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In sostanza, si interpreta l’articolo 1200 cod. civ. – a norma del quale “Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilita’” – operando una analogia tra la disciplina della cancellazione della formalita’ ipotecaria per assenso del creditore e quella della rinuncia agli atti esecutivi, dalla quale scaturisce l’estinzione della procedura ex articolo 629 cod. proc. civ. e la conseguente cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare ex articolo 632 cod. proc. civ..
Ritiene il Collegio che la predetta soluzione ermeneutica non sia corretta, fermo restando che, per quanto sara’ esposto nel prosieguo con particolare riferimento alla mancanza di nesso causale, l’erroneita’ delle ragioni fondanti la decisione non conduce alla cassazione della sentenza impugnata – il cui dispositivo e’ conforme al diritto – ma soltanto ad una correzione della motivazione da parte della Corte di legittimita’ (articolo 384 cod. proc. civ.).
3. L’articolo 1200 cod. civ. costituisce norma dettata a tutela del debitore, il quale – una volta che ha adempiuto al proprio debito – ha diritto a riavere i propri beni liberi da vincoli pregiudizievoli, oramai non piu’ giustificati. Difatti, con particolare riferimento all’ipoteca, si e’ osservato che la garanzia, quale fattispecie accessoria al credito, risulta gia’ estinta ex articolo 2878 c.c., n. 3, nel momento in cui l’obbligazione stessa non e’ piu’ esistente; tuttavia, il permanere dell’iscrizione ipotecaria risulta pregiudizievole per la circolazione del bene stesso, potendo i terzi ignorare la vera situazione del rapporto obbligatorio ed essendo, anzi, generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487526-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01).
La giurisprudenza prevalente ha attribuito natura contrattuale all’obbligazione (ex articolo 1200 cod. civ.) del creditore di prestare il proprio consenso alla cancellazione delle ipoteche, una volta che il debito sia stato estinto (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626877-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del 26/03/1975, Rv. 374574-01; Cass., Sentenza, n. 897 del 05/05/1962; contra, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, in motivazione); tale qualificazione e’ congrua se si considera che l’inadempimento e’ classificabile piu’ che sotto l’aspetto dell’infrazione dell’obbligo generico di neminem laedere, sotto quello dell’infrazione dell’obbligo di adempiere diligentemente alle proprie obbligazioni e, segnatamente, a una specifica obbligazione preesistente sancita dalla legge.
La dottrina ha elaborato diverse soluzioni ermeneutiche riguardo al concreto contenuto dell’obbligazione incombente sul creditore ipotecario ex articolo 1200 cod. civ.:
a) secondo una prima ricostruzione il creditore sarebbe liberato solo dopo aver prestato il suo assenso alla cancellazione e dopo avere provveduto materialmente alla cancellazione stessa, presentando la relativa nota al Conservatore dei Registri Immobiliari (in giurisprudenza, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del 26/03/1975, Rv. 374574-01, rimasta isolata);
b) in base ad una diversa ricostruzione il creditore sarebbe liberato dalla sua obbligazione semplicemente prestando – a seguito di apposita richiesta avanzata dal debitore – il suo assenso alla cancellazione nelle dovute forme previste dagli articolo 2821, 2835 e 2837 cod. civ., non sussistendo alcun altro obbligo a lui imposto dalla legge;
c) infine, secondo un’ultima tesi, il creditore sarebbe liberato dalla sua obbligazione soltanto quando, dopo aver prestato nelle forme prescritte dalla legge il suo consenso, costui abbia fatto pervenire nelle disponibilita’ del debitore l’assenso stesso, nei modi piu’ adeguati alle circostanze.
In proposito, la giurisprudenza di legittimita’ ha statuito che:
– a favore del debitore sussiste un diritto all’assenso alla cancellazione (non gia’ il diritto alla cancellazione, esercitabile nei confronti del Conservatore) e, cioe’, ad ottenere dal creditore ipotecario (anche in caso di cessione del credito non annotata ex articolo 2843 cod. civ., secondo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4419 del 10/07/1980, Rv. 408295-01) un negozio autorizzativo col quale si acconsenta a che l’iscrizione presa possa essere rimossa (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487527-01);
dato che le spese del pagamento sono a carico del debitore a norma dell’articolo 1196 cod. civ., i costi relativi alla cancellazione del vincolo reale di garanzia (per la formazione dell’atto di assenso e il pagamento delle imposte) competono al debitore stesso (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01);
fino a quando il debitore non ha offerto il rimborso delle spese, il mancato consenso del creditore alla cancellazione delle garanzie reali non puo’ essere qualificato come inadempimento (Cass., Sentenza n. 2974 del 10/11/1973; Cass., Sentenza n. 3073 del 16/11/1960);
l’esatto adempimento del creditore ipotecario consiste nel porre il debitore in condizione di ottenere la cancellazione con la presentazione del proprio consenso nelle forme prescritte e cio’ implica che tale assenso pervenga “nei modi piu’ adeguati alle circostanze” al debitore (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626876-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1012 del 27/02/1978, Rv. 390348-01);
la presentazione della richiesta di cancellazione al Conservatore e’ un onere gravante su chiunque abbia interesse ad eliminare il vincolo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10682 del 27/10/1998, Rv. 520129-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3335 del 07/12/1973, Rv. 367231-01) e non e’ un obbligo nascente dalla legge a carico del creditore soddisfatto (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626876-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01);
– in difetto di un atto di consenso da parte del creditore (che per tale ragione puo’ essere chiamato a rispondere dei danni in favore del proprietario del bene), qualunque interessato ha facolta’ di promuovere la cancellazione giudiziale dell’ipoteca ai sensi dell’articolo 2884 cod. civ. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, in motivazione).
4. L’obbligazione ex articolo 1200 cod. civ. e’ declinata in maniera peculiare dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 40-bis, commi 2, 4 e 5, (aggiunto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141, articolo 5, comma 1, norma in cui sono confluite le precedenti disposizioni del Decreto Legge 31 gennaio 2007, n. 7, articolo 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 aprile 2007, n. 40.), la cui disciplina non e’ applicabile alla fattispecie in esame, ma proprio dalla sua particolarita’ ed eccezionalita’ rispetto al dettato del codice civile possono trarsi, a contrario, argomenti logici per l’interpretazione delle norme codicistiche.
Infatti, il legislatore ha inteso favorire la celerita’ dell’operazione di cancellazione delle ipoteche delineando una nuova procedura, in larga parte derogatoria al diritto comune, imperniata su uno specifico dovere di attivazione del creditore al fine della liberazione del bene dal vincolo e sull’automatica cancellazione da parte del Conservatore, nonche’ sulla riduzione dei costi per i consumatori (superfluita’ dell’intervento notarile e spese per l’eliminazione della formalita’).
Dalla previsione del Decreto Legge 31 gennaio 2007, n. 7, articolo 13, comma 8-terdecies, (secondo la quale, per i mutui gia’ estinti la cui ipoteca non sia stata ancora cancellata, il termine di 30 giorni fissato al creditore per comunicare al Conservatore la quietanza decorre dalla data della richiesta di quest’ultima da parte del debitore) si evince la conferma della regola codicistica a norma della quale spetta al debitore l’iniziativa per ottenere la cancellazione dell’ipoteca, incombendo sul creditore ipotecario un dovere di collaborazione.
5. Dal punto di vista oggettivo, l’articolo 1200 cod. civ. si riferisce non solo alle garanzie reali (pegno e ipoteca), ma piu’ in generale ad “ogni vincolo che comunque limiti la disponibilita’” dei beni del debitore e, quindi, anche al pignoramento immobiliare dal quale derivano gli effetti degli articoli 2913 ss. cod. civ. e articolo 560 cod. proc. civ..
Conseguentemente, il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dal pignoramento, ma le modalita’ con cui questa si realizza e i suoi presupposti sono profondamente diversi da quelli sopra descritti con riguardo all’ipoteca:
– mentre il pagamento del debito estingue immediatamente anche la garanzia ipotecaria a quello accessoria ex articolo 2878 c.c., n. 3, (e la cancellazione ha natura, dunque, di pubblicita’-notizia), l’estinzione dell’obbligazione del debitore nei confronti del creditore non ripercuote automaticamente i suoi effetti sul pignoramento trascritto o sul processo di espropriazione forzata pendente, per la cui chiusura occorre necessariamente l’intervento giudiziale (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5796 del 22/05/1993, Rv. 482471-01, che espressamente esclude che la cancellazione del pignoramento immobiliare possa essere “consentita dalle parti”);
– anche in caso di pignoramento l’esatto adempimento del creditore pignorante consiste nel porre il debitore in condizione di ottenere l’eliminazione della formalita’: tuttavia, mentre la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria trova fondamento in un atto negoziale del creditore, quella della trascrizione del pignoramento si basa su un provvedimento giurisdizionale di estinzione del processo esecutivo (fermo restando che l’effettiva rimozione – con effetti di pubblicita’-notizia – dipende comunque dall’attivita’ del Conservatore);
nell’espropriazione forzata, quindi, il consenso ex articolo 1200 cod. civ. del creditore prende la forma dell’atto processuale codificato dall’articolo 629 cod. proc. civ. e, cioe’, della rinunzia agli atti esecutivi;
per il principio di liberta’ delle forme processuali non occorre che la rinuncia agli atti esecutivi sia espressa con atto pubblico o scrittura privata autenticata e, dunque, non ci sono costi inerenti alla formazione dell’atto, il quale non sconta nemmeno (come la consequenziale estinzione del processo) tributi ulteriori rispetto al contributo unificato (versato al momento della presentazione dell’istanza di vendita);
l’unica spesa che puo’ ipotizzarsi e’ quella relativa al compenso spettante al difensore del pignorante per la presentazione della rinunzia, ma tale emolumento (indicato dalla tariffa professionale al Decreto Ministeriale Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, articolo 4, comma 5, lettera e) ed f)) e’ logicamente gia’ incluso nel pagamento satisfattivo delle ragioni creditorie, in quanto un pagamento parziale – non comprensivo delle spese di esecuzione – non integrerebbe la fattispecie ex articolo 1200 cod. civ. e, anzi, legittimerebbe il procedente a dare ulteriore impulso all’espropriazione (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23745 del 14/11/2011, Rv. 620617-01: “Sussiste il diritto del creditore pignorante di proseguire il processo esecutivo fintantoche’ il debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, con la conseguenza che il pagamento parziale di tale importo non osta a che il creditore se ne avvalga per ottenere il credito residuo, inclusi interessi e spese, nella medesima esecuzione iniziata in forza dello stesso unico titolo esecutivo”);
in ogni caso, il dovere di collaborazione del creditore comprende – anche in caso di consenso ex articolo 2882 cod. civ. – il compimento di attivita’ minime il cui costo, insignificante sotto il profilo economico (ad “un sacrificio economico relativamente lieve” fanno riferimento plurime pronunce di legittimita’), non puo’ ragionevolmente addossarsi al debitore (diversamente opinando, nel caso dell’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, si dovrebbe paradossalmente riconoscere al creditore persino il diritto a una remunerazione economica del tempo dedicato alla redazione dell’atto pubblico o all’autentica della sottoscrizione nella scrittura privata);
proprio perche’ il creditore non sostiene spese per rinunciare agli atti esecutivi, il debitore non e’ tenuto ad anticipare alcunche’, ne’ ad offrire alcun rimborso al fine di conseguire la rinunzia;
la richiesta di cancellazione puo’ essere rivolta al Conservatore da qualunque interessato ad eliminare il vincolo;
in difetto di un atto di rinuncia da parte del creditore l’esecutato puo’ proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 cod. proc. civ., entro i termini stabiliti dalla citata disposizione e, comunque, senza pregiudizio per l’eventuale aggiudicazione nelle more intervenuta (articolo 187-bis disp. att. cod. proc. civ.; Cass., Sez. U., Sentenza n. 21110 del 28/11/2012, Rv. 624256-01);
– il creditore che abbia ingiustificatamente rifiutato il proprio
consenso (nelle forme della rinuncia agli atti esecutivi) soggiace a responsabilita’ risarcitoria, eventualmente anche ex articolo 96 c.p.c., comma 2.
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