Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 18 novembre 2015, n. 23616
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5497/2013 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1066/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 06/11/2012 R.G.N. 1193/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata in data 6 novembre 2012, la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’impugnazione proposta da (OMISSIS), (OMISSIS) e da (OMISSIS), lavoratori alle dipendenze della (OMISSIS) s.p.a., contro la sentenza resa dal Tribunale della stessa sede che aveva respinto la domanda degli appellanti diretta ad accertare l’illegittimita’ dei licenziamenti loro intimati nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ai sensi della Legge n. 223 del 1991, articoli 4 e 24.
2. La Corte territoriale, per quel che qui interessa, riteneva che:
a) l’eccezione relativa ad irregolarita’ nella comunicazione dei licenziamenti alle organizzazioni sindacali e alle autorita’ pubbliche, prevista dall’articolo 4, comma 9, L. cit., era in parte infondata (quanto all’assenza di contestualita’) e in parte inammissibile (quanto alla mancanza di prova dell’inoltro della comunicazione), in quanto non proposta nel ricorso introduttivo del giudizio;
b) il criterio di scelta, fondato sul possesso dei requisiti per il pensionamento, era obiettivo e come tale legittimo;
c) la comunicazione di avvio della procedura di mobilita’ conteneva elementi necessari e sufficienti per informare in modo pieno le organizzazioni sindacali e prova ne era il successivo accordo stipulato tra le parti in data 30 luglio 2008; l’accordo, inoltre, era stato sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dalla societa’ capogruppo, come previsto dall’articolo 18 del C.C.N.L. del 1999;
d) il criterio della prossimita’ alla pensione era stato rispettato attraverso un processo graduale di licenziamento, avviatosi a far tempo dal 30 settembre 2008, sicche’ rientravano nelle previsioni dell’accordo i licenziamenti disposti successivamente a tale data;
e) l’accordo del 30 luglio 2008 era stato sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dalla societa’ capogruppo, a nulla rilevando che al momento della sottoscrizione dell’accordo del 13/12/2003, che definiva le delegazioni trattanti, l’azienda su cui sarebbero poi ricaduti gli effetti dell’accordo stesso non facesse parte del Gruppo;
f) il criterio della vicinanza alla pensione, come criterio unico di scelta dei lavoratori da licenziare, era stato ritenuto piu’ volte legittimo dalla giurisprudenza di questa Corte.
3. Contro la sentenza gli originali ricorrenti propongono ricorso per cassazione, sostenuto da cinque motivi, cui resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a. Le parti depositano memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 115, 434 e 416 c.p.c., e ne assumono l’erroneita’ nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto nuova e, quindi, inammissibile, l’eccezione da loro sollevata e riguardante il mancato inoltro da parte della datrice di lavoro della comunicazione prevista dalla Legge n. 223 del 1991, articolo 4, comma 9, a tutti i destinatali indicati nella norma citata.
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 9, L. cit. sotto un duplice profilo: lamentano, in primo luogo, che la Corte non si e’ pronunciata sul motivo di gravame con cui avevano dedotto la carenza di prova circa l’effettivo inoltro della comunicazione di cui all’articolo 4, comma 9, l. cit. a tutti destinatari indicati nella norma citata, e, in secondo luogo, che essa ha ritenuto rispettato il requisito della contestualita’, pure richiesto dalla detta norma, tra la comunicazione del recesso ai lavoratori e le comunicazioni alle organizzazioni sindacali e agli uffici del lavoro.
3. Con il terzo motivo, la parte ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della Legge n. 223 del 1991, articolo 4, comma 3, e del Decreto Legislativo n. 25 del 2007, articoli 4, commi 4 e 5, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti. Lamenta che la Corte ha errato nel ritenere superate dall’accordo sindacale, peraltro minoritario e contestato dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative, le carenze della comunicazione di apertura della procedura, omettendo di considerare le prove documentali in atti e di dar corso alle richieste istruttorie, volte a dimostrare le dette carenze.
4. Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti. Rilevano che la Corte non si e’ pronunciata sull’incoerenza lamentata tra gli esuberi dichiarati e le cessazioni dei rapporti, queste ultime assai piu’ numerose di quelle programmate (pagina 46 del ricorso). Inoltre non avrebbe considerato che non tutti coloro che avevano i requisiti per l’accesso alla pensione al 31/3/2008, come i ricorrenti, erano stati licenziati entro il termine previsto e comunque entro il termine finale di riferimento.
5. Con il quinto motivo,denunciano la violazione dell’articolo 2697 c.c., e Legge n. 223 del 1991, articolo 4, comma 9, nonche’ la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 115 c.p.c., nel testo anteriore alla modifica di cui alla Legge n. 69 del 2009, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Si dolgono del fatto che la sentenza ha erroneamente ritenuto che essi non avessero contestato l’affermazione di parte avversa secondo cui tutti i lavoratori aventi i requisiti per il pensionamento al 31/3/2008 erano stati licenziati entro la fine del 2008, mentre risultava dai documenti gia’ in atti (e comunque sarebbe risultato dall’istruttoria richiesta) che cio’ non era accaduto.
6. Il primo motivo e’ infondato.
I giudici di merito hanno correttamente ritenuto che la generica affermazione “non risulta ed e’ specificamente contestato che l’azienda abbia adempiuto alle comunicazioni di cui all’articolo 4, comma 9, L. citata”, contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio, e’ inidonea a determinare con esattezza il vizio procedurale denunciato, ed hanno quindi ritenuto “nuova”, e come tale inammissibile, la questione riguardante la mancata spedizione e/o ricezione delle comunicazioni ad alcuni dei destinatari. Al riguardo deve richiamarsi il principio, piu’ volte espresso da questa Corte, secondo cui il lavoratore che voglia ottenere la dichiarazione di inefficacia o l’annullamento del licenziamento intimatogli in base alla legge n. 223 del 1991, sull’assunto del mancato rispetto dell'”iter” procedurale previsto dalla citata legge per la messa in mobilita’ o per la riduzione del personale, e’ tenuto – a fronte dei numerosi adempimenti imposti dalla menzionata legge – ad indicare nell’atto introduttivo del giudizio le specifiche omissioni e irregolarita’ addebitate al datore su cui fonda il “petitum”. Ne consegue che egli non puo’ far valere nel corso del giudizio omissioni o irregolarita’ diverse o ulteriori rispetto a quelle originariamente denunziate perche’ una siffatta condotta processuale si traduce in una “mutatio libelli” non consentita ai sensi dell’articolo 420 c.p.c. (Cass., 14 ottobre 2000, n. 13727; Cass., 20 giugno 2001, n. 8423; Cass., 27 gennaio 2011, n. 1949; Cass., 8 febbraio 2010, n. 2735).
7. Diviene cosi’ irrilevante ogni ulteriore questione circa la specificita’ della contestazione effettuata dai ricorrenti nell’udienza successiva alla costituzione della convenuta ed alla contestuale produzione documentale.
Peraltro, questo aspetto del motivo di ricorso presenta evidenti profili di inammissibilita’ per difetto di autosufficienza, non avendo i ricorrenti specificato in quale atto difensivo o verbale di causa e in quale fase processuale sarebbero state sollevate le eccezioni riportate a pagina 7 del ricorso per cassazione, e riguardanti l’esame e la confutazione dettagliata dei documenti 30, 31 e 32, prodotti dalla Banca (e diretti a provare l’invio dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilita’), cosi’ come omettono di trascriverne il contenuto. Tali omissioni si pongono in violazione degli oneri imposti, a pena di inammissibilita’ del ricorso, dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di evidenziare il contenuto del documento o dei documenti su cui si fonda il ricorso, trascrivendoli o riassumendoli nei loro esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimita’ di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass., 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22607; Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966). Deve aggiungersi che la contestazione riportata nel verbale del 17 giugno 2009 e’ indubbiamente connotata da genericita’ avendo investito “tutti i fatti e i documenti allegati dalla contenuta”, con una formula di stile del tutto inadeguata a soddisfare il requisito della specificita’ della contestazione, richiesto dall’articolo 416 c.p.c., ed applicabile anche all’attore (Cass., 5 marzo 2003, n. 3245; Cass., Sez. Un. 23 gennaio 2001, n. 761).
8. Il secondo motivo e’ articolato in due diverse parti. La prima ricalca sostanzialmente il precedente motivo ed e’ infondato nella parte in cui denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ come si e’ sopra evidenziato, la Corte si e’ espressamente pronunciata sul punto, confermando la decisione del primo giudice che aveva ritenuto inammissibile, siccome nuova, la questione relativa all’invio della comunicazione ai destinatari.
9. La seconda parte e’ invece fondata.
Il requisito della contestualita’ fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell’elenco dei dipendenti licenziati e delle modalita’ di applicazione dei criteri di scelta (nel regime precedente alle modifiche introdotte dalla Legge n. 92 del 2012, non applicabile al caso de quo in ragione del tempo della sua entrata in vigore), contestualita’ richiesta a pena d’inefficacia del licenziamento, deve essere valutato – in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido, analitico e con termini molto ristretti – nel senso di una indispensabile contemporaneita’ delle due comunicazioni, la cui mancanza puo’ non determinare l’inefficacia del recesso solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, della cui prova e’ onerato il datore di lavoro (cfr., Cass., 29 aprile 2015, n. 8680; Cass. 31 marzo 2011, n. 7490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7407; Cass., 1 dicembre 2010, n. 24341; Cass. 17 luglio 2009, n. 16776; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1722; Cass. 28 luglio 2005, n. 15898). Con le citate sentenze questa Corte ha, altresi’, precisato (cfr. Cass. n. 24341/2010) che si deve considerare “non contestuale” una comunicazione alle autorita’ pubbliche e alle organizzazioni sindacali che segua “con apprezzabile intervallo di tempo” la comunicazione di recesso, non potendosi, al tempo stesso, considerare contestuale una comunicazione predisposta contemporaneamente alla comunicazione di recesso, ma, in realta’, inoltrata “dopo non breve lasso di tempo” da quest’ultima; ed ha evidenziato (cfr. Cass. n. 16776/2009 cit.) che la valutazione in ordine alla sussistenza del requisito della “contestualita’” fra le diverse comunicazioni involge, in realta’, specifiche questioni di fatto, il cui accertamento e’ demandato al giudice di merito e non e’ sindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici (Cass., 11 luglio 2012, n. 11661; Cass., 8 marzo 2006, n. 4970).
10. Nella specie, la Corte territoriale, condividendo il ragionamento seguito dal primo giudice, ha affermato che il requisito della “contestualita’” deve intendersi come “ragionevole vicinanza” tra il recesso e le comunicazioni e che, in tale ottica, esso doveva considerarsi sostanzialmente rispettato in presenza di un intervallo di sette giorni.
11. Si tratta, tuttavia, di un’affermazione in diritto che non tiene conto del tenore letterale della norma e della sua ratio: l’avverbio “contestualmente” adoperato dal legislatore all’inizio del periodo (a quasi a volerne rimarcare l’importanza) implica un legame di immediatezza tra i fatti (recesso-comunicazione), una stessa unita’ temporale superabile solo in presenza di giustificati motivi da allegarsi e provarsi dal datore di lavoro, motivi che nella specie non risultano prospettati. Questa interpretazione della norma appare altresi’ rispettosa della sua ratio, la quale risiede nel fatto che il licenziamento nell’ambito della procedura prevista dalla legge n. 223/1991 puo’ essere intimato per iscritto senza necessita’ di ulteriore motivazione, sicche’ e’ solo attraverso la comunicazione di cui all’articolo 4, comma 9, L. cit., che l’interessato viene a conoscenza in via indiretta delle ragioni della sua messa in mobilita’ (Cass., n. 8680/2015 cit.; Cass., 28 agosto 2000, n. 11258). In altri termini, la comunicazione in questione risponde alla funzione di rendere conoscibile – e quindi controllabile dalle organizzazioni sindacali e, attraverso, queste anche dai singoli lavoratori – la correttezza del datore di lavoro in relazione alle modalita’ di applicazione dei criteri di scelta (Cass., n. 1722/2009, cit.), da indicarsi in modo “puntuale” nella comunicazione in esame, e consentire ai lavoratori di sollecitare l’eventuale revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro, oppure di impugnarlo in sede giudiziaria.
12. La natura decadenziale e la brevita’ del termine previsto della Legge n. 604 del 1966, articolo 6, per l’impugnazione del licenziamento confliggono cosi’ con una nozione “elastica” del requisito della contestualita’ che si rileva incoerente con il disegno normativo contenuto nella Legge n. 223 del 1991.
13. Ne’ puo’ indurre un diverso convincimento la sentenza richiamata da parte resistente (Cass., 11 luglio 2012, n. 11661), resa in una procedura analoga alla presente ed in cui e’ stata ritenuta sussistente la contestualita’ in presenza di una comunicazione ex articolo 4, comma 9, inviata dopo alcuni (tre) giorni dalla comunicazione del recesso: nella vicenda all’esame di quel Collegio la corte territoriale era infatti pervenuta ad un accertamento in fatto di “pressoche’ contestualita’”, che la Corte – pur ribadendo che tale concetto implica “necessaria contemporaneita’” – ha ritenuto insindacabile anche in ragione del deficit di autosufficienza del motivo del ricorso. Si e’ dunque confermato l’indirizzo consolidato, da cui invece si discosta la Corte fiorentina, laddove intende la contestualita’ come “ragionevole vicinanza”, senza peraltro chiarirne i parametri ed i confini, il che conduce ad un soggettivismo interpretativo che mal si attaglia alla natura rigidamente cadenzata della procedura in esame.
14. La riscontrata violazione determina, ai sensi della Legge n. 223 del 1991, articolo 5, comma 3, l’inefficacia del licenziamento degli odierni ricorrenti. Per l’effetto, rimangono assorbite le ulteriori doglianze formulate in ricorso. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che, stante la sopra accertata inefficacia del licenziamento, dovra’ pronunciarsi soltanto sulle relative conseguenze ai sensi della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, oltre che sulle spese anche del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati o assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
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