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1.1 che il primo motivo di ricorso denuncia “difetto di motivazione – contraddittorieta’- violazione della norma di cui all’articolo 116 – travisamento” perche’ la Corte territoriale ha errato nell’affermare che l’ (OMISSIS) non aveva reagito alla cessazione ex lege dell’incarico, giacche’ il ricorrente aveva adito l’autorita’ giudiziaria contestando la legittimita’ del provvedimento adottato dal Ministero, invocando una interpretazione costituzionalmente orientata della L. n. 246 del 2006 e chiedendo anche la reintegrazione in forma specifica, alla quale aveva perso interesse solo in corso di causa, essendo cessato il rapporto lavorativo;
1.2. che la seconda critica addebita alla sentenza impugnata “violazione e falsa applicazione di legge: articoli 434 – 112 – 437 c.p.c.; travisamento ” perche’, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale gia’ nel corso del giudizio di primo grado era stato allegato il carattere persecutorio dei provvedimenti adottati dal MIUR che, senza alcuna plausibile giustificazione, aveva conferito l’incarico ad altro dirigente, omettendo di considerare i titoli in possesso dell’ (OMISSIS);
1.3. che il terzo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del Testo Unico n. 165 del 2011, articolo 19” perche’ in assenza di una giusta causa che legittimi il recesso l’atto deve essere ritenuto illegittimo e, quindi, fonte di responsabilita’ risarcitoria, tenuto conto dei principi desumibili dalla giurisprudenza costante della Corte Costituzionale. Il ricorrente aggiunge di avere agito tanto per la declaratoria di illegittimita’ del recesso, quanto per il rinnovo dell’incarico ed evidenzia che fra tutti i funzionari interessati era quello piu’ “titolato”, circostanza, questa, evidenziata negli atti del giudizio di primo grado e non contestata dall’amministrazione;
1.4 che la quarta censura e’ formulata per “violazione e falsa applicazione di legge articolo 112 c.p.c. – articolo 136 Cost – genericita’ – illogicita’ manifesta” in quanto la pronuncia di incostituzionalita’ ha effetto retroattivo che trova un limite solo nella preclusione derivante dal giudicato, nella maturazione di termini di prescrizione o di decadenza, nel compimento di atti negoziali o di fatti rilevanti sul piano sostanziale e processuale, non ravvisabili nella fattispecie perche’ gia’ con il ricorso n. 875 del 2007 era stata contestata la legittimita’ della revoca anticipata ed erano stati invocati i principi affermati dalla Corte nella sentenza n. 103 del 2007;
1.5. che il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 2119 c.c. nonche’ degli articoli 112 e 116 c.p.c. e rileva, da un lato, che l’amministrazione avrebbe dovuto revocare il provvedimento emanato sulla base di una norma dichiarata illegittima, dall’altro che il giudice di appello avrebbe dovuto applicare i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3677/2009 riconoscere il risarcimento di tutti i danni patiti dal ricorrente, non avendo l’amministrazione contestato le allegazioni contenute nei ricorsi introduttivi;
2. che e’ fondato il primo motivo di ricorso perche’ l’acquiescenza all’atto di recesso, cosi’ come accade per l’impugnativa del licenziamento, puo’ essere desunta solo da un comportamento di adesione alle determinazioni datoriali che sia spontaneo, sia tenuto nella piena consapevolezza dell’atto lesivo e non presenti aspetti di equivocita’, nel senso che sia assolutamente incompatibile con la volonta’ di impugnare il recesso (Cass. 20.1.2005 n. 1123);
2.1. che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da’ luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato o a quello del tantum devolutum quantum appellatum, trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (Cass. 10.10.2014 n. 21421);
2.2. che l’applicazione congiunta alla fattispecie dei principi di diritto sopra indicati induce il Collegio a ritenere fondato il primo motivo di ricorso perche’ con il ricorso del 5.4.2007 l’ (OMISSIS), nel chiedere la riconferma nell’incarico “senza soluzione di continuita’ con il precedente”, aveva dedotto che la L. n. 262 del 2006, articolo 41 doveva essere interpretato alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 103 del 2007, contestando, in tal modo, la automaticita’ della cessazione;
3. che, inoltre, l’avere agito per contestare la mancata attribuzione di un nuovo incarico e per denunciare la ingiustificata preferenza accordata ad altri, di per se’ non e’ idonea a manifestare una non equivoca volonta’ di prestare adesione alla cessazione del precedente incarico dirigenziale, perche’ non vi e’ alcuna incompatibilita’ logica e giuridica fra le due domande, attesa la duplicita’ delle situazioni giuridiche coinvolte dall’attuazione del cosiddetto spoil system e delle conseguenti azioni esperibili nei confronti dell’amministrazione;
3.1. che, infatti, occorre distinguere la cessazione dell’incarico prevista in via generale dal legislatore (in ogni caso dalla L. n. 145 del 2002, articolo 3, comma 7, nell’ipotesi di “mancata conferma” dal Decreto Legge n. 262 del 2006, dall’articolo 2, comma 161, convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006), rispetto alla quale, per il suo carattere di automaticita’, non e’ configurabile responsabilita’ dell’amministrazione se non nei limiti di cui sio’ trattera’ in prosieguo, dalla successiva attribuzione degli incarichi divenuti privi di titolare in conseguenza della cessazione automatica, attribuzione che va effettuata previa valutazione comparativa e nel rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede;
3.2. che conseguentemente fanno capo al dirigente due distinte situazioni giuridiche soggettive, perche’ rispetto alla cessazione anticipata dell’incarico lo stesso e’ titolare di un diritto soggettivo che, ove ritenuto sussistente, da’ titolo alla reintegrazione nella funzione dirigenziale ed al risarcimento del danno, nei limiti ed alle condizioni di seguito precisate, mentre a fronte del mancato conferimento di un nuovo incarico puo’ essere fatto valere un interesse legittimo di diritto privato, che, se ingiustamente mortificato, non legittima il dirigente a richiedere l’attribuzione dell’incarico non conferito ma puo’ essere posto a fondamento della domanda di ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti;
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