Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 novembre 2017, n. 27545. Il creditore che è stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto

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Difatti, la doppia diserzione dell’udienza non soddisfa l’esigenza dell’esecutato di ottenere rapidamente la liberazione degli effetti pregiudizievoli del pignoramento: mentre la rinuncia agli atti produce effetti estintivi istantanei (poiche’ il provvedimento del giudice e’ meramente ricognitivo), l’estinzione ex articolo 631 cod. proc. civ. si verifica soltanto all’esito del rinvio disposto dal giudice dell’esecuzione (fattore non dipendente dal creditore) e, nelle more, permarrebbero sine die le limitazioni alla disponibilita’ giuridica e materiale del cespite; inoltre, potrebbero medio tempore intervenire altri creditori, vanificando cosi’ l’interesse sotteso all’articolo 1200 cod. civ..
Peraltro, verrebbe inutilmente protratta la durata del processo in violazione del principio pubblicistico ex articolo 111 Cost..
8. In difformita’ dalle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, puo’ dunque affermarsi il seguente principio di diritto:
“In ossequio ai principi di correttezza e buona fede, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che e’ stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessita’ di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, avuto riguardo allo stato della procedura pendente e ad eventuali motivi di urgenza a lui noti, sempre che l’esecutato non esiga espressamente un immediato deposito dell’atto di rinunzia”.
9. Con riferimento all’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi giurisprudenziali sopra esposti al paragrafo 3, atteso che il creditore iscritto non era tenuto ad attivarsi autonomamente prima della richiesta del debitore adempiente.
Al contrario, puo’ astrattamente fondarsi un rimprovero alla banca che, ricevuta la diffida del debitore a rinunciare agli atti esecutivi, ha mancato di provvedervi immediatamente ex articolo 1183 c.c., comma 1, (non risulta – dal ricorso o dalla sentenza – che siano state prospettate altre ragioni di urgenza dipendenti dallo stato della procedura espropriativa pendente).
Nel confermare la decisione di primo grado il giudice dell’appello ha addotto ulteriori motivazioni (censurate col secondo motivo): ex articolo 1227 c.c., comma 2, si e’ escluso il “nesso causale tra il comportamento addebitato alla banca ed il danno lamentato dall’appellante” che avrebbe potuto evitare il danno impiegando l’ordinaria diligenza e, cioe’, inviando tempestivamente la diffida o contestando l’essenzialita’ del termine fissato nel preliminare. Inoltre, i pregiudizi derivanti dallo scioglimento dal preliminare non potevano essere causalmente collegati (articolo 1223 cod. civ.) alla permanenza dei gravami, oramai “meramente formali” e non ostativi alla vendita, ma casomai (quanto alla differenza di prezzo) alla libera determinazione del (OMISSIS) di alienare il cespite, dopo la cancellazione, ad un importo inferiore a quello del preliminare.
E’ corretto il rilievo del ricorrente secondo cui le formalita’, risultanti dai registri immobiliari anche se riferite ad un debito gia’ estinto, erano ex se potenzialmente pregiudizievoli per la circolazione del bene.
Infatti, la giurisprudenza ha piu’ volte ritenuto (con riguardo all’iscrizione ipotecaria, ma esprimendo principi che si attagliano anche alla trascrizione del pignoramento) la potenziale lesivita’ insita nella persistenza della formalita’: “In tema di ipoteca… il permanere dell’iscrizione, nonostante l’estinzione del credito, puo’ essere di pregiudizio per il proprietario, in quanto determina un intralcio al commercio giuridico del bene, potendo i terzi ignorare la reale situazione ed essendo essi generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487526-01; analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01); “L’esistenza della iscrizione nonostante il venir meno della causa della iscrizione e’ situazione di per se’ pregiudizievole anzitutto per il soggetto titolare della proprieta’ del bene ipotecato, il quale, se in concreto e’ nella condizione di poter opporre il venir meno della causa giustificativa dell’ipoteca, tuttavia, sotto il profilo della libera ed agevole commerciabilita’ del bene si trova, per effetto della permanenza della cancellazione, in una situazione potenzialmente pregiudizievole per l’incomodo rappresentato dal dover dare dimostrazione al terzo interessato all’acquisto del venir meno della causa giustificativa dell’ipoteca” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010, non massimata).
E’ pure improprio il richiamo, nella sentenza, dell’articolo 1227 c.c., comma 2, per affermare l’insussistenza dell’evento pregiudizievole: infatti, la predetta disposizione non si riferisce alla fattispecie integrativa del danno e, cioe’, alla verificazione del cosiddetto danno evento (elemento che unitamente alla condotta determina la fattispecie di illecito contrattuale od extracontrattuale), bensi’ al cosiddetto danno conseguenza e, cioe’, a quel pregiudizio che, in dipendenza causale dalla verificazione della fattispecie costitutiva dell’illecito (danno evento), si verifica sul piano causale come ulteriore conseguenza dannosa a cui sostanzialmente allude l’articolo 1223 cod. civ. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010, non massimata). In altri termini, l’articolo 1227, comma 1, cod. civ. concerne il concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento che configura l’inadempimento, quindi la sua cooperazione attiva, mentre nel comma 2 il danno e’ eziologicamente imputabile al danneggiante, ma le conseguenze dannose dello stesso avrebbero potuto essere impedite o attenuate da un comportamento diligente del danneggiato (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 06/06/2007, Rv. 597544-01).
Anche sotto questo profilo, percio’, la motivazione della sentenza e’ difettosa, ma, come gia’ rilevato con riguardo al primo motivo di ricorso, cio’ non puo’ determinare la cassazione della sentenza impugnata (articolo 384 cod. proc. civ.).
Per procedere alla ricostruzione del rapporto di causalita’ ex articolo 1223 cod. civ. la Corte territoriale avrebbe propriamente dovuto argomentare sulla sussistenza (o insussistenza) di un nesso di derivazione eziologica tra la condotta della banca (omesso deposito della rinuncia agli atti esecutivi) e la conseguenza dannosa indicata dal (OMISSIS) (scioglimento del preliminare), dato che il mantenimento del gravame nei registri “costituisce fatto potenzialmente dannoso… ma la prova di un concreto pregiudizio economico e’ riservata alla fase successiva di determinazione e liquidazione, che non preclude al giudice di negare la sussistenza stessa del danno” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9039 del 03/11/1994, Rv. 488348-01).
In punto di fatto, la Corte d’appello di Catania ha accertato che:
– l’odierno ricorrente “ebbe a richiedere alla banca di rinunziare alla procedura esecutiva e di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca soltanto in data 19/12/2005, e cioe’ addirittura dopo la scadenza del termine pattuito per la stipula del contratto definitivo con la sua promittente acquirente”;
– la banca era “del tutto ignara dell’obbligazione autonomamente assunta dal (OMISSIS) nei confronti di un soggetto terzo”.
In base a tali circostanze – pur rilevando che la banca avrebbe dovuto provvedere alla rinuncia ex articolo 629 cod. proc. civ. immediatamente dopo aver ricevuto la richiesta del debitore – il danno derivato al Coníglione dal recesso della promissaria acquirente non puo’ essere collegato all’inadempimento dell’istituto di credito.
Infatti, al momento della diffida del 19/12/2005 – dalla quale scaturiva il dovere della banca di rinunciare agli atti esecutivi – era gia’ intervenuto il recesso (risalente al 13/12/2005) della promissaria, che aveva comportato la restituzione del doppio della caparra e la perdita dell’affare a condizioni piu’ vantaggiose di quelle successivamente pattuite per la vendita del 30 giugno 2006.
Concludendo: non puo’ ravvisarsi un inadempimento dell’odierna controricorrente all’obbligazione ex articolo 1200 cod. civ. per aver omesso di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca prima della richiesta e per aver mancato di rinunciare agli atti esecutivi in un periodo anteriore alla diffida a presentare la rinuncia ex articolo 629 cod. proc. civ.; dall’inottemperanza alla diffida non puo’ essere derivato il pregiudizio patito dal (OMISSIS), realizzatosi in un momento antecedente all’inadempimento della banca.
Cosi’ rettificata la motivazione, si deve respingere il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva confermato il rigetto delle domande attoree.
10. L’impugnata statuizione sulle spese di lite e’ correttamente fondata sulla dichiarata soccombenza del (OMISSIS).
Alla decisione di rigetto del ricorso fa seguito la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese anche per questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del Decreto Ministeriale Giustizia 10 marzo 2014, n. 55.
11. Infine, sussistono i presupposti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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