Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 20 febbraio 2018, n. 8131. In tema di rinvio, necessario o facoltativo dell’esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull’istanza del soggetto detenuto, collaboratore di giustizia, appartiene al magistrato o al tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta

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La deroga che a tale disposizione apporta, per i collaboratori di giustizia assoggettati a speciali misure di protezione, il citato articolo 16-nonies – il quale riserva, al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui il collaboratore stesso ha eletto domicilio ai sensi dell’articolo 12, comma 3-bis, del decreto legge (ossia del luogo sede della Commissione centrale prevista dal precedente articolo 10, comma 2, che e’ Roma), la cognizione in tema “di liberazione condizionale, di assegnazione al lavoro all’esterno, di concessione dei permessi premio e di ammissione a taluna delle misure alternative alla detenzione previste dal titolo 1, capo 6, della L. 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni” – trova la sua ratio giustificativa nell’esigenza funzionale di assicurare uno stretto coordinamento tra l’operato della magistratura di sorveglianza, che decide sulla concessione delle misure alternative, prevista in misura piu’ ampia rispetto alle generalita’ dei detenuti, e quello degli organi amministrativi centrali preposti all’attuazione delle misure predette nei confronti del collaboratore protetto (Sez. 1, n. 45282 del 10/10/2013, conf comp. in proc. Esposito, Rv. 257319; Sez. 1, n. 28453 del 14/06/2007, conti. comp. in proc. Ruggiero, Rv. 237355; Sez. 1, n. 3307 del 19/09/2006, confl. comp. in proc. Pavia, Rv. 235193), e capaci altresi’ di recare un preventivo contributo ai fini di una piu’ pregnante valutazione sull’attualita’ e sulla serieta’ del percorso seguito dal collaboratore (Sez. 1, n. 43798 del 24/09/2015, citata), che costituisce il presupposto per il piu’ ampio accesso ai benefici sopra menzionato.

5. I provvedimenti in materia di rinvio dell’esecuzione della pena non sono testualmente compresi nell’ambito del Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-nonies, convertito dalla L. n. 82 del 1991, e non partecipano della ratio ad esso sottesa; ne’ sul piano funzionale, posto che, dopo la liberazione e per il tempo del differimento, nessuno specifico raccordo, di natura istituzionale ed organizzativo, e’ necessario mantenere tra organi della giurisdizione ed organi esecutivi; ne’ sul piano logico-sistematico, perche’ i provvedimenti ex articoli 146 e 147 cod. pen. postulano il riscontro di condizioni legittimanti (la presentazione della domanda di grazia, lo stato di gravidanza, di maternita’, di salute) gia’ in possesso dell’autorita’ giudiziaria o ricavabili essenzialmente dalle relazioni degli operatori a diretto contatto con il detenuto in istituto, o dei sanitari di quest’ultimo; condizioni che comunque – cosi’ come affermato per la liberazione anticipata – non implicano previe valutazioni sul regime di collaborazione con la giustizia, e sulla sua valenza ed importanza, cosi’ da non giustificare lo spostamento di competenza ad un organo giudiziario diverso da quello altrimenti “naturale”.

6. Ne’ a diversa conclusione puo’ indurre la circostanza che, nei casi di accoglimento dell’istanza di rinvio, il giudice competente possa disporre in sua vece la detenzione domiciliare ai sensi della L. n. 354 del 1975, articolo 47-ter.

La misura in tal caso disposta, pur annoverabile tra le misure alternative in senso lato, ha una finalita’ eminentemente assistenziale, potendo essa essere applicata, anche d’ufficio, al fine di contemperare le necessita’ del condannato, in relazione alla tutela della salute (o delle altre esigenze contemplate dagli articoli 146 e 147 cod. pen.) e quelle della collettivita’, in relazione ai profili di sicurezza pubblica (da ultimo, Sez. 1, n. 12565 del 03/03/2015, Cismic, Rv. 262301).

Essa non richiede alcun apprezzamento, ne’ in ordine all’importanza della collaborazione, ne’ in ordine al ravvedimento (ed al riflesso presupposto dell’assenza di mantenuti collegamenti con la criminalita’ organizzata o eversiva), che sono i requisiti cui, nel sistema delineato dal Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-nonies, convertito dalla L. n. 82 del 1991, e’ ancorata la concessione delle misure, marcatamente premiali, viceversa prese in considerazione ai fini della deroga di competenza; requisiti, al tempo stesso, in rapporto ai quali riveste importanza decisiva l’apporto di conoscenza degli organi centrali di protezione, e, in questo quadro, trova senso l’istituito stretto collegamento tra la sede di tali organi e la competenza giudiziaria.

7. Deve essere pertanto conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: “In tema di rinvio, necessario o facoltativo dell’esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull’istanza del soggetto detenuto, colla di giustizia, appartiene al magistrato o al tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta, quand’anche l’interessato richieda, o il giudice ritenga comunque di applicare, la detenzione domiciliare in luogo del differimento, non operando la regola di cui al Decreto Legge 15 gennaio 1991, n. 8, articolo 16-nonies, comma 8, convertito dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, che prevede la competenza territoriale esclusiva del giudice di sorveglianza di Roma”.

8. In applicazione di tale principio, dato che il collaboratore si trovava detenuto, all’atto della richiesta, presso la casa circondariale di (OMISSIS), gli atti debbono essere trasmessi al locale Magistrato di sorveglianza per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del Magistrato di Sorveglianza di Alessandria, cui dispone trasmettersi gli atti.

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