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Ebbene, le sezioni unite di questa Corte, intervenute di recente sul tema della possibilita’ di frazionamento giudiziale del credito, hanno affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111).
Sulla scorta di tale principio e venendo al caso di specie, occorre pertanto verificare se la mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo giudice e posta a base della pronuncia di improponibilita’) abbia formato oggetto di precedente deduzione nel giudizio di merito: la risposta non puo’ che essere positiva in considerazione della linea difensiva adottata dalla societa’ convenuta improntata principalmente sulla improponibilita’ della domanda per abusivo frazionamento del credito, concetto che, come e’ evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza di un interesse meritevole di tutela a tale modalita’ di esercizio del diritto di azione,anche in relazione al principio di proporzionalita’ nell’uso della giurisdizione (Cass. 21 dicembre 2016 n. 26464).
E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si limita ad un generico richiamo al rischio di prescrizione, ma non allega alcun concreto elemento a sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua scadenza), ne’ deduce l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie. Di conseguenza, il fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini che qui interessano, anche perche’ sarebbe stato sufficiente l’invio di un mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine (articolo 2943 c.c., u.c.).
L’intervento chiarificatore delle sezioni unite costituisce elemento sufficiente a giustificare la diversa soluzione qui adottata rispetto a quella a cui e’ pervenuta la sentenza di questa Corte n. 18810/2016 tra le stesse parti resa in fattispecie in cui il mancato svolgimento di attivita’ difensiva dal parte della odierna resistente non aveva consentito – al contrario di quanto avvenuto nel presente giudizio – di identificare la riconducibilita’ delle diverse controversie separatamente instaurate dall’odierno ricorrente al medesimo ambito oggettivo e dunque in buona sostanza, in assenza di un apprezzabile interesse al frazionamento, l’esistenza di una pratica abusiva, in ordine alla quale il giudice di rinvio di quel giudizio dovra’ svolgere le proprie valutazioni.
Consegue pertanto il rigetto del ricorso.
Trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, in mancanza di un provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 845,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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