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2.2. violazione di norme processuali sancite a pena di inutilizzabilita’ e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 273 cod. proc. pen., in riferimento ai gravi indizi di colpevolezza, basandosi la piattaforma indiziaria sulla traduzione in italiano delle intercettazioni telefoniche svoltesi in lingua nigeriana, e sulle dichiarazioni della persona offesa che, essendo indiziata di reato connesso – ingresso illegale nel territorio dello Stato – avrebbe dovuto essere sentita con gli avvisi di cui all’articolo 64 cod. proc. pen., e non come semplice persona informata dei fatti; la difesa, quindi, partendo dall’assunto della totale estraneita’ del ricorrente alla vicenda ascrittagli, ha offerto una lettura alternativa di alcuni elementi posti a fondamento del compendio indiziario (i primi contatti tra il ricorrente ed il coimputato (OMISSIS) per consentire l’arrivo a (OMISSIS) della persona offesa, anche attraverso le intercettazioni indicate in ricorso, che dimostrerebbero la presenza di elementi fortemente equivoci circa il consapevole coinvolgimento del ricorrente nella destinazione alla prostituzione della persona offesa); si sottolinea, inoltre, come il rito vodoo sarebbe stato praticato in (OMISSIS), prima della partenza della persona offesa, con cio’ essendo dimostrata la totale estraneita’ del ricorrente a qualsivoglia condotta di violenza e/o minaccia, circostanza che emergerebbe anche dalle dichiarazioni della stessa persona offesa, la cui condotta sarebbe dimostrativa di piena capacita’ di autodeterminazione;
2.3. violazione di norme processuali sancite a pena di inutilizzabilita’ e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 27, 275 cod. proc. pen., in riferimento alle esigenze cautelari, rispetto alle quali la motivazione sarebbe solo apparente, mentre non sarebbe stata affatto considerata la possibilita’, da parte del Tribunale del Riesame, di poter, comunque, fronteggiare le esigenze cautelari con la misura meno gravosa degli arresti domiciliari, anche con l’ausilio di mezzi elettronici di controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato e va, pertanto, rigettato.
1. Quanto al primo motivo, occorre anzitutto considerare il principio affermato da questa Corte di legittimita’ nel suo massimo consesso, poi pacificamente condiviso dalle sezioni semplici, secondo cui “Il termine di venti giorni, posto dall’articolo 27 cod. proc. pen., costituisce il limite temporale dell’efficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente, ma il suo decorso non comporta alcuna preclusione all’esercizio del potere-dovere del giudice competente ad emettere successivamente il provvedimento applicativo di detta misura, ancorche’ sulla base degli stessi presupposti e delle stesse esigenze cautelari, ove sussistenti.” (Sez. U, sentenza n. 15 del 1993, Silvano ed altro, Rv. 194315; Sez. 2, sentenza n. 4045 del 10/01/2013, Nosenzo, Rv. 254306; Sez. 6, sentenza n. 1056 del 19/12/2012, dep. 09/01/2013, Mannara’, Rv. 253678; Sez. 5, sentenza n. 1146 del 21/10/2008, dep. 13/01/2009, Bisesti, Rv. 242552).
In sostanza, quindi, il provvedimento cautelare emesso dal giudice competente si caratterizza per la sua completa autonomia rispetto al precedente ad effetti interinali e, quindi, non puo’ essere definito ne’ come conferma ne’ come reiterazione di quello precedente, in quanto appunto emesso da altro giudice sulla base di un’autonoma valutazione delle stesse condizioni legittimanti, ancorche’ desunte dagli stessi fatti; ne’ l’eventuale, omessa scarcerazione nel periodo intermedio, incide sulla misura cautelare emessa dal giudice competente, determinandone l’inefficacia.
Ne discende la totale irrilevanza della circostanza lamentata in ricorso, costituita dal fatto che il pubblico ministero avrebbe citato, nel decreto di fermo emesso in data 17/05/2017, giurisprudenza non inerente. Parimenti irrilevante appare la menzione, da parte del provvedimento impugnato, di principi espressi dalla giurisprudenza di legittimita’ in relazione al caso, anch’esso del tutto diverso, di inefficacia dell’ordinanza applicativa della misura ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., comma 10, in cui la possibilita’ di rinnovare detta misura richiede la sussistenza di eccezionali esigenze cautelari.
Cio’ in quanto, come evidenziato in precedenza, le situazioni procedimentali che possono legittimare l’emissione di una seconda misura cautelare, risultano diversamente e variamente condizionate da presupposti eccentrici tra loro: 1) l’omesso interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, ex articolo 302 cod. proc. pen.; 2) l’inefficacia della misura stessa per effetto della ritardata trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame, ovvero per la mancata adozione dell’ordinanza da parte del detto Tribunale nei termini previsti; 3) l’adozione di misura a seguito di declaratoria di incompetenza da parte del giudice, ex articolo 27 cod. proc. pen..
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