e dichiara assorbiti il sesto e il settimo;
accoglie il primo motivo di ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza d’appello in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversà composizione
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