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CONSIDERATO IN DIRITTO
1-2 Col primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 paragrafo VIII della Direttiva 2004/39/CE; articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; dell’articolo 14 Cost., comma 2, articolo 23 Cost., articolo 41 Cost., comma 3, articolo 97 Cost., e articolo 117 Cost., comma 1. La critica investe il rigetto della censura con cui in sede di opposizione si lamentava la carenza di potere di controllo e ispettivo della Consob, richiamandosi le disposizioni della Direttiva 2004/39/CE sui Mercati degli Strumenti Finanziari (il cui acronimo inglese e’ MIFID), che attribuiscono alla sola Autorita’ del Paese di origine il potere di controllo e ispettivo sulle imprese di investimento costituite nel territorio di uno degli Stati membri e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attivita’ principale all’interno dell’Unione Europea.
Il ricorrente analizza l’articolo 32 del Considerando MIFID nonche’ l’articolo 32 paragrafo 7 della Direttiva ritenendo violato il principio dell’Home country control. Evidenzia la tassativita’ dei casi di vigilanza diretta nei confronti della succursali, nel caso in esame insussistenti, trattandosi di servizi di gestione portafogli e negoziazione svolti in regime di libera prestazione di servizi e non mediante la succursale di Milano. L’offerta fuori sede (ravvisata dalla Consob) e’, secondo il ricorrente, una modalita’ tecnica di svolgimento del servizio di negoziazione e collocamento e dunque non rientra nella attivita’ demandata alla Succursale. Rileva ancora che i provvedimenti assunti dalla Consob non riguardano gli obblighi in relazione ai quali la Direttiva MIFID attribuisce all’Autorita’ dello Stato ospitante un potere specifico (obblighi richiamati dagli articoli 19, 21, 22, 25, 27 e 28) e ribadisce che nel caso di specie si tratta di attivita’ svolta in regime di libero mercato.
Ribadisce altresi’ la prevalenza del diritto comunitario rispetto alle disposizioni del T.U.F. (in particolare articolo 10) e sottolinea il rischio di un doppio potere sanzionatorio.
Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 61, e articolo 62, paragrafo I, e articolo 32 della Direttiva 2004/39/CE; dell’articolo 14 Cost., comma 2, articolo 23 Cost., articolo 41 Cost., comma 3, articolo 97 Cost., e articolo 117 Cost., comma 1. Rileva ancora che l’offerta fuori sede e’ da inserire nel novero dei servizi di negoziazione e gestione portafogli e che quindi si tratta nel caso in esame di servizi svolti dalla societa’ in regime di libero mercato; si sofferma quindi sul contenuto del “considerando n. 38” e osserva che nel caso in esame, in applicazione della regola Home country control, la Consob avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad una segnalazione all’autorita’ titolare del potere di vigilanza sull’ (OMISSIS), cioe’ alla (OMISSIS). Ragionando diversamente, si assisterebbe ad una illegittima e illogica moltiplicazione di ispezioni, controlli e sanzioni che alla fine impedirebbero la creazione di un regime integrato di mercato unico.
Queste due censure, da trattare unitariamente per il comune riferimento al tema dei poteri ispettivi e sanzionatori della Consob nei confronti di imprese di investimento straniere, sono entrambe infondate.
La questione di diritto posta all’esame della Corte di Cassazione consiste nello stabilire se la Consob avesse o meno il potere di esercitare controlli sulla societa’ di investimento (OMISSIS) e se avesse il potere di applicare sanzioni in caso di riscontrate irregolarita’, previa verifica di compatibilita’ della legislazione italiana (T.U.F.) con la disciplina comunitaria.
Il Testo Unico della Finanza (Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) all’articolo 10, comma 1, prevede che “la Banca d’Italia e la Consob possono, nell’ambito delle rispettive competenze e in armonia con le disposizioni comunitarie, effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati”. Tra i soggetti abilitati rientrano anche “le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia” (v. articolo 1, comma 1, lettera r).
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