Nullo perché non tempestivo il licenziamento disciplinare del dipendente di un istituto di credito. Il meccanismo di controllo centralizzato utilizzato dalla banca per il monitoraggio che segnalava subito le operazioni potenzialmente anomale consentiva di evitare il ritardo nella contestazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 25 maggio 2016, n. 10839

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VENUTI Pietro – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19415-2013 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono unitamente agli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 18/2013 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 06/02/2013 R.G.N. 462/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2016 dal Consigliere Dott.ssa FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO

Con ricorso al Tribunale di Taranto del 7.1.2011 (OMISSIS) agiva nei confronti del (OMISSIS) impugnando il licenziamento intimatogli per ragioni disciplinari in data 11.10.2010, chiedendo accertarsene la nullita’ o illegittimita’, con condanna di parte convenuta alla reintegra ed al risarcimento del danno.

Esponeva che gli addebiti si riferivano alla irregolarita’ di operazioni compiute.

Il Tribunale di Taranto rigettava la domanda.

La Corte di Appello di Lecce, in accoglimento dell’appello del lavoratore, con sentenza del 9.1/6.2.2013 (nr. 18/2013), dichiarava la nullita’ del licenziamento e condannava la societa’ (OMISSIS) spa alla reintegra del (OMISSIS) ed al pagamento delle mensilita’ maturate dal licenziamento alla reintegra.

La Corte territoriale riteneva fondata la censura di intempestivita’ del licenziamento disciplinare, irrogato per fatti risalenti al 9.9.2008, contestati in data 16 giugno 2010 e sanzionati dopo tre mesi dalla audizione del dipendente (il 13 luglio 2010).

Rilevava che il ritardo della contestazione non poteva essere giustificato dalla complessita’ dell’accertamento, in quanto il meccanismo di controllo descritto dai testi prendeva avvio dal monitoraggio eseguito dal sistema centralizzato, che segnalava subito operazioni potenzialmente anomale. In ogni caso il Banco non aveva fornito la prova delle concrete scansioni temporali dell’accertamento, dalla prima segnalazione delle operazioni contestate, alla successiva attivita’ di acquisizione ed esame della documentazione.

In ogni caso, nel merito, rilevava la insussistenza della gravita’ degli addebiti, che riguardavano tre operazioni di bonifico eseguite in data 9.9.2008- utilizzando modulistica non sottoscritta dai clienti ordinanti o recante causali non pertinenti- con le quali veniva costituita una provvista di Euro 421,73 in favore della cliente (OMISSIS) srl, in condizioni di credito problematico per avere sconfinato dal fido; la provvista veniva utilizzata dalla beneficiaria due giorni dopo per compiere un bonifico, a saldo di una fattura emessa dalla (OMISSIS).

Osservava che l’operazione di pagamento della fattura (bonifico in sconfinamento) era stata autorizzata dal direttore della filiale, che nessuno dei tre clienti ordinanti (le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS), la (OMISSIS) snc, la (OMISSIS) di (OMISSIS)) aveva avanzato reclami ed anzi il cliente (OMISSIS), sentito come teste, aveva confermato di avere autorizzato il prelievo per sponsorizzare una manifestazione sportiva, che la prassi consentiva ai clienti di impartire disposizioni telefoniche, che vi era un momento di confusione gestionale per il concomitante passaggio da (OMISSIS) a (OMISSIS) (tra il luglio ed il novembre 2008), che mancava la prova della finalita’ del dipendente di aggirare il divieto di pagamenti extrafido.

Per la Cassazione della sentenza ricorre la societa’ (OMISSIS) spa, articolando quattro motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS).

(OMISSIS) spa ha depositato memoria.

DIRITTO

1. Con il primo motivo la societa’ (OMISSIS) denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 c.c. anche in relazione alla L. n. 300 del 1970, articolo 7. Il motivo ha ad oggetto la statuizione di intempestivita’ della sanzione disciplinare. La ricorrente rileva che per valutare la tempestivita’ della contestazione occorreva avere riguardo al momento in cui era stata completata la relazione ispettiva che aveva accertato i fatti addebitati; nella fattispecie di causa la relazione ispettiva era stata ultimata in data 7 maggio 2010 (doc. 4), come confermato anche dall’ispettore (OMISSIS) in sede di esame testimoniale.

Inoltre – sempre ai fini della valutazione della tempestivita’ – occorreva avere riguardo al momento della avvenuta conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro e non a quello, anteriore, della loro conoscibilita’.

La segnalazione della operazione da parte di un sistema di monitoraggio centralizzato poteva comportare la conoscibilita’ ma non la conoscenza effettiva della inadempienza del dipendente, che avrebbe richiesto una successiva verifica.

Occorreva poi tenere conto dei tempi occorrenti per ricostruire e valutare la condotta del lavoratore, della complessita’ della struttura aziendale, della posizione lavorativa del dipendente.

2. Con il secondo motivo di ricorso la societa’ lamenta omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, relativo al momento in cui erano stati ultimati gli accertamenti ispettivi.

Sul punto oltre alla mancata contestazione da parte del dipendente vi era prova documentale (relazione ispettiva, doc. 4) e prova testimoniale (verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS)).

3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, relativo alla ampiezza ed articolazione della attivita’ di monitoraggio e verifica.

Deduce la mancata considerazione del metodo con cui venivano recepite dal sistema centralizzato le segnalazioni di operazioni anomale di tutte le filiali in Italia, che venivano poi smistate agli uffici distaccati dell’ (OMISSIS) e verificate singolarmente, come allegato in memoria difensiva – (e non contestato)- e confermato dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS).

4. Con il quarto motivo la societa’ ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2119 c.c. anche in relazione agli articoli 1175 e 1375 c.c..

Assume che il fatto, anche come ricostruito dalla Corte di merito, integrava il concetto elastico di giusta causa di licenziamento dovendo essere considerata la natura altamente fiduciaria del rapporto di lavoro bancario, la gravita’ dei fatti commessi, che la stessa Corte di merito riteneva incontestati nonche’ sotto il profilo soggettivo, l’intenzionalita’ della condotta del dipendente di compiere la irregolarita’ ed il fine di agevolare il cliente (OMISSIS), quali risultavano da elementi di fatto trascurati dalla Corte di merito.

Il primo, il secondo ed il terzo motivo, che devono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Essi investono la statuizione di intempestivita’ della contestazione disciplinare – elevata in data 16 giugno 2010 per fatti risalenti al 9 settembre 2008 – e della successiva irrogazione della sanzione disciplinare, in data 11.10.2010.

Come ripetutamente affermato da questa Corte – e qui condiviso – il principio della immediatezza della contestazione dell’addebito e quello della tempestivita’ del recesso datoriale, la cui “ratio” riflette l’esigenza di osservanza della regola di buona fede e correttezza nell’attuazione dei rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo, potendo essere compatibili, in relazione al caso concreto e alla complessita’ dell’organizzazione del datore di lavoro, con un intervallo di tempo necessario per l’accertamento e la valutazione dei fatti contestati, cosi’ come per la valutazione delle giustificazioni fornite dal dipendente (ex plurimis: Cass Sez. lav. 14.5.2015 nr. 9903; 4.2.2015 nr. 20121; 23.1.2015 nr. 1247; 11.9.2013 nr. 20823; 10.9.2013 nr. 20719). Rileva, inoltre, l’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non l’astratta percettibilita’ o conoscibilita’ dei fatti stessi (Cass sez lav n nr. 25070/2013; 20823/2013; n. 23739/2008, n. 21546/2007).

E’ stato altresi’ precisato (Cass. sez. lav. n. 1247/2015; n. 25070/2013; n. 5308/2000) che il requisito dell’immediatezza della contestazione e’ posto a tutela del lavoratore ed e’ inteso a consentirgli un’adeguata difesa e che e’ onere del datore di lavoro fornire la prova del momento in cui ha avuto la piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore (Cass n 21546/2007).

La valutazione delle circostanze di fatto che giustificano o meno il ritardo e’ riservata al giudice del merito (Cass. nr. 25070/2013; nr. 16291/2004).

Nella fattispecie di causa la Corte di merito ha ritenuto la intempestivita’ del licenziamento, da un lato sotto il profilo del pregiudizio del diritto di difesa del dipendente, dall’altro sotto il profilo della mancanza di prova del momento in cui le operazioni compiute dal (OMISSIS) erano state segnalate dal sistema centralizzato, del momento in cui gli uffici territoriali competenti avevano acquisito la documentazione, del momento in cui ne avevano concluso l’esame.

Aggiunge la Corte territoriale che solo ove le concrete ragioni del ritardo fossero state provate avrebbe dovuto soccorrere un criterio di ragionevolezza “attesa la necessita’ di contemperare le difficolta’ dell’accertamento con quelle difensive del dipendente, chiamato a giustificare il proprio operato a due anni di distanza”.

Il giudizio cosi’ espresso e’ immune dalle censure sollevate.

In punto di fatto la societa’ ricorrente indica, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quali fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti e non esaminati in sentenza:

– il momento di ultimazione degli accertamenti ispettivi, nel maggio 2010;

– la ampiezza ed articolazione della attivita’ di monitoraggio e verifica eseguita dal Banco. Trattasi, tuttavia, di fatti esaminati nella sentenza impugnata e correttamente ritenuti non decisivi.

Il primo dato concerne solo il momento conclusivo dell’accertamento ispettivo e non anche la successione temporale: della segnalazione della operazione da parte del sistema centralizzato, della acquisizione della documentazione, del completamento del suo esame.

Il secondo dato e’ stato ritenuto generico e non attinente alle specifiche operazioni effettuate dal (OMISSIS).

Sulla base di tale accertamento in fatto la Corte di merito ha poi correttamente ritenuto la intempestivita’ della contestazione, non avendo il datore di lavoro adempiuto al suo onere di fornire la prova del momento in cui aveva avuto la piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore si’ da consentire, in un momento logicamente successivo, il necessario contemperamento tra le esigenze della impresa ed il diritto di difesa del dipendente.

Resta assorbito l’esame del quarto motivo di ricorso, essendo la statuizione di intempestivita’ della contestazione disciplinare autonomamente decisiva della lite.

Le spese seguono la soccombenza.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, il comma 1 quater all’articolo 13) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione al difensore.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002, all’articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, del comma 1 bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *