Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 24 ottobre 2017, n. 25091. Perché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per mala gestio dell’assicuratore della responsabilità civile

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Interpretazione quest’ultima in realta’ conforme al principio consolidato in giurisprudenza di legittimita’ in base al quale nei rapporti tra assicuratore della responsabilita’ civile ed assicurato ai fini della cessazione della sospensione della prescrizione inerente ai diritti dell’assicurato, iniziatasi per effetto della comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione da costui proposta, non e’ sufficiente una sentenza di condanna, anche se esecutiva, dell’assicurato al risarcimento del danno nei confronti del terzo danneggiato, ma e’ invece necessario, ove la determinazione quantitativa del credito dell’assicurato avvenga giudizialmente, che la sentenza sia passata in giudicato (v. Cass., 30/1/2006, n. 1872; Cass., 23/11/2000, n. 15149, e, da ultimo, Cass., 9/5/2014, n. 10091. Cfr. altresi’ Cass., Sez. Un., 2/4/2007, n. 8085).
Avuto infine riguardo ai restanti motivi, a parte il rilievo che essi si appalesano inammissibili per difetto di specificita’, le rationes decidendi risultando pertanto inidoneamente censurate sulla base di meramente apodittiche affermazioni non supportate da argomenti a sostegno (tali non potendo invero considerarsi l’operata equivoca evocazione di massime giurisprudenziali), non puo’ d’altro canto sottacersi che correttamente la corte di merito ha ritenuto trattarsi nella specie di debito di valore.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, benche’ l’obbligazione dell’assicuratore ex articolo 1917 c.c., non avendo ad oggetto direttamente il risarcimento dei danni bensi’ il pagamento, nei limiti del massimale, di una somma di importo pari all’ammontare del danno che l’assicurato deve corrispondere o ha gia’ corrisposto al danneggiato, dia luogo ad un credito di valuta e non di valore, il quale sorge quando sia divenuto liquido ed esigibile il debito dell’assicurato nei confronti del danneggiato, allorquando come nella specie l’assicurato a causa del ritardo nella liquidazione dell’indennizzo debba pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che avrebbe corrisposto all’epoca del sinistro, al medesimo va dall’assicuratore risarcito il maggior danno derivante dalla svalutazione monetaria causata dal ritardo (articolo 1224 c.c.), anche oltre i limiti del massimale (v. Cass., 13/3/2009, n. 6155; Cass., 6/3/1996, n. 1785; e, da ultimo, Cass., 5/5/2016, n. 9091).
Sebbene costituente anche inadempimento del contratto stipulato con l’assicurato, il comportamento negligente dell’assicuratore arreca infatti in tale ipotesi un (ulteriore) danno al terzo danneggiato, il cui risarcimento costituisce debito di valore (tale in ogni caso essendo, invero, il risarcimento del danno sia da illecito che da inadempimento.
Quanto prestato dall’assicurato al terzo danneggiato si sostanzia in un quid monetario corrispondente a un valore reale tendenzialmente finalizzato a reintegrare il patrimonio del medesimo, e pertanto da quantificarsi tenendo conto – anche d’ufficio – della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione (v. Cass., 27/6/2016, n. 13225; Cass., 10/3/2010, n. 5843; Cass., 1/12/2003, n. 18299. E gia’ Cass., 9/7/1979, n. 3925), e sulla somma rivalutata sono dovuti gli interessi legali (cfr. Cass., 28/4/2014, n. 10193), i quali assolvono a una funzione diversa rispetto alla rivalutazione, essendo diretti a compensare il pregiudizio derivato al depauperato dalla mancata disponibilita’ della somma dovuta, e devono essere calcolati, quale ne sia il tasso, non sulla somma liquidata per il capitale, rivalutata definitivamente, ma con riferimento ai singoli momenti, con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero a un indice medio (cfr. Cass., 11/2/2002, n. 1884).

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