Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 20 febbraio 2018, n. 8131. In tema di rinvio, necessario o facoltativo dell’esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull’istanza del soggetto detenuto, collaboratore di giustizia, appartiene al magistrato o al tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta

In tema di rinvio, necessario o facoltativo dell’esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull’istanza del soggetto detenuto, collaboratore di giustizia, appartiene al magistrato o al tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta, quand’anche l’interessato richieda, o il giudice ritenga comunque di applicare, la detenzione domiciliare in luogo del differimento, non operando la regola di cui al Decreto Legge 15 gennaio 1991, n. 8, articolo 16-nonies, comma 8, convertito dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, che prevede la competenza territoriale esclusiva del giudice di sorveglianza di Roma

Sentenza 20 febbraio 2018, n. 8131
Data udienza 6 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul conflitto di competenza sollevato da:

UFFICIO SORVEGLIANZA ROMA;

nei confronti di:

MAGISTRATO SORVEGLIANZA ALESSANDRIA;

con l’ordinanza del 07/06/2017 del GIUD. SORVEGLIANZA di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTOFANTI FRANCESCO;

sentite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ZACCO Franca, che ha concluso chiedendo che la Corte dichiari la competenza del Magistrato Sorveglianza di Roma.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 7 giugno 2017 il Magistrato di sorveglianza di Roma, ritenendosi territorialmente incompetente a decidere sull’istanza di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena (per grave infermita’ fisica), anche nelle forme della detenzione domiciliare, avanzata da (OMISSIS), collaboratore di giustizia sottoposto a speciali misure di protezione, ha sollevato conflitto negativo di competenza nei confronti del Magistrato di sorveglianza di Alessandria – in precedenza dichiaratosi incompetente a provvedere ancorche’ nella sua giurisdizione si trovasse l’istituto di detenzione del collaboratore – ed ha rimesso gli atti a questa Corte di cassazione per la risoluzione, ai sensi dell’articolo 28 c.p.p., comma 1, lettera b), e articolo 30 cod. proc. pen..

Il Magistrato di sorveglianza di Alessandria aveva ritenuto che, potendo il rinvio dell’esecuzione essere concesso (in presenza di profili di pericolosita’ sociale del condannato, presenti nella fattispecie) nelle forme della detenzione domiciliare, ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 47-ter, comma 1-ter, venisse in considerazione l’esclusiva competenza territoriale dell’Ufficio di sorveglianza romano sulla base della previsione derogatoria del Decreto Legge 15 gennaio 1991, n. 8, articolo 16-nonies, comma 8, convertito dalla L. 15 marzo 1991, n. 82.

Tale conclusione e’ contrastata dal giudice rimettente, sul presupposto: 1) che la detenzione domiciliare, in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, era stata domandata dal detenuto solo in via subordinata, e la relativa richiesta (come pure la facolta’ del Magistrato adito di provvedere d’uffizio in tale direzione) era inidonea a determinare lo spostamento di competenza territoriale; 2) che la detenzione domiciliare, prevista dalla L. n. 354 del 1975, articolo 47-ter, comma 1-ter, non poteva essere propriamente definita una misura alternativa, quanto piuttosto una sorta di cautela imposta al condannato pericoloso, la cui pena, a motivo delle gravi condizioni di salute, dovesse essere differita; 3) che la competenza del magistrato “di prossimita’” rispetto al luogo di restrizione rispondeva in tal caso anche ad un principio di ragionevolezza, in considerazione dell’urgenza di provvedere imposta dalla potenziale gravita’ della situazione prospettata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va dichiarata l’ammissibilita’ del conflitto, in quanto dal rifiuto dei due giudici di provvedere sull’istanza formulata dal condannato consegue una stasi del procedimento, che puo’ essere superata solo con la decisione di questa Corte.

2. Nel merito, il conflitto deve essere risolto con l’affermazione della competenza a provvedere del Magistrato di sorveglianza di Alessandria, che per primo l’ha declinata.

3. Nell’escludere l’applicabilita’ delle regole derogatorie di competenza, stabilite dal Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-nonies, convertito dalla L. n. 82 del 1991, alla liberazione anticipata – pur formalmente rientrante tra le misure alternative alla detenzione previste dal Titolo 1, Capo 6, della L. n. 354 del 1975 – richiesta dal detenuto collaboratore di giustizia, assoggettato a speciali misure di protezione, la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 1, n. 43798 del 24/09/2015, confl. di comp. in proc. C., Rv. 265252) ha da ultimo sottolineato la natura di stretta interpretazione delle regole derogatorie anzidette, correlata al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (articolo 25 Cost., comma 2).

4. Nelle materie attribuite alla magistratura di sorveglianza, la competenza a conoscere delle istanze presentate da soggetto ristretto in istituto penitenziario appartiene in via ordinaria al tribunale o al magistrato di sorveglianza avente giurisdizione sull’istituto medesimo (articolo 677 c.p.p., comma 1).

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