L’efficacia retroattiva delle sentenze dichiarative dell’illegittimita’ costituzionale di una norma, se comporta che tali pronunzie abbiano effetto anche in ordine ai rapporti svoltisi precedentemente (eccettuati quelli definiti con sentenza passata in giudicato e le situazioni comunque definitivamente esaurite) non vale a far ritenere illecito il comportamento realizzato, anteriormente alla sentenza di incostituzionalita’, conformemente alla norma successivamente dichiarata illegittima, non potendo detto comportamento ritenersi caratterizzato da dolo o colpa, con la conseguenza che il diritto al risarcimento del danno puo’ essere fatto valere non dalla cessazione del rapporto bensi’ per il solo periodo successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, a condizione che a detta data non fosse gia’ decorso anche il termine finale originariamente previsto nel contratto di conferimento dell’incarico, che, pertanto, a tal fine il giudice del merito dovra’ valutare la data di pronuncia di illegittimita’ costituzionale della norma in forza della quale e’ stata disposta la cessazione dell’incarico, il termine finale dell’incarico, il momento della risoluzione del rapporto per volontaria iniziativa del ricorrente, perche’ il diritto al risarcimento del danno presuppone la sussistenza delle condizioni necessarie affinche’ l’amministrazione potesse conformare la propria condotta alla pronuncia della Corte Costituzionale e, quindi, un rapporto ancora in essere e un periodo residuo dell’incarico originario.
Le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 19 obbligano l’amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima indicati, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c., applicabili alla stregua dei principi di imparzialita’ e di buon andamento di cui all’articolo 97 Cost.
Gli articoli 1175 e 1375 c.c. obbligano la P.A. a valutazioni anche comparative, all’adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte, sicche’, ove l’amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, e’ configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile

Ordinanza 10 novembre 2017, n. 26695
Data udienza 24 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21682-2012 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
– controricorrente –
e contro
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA BASILICATA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 223/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 03/05/2012 R.G.N. 228/2011;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
che con sentenza in data 3 maggio 2012 la Corte di Appello di Potenza ha riformato la pronuncia del locale Tribunale che aveva parzialmente accolto il ricorso di (OMISSIS) e condannato il Ministero dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca a “reintegrare economicamente e giuridicamente il ricorrente nell’incarico dirigenziale dal 4/12/2006 al 30/4/2008, con pagamento delle differenze retributive maturate con interessi dal dicembre 2006 al saldo”;
che la Corte territoriale, premesso che l’incarico dirigenziale conferito all’ (OMISSIS) nel gennaio 2003 e rinnovato per un ulteriore triennio dal marzo 2006 all’aprile 2008, era cessato anticipatamente il 4 dicembre 2006 ai sensi del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 161 convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006, ha ritenuto che non potesse spiegare effetti la dichiarazione di incostituzionalita’ della norma di legge, perche’ il ricorrente non aveva reagito alla risoluzione del rapporto (che quindi era cessato per una sorta di mutuo consenso ex articolo 1372 c.c.), ed aveva inizialmente adito l’autorita’ giudiziaria solo per contestare l’avvenuto conferimento ad altri dell’incarico che egli aveva ricoperto;
che il giudice di appello ha anche escluso la fondatezza della domanda proposta avverso il mancato rinnovo, perche’ nella specie non potevano essere invocati i principi applicabili nell’ipotesi di revoca dell’incarico, in quanto il legislatore aveva previsto una cessazione automatica, finalizzata alla riduzione del numero complessivo degli incarichi stessi;
che la Corte territoriale ha rilevato, inoltre, la inammissibilita’ delle deduzioni relative alla natura discriminatoria e persecutoria del mancato rinnovo in quanto detto diverso profilo di illegittimita’ era stato prospettato solo in grado di appello;
che avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, ai quali ha opposto difese il Ministero;
che il P.G. in data 5 aprile 2017 ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
che il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO

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