4. In ordine alla questione sollevata con il ricorso – ponendo al centro dell’analisi la disciplina di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articoli 28 e 29 ma non trascurando i possibili riflessi che la molto piu’ articolata normativa sostanziale (articoli 168 bis – 168 quater cod. pen.) e processuale (articoli 464 quater – 464 novies cod. proc. pen.) dettata dal Capo 2 della L. n. 67 del 2014 con l’introduzione dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati maggiorenni e’ suscettibile di determinare nell’approfondimento delle caratteristiche dal primo istituto, sempre tenendo conto delle peculiarita’ che caratterizzano le due figure in relazione ai diversi destinatari della rispettiva disciplina – e’ da considerare che l’elaborazione relativa alla messa alla prova nel giudizio minorile muove dal concetto secondo cui l’ammissione a tale istituto dell’imputato con sospensione del processo e’ subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito relativamente all’effettiva possibilita’ di rieducazione e di inserimento del soggetto nella vita sociale e costituisce la manifestazione di un giudizio prognostico che resta insindacabile in sede di legittimita’, sempre che sia sorretto da adeguata motivazione, giudizio da formularsi in base a vari indicatori che riguardano sia il reato contestato come commesso, sia la personalita’ del reo, secondo quanto risulta anche con riferimento all’epoca successiva al fatto oggetto di processo (sull’argomento cfr. Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255267: Sez. 1, n. 19532 del 09/04/2003, De Nardo, Rv. 224810).
In questa chiave e’ stato anche osservato che l’ammissione alla sospensione del processo con messa alla prova presuppone un giudizio prognostico positivo sulla rieducazione del minore, per la cui formulazione occorre anche valutare se il fatto contestato debba considerarsi un episodio del tutto occasionale oppure sia l’indice sintomatico di un sistema di vita, che faccia escludere un giudizio positivo sull’evoluzione della personalita’ del minore verso modelli socialmente adeguati.
Ed in tale prospettiva non si e’ mancato di specificare che, fermo restando che la sospensione del processo con messa alla prova non presuppone la confessione del minorenne, rileva invece acclarare se l’imputato che chiede o, comunque, condivide la scelta della messa alla prova – in una vicenda processuale dove, nell’alveo della giurisdizione penale ancora in itinere, sussistano elementi che facciano propendere, allo stato, per l’accertamento di una ipotesi di reato colpevolmente commessa da persona minorenne, da reputarsi capace d’intendere e di volere in relazione al fatto specifico contestatogli – non assuma un atteggiamento che neghi in modo frontale le evidenze fattuali, pur ridimensionando o riqualificando l’episodio e non si ponga, rispetto all’oggetto dell’accadimento contestato, come una sorta di vittima ingiustamente perseguitata, cosi’ da qualificare implicitamente la vicenda processuale come un atto non dovuto (si traggono elementi in tal senso da Sez. 4, n. 32125 del 20/06/2014, D.R., Rv. 262241; Sez. 5, n. 14035 del 07/12/2012, dep. 2013, G., Rv. 256772; Sez. 4, n. 23355 del 12/04/2013, C., Rv. 255521).
Nella cornice delineata va letto, dunque, l’indirizzo (affermato da Sez. 3, n. 27754 del 06/06/2008, A, Rv. 240825) secondo cui, nel processo minorile, al fine dell’ammissione dell’imputato al beneficio della sospensione del processo e messa alla prova, la confessione o la parziale ammissione dell’addebito da parte del minore rappresenta un elemento sintomatico da cui desumerne il ravvedimento, necessario per formulare un giudizio prognostico positivo sulla sua rieducazione e sull’evoluzione della personalita’ verso un costruttivo reinserimento sociale.
Il Collegio, nel solco di tali linee, ritiene di dover soprattutto puntualizzare che la confessione, se integra un elemento certamente utile per pervenire alla valutazione prognostica favorevole all’evoluzione della personalita’ dell’imputato verso il suo reinserimento, non costituisce presupposto necessario per deliberare l’accesso alla messa alla prova, potendo tale prognosi favorevole essere formulata anche in mancanza dell’espressa ammissione dell’addebito, sempre che la condotta dell’indagato o imputato non trasmodi nella corriva negazione delle evidenze fattuali certe e, sottraendosi alla leale collaborazione nel processo, finisca per determinare la contestazione da parte sua della stessa funzione della messa alla prova che, nell’alveo di quel processo, gli viene offerta come opportunita’ di reinserimento sociale, impregiudicata la verifica conclusiva, ancora da compiersi funditus, dell’ipotesi accusatoria (verifica che lo stesso ordinamento, all’articolo 29, con il richiamo ai successivi sviluppi previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articoli 32 e 33 presuppone in ipotesi di esito negativo della prova).
Del resto, sul carattere comunque provvisorio dell’accertamento di responsabilita’, siccome inserito nella complessa valutazione prognostica, naturalmente sulla scorta degli elementi di prova gia’ valutabili, vanno richiamate, pur con la dovuta cautela, le sottolineature che l’elaborazione susseguente all’introduzione della messa alla prova dell’imputato maggiorenne ha operate (cfr. la motivazione di Sez. 5, n. 24011 del 23/02/2015, B., Rv. 263777) circa il punto che, al momento della determinazione sull’ammissione alla messa alla prova, risolvendosi la valutazione giudiziale nell’accertamento dell’insussistenza, allo stato degli atti, dei presupposti di una pronuncia ex articolo 129 cod. proc. pen., l’attribuzione del fatto-reato al richiedente non esige l’ammissione del fatto da parte dell’indagato od imputato, ammissione che resta dunque estranea al novero dei requisiti della sospensione del procedimento con messa alla prova delineati dalla L. n. 67 del 2014.
Nella stessa direzione, non sembra superfluo come si sia ritenuto che la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova, di cui all’articolo 464 septies cod. proc. pen., non e’ idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilita’, sicche’ essa non puo’ essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale (cfr. Sez. 2, n. 53648 del 05/10/2016, M., Rv. 268635).
Ed appare anche opportuno ricordare, sul punto, le considerazioni svolte dalle Sezioni unite della Corte nel gia’ citato arresto (Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, cit.) che, pur inerendo alla messa alla prova introdotta dalla L. n. 67 del 2014, forniscono indicazioni che appaiono avere portata piu’ vasta al fine di fissare la portata della valutazione prognostica operata dal giudice di merito nella fase di ammissibilita’ alla messa alla prova allorche’ evidenziano che il giudice “seppure in base ad un accertamento sommario, anticipa un “cripto processo” sul fatto, sull’autore e sulle conseguenze della messa alla prova”, con il conseguente spostamento in sede di cognizione degli aspetti relativi al profilo trattamentale e per alcuni profili esecutivo, sino alla pronuncia in sede di cognizione, all’esito della positiva conclusione della’esecuzione della messa alla prova, della sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato in caso di esito positivo. E si avverte che proprio l’anticipazione di tali fasi al momento della cognizione concreta una novita’ nel sistema processuale e, nel contempo, dimostra con chiarezza “i limiti di un tale “accertamento” sul fatto con finalita’ specialpreventive e le particolari esigenze difensive dell’imputato rispetto alle scelte che il giudice adotta in questo contesto”.
In conclusione, ferma restando l’indubbia valenza dell’ammissione piena dei fatti quale elemento sintomatico al fine della formulazione del giudizio prognostico sull’evoluzione della personalita’ dell’imputato verso un costruttivo reinserimento sociale, essa non integra presupposto necessario nell’articolato senso gia’ chiarito, occorrendo nel giudizio da compiersi allo stato degli atti onde pervenire alla valutazione sulla possibilita’ di rieducazione del minore: per la formulazione di tale valutazione occorre tener conto della complessiva condotta dell’imputato o indagato e di tutti gli elementi provenienti dall’osservazione dello stesso al fine di apprezzare conclusivamente se il fatto contestato debba considerarsi un episodio del tutto occasionale oppure sia l’indice sintomatico di un sistema di vita e, quindi, per determinare se sussista la concreta probabilita’ dell’evoluzione della personalita’ del minore verso modelli socialmente adeguati.
5. La Corte territoriale, non attenendosi a tale principio, ha invece preso le mosse dal postulato che per accedere alla sospensione con messa alla prova fosse necessaria l’acquisizione della certa colpevolezza dell’imputato e, su tale premessa, occorresse la sua sostanziale e piena ammissione di colpevolezza: sicche’ anche l’avere dedotto il (OMISSIS) lo stato di necessita’, in un quadro fattuale comunque chiaramente ammissivo delle condotte oggetto di imputazione, e’ stato ritenuto dai giudici di merito pregiudizialmente preclusivo all’ammissione del medesimo alla messa alla prova.
La stessa attivita’ difensiva in favore dell’imputato, concretatasi nella richiesta di assoluzione quando – rigettata l’istanza di sospensione del processo con messa alla prova, celebratosi il processo e svolta la discussione – il difensore ha chiesto la sua assoluzione e’ stata, ex post, letta dai giudici di merito in funzione contestativa della responsabilita’ e, quindi, in chiave escludente l’ammissione del (OMISSIS) alla messa alla prova.
Entrambi gli argomenti non possono essere condivisi: ne’ la necessita’ dell’ammissione degli addebiti, intesa come confessione piena, a fronte di una responsabilita’ presupposta come gia’ acclarata, ne’ l’inquadramento della stessa attivita’ defensionale, peraltro susseguente al rigetto dell’istanza di ammissione alla messa alla prova.
Cosi’ determinandosi la Corte di merito ha erroneamente applicato la disciplina di cui all’articolo 28 cit. ed ha fornito una motivazione carente per supportare la statuizione di rigetto dell’ammissione alla messa alla prova.
Il pregiudiziale rigetto dell’istanza cosi’ assunto ha conseguentemente implicato la mancata considerazione del contenuto e delle conclusioni delle relazioni dei servizi sociali nelle more acquisite agli atti, essendo esse state reputate (per la conclusione negativa raggiunta) ultronee in ordine alla prospettiva – da doversi altrimenti coltivare – della redazione del progetto di intervento elaborato dai Servizi minorili dell’Amministrazione della Giustizia, in collaborazione con i Servizi socio-assistenziali degli enti locali, richiesto dal Decreto Legislativo n. 272 del 1989, articolo 27 (progetto di cui poi il giudice avrebbe dovuto tener conto: cfr. Sez. 4, n. 32178 del 20/06/2014, B, Rv. 260317, che ha affermato essere nulla l’ordinanza con la quale il giudice dispone la sospensione del processo e la messa alla prova dell’imputato, in presenza di relazione negativa degli Uffici del Servizio Sociale per i minorenni e con progetto d’intervento da questi ultimi compilato in esecuzione di disposizione del giudicante).
5. In considerazione dell’emerso vizio, la sentenza impugnata va, pertanto, annullata con esclusivo riguardo alla statuizione di rigetto dell’istanza di sospensione del processo con messa alla prova; va quindi disposto il rinvio per nuovo esame sul punto alla Sezione per i minorenni della Corte di’ appello di Catania in diversa composizione, che si atterra’ al principio di diritto dianzi affermato.
Deve essere, infine, disposta l’omissione delle generalita’ e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al diniego della messa alla prova, e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Catania, Sezione per i minorenni, in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
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