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la sentenza del Tribunale di Venezia e’ pienamente corrispondente all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui: “In tema di accertamento della violazione dei limiti di velocita’ a mezzo di apparecchiature elettroniche, la rilevazione effettuata mediante telelaser, prevista dall’articolo 142 C.d.S., e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 345, deve ritenersi legittima, restando affidata all’organo di polizia stradale l’attestazione mediante verbalizzazione, assistita da fede privilegiata fino a querela di falso, della riferibilita’ della velocita’ al veicolo individuato mediante l’apparecchio. Tale sistema non e’ stato abrogato dal Decreto Legge n. 121 del 2002, articolo 4, convertito nella L. n. 168 del 2002, che prescrive la documentazione della violazione mediante sistemi fotografici, di ripresa video ed analoghi, atti ad accertare, anche i tempi successivi, le modalita’ di realizzazione dell’infrazione, in quanto quest’ultima normativa e’ diretta a regolare la diversa ed ulteriore ipotesi dell’accertamento dell’illecito in un momento successivo a quello della commissione dell’infrazione ed in assenza dell’agente, sulla base della documentazione fotografica e video” Sez. 2, n. 1889 del 2008 (Rv. 603201);
nello stesso senso Sez. 2, n. 17754 del 2007 secondo cui: “Ai fini della legittimita’ della rilevazione della velocita’ mediante telelaser e della sua validita’ probatoria, non e’ necessario che l’apparecchio sia munito di dispositivo di documentazione fotografica ma solo che sia debitamente omologato e la velocita’ venga rilevata in modo chiaro ed accertabile mentre la concreta individuazione del veicolo rimane compito degli agenti di polizia accertatori, diretti ed unici gestori ex articolo 12 C.d.S., delle apparecchiature in questione. (In applicazione del principio la Corte ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva annullato la sanzione amministrativa derivante da eccesso di velocita’ ritenendo tecnicamente inaffidabile il dispositivo in questione)”;
tanto basta, dunque, per rigettare il primo motivo di ricorso;
con il secondo motivo si impugna l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine alla valutazione delle prove, in relazione all’articolo 2697 c.c., alla L. n. 689 del 1981, articolo 23, comma 2, e all’articolo 115 c.p.c.;
secondo il ricorrente la sentenza d’appello avrebbe errato nell’evidenziare che l’appellante non aveva fornito alcuna prova dell’inattendibilita’ della misurazione di velocita’, in quanto tale prova spetta all’amministrazione e in particolare non sarebbe stata fornita alcuna prova della conformita’ del telelaser utilizzato per il rilevamento della velocita’ alle caratteristiche richieste dall’articolo 345 reg. C.d.S.;
anche detta censura appare priva di pregio;
deve in primo luogo chiarirsi che la sentenza impugnata e’ stata depositata il 29 maggio 2013, sicche’ il presente giudizio rientra nell’ambito di operativita’ del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, come riformato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale ammette la prospettazione del ricorso in cassazione in termini di vizio di motivazione soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili e non piu’ per l’insufficienza o la contraddittorieta’ della stessa (Cass. 7 aprile 2014 n. 8053);
nel caso di specie, la Corte di merito ha dato puntuale e argomentata motivazione in ordine a ciascuna delle censure dedotte dall’appellante;
difatti, ha richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui “il verbale di accertamento, in forza dell’efficacia privilegiata attribuita all’atto pubblico dall’articolo 2700 c.c., fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, ove descritti senza margini di apprezzamento, nonche’ della sua provenienza dal pubblico ufficiale, sicche’ l’accertamento della violazione deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei congiunti rilievi dell’apparecchiatura e della diretta osservazione degli agenti operativi” Sez. 2, n. 23500 del 2006 (Rv. 593160);
correttamente, pertanto, il giudice del gravame ha rilevato che la conformita’ dell’apparecchio a quanto previsto dall’articolo 345 reg. C.d.S., risulta attestata dal verbale di accertamento dell’infrazione e che della concreta inattendibilita’ della misurazione della velocita’ non e’ stata data alcuna prova in giudizio;
il terzo motivo di ricorso attiene alla omessa e carente motivazione nella parte in cui non si tiene alcun conto delle eccezioni sollevate dal ricorrente in merito al tardivo deposito da parte dell’amministrazione della documentazione indicata, ai sensi della L. n. 689 del 1981, articolo 23, comma 2;
Il motivo e’ infondato.
in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione, il termine assegnato all’amministrazione per depositare i documenti relativi all’infrazione, fissato in dieci giorni prima dell’udienza di comparizione dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 23, comma 2, applicabile “ratione temporis”, non ha natura perentoria e la sua violazione rappresenta una mera irregolarita’, sicche’ la copia conforme del verbale di contestazione tardivamente prodotta e’ utilizzabile come prova, Sez. 6 2, n. 5828 del 2015 (Rv. 635054);
in conclusione il ricorso deve essere interamente rigettato, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 800,00 (ottocento), per compensi oltre a spese prenotate a debito;
dichiara – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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