[….segue pagina antecedente]
7. Anche la giurisprudenza di questa Corte, nella sua massima espressione, ha recepito il suddetto concetto, come risulta, ad es. dalla sentenza n. 31617/2015 rv. 264434 con la quale le SSUU stabilirono, proprio recependo il concetto di pronuncia avente carattere sostanziale di condanna, che “il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, puo’ disporre, a norma dell’articolo 240 c.p., comma 2, n. 1, la confisca del prezzo e, ai sensi dell’articolo 322 ter cod. pen., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato”.
In motivazione, si legge, a proposito dei criteri Engel, che: “da un lato, sottolinea infatti la Corte EDU, occorre verificare la natura della violazione, desunta in particolare dal suo ambito applicativo – che deve essere generale, e non limitato agli appartenenti ad un ordinamento particolare, dal momento che in tal caso la violazione assumerebbe caratteristiche di tipo disciplinare – e dagli scopi (di tipo punitivo e deterrente, e non meramente riparatorio o preventivo) per i quali la sanzione e’ prevista. Dall’altro lato – ed e’ questo il criterio sul quale assai spesso ha finito per misurarsi la valutazione dei giudici di Strasburgo occorre aver riguardo alla natura ed alla gravita delle conseguenze che l’ordinamento fa scaturire dalla specifica violazione contestata”.
8. Questo breve e notorio excursus, consente, quindi, di affermare che va considerata sentenza di condanna non solo quel provvedimento con il quale sia inflitta una sanzione strettamente penale ma, anche quel provvedimento che, al di la’ del dato meramente formale con il quale e’ denominato, nella sostanza, contenga una sanzione latamente penale e cioe’ una sanzione punitiva e deterrente (come ad es. la confisca) ma non quando da esso conseguano effetti meramente riparatori o preventivi, proprio perche’ tali conseguenze, non rientrando nell’ambito delle sanzioni punitive, si pongono al di fuori del perimetro latamente penale.
Questa fondamentale precisazione consente, quindi, di affermare che la sentenza di prescrizione, laddove si concluda solo con la conferma delle statuizioni civili che presuppone un accertamento sulla responsabilita’ penale, va ritenuta, pur sempre, non solo formalmente ma anche sostanzialmente, una sentenza di proscioglimento perche’ da essa non consegue alcun effetto di natura sanzionatoria o latamente penalistica.
Infatti, la condanna al risarcimento del danno a favore della costituita parte civile va ritenuta una semplice conseguenza di natura riparatoria che, quindi, nulla ha a che vedere con gli effetti sanzionatori di natura latamente penalistici. Se, quindi, la sentenza di proscioglimento per prescrizione – nel caso in cui contenga un giudizio sulla colpevolezza dal quale derivino conseguenze ai soli fini civilistici – non puo’ essere considerata una sentenza di condanna, ne consegue che, neppure l’imputato, prosciolto per essere il reato estinto per prescrizione, puo’ essere ritenuto – alla stregua dei criteri sostanzialistici della giurisprudenza Edu e Costituzionale – un “condannato” che, pertanto, abbia la legittimazione a proporre istanza di revisione.
Per completezza, e’ opportuno precisare che, in ordine al concetto di “condannato”, di recente, si sono pronunciate le SSUU (sentenza n. 13199/2017 rv. 269788) le quali, nell’osservare che la nozione di “condannato”, di cui all’articolo 625-bis cod. proc. pen., ricomprende anche il soggetto titolare della facolta’ di chiedere la revisione della condanna, in quanto il rigetto o la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso contribuisce alla “stabilizzazione” del giudicato, hanno affermato il seguente principio di diritto: “il ricorso straordinario di cui all’articolo 625-bis cod. proc. pen. puo’ essere proposto dal condannato anche per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso contro la decisione della Corte d’appello che, a sua volta, abbia dichiarato inammissibile ovvero rigettato la richiesta di revisione dello stesso condannato”.
La suddetta decisione, tuttavia, pur dando atto dell’ampliamento del concetto di “condannato”, non solo non ha alcuna influenza sulla presente problematica ma, al contrario, conferma la soluzione qui sostenuta.
Le suddette SSUU, infatti, pur ritenendo che la nozione di “condannato” “superi il riferimento oggettivo ai soli provvedimenti della Cassazione che determinino, per la “prima volta”, la formazione del giudicato”, hanno chiaramente affermato “che, come sottolineato da una attenta dottrina, il richiamo al “condannato” sta a significare che possono essere impugnate con il ricorso straordinario le decisioni della Corte di cassazione che rendano “incontrovertibile l’accertamento del dovere di punire”, essendo evidente il collegamento con il giudicato sostanziale”: il che conferma che il prosciolto per prescrizione, anche se le statuizioni civili nei suoi confronti sono state confermate, non puo’ essere considerato, agli effetti “penali” – sia pure nell’ampia accezione ritenuta dalla Corte Edu – un “condannato”.
9. Quanto appena illustrato, rende poco proficuo il tentativo di attribuire la “condanna” al capo della sentenza che statuisce sulla responsabilita’ civile e, per questa via, tentare di veicolare l’ammissibilita’ della revisione: a cio’ vi osta, innanzitutto, quel compatto ed univoco coacervo normativo evidenziato da questa Corte con la sentenza n. 2656/2017 cit.
In secondo luogo, in questa sede, e’ opportuno ribadire che, impropriamente, e’ invocata, a sostegno della tesi qui non condivisa, la sentenza n. 28719/2012 con la quale le SSUU hanno ritenuto ammissibile, da parte del prosciolto condannato agli effetti civili, il ricorso straordinario ex articolo 625 bis cod. proc. pen..
Il parallelismo fra il ricorso straordinario ex articolo 625 bis cod. proc. pen. e la revisione non e’ corretto perche’ i due istituti sono profondamente diversi fra di loro sia nell’oggetto (il ricorso straordinario si puo’ proporre solo contro le sentenze di cassazione, nel mentre la revisione ha ad oggetto la sentenza di merito) che nella finalita’ (l’uno e’ limitato esclusivamente alla mera correzione di un errore materiale o di fatto; l’altra, invece, e’ tesa a sovvertire la condanna passata in giudicato al fine di ottenere, all’esito di un nuovo processo, l’assoluzione).
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply