La competenza del giudice del lavoro a conoscere la controversia tra un socio e la cooperativa non è suscettibile di deroga a favore di arbitri, se non in virtù di una clausola compromissoria prevista da contratti e accordi collettivi, sempre che questo avvenga, a pena di nullità, senza pregiudicare per la parti la facoltà di adire il giudice
Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 12 gennaio 2017, n. 614
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere
Dott. TRIA Lucia – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2101-2011 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio;
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 1350/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 05/11/2010, R.G. N. 129/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/07/2016 dal Consigliere Dott. DE GREGORIO FEDERICO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO del PROCESSO
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 5 novembre 2010 e notificata il successivo giorno 26, rigettava il gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) a r.l. con sede in (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto in parte fondata la domanda dell’attore (OMISSIS), in ordine a pretese risarcitorie da costui rivendicate per danno da demansionamento, sicche’ parte convenuta era stata condannata al pagamento della somma di 10.000,00 Euro nonche’ ad adibire l’attore alle mansioni da costui svolte sino al marzo 2005 o ad altre equivalenti ex articolo 2103 c.c..
La Corte territoriale riteneva che nella specie, contrariamente alle asserzioni dell’appellante, sussisteva rapporto di lavoro subordinato intrattenuto dal (OMISSIS), ancorche’ socio, alle dipendenze della Cooperativa, di modo che sussisteva pure la competenza dell’adito giudice del lavoro con riferimento alle pretese azionate e per cui risultava, altresi’, applicabile la disciplina dettata dall’articolo 2103.
Quanto, poi, all’asserita tardivita’ dei mezzi di prova chiesti dall’attore, la natura subordinata del rapporto emergeva dalle buste paga e dal regolamento della Cooperativa, documenti a suo tempo tempestivamente depositati, visto inoltre che tale regolamento prevedeva espressamente la possibilita’ per i soci di attivare con la Cooperativa stessa esclusivamente un contratto di lavoro subordinato, non essendo previsto altro tipo di rapporto di lavoro.
Pertanto, essendo del tutto pacifica la prestazione, resa dal (OMISSIS) in modo costante e continuativo in favore della Cooperativa, prima e dopo il 2005, con il rilascio di prospetti paga, nei quali venivano menzionati istituiti tipici del lavoro subordinato (scatti, anzianita’, straordinari, deduzioni lav. dipendente…), andava condivisa la decisione di primo grado, secondo cui era provata la costituzione del rapporto di lavoro subordinato, percio’ soggetto anche alla disciplina dettata dal cit. articolo 2103, quindi devoluto alla cognizione del giudice del lavoro ex articolo 409 c.p.c.. Peraltro, la pretesa di riservare la cognizione della controversia ad un non meglio precisato giudizio arbitrale, non solo non era sorretta dalla produzione della copia integrale della norma regolamentare invocata, ma confliggeva pure con quanto previsto dall’articolo 806 c.p.c., comma 2. In ogni caso, la menzione fatta dall’appellante del Decreto Legislativo n. 5 del 2003 denotava che l’argomento era impropriamente riferito a eventuali aspetti societari e comunque non alle controversie di lavoro di cui al citato articolo 409.
Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), come da atto notificato il 12 gennaio 2011, affidato a due motivi.
Il (OMISSIS) ha depositato procura speciale conferita agli avv.ti (OMISSIS) del foro di Grosseto e all’avv. (OMISSIS) del foro di Roma, con firma autenticata dal notaio (OMISSIS) di Grosseto il 2 agosto 2011.
Non risultano depositate memorie per la societa’ cooperativa ex articolo 378 c.p.c., essendo peraltro comparsi i difensori di entrambe le parti all’udienza del 21 luglio 2016.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura la ricorrente ha dedotto insufficiente ed illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per quanto argomentato in sede di merito circa la ritenuta natura subordinata del rapporto di lavoro, intrattenuto con il socio (OMISSIS), per cui invece non era intervenuto alcuno specifico accordo in tal sensi, visto che la previsione del regolamento contemplava soltanto un’eventualita’, mentre l’attivita’ del socio costituiva sempre e solo l’adempimento del contratto sociale.
Con il secondo motivo e’ stata denunciata la violazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 416 c.p.c. – in relazione a quanto previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove gia’ in primo grado la Cooperativa aveva provveduto a depositare lo statuto (nel qual era contenuta la clausola compromissoria, secondo cui la cognizione delle controversie tra socio e societa’ era devoluta ad un collegio arbitrale ex articolo 37); cio’ a sostegno dell’eccepita incompetenza dell’adito giudice del lavoro.
Contrariamente a quanto motivato nell’impugnata sentenza di appello, secondo cui mancava copia integrale della norma regolamentare invocata, tale affermazione pero’ non trovava riscontro nel fascicolo di parte, da cui si evinceva che la societa’ aveva prodotto copia integrale del documento, cosi’ avendo osservato le regole di cui ai suddetti articoli 2697 e 416. Anche sotto questo ulteriore aspetto, e sempreche’ fossero accolti i motivi di cui sopra (da cui scaturirebbe una diversa qualificazione del rapporto, rilevante pure ai fini della questione relativa alla competenza a decidere la controversia), la sentenza impugnata andava cassata.
Entrambe le censure vanno disattese.
Invero, parte ricorrente ha sostenuto, tra l’altro, che nel costituirsi nel giudizio di primo grado aveva eccepito in via preliminare il difetto di competenza del giudice adito, poiche’ la controversia andava devoluta alla cognizione di arbitri rituali, nominati Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, ex articolo 34, cui spettava, in base all’articolo 38 dello statuto, di dirimere la vertenza insorta con il socio (OMISSIS), giacche’ quest’ultimo aveva sostanzialmente negato la propria qualifica di socio della convenuta cooperativa.
Avverso la sentenza del primo giudicante (che aveva respinto l’eccezione d’incompetenza, atteso che la controversia riguardava in effetti i diritti del socio lavoratore, sicche’ la competenza spettava al giudice del lavoro) la Cooperativa appellante con il ricorso del 12-12-2007 aveva dedotto la tardivita’ delle richieste istruttorie formulate dall’attore soltanto all’udienza del 14 marzo 2006, nonche’ l’insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con conseguente incompetenza del giudice adito ed inapplicabilita’ della disciplina sul demansionamento.
Dunque, alla stregua di quanto rappresentato dalla stessa Cooperativa – che con il ricorso peraltro non ha piu’ dedotto alcuna violazione circa l’asserita intempestivita’ dei mezzi di prova richiesti da parte attrice – l’eccezione di incompetenza del giudice adito e’ stata reiterata subordinatamente all’accertamento della insussistenza del rapporto di lavoro subordinato dedotto dall’attore. In altri termini, in base a quanto e’ dato di comprendere dalla formulazione del secondo motivo di ricorso, la pretesa violazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 416 c.p.c. risulta reiterata sempreche’ vengano accolte le censure di cui al primo motivo, da cui deriverebbe una diversa qualificazione del rapporto tra il (OMISSIS) e la COOPERATIVA, cio’ che determinerebbe anche diverse conseguenze sulla questione della competenza a decidere sulla controversia.
Orbene, va in primo luogo osservato che anche con il ricorso la societa’ cooperativa ha omesso di riportare il testo della clausola compromissoria in questione (articolo 38, menzionato a pag. 3 del ricorso, mentre a pag. 12 si rinvia all’articolo 37 dello statuto), non risultando di certo sufficiente il generico indice degli atti depositati in calce al ricorso (fascicolo di parte del giudizio di primo grado, fascicolo di parte del giudizio di secondo grado…).
Di conseguenza, risultano cosi’ violate le prescrizioni imposte a pena d’inammissibilita’, dall’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 6, e d’improcedibilita’ dall’articolo 369 stesso codice di rito, comma 2, n. 4.
D’altro canto, questa Corte ha avuto gia’ modo di affermare (Cass. lav. n. 12309 del 21/08/2003) che la competenza del giudice del lavoro a conoscere della controversia tra un socio e la cooperativa di produzione e lavoro non e’ suscettibile di deroga a favore di arbitri, se non in forza di clausola compromissoria prevista da contratti e accordi collettivi, sempre che, ai sensi dell’articolo 808 c.p.c., comma 2, cio’ avvenga, a pena di nullita’, senza pregiudizio della facolta’ delle parti di adire l’autorita’ giudiziaria; non e’ pertanto valida una clausola compromissoria che sia contenuta soltanto nello statuto della societa’ cooperativa di produzione e lavoro (v. anche il comma 2, dell’articolo 806 c.p.c., secondo cui le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.
Tanto a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 20, norma che per espressa previsione de Decreto Legislativo articolo 27, comma 3, cit., si applica alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del decreto medesimo, avvenuta il 2 marzo 2006.
In precedenza, quindi, l’articolo 808, in tema di clausola compromissoria, cosi’ tra l’altro recitava: “… Le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se cio’ sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro purche’ cio’ avvenga, a pena di nullita’, senza pregiudizio della facolta’ delle parti di adire l’autorita’ giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro e’ nulla ove autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equita’ ovvero dichiari il lodo non impugnabile…”.
Cfr. altresi’ Cass. civ. Sez. 6 – 3, ordinanza n. 18110 del 15/09/2015, secondo cui la domanda di risarcimento per danno da “mobbing”, avanzata dal socio di una societa’ cooperativa nei confronti della compagine sociale in relazione a prestazioni lavorative ricomprese nell’oggetto sociale, rientra nella competenza funzionale del giudice del lavoro anche quando i rapporti di lavoro instaurati siano temporanei, permanendo la distinzione con il rapporto sociale, sicche’, in forza dell’articolo 806 c.p.c. -nel testo anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, “ratione temporis” applicabile – la clausola compromissoria, contenuta nello statuto della cooperativa e non prevista da accordi o contratti collettivi, non e’ idonea a impedire la valida adizione dell’autorita’ giudiziaria. V. anche Cass. lav. n. 16620 del 28/07/2011 e n. 17868 – 11/08/2014).
Pertanto, nei sensi anzidetti va disatteso il 2 motivo di ricorso, dovendosi per altro verso rigettare anche il primo, formulato ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il quale in effetti inammissibilmente, nell’ambito di questo giudizio di legittimita’, la societa’ finisce col pretendere una diversa valutazione dei fatti rispetto a quanto pero’ congruamente accertato e ritenuto dal competente giudice di merito. Invero, la Corte d’appello nel richiamare la L. n. 142 del 2001, articolo 1, (secondo cui tra l’altro il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali), ha citato pure l’articolo 1 del regolamento della medesima cooperativa, in base al quale i soci possono attivare con quest’ultima ” esclusivamente un contratto di lavoro subordinato, in quanto non viene previsto alcun altro tipo di lavoro”. Pertanto, risultando del tutto pacifica la prestazione lavorativa fornita dal (OMISSIS) a favore della Cooperativa, prima e dopo il 2005, alla stregua dei surriferiti elementi di cognizione, la Corte territoriale ha ritenuto nella specie corretta la decisione appellata circa la sussistenza anche del rapporto di lavoro subordinato, soggetto percio’ alla disciplina pure dettata dall’articolo 409 c.p.c. e articolo 2103 c.c..
D’altro canto, con l’asserito vizio di motivazione la Societa’ cooperativa non ha chiarito quale sarebbe in concreto il fatto controverso e decisivo non considerato dal collegio giudicante. Ne’, peraltro, illustrando il primo motivo la ricorrente ha indicato una eventuale violazione di norme ovvero una qualche loro errata applicazione, circa la ritenuta sussistenza di un rapporto di lavoro, ulteriore (rispetto a quello societario, L. n. 142 del 2001, ex articolo 1), in tal caso pero’ necessariamente subordinato in virtu’ di quanto previsto dall’articolo 1 del regolamento.
Contrariamente a quanto ipotizzato dalla ricorrente, tuttavia, la sussistenza di un tale ulteriore rapporto non risulta essere stata desunta dal solo articolo 1 citato, ma dalla lettura combinata di quest’ultimo con la L. n. 142, articolo 1, unitamente alle apprezzate circostanze di fatto, laddove per altro verso e’ noto in materia che la volonta’ di costituire un rapporto di lavoro subordinato puo’ estrinsecarsi anche in comportamenti nonche’ in elementi fattuali, e non soltanto in formali manifestazioni in proposito, sicche’ al riguardo appare priva di pregio l’asserzione secondo cui la volonta’ espressa in merito non era stata in realta’ indagata dal giudice.
Dunque, il ricorso va respinto, con conseguente condanna della societa’ rimata soccombente alle relative spese, liquidate tuttavia in favore di parte intimata limitatamente alla sua partecipazione alla discussione svoltasi alla pubblica udienza del 21 luglio in forza della depositata procura speciale rilasciata ai suddetti difensori.
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida a favore dell’intimato (OMISSIS) in Euro 1500,00 (millecinquecento/00) per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge
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